Il circolo nautico non è responsabile del furto del motore del natante (Cass. n. 3554/2013)

Redazione 13/02/13
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Svolgimento del processo

1. P.G. e Gi. convenivano in giudizio, dinanzi alla Pretura di Forlì, il Circolo Nautico del Savio per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, nella misura di lire 4.700.000, per il furto del motore nautico di loro proprietà, sottratto nel maggio 1996 mentre era ormeggiato e custodito presso il Circolo.

Nel contraddittorio delle parti, il Tribunale adito respingeva la domanda nel merito, ritenendo che gli attori non avessero fornito la prova che il ******* avesse l’obbligo di custodire le imbarcazione ormeggiate nei posti assegnati ai soci in base alle previsioni del regolamento.

2. – Con sentenza resa pubblica il 12 marzo 2007, la Corte di appello di Bologna, nel condividere la decisione di primo grado, respingeva il gravame proposto dai P. sul presupposto dell’erronea valutazione del materiale probatorio da parte del primo giudice e che “le circostanze di fatto integravano una fattispecie di contratto di ormeggio non assimilabile alla locazione, ma comportante un vero e proprio obbligo di custodia”.

Il giudice di appello osservava, per quanto ancora interesse in questa sede, che gli appellanti avevano agito in qualità di soci del Circolo, in favore del quale versavano una quota sociale annuale e non già per le prestazioni ricevute, e che, in base al regolamento disciplinante l’attività del Circolo stesso (tra i cui scopi sociali vi era pure quello dell’allestimento di attracchi e ricoveri per imbarcazioni), erano a conoscenza del fatto che il Circolo “non risponde di eventuali furti o danni a natanti o accessori”, cosi dovendosi escludere che esso assicurasse ai soci, “oltre alla messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo, anche la custodia del natante”.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono P. G. e ******, affidando le sorti dell’impugnazione a dieci motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso il Circolo Nautico del Savio.

Motivi della decisione

1. – Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità della nomina del nuovo difensore, avv. ************** (in luogo del rinunciante avv. *************), presso il quale i ricorrenti, altresì difesi dall’avv. ***********, hanno eletto domicilio, in quanto effettuata con atto denominato “comparsa di costituzione di nuovo difensore” e non con atto pubblico o con scrittura privata autenticata ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 2, nella sua formulazione antecedente alle modifiche introdotte dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, (giacchè dette modifiche – che avrebbero consentito una nomina come quella anzidetta – non possono trovare applicazione nella presente controversia, in quanto operanti soltanto per i giudizi introdotti dopo l’entrata in vigore delle legge stessa, alla stregua di quanto disposto dalla medesima L. n. 69, art. 58). Sicchè, nella fattispecie, è ancora pienamente efficace la seguente regula, iuris:

“Nel giudizio di cassazione – diversamente rispetto a quanto avviene con riguardo ai giudizi di merito – la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poichè l’art. 83, comma 3, nell’elencare gli atti a margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, individua, con riferimento al giudizio di cassazione, soltanto quelli suindicati. Pertanto, se la procura non viene rilasciata su detti atti, è necessario che il suo conferimento si realizzi nella forma prevista dal secondo comma del citato art. 83, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata. A quest’ultima conclusione deve pervenirsi anche con riferimento all’ipotesi in cui sopraggiunga la sostituzione del difensore nominato con il ricorso (o controricorso), non rispondendo alla disciplina del giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio a seguito della sua instaurazione con la notifica e il deposito del ricorso (o controricorso) e non soggetto agli eventi di cui all’art. 299 c.p.c. e segg., il deposito di un atto redatto dal nuovo difensore (nella specie denominato “atto di costituzione”) su cui possa essere apposta la procura speciale” (tra le tante, Cass., 5 giugno 2007, n. 13086).

2. – Con il primo motivo è denunciata motivazione omessa e/o contraddittoria circa un punto decisivo della controversia in relazione all’allegazione di un documento relativo alla posizione di un terzo.

