Vantare un credito non autorizza il conduttore ad autoridursi il canone di locazione (Cass. n. 6850/2012)

Redazione 07/05/12
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Massima
Non è mai consentito al conduttore autoridursi il canone per pretesi controcrediti, costituendo tale sua condotta un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. E tanto a prescindere dalla carenza di prova sulla sussistenza dei presupposti del vantato contro credito (anche per la non configurabilità di una condotta di non contestazione da parte del locatore). (a cura del **************)

 

Svolgimento del processo

1. E stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., regolarmente comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, n. 3906 del 7.12.10:

“1. – R.A. ricorre, affidandosi a cinque motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui, per quel che qui ancora interessa, è stato tra l’altro rigettato il suo appello avverso la sentenza del tribunale capitolino, con cui era stato dichiarato risolto il contratto di locazione intercorso con S. E. per mora di lei, avente ad oggetto un immobile sito in (omissis).

Resiste con controricorso l’intimato.

2. – Il ricorso va trattato in camera di consiglio – ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 ter c.p.c., ed essendo esso oltretutto soggetto alla disciplina dell’art. 360 bis c.p.c. – per essere ivi rigettato per manifesta infondatezza, per quanto appresso indicato.

3. – In particolare, la gravata sentenza, con riferimento alla mora per il pagamento dei canoni relativi ai primi tre mesi del 2006, ha escluso la fondatezza delle tesi difensive circa la necessità di urgenti lavori di manutenzione straordinaria quali giustificazione del mancato pagamento del canone, nonchè circa la sussistenza di un accordo verbale al riguardo: ritenendo inidoneo a suffragare quest’ultimo le deposizioni testimoniali; rilevando l’anteriorità della fattura dei lavori rispetto alla data dell’inizio del rapporto tra la R. ed il S.; escludendo esservi prova sull’urgenza dei lavori; negando il diritto della conduttrice di trattenere da sè sola le somme eventualmente sborsate ai sensi dell’art. 1577 c.c., viepiù per gli esborsi futuri a farsi.

4. – La ricorrente sviluppa cinque motivi ed in particolare: con un primo (paragrafi da 15 a 19 del ricorso), ella si duole – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – dell’erroneità del rilievo attribuito all’anteriorità dei lavori rispetto all’inizio del rapporto, come pure dell’omessa considerazione del quadro fattuale e comportamentale, venuto a configurarsi prima e durante il corso del processo; con un secondo (paragrafi da 20 a 21), ella si duole di ulteriore vizio motivazionale, per l’erroneo rilievo attribuito alla carenza di prova sull’urgenza dei lavori, siccome oramai già eseguiti e comunque dinanzi alla non contestazione del locatore; con un terzo (paragrafi da 22 a 26), ella lamenta la violazione degli artt. 1576, 1243 e 1246 cod. civ., per non avere la Corte territoriale ritenuto operante la compensazione legale tra il canone ed il credito per le riparazioni anticipate da essa locataria; con un quarto (paragrafi da 27 a 31) ella censura la gravata sentenza per la valutazione di gravità dell’inadempimento, limitato in definitiva ad Euro 3.480,00, la cui rilevanza doveva ritenersi elisa dal controcredito per lavori e dall’inadempimento del locatore nell’esecuzione dei lavori indispensabili per la stessa conduzione del bene; con un quinto (paragrafo 32), ella lamenta l’omessa pronuncia sulla sua domanda riconvenzionale di condanna del locatore all’esecuzione degli ulteriori lavori necessari a rendere agibile l’autorimessa.

5. – Dal canto suo, il contro ricorrente contesta di avere mai riconosciuto alcunchè, precisando di non avere mai autorizzato i lavori – per i quali riteneva anzi indispensabile il coinvolgimento del Condominio – e comunque contestando sia l’effettuazione di quelli, sia la loro urgenza; pure rimarcando che, a termini dell’art. 14 del contratto intercorso, è preclusa, per il richiamo ivi formulato all’art. 1456 c.c., l’operatività della valutazione di gravità ex art. 1455 c.c..

6. – Il primo motivo è inammissibile per genericità: la doglianza di omessa considerazione di un quadro fattuale e comportamentale si risolve nell’indistinta pretesa di una rivalutazione di tutti gli elementi di fatto, incentrandosi oltretutto su di una prospettata condotta di non contestazione di controparte sui fatti costitutivi del contrapposto diritto che, da un lato, non risulta dal tenore testuale dei pochi atti ritualmente trascritti nel ricorso (non bastando invero il riferimento alla sola dichiarazione di due righe, isolate dal contesto, riportate a pag. 5 del ricorso) e, dall’altro, che è manifestamente incompatibile con la condotta processuale di intimazione di sfratto e di negazione di qualsiasi diritto all’autoriduzione.

7. – Tale ultima considerazione da conto dell’inammissibilità del secondo motivo, il quale non si fa carico della ritenuta mancanza di prova sull’urgenza, certamente non ricavabile, secondo nozioni elementari, dalla mera circostanza dell’effettuazione degli stessi – non potendo essere sufficiente il fatto compiuto – e non ricavandosi dalla condotta complessiva del locatore, quale risulta anche solo dal tenore letterali dei pochi stralci correttamente trascritti nel ricorso.

8. – Il terzo motivo è infondato: non è mai consentito al conduttore autoridursi il canone per pretesi controcrediti, come da giurisprudenza consolidata di questo Supremo Collegio, costituendo tale sua condotta un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti (per tutte, basti un richiamo a Cass., ord. 23 giugno 2011, n. 13887), E tanto a prescindere dalla carenza di prova sulla sussistenza dei presupposti del vantato contro credito, anche per la non configurabilità, già tratteggiata sopra, di una condotta di non contestazione da parte del locatore.

9. – Il quarto motivo è infondato: la valutazione di gravità è stata comunque operata, a prescindere dall’operatività o meno dell’art. 14 del contratto, invocato dal contro ricorrente con il suo richiamo all’art. 1456 c.c., dalla gravata sentenza al secondo paragrafo della pagina 5; mentre la condotta complessiva di controparte continua a risolversi nell’affermazione unilaterale della medesima inadempiente locataria di necessità dei lavori e tacito riconoscimento degli stessi, circostanze che si sono viste non sostenibili; e tanto a prescindere dalla mancata indicazione da parte della ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, delle sedi processuali in cui nel giudizio di primo grado ella avrebbe sollecitato una diversa considerazione degli altri elementi al fine di escludere la valutazione complessiva di gravità del suo eventuale inadempimento.

10. – Il quinto motivo è manifestamente infondato: la domanda riconvenzionale della R. trovava il suo fondamento sulla persistenza del contratto di locazione col S., la cui risoluzione per inadempimento di essa locataria veniva invece confermata; pertanto, nessun titolo poteva quindi vantare più la conduttrice per conseguire la condanna della sua ex controparte a condotte in forza di un contratto ormai risolto e, sia pur in difetto di una formale dichiarazione di assorbimento o di rigetto, l’uno o l’altro possono agevolmente ricavarsi dall’esame complessivo della decisione.

11. – In conclusione, si propone il rigetto del ricorso”.

 

Motivi della decisione

2. Non sono state presentate conclusioni scritte, nè le parti hanno depositato memoria o chiesto di essere ascoltate in camera di consiglio.

3. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le conclusioni, avverso le quali del resto nessuna delle parti ha mosso alcuna critica osservazione.

IV. Pertanto, ai sensi degli artt. 380 bis e 385 c.p.c., il ricorso va rigettato e la condanna della ricorrente alle spese del giudizio di legittimità consegue alla sua soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna R.A. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di S. E., liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Redazione