Mancata disdetta della locazione: la durata della locazione è 4 anni più 4 (Cass. n. 14866/2013)

Redazione 13/06/13
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Svolgimento del processo

Come risulta dal ricorso per cassazione, contrassegnato dal n. 23767/07 R.G.N., con atto notificato in data 11-02-02 F.I. e M.G. intimavano licenza per finita locazione alla ******à Cooperativa “Una Casa per L’Uomo”, per ottenere il rilascio entro il 10-4-04 degli immobili di proprietà comune, situati in Montebelluna, detenuti dalla società intimata in forza di contratto di locazione stipulato in data 1-09-1995. La convenuta si costituiva in giudizio, eccependo l’intervenuta rinnovazione del rapporto fino al successivo 31-08-2007 in quanto il contratto di locazione, stipulato nel vigore della Legge n. 392/78 e rinnovatosi tacitamente dopo l’entrata in vigore della Legge n. 431/1998, aveva assunto a decorrere dall’1.9.99 la durata di quattro anni + quattro, prevista dal primo comma dell’art. 2 della Legge n. 431/98. In esito al giudizio, il Tribunale di Treviso Sezione distaccata di Montebelluna – rigettava la domanda dichiarando che il contratto di locazione – che andava a scadere il giorno 31-08-2003 – si doveva automaticamente rinnovare fino al giorno 31-082007, ai sensi dell’art. 2, co. 6 e co. 1 della Legge n. 031/98, e condannando la società convenuta a rilasciare l’immobile entro e non oltre il 31-10-2007. Avverso tale decisione i locatori proponevano appello, ed in esito al giudizio, in cui si costituiva la società appellata resistendo al gravame, la Corte di appello di Venezia con sentenza depositata il 2 maggio 2007 rigettava l’appello e condannava gli appellanti alle spese del giudizio di secondo grado. Intanto, come risulta dal ricorso per cassazione, contrassegnato dal n. 3768/07 R.G.N., con atto notificato in data 11-02-02 la F. ed il G. avevano intimato licenza per finita locazione alla ******à Cooperativa “Una Casa per L’Uomo”, per ottenere il rilascio entro il 10-4-04 di altri immobili di proprietà comune, sempre situati in Montebelluna, detenuti dalla società intimata in forza di un diverso contratto di locazione, successivamente stipulato, in data 1.4.96. Anche in questo diverso giudizio, la convenuta si costituiva, eccependo l’intervenuta rinnovazione del rapporto fino al successivo 1.4.2008 in quanto il contratto di locazione, stipulato nel vigore della Legge n. 392/78 e rinnovatosi tacitamente dopo l’entrata in vigore della Legge n. 431/1998, aveva assunto a decorrere dall’1.4.2000 la durata di quattro anni + quattro, prevista dal primo comma dell’art. 2 della Legge n. 431/98. In esito al giudizio, il Tribunale di Treviso – Sezione distaccata di Montebelluna – rigettava la domanda dichiarando che il contratto di locazione – che andava a scadere il giorno 1.4.2004 – si doveva automaticamente rinnovare fino al giorno 1.4.2008, ai sensi dell’art. 2, co. 6 e co. 1 della Legge n. 431/98, e condannando la società convenuta a rilasciare l’immobile entro e non oltre l’1-6-2008. Avverso tale decisione i locatori proponevano appello, ed in esito al giudizio, in cui si costituiva la società appellata resistendo al gravame, la Corte di appello di Venezia con sentenza depositata il 2 maggio 2007 rigettava l’appello e condannava gli appellanti alle spese del giudizio di secondo grado.
Avverso entrambe le sentenze i soccombenti hanno quindi proposto separati ricorsi per cassazione articolati in tre motivi. Resiste la società Cooperativa in entrambi i giudizi con separati controricorsi. Entrambe le parti hanno infine depositato memorie illustrative.