I ricorrenti, con sintesi ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., allegano a fatto controverso l’esonero, in sede di adesione al Circolo, dalla responsabilità per eventuali furti o danni a natanti o accessori e contestano l’adeguatezza della motivazione della sentenza impugnata in quanto si sarebbe fondata su documento (prodotto dalla controparte all’udienza del 18 marzo 1999) di adesione sottoscritto da un terzo (tale Pi.), non essendo stata prodotta in causa l’adesione all’Associazione di essi P., così da non potersi affermare che la clausola di esonero fosse da loro voluta ed accettata.

3. – Con il secondo motivo è dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1341 c.c..

Ci si duole che la Corte di appello non abbia dichiarato la nullità ex art. 1341 c.c., della clausola in questione inserita nel modulo di adesione all’Associazione, posto che essa riguardava un esonero della responsabilità per furti o danni, necessitante dunque di apposita sottoscrizione, che, nella specie, mancava. Il motivo si chiude con la formulazione di quesito di diritto.

4. – Con il terzo motivo, assistito da congruente quesito di diritto, si prospetta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1229 c.c..

La Corte territoriale avrebbe completamento omesso di dichiarare la nullità, ai sensi dell’art. 1229 cod. civ., del patto associativo di esonero della responsabilità, che non recava riferimento alcuno al dolo o alla colpa del debitore.

4.1. – I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto implicano la soluzione di una analoga presupposta questione, sono inammissibili.

Le ragioni di gravame a suo tempo avanzate dagli attuali ricorrenti, siccome poste in evidenza dalla sentenza impugnata, facevano leva sull’erronea valutazione del materiale probatorio da parte del primo giudice e sul rilievo che “le circostanze di fatto integravano una fattispecie di contratto di ormeggio non assimilabile alla locazione, ma comportante un vero e proprio obbligo di custodia”.

Nella narrativa del ricorso i P. assumono di aver sollevato, con l’atto di appello, le questioni relative alle nullità ex artt. 1341 e 1229 c.c., ma richiamano solo in estrema sintesi siffatte circostanze, senza specificare, come sarebbe stato loro onere, i contenuti puntuali del gravame a tal fine rilevanti.

Nulla si afferma, poi, quanto alla questione del documento di adesione all’associazione veicolata con il primo motivo, là dove, trattandosi di acquisizione probatoria avvenuta in primo grado (giacchè il documento è stato prodotto all’udienza del marzo 1999) e dal contenuto particolarmente rilevante ai fini della decisione, avrebbe dovuto suscitare sin da subito la contestazione che si esplicita con il presente ricorso per cassazione.

Sicchè, i motivi si palesano inammissibili anzitutto perchè nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, a meno che (ma ciò non riguarda la fattispecie in esame) si tratti di questioni rilevabili di ufficio o, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti (tra le tante, Cass., 26 marzo 2012, n. 4787).

Inoltre, segnatamente in ordine al primo motivo, la censura si infrange anche sulla mancata contestazione della qualità di socio in capo, quantomeno, a P.G., in forza della quale la Corte territoriale ha ritenuto l’applicabilità del regolamento associativo e della clausola di esonero dalla responsabilità inserita nel modulo di adesione al Circolo Nautico del Savio ;

adesione che, peraltro, risultava confermata da prova testimoniale (testi Pi. a A.), come fatto palese dalla stessa sentenza impugnata nel riportare le ragioni della decisione di primo grado, che il giudice di appello ha espressamente dichiarato di condividere quanto proprio all’esistenza di un rapporto associativo connotante diritti ed obblighi delle parti in causa.

Trattasi, dunque, di ulteriore ed autonoma ratio decldendi che non è stata oggetto di specifica doglianza e che, pertanto, come tale, è idonea a sorreggere la decisione, elidendo, di per sè, la dedotta controvertibilità del fatto della adesione all’associazione e rendendo inammissibile, per difetto di interesse, la censura, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