La depressione non basta per ottenere gli arresti domiciliari (Cass. pen. n. 10963/2012)

Redazione 21/03/12
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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 7/11/2011, il Tribunale per il riesame di Palermo, accogliendo l’appello avverso l’ordinanza del Tribunale di Marsala del 7-8 settembre 2011, disponeva la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere applicata a I. L., indagato per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. con la misura degli arresti domiciliari, ai sensi dell’art. 275 c.p.p., comma 4 bis, osservando che le condizioni di salute del prevenuto, quali accertate dai periti, risultavano incompatibili con il protrarsi dello stato di detenzione.

2. Avverso tale ordinanza proposto ricorso il P.M. deducendo mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Premesso che l’incompatibilità dello stato di salute del detenuto con la custodia intramuraria deve essere valutata tenendo presente le cure che possono essere erogate nelle idonee strutture sanitarie penitenziarie, il P.M. ricorrente si duole che il Tribunale non abbia motivato circa l’inadeguatezza del CDT di Torino, individuato dal DAP come idoneo alla gestione sanitaria del detenuto, a fornire le cure necessarie rispetto alla patologia diagnosticata all’ I..

Contesta inoltre la sussistenza dei presupposto della malattia particolarmente grave, essendo la patologia riscontrata dai periti di tipo meramente psicologico, non potendosi considerare valido elemento al riguardo l’ipotizzato rischio suicidario.

3. Il difensore di I.L. ha depositato una memoria resistendo al ricorso del P.M..

 

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. Secondo l’insegnamento di questa Corte, la valutazione della gravità delle condizioni di salute del detenuto e della conseguente incompatibilità col regime carcerario deve essere effettuata sia in astratto, con riferimento ai parametri stabiliti dalla legge, sia in concreto, con riferimento alla possibilità di effettiva somministrazione nel circuito penitenziario delle terapie di cui egli necessita. Ne consegue che, da un lato, la permanenza nel sistema penitenziario può essere deliberata se il giudice accerta che esistano istituti in relazione ai quali possa formularsi un giudizio di compatibilità, dall’altro, che tale accertamento deve rappresentare un “prius” rispetto alla decisione e non una mera modalità esecutiva della stessa, rimessa all’autorità amministrativa (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 34433 del 15/07/2010 Cc, Rv. 248166; Sez. 6, Sentenza n. 25706 del 15/06/2011 Cc. (dep. 28/06/2011) Rv. 250509).

3. Bisogna considerare, inoltre, che secondo la giurisprudenza di questa Corte, le condizioni di salute particolarmente gravi, che – di norma – precludono la custodia in carcere, non devono identificarsi con quelle patologie che, ancorchè marcate, sono, per così dire, connaturali alla privazione della libertà personale, quali la sindrome ansioso-depressiva, bensì con quelle patologie che, a prescindere dalla posizione “in vinculis” del paziente, si oggettivizzano da sole, assumono una propria autonomia e sono connotate, oltre che dalla gravità, dalla insuscettibilità di essere risolte o di essere curate in costanza di detenzione, per non essere praticabili i normali interventi diagnostici e terapeutici in ambiente carcerario, intendendosi per tale anche quello costituito dai centri clinici dell’amministrazione penitenziaria (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 296 del 18/01/2000 Cc. (dep. 05/04/2000 ) Rv. 215860).

4. Nel caso di specie nel provvedimento impugnato difetta una motivazione specifica sulla impossibilità dell’imputato di ottenere del CDT di Torino quei costante supporto specialistico di tipo psichiatrico o psicologico di cui il prevenuto necessita, secondo le modalità indicate dai periti. Di conseguenza l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Palermo per nuovo esame.

 

P.Q.M.

 

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Palermo per nuovo esame.

Redazione