Motivi della decisione

In via preliminare, deve essere disposta la riunione al presente giudizio contrassegnato dal n. 23767/07 R.G.. di quello recante il n. 23768/07 R.G., fissato nella medesima udienza odierna, per evidenti ragioni di connessione sia soggettiva sia, in parte, oggettiva, riguardando entrambi i giudizi analoghi contratti di locazione ad uso abitativo, intercorrenti tra le stesse parti, anche se relativi ad immobili diversi con canoni e scadenze differenti. È appena il caso di osservare a riguardo che la riunione dei procedimenti connessi può essere disposta d’ufficio anche nel corso del giudizio di legittimità, atteso che essa risponde alle stesse esigenze di ordine pubblico processuale (inammissibilità di duplicità di giudicati) in base alle quali la litispendenza può essere dichiarata in ogni stato e grado del processo e, quindi, anche in cassazione. (Cass. n. 10653/99, n. 7966/06, n. 3130/07, Sez. Un. 982/79). Procedendo all’esame delle censure, di analogo contenuto in entrambi i ricorsi, va osservato che, con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2 comma 6, comma 1 e comma 3 legge 431/98, i locatori ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto che le locazioni, stipulate nel vigore della legge n. 392/78, che si rinnovano tacitamente dopo l’entrata in vigore della legge 431/98 per mancata disdetta del locatore alla prima scadenza successiva a quest’ultima legge, restano integralmente assoggettate al regime di durata stabilito dal primo comma dell’art. 2 legge 431/98 con la conseguenza che il contratto può essere disdettato solo in presenza dei motivi indicati nel co. 1 dell’art. 3 di tale legge. Con la seconda doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 comma 6 e comma 1 della legge 431/98, i ricorrenti locatori lamentano l’erroneità della tesi della la Corte di Appello, secondo cui se alla prima scadenza successiva alla rinnovazione tacita, non viene data disdetta per i motivi indicati nel co. 1 dell’art. 3 della legge 431/98, il contratto assumerebbe l’ulteriore durata di anni quattro più quattro.
I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, sono infondati.
A riguardo, mette conto di sottolineare che entrambi i contratti, stipulati prima della entrata in vigore della legge n. 431/98, rispettivamente in data 1.9.1995 e 1.4.1996, recavano il termine utile per la comunicazione della disdetta da parte del locatore venuto a scadenza in epoca successiva al 30 dicembre 1998, vale a dire rispettivamente nell’ottobre 1999 e nel marzo 2000, vedendo pertanto realizzato il presupposto della rinnovazione nel vigore della nuova legge.
Ora, secondo l’ormai consolidato orientamento di questa Corte, l’art. 2 u.c. L. n. 431 del 1998 va interpretato nel senso che, se il contratto si rinnova tacitamente nella vigenza della nuova legge, per mancanza di una disdetta che il locatore avrebbe potuto fare, ma che non ha fatto, il rapporto resta assoggettato alla nuova disciplina; laddove, invece, la disdetta sia comunque intervenuta tempestivamente, pur se non sostenuta da alcuna particolare esigenza del locatore, come consentito dalla L. n. 392 del 1978, art. 3, il contratto resta soggetto alla disciplina previgente ai sensi della medesima L. n. 431 del 1998, art. 14, u.c.. Pertanto, solo se il locatore, dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina, si trova nella possibilità di comunicare la disdetta (nel senso che il termine utile per la comunicazione della disdetta da parte del locatore viene a scadenza in epoca successiva a detta entrata in vigore) e non lo fa, il rapporto resta assoggettato alla nuova disciplina integralmente e quindi con riferimento anche alla doppia durata quadriennale. Anche in tale ipotesi infatti deve ritenersi che il locatore conservi in pieno la facoltà che il legislatore ha certamente inteso attribuirgli (non essendovi alcuna valida ragione per ritenere che abbia inteso negargliela in certi casi ed in particolare nelle fattispecie come quella in questione) : scegliere se dare o non dare la disdetta in relazione alla legislazione vigente al momento della scelta; e quindi (questo è il punto decisivo) con tutti i presupposti e tutte le conseguenze giuridiche dettate datale legislazione, (così, Cass. n. 7985/2010 in motivazione. Conformi, Cass. n. 15005/08 e Cass. n. 17995/07).
Resta da esaminare l’ultima doglianza, articolata sotto il profilo della motivazione insufficiente e contraddittoria, con cui i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale ha posto a loro carico le spese di giudizio ritenendo erroneamente superata l’opinabilità delle questioni di diritto trattate superata dalla più recente giurisprudenza di merito laddove vi erano a riguardo orientamenti giurisprudenziali contrastanti.
Il motivo non è accompagnato dal necessario momento di sintesi. Ciò posto, il motivo deve essere dichiarato inammissibile in quanto, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, oltre a richiedere sia l’indicazione del fatto controverso, riguardo al quale si assuma l’omissione, la contraddittorietà o l’insufficienza della motivazione sia l’indicazione delle ragioni per cui la motivazione sarebbe inidonea a sorreggere la decisione (Cass. ord. n. 16002/2007, n. 4309/2008 e n. 4311/2008).
Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato.
Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di questo giudizio in quanto l’orientamento giurisprudenziale riportato si è consolidato solo dopo l’introduzione della lite.

P.Q.M.

La Corte riunisce al ricorso n. 23767/R.G. quello recante il n. 23768/R.G. e, decidendo sui ricorsi riuniti, li rigetta. Compensa tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.

Redazione