Reato di detenzione a fine di spaccio (Cass. pen., n. 47109/2013)

Redazione 27/11/13
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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza 17.1.2011 la Corte d’Appello di L’Aquila ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva ritenuto B.G. colpevole del reato di detenzione, a fine di spaccio, di sostanza stupefacente del tipo eroina e lo aveva condannato alla pena di giustizia, ritenuta l’ipotesi di lieve entità di cui al quinto comma dell’art. 73 DPR n. 309/1990.
2. Per l’annullamento della sentenza ricorre in cassazione l’imputato deducendo la manifesta illogicità della motivazione in ordine all’accertamento della ritenuta destinazione della sostanza allo spaccio e ripropone la tesi, già sostenuta nel giudizio di merito, della destinazione ad uso personale. Osserva in particolare che il rinvenimento di altre 12 buste di cellophane non costituiva una ragione sufficiente per ritenere provato la detenzione a fine di spaccio, perché egli, come molti tossicodipendenti aquilani effettuava “viaggi della speranza” verso Napoli al fine di acquistare la sostanza per il fabbisogno di alcuni giorni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
Il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. cass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110; cass. 6.6.06 n. 23528). Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche s non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 2411.1999, *****, RV. 214794).
Ebbene, nel caso di specie, la Corte di merito ha spiegato il proprio convincimento rilevando che la tesi difensiva della detenzione per uso personale appariva infondata in quanto l’eroina risultava pari a gr. 3,286 ed era contenuta in un involucro di cellophane identico alle 12 buste del medesimo materiale rinvenute nell’abitazione dell’imputato. Ha rilevato altresì che il B., proprio in quella giornata, si era recato presso il SERT ed aveva assunto metadone, per cui non aveva sicuramente bisogno, nell’occorso, di assumere sostanza stupefacente: da tali considerazioni, la Corte aquilana ha desunto la destinazione della sostanza allo spaccio.
Trattasi, come si vede, di un accertamento congruamente motivato e assolutamente privo di salti logici, e come tale insindacabile in questa sede.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 19.11.2011.

Redazione