Procedura di affidamento di appalti (Cons. Stato n. 6256/2012)

Redazione 06/12/12
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FATTO e DIRITTO

1. Il comune di Leverano ha aggiudicato alla società ************* s.p.a. (in prosieguo ditta *****), la licitazione privata per la realizzazione del 2° lotto dei lavori relativi alla costruzione della rete fognaria comunale (cfr. contratto 23 maggio 1987).

1.1. Successivamente il comune ha deciso di affidare in concessione diretta l’esecuzione dei restanti lotti (il 1°, il 3° e il 4°); naufragata tale possibilità per il parere negativo espresso dal Comitato tecnico amministrativo regionale (cfr. nota n. 157 del 12 settembre 1990), l’ente:

a) ha deliberato di scegliere per l’aggiudicazione dei lavori il sistema della trattativa privata di cui all’art. 46, lett. f), l.r. 16 maggio 1985, n. 37 (secondo cui: <<1. Si può procedere all’affidamento dei lavori a trattativa privata, qualunque sia l’importo dei lavori stessi, quando:…. f) si tratti di lavori relativi a lotti successivi di progetti esecutivi approvati e parzialmente finanziati, a condizione che:…..- l’importo dei nuovi lavori non sia superiore al doppio di quello del precedente appalto;…>>);

b) ha stabilito che, prima di affidare i lavori dei restanti tre lotti alla ditta Beton <<…si dovrà procedere all’aggiornamento dei prezzi ai sensi dell’art. 48 della L.R. 27/85 non prima che l’impresa abbia dimostrato d’essere in possesso dei requisiti prescritti per eseguire i lavori di cui al progetto generale>> (cfr. delibera consiliare n. 20 del 10 maggio 1991, annullata dall’organo regionale di controllo con determinazione in data 8 luglio 1991, n. 5105/5, a sua volta sospesa dal T.a.r. per la Puglia, sezione staccata di Lecce, con ordinanza non motivata n. 1792 del 25 ottobre 1991).

1.2. Con deliberazione consiliare n. 45 del 20 dicembre 1993 è stato assodato che:

a) all’esito dell’aggiornamento dei prezzi non risultava più rispettata la condizione prevista dalla lett. f), terzo alinea, del menzionato art. 46, co.1, l.r. n. 27 del 1985;

b) la delibera n. 20 cit. non aveva prodotto alcun effetto giuridico rilevante posto che nessun affidamento diretto era stato in concreto disposto in favore della ditta *****;

c) ragioni di opportunità e trasparenza imponevano di modificare la delibera n. 20 del 1991 nel senso che, ferma restando la necessità di realizzare le opere di cui ai tre rimanenti lotti, si sarebbe dovuto utilizzare il sistema della gara pubblica da esperire successivamente ad un nuovo aggiornamento dei prezzi.

2. Avverso la delibera n. 45 del 1993 la ditta Beton è insorta davanti al T.a.r. per la Puglia – sede staccata di Lecce – articolando due complessi motivi di gravame.

3. L’impugnata sentenza – T.a.r. per la Puglia, sede staccata di Lecce, sezione II, n. 173 del 31 gennaio 2009 -:

a) ha respinto entrambi i motivi;

b) ha compensato fra le parti le spese di lite.

4. La ditta ***** ha interposto appello notificato il 21 maggio 2009 e depositato il successivo 3 giugno, contestando tutti i capi sfavorevoli.

5. Si è costituito il comune di Leverano deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.

6. All’udienza pubblica del 23 ottobre 2012 la trattazione dell’affare è stata rinviata al 4 dicembre 2012 su istanza del difensore del comune che ha aderito ad uno sciopero di categoria.

La causa è stata infine trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 4 dicembre 2012.

7. L’appello è infondato e deve essere respinto.

8. Preliminarmente il collegio:

a) rileva l’inammissibilità dell’introduzione, per la prima volta nel giudizio di appello, di doglianze ulteriori rispetto a quelle che, proposte con atti ritualmente notificati, hanno delimitato il perimetro del thema decidendum in prime cure; non si può tener conto di tali profili nuovi perché sollevati in spregio al divieto dei nova sancito dall’art. 345 c.p.c. (ora art. 104, co.1, c.p.a.), ed al valore puramente illustrativo delle memorie conclusionali (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 18 aprile 2012, n. 2232; sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640; ad. plen., 19 dicembre 1983, n. 26, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, co.1, e 88, co. 2, lett. d), c.p.a.);

b) dà atto che nella memoria difensiva dell’8 ottobre 2012 (pagine 1 e 2), l’appellante afferma che non <<…intende contestare la sentenza nella parte in cui dispone l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 46 della L.R. 27.1985 (circostanza contestata con il ricorso di primo grado)….>>, ma che tale asserzione è ambigua perché non specifica se è prestata acquiescenza all’intero capo di sentenza che ha respinto il primo complesso motivo dell’originario ricorso;

c) conseguentemente, per ragioni di comodità espositiva, prende in esame direttamente i motivi dell’originario ricorso al T.a.r., secondo l’ordine fatto proprio dalla società *****.

8.1. Con il primo motivo dell’originario ricorso (pagine 8 – 11), l’impresa ha contestato la falsa ed erronea interpretazione dell’art. 46, co. 1, lett. f), l. r. n. 27 del 1985; sostiene che la stretta connessione funzionale delle opere costitutive dei vari lotti fondava la necessità della trattativa privata; per ragioni tecniche l’impresa ***** era l’unica capace di eseguire i lavori; non si sarebbe dovuto considerare l’importo unitario del valore dei tre lotti, ai fini del rispetto del limite sancito dal terzo alinea della lett. f) cit., così come aveva mostrato di intendere l’organo tutorio che aveva annullato la delibera n. 20 del 1991 per ragioni diverse dalla violazione della norma sancita dalla lett. f), terzo alinea cit..

8.1.1. Il motivo è infondato sia in fatto che in diritto e deve essere respinto nella sua globalità.

8.1.2. In diritto è sufficiente osservare (sulla scorta di consolidati principi giurisprudenziali, cfr. Corte giust. CE, sez. II, 2 ottobre 2008, n. C-157/06; grande sezione, 8 aprile 2008, n. C-337/05; Cons. St., sez. V, 2 novembre 2011, n. 5837; sez. VI, 3 febbraio 2011, n. 780; sez. V, 24 aprile 2009, n. 2600; sez. IV, 10 giugno 2004, n. 3721), che:

a) il ricorso alla trattativa privata (procedura negoziata), nel micro ordinamento di settore (nazionale comunitario), è vicenda assolutamente eccezionale perché lesiva dei valori fondamentali (costituzionali e internazionali) della libertà di impresa, del libero mercato, della trasparenza, della imparzialità dell’azione amministrativa e della buona amministrazione;

b) le disposizioni che consentono il ricorso a tale procedura di affidamento di appalti (e quelle assimilabili: ad es. varianti, atti aggiuntivi ecc.), devono essere interpretate restrittivamente, introducendo ipotesi tassative che costituiscono momento patologico del rapporto contrattuale risolvendosi in affidamenti diretti senza le garanzie delle procedura competitiva;

c) i presupposti applicativi di tale straordinaria procedura devono essere dimostrati in modo rigoroso dalla stazione appaltante e dall’impresa beneficiaria;

d) la portata dell’obbligo di motivazione si declina, coerentemente, nel senso che è la scelta della p.a. di procedere a trattativa che và adeguatamente motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti specifici legali che di volta in volta la giustificano, mentre, qualora l’amministrazione si orienti per la procedura competitiva, non occorre addurre alcuna giustificazione, rientrando ciò nelle normali opzioni che l’ordinamento considera di per sé preferibili, anche quando si verifichino in astratto i presupposti per aggiudicare l’affare mediante procedura negoziata;

e) la stazione appaltante, anche in extremis, se rileva che la stipula comporta la violazione di norme imperative deve immediatamente interrompere la trattativa privata avviata e annullare gli atti della procedura fin lì posta in essere; l’ordinamento, invero, esige il ritorno alla legalità, anche attraverso l’esercizio dei poteri di autotutela da parte dell’amministrazione, mentre non prende in considerazione favorevole – sotto il profilo di possibili pretese risarcitorie – la posizione di coloro che, coinvolti nella trattativa privata o nella gara finalizzate alla stipula del contratto che si rilevi contra legem, abbiano consapevolmente e colposamente aderito all’iniziativa illegittima dell’amministrazione: in tali casi non è configurabile una ipotesi di responsabilità precontrattuale derivante da mancata stipula del contratto con la conseguente impossibilità di accogliere la domanda di risarcimento del danno.

Dall’applicazione dei su esposti principi discende che correttamente la stazione appaltante ha interpretato la norma di sbarramento sancita dall’art. 46, lett. f), terzo alinea l.r. n. 27 del 1985, nel senso letterale e sistematico suo proprio, ovvero considerando unitariamente il valore complessivo dei lotti per sottoporlo al riscontro in concreto del non superamento del limite costituito dal doppio dell’importo dell’originario appalto.

8.1.3. Le doglianze in esame sono inaccoglibili anche in fatto posto che l’impresa non ha fornito alcuna prova:

a) della asserita impossibilità tecnica di esecuzione dei lavori da parte di altre imprese;

b) della inscindibilità funzionale che connoterebbe la realizzazione delle opere previste dai lotti 1°, 3° e 4°.

8.2. Con il secondo motivo dell’originario ricorso di primo grado (pagine 11 – 13), l’impresa ***** ha dedotto l’illegittimità della delibera n. 45 del 1993 sotto il profilo della mancanza di motivazione sulla sussistenza dell’interesse pubblico che deve sostenere un provvedimento di autotutela nonché della lesione delle aspettative del privato vulnerato nel suo legittimo affidamento accresciuto anche dall’ordinanza del T.a.r. che aveva accolto la domanda di sospensione degli effetti del provvedimento negativo dell’organo tutorio.

8.2.1. Il mezzo è infondato.

8.2.2. Le su illustrate doglianze si fondano sul decisivo presupposto giuridico che la delibera n. 45 del 1993 sia qualificabile come esercizio di autotutela decisoria per vizi di legittimità.

Tale tesi è smentita:

a) dall’univoco contenuto della delibera n. 20 del 1991 che non ha affatto affidato l’esecuzione dei lavori dei lotti 1°, 3° e 4° alla ditta *****, essendosi limitata ad aprire una procedura di trattativa privata con quest’ultima, facendo salvi (espressamente ed opportunamente) gli esiti dei successivi controlli sulla sussistenza di tutte le condizioni legali per la stipula della futura convenzione diretta;

b) dal tenore complessivo delle clausole che compongono la delibera n. 45 cit. e dalla sostanza delle argomentazioni spese a sostegno della scelta di non concludere la procedura di trattativa privata con l’impresa *****.

In quest’ottica è dunque irrilevante che nel primo punto del dispositivo della delibera n. 45 cit. si sia affermato <<…di annullare, in forma di autotutela …>> alcune parti della delibera n. 20 del 1991, perché il potere realmente esercitato dal comune è stato quello di rifiutare (doverosamente, visto l’impedimento legale costituito dalla norma sancita dalla più volte menzionata lett. f), terzo alinea), l’aggiudicazione a trattativa privata alla società Beton dei lotti di lavori per cui è causa.

In ogni caso, anche volendo qualificare la delibera n. 45 come atto di auto annullamento in senso proprio, la medesima sfugge ai lamentati vizi di carenza di motivazione sulla scorta dell’esame del suo apparato argomentativo, specie se apprezzato alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza di questo Consiglio in materia di trattativa privata (illustrati nel precedente punto 8.1.2.) e per i casi di annullamento degli atti di gara da parte della stazione appaltante (cfr. fra le tante Cons. St., sez. IV, 12 febbraio 2012, n. 743, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, co.1, e 88, co. 2, lett. d), c.p.a.).

9. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni è giocoforza respingere l’appello.

10. In assenza di prova specifica delle spese sostenute, secondo quanto richiesto dal d.m. n. 140 del 2012, il solo onorario del presente grado di giudizio, regolamentato secondo l’ordinario criterio della soccombenza, è liquidato in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto:

a) respinge l’appello e per l’effetto conferma l’impugnata sentenza;

b) condanna la società appellante a rifondere in favore del comune di Leverano l’onorario del presente grado di giudizio che liquida in complessivi euro 6.000 (seimila/00) oltre accessori come per legge (I.V.A. e C.P.A.).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2012

Redazione