Terzo settore: dal Governo le linee guida per la riforma

Redazione 16/05/14
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Anna Costagliola

Il Governo ha presentato le linee guida per una riforma del terzo settore ed ha aperto una pubblica consultazione fino al prossimo 13 giugno, dopodiché predisporrà un disegno di legge delega che sarà portato in Consiglio dei Ministri il giorno 27 giugno 2014.

Il fenomeno generalmente inquadrato come «Terzo settore» sta ad indicare quel settore sociale, intermedio tra lo Stato e il mercato, preposto alla realizzazione delle funzioni sociali normalmente facenti capo al cd. «Welfare State», nell’ambito del quale si collocano una molteplicità di enti collettivi a struttura privata che concorrono alla realizzazione di interessi generali.

L’interesse per il Terzo settore sorge in considerazione della crescente difficoltà del settore pubblico alla efficiente realizzazione dei diritti sociali, ossia quei diritti, direttamente riconosciuti dalla legge, che spettano al singolo soggetto indipendentemente dalla sua capacità economica.

L’importanza del terzo settore è andata via via aumentando in relazione al progressivo venir meno del menzionato «Welfare State», cioè di quel concetto di Stato in cui il potere è organizzato in modo da orientare le forze di mercato al conseguimento di una serie di beni e di servizi meritevoli di essere realizzati dal punto di vista sociale e corrispondenti a bisogni primari dell’esistenza di ciascun cittadino.

Si assiste ora, da parte del Governo all’intento di potenziare e meglio regolamentare il terzo settore, nella acquisita consapevolezza che questo possa fornire un contributo determinante all’impresa Italia, per la sua capacità di essere motore di partecipazione e di autorganizzazione dei cittadini, coinvolgere le persone, costruire legami sociali, mettere in rete risorse e competenze, sperimentare soluzioni innovative.

Tra gli obiettivi principali del Governo vi è quello di costruire un nuovo Welfare partecipativo, fondato su una governance sociale allargata alla partecipazione dei singoli, dei corpi intermedi e del terzo settore al processo decisionale e attuativo delle politiche sociali, al fine di ammodernare le modalità di organizzazione ed erogazione dei servizi del welfare, rimuovere le sperequazioni e ricomporre il rapporto tra Stato e cittadini, tra pubblico e privato, secondo principi di equità, efficienza e solidarietà sociale.

La volontà politica è anche quella di valorizzare lo straordinario potenziale di crescita e occupazione insito nell’economia sociale e nelle attività svolte dal terzo settore, che, a ben vedere, è l’unico comparto che negli anni della crisi ha continuato a crescere, pur mantenendosi ancora largamente al di sotto, dal punto di vista dimensionale, rispetto alle altre esperienze internazionali.

Un serio riordino del quadro regolatorio e di sostegno del settore appare dunque in grado di liberare in tempi brevi, a beneficio di tutta la collettività, un patrimonio di risorse umane, finanziarie e relazionali presenti nei tessuti comunitari delle realtà territoriali, in modo da rispondere agli attuali bisogni del secondo Welfare e generare nuove opportunità di lavoro e di crescita professionale.

Per realizzare questi obiettivi, tra le linee guida elaborate dal Governo primeggia quella che impone di ricostruire le fondamenta giuridiche, delimitando in modo più chiaro l’identità, non solo giuridica, del terzo settore. In tale direzione si indica la necessità di riformare il Libro I Titolo II del Codice Civile, anche alla luce dell’articolo 118 della Costituzione, introducendo o rivisitando le norme in materia di:

– costituzione degli enti e valorizzazione della loro autonomia statutaria con specifico riguardo a quelli privi di personalità giuridica;

– requisiti sostanziali degli enti non profit ed eventuali limitazioni di attività;

– struttura di governance, affermando pienamente il principio democratico e partecipativo negli organi sociali;

– responsabilità degli organi di governo e obblighi di trasparenza e di comunicazione economica e sociale rivolti all’esterno;

– semplificazione e snellimento delle procedure per il riconoscimento della personalità giuridica, anche attraverso la digitalizzazione telematica delle pratiche;

– diversificazione dei modelli organizzativi in ragione della dimensione economica dell’attività svolta, dell’utilizzazione prevalente o comunque rilevante di risorse pubbliche e del coinvolgimento della fede pubblica;

– criteri per la gestione economica degli enti non profit;

– forme di controllo e accertamento dell’autenticità sostanziale dell’attività realizzata;

– regime di contabilità separata tra attività istituzionale e imprenditoriale;

– codificazione dell’impresa sociale.

Si propone, poi, la istituzione di una Authority del terzo settore e il coordinamento tra la disciplina civilistica, le singole leggi speciali e la disciplina fiscale, con la redazione di un Testo unico del terzo settore.

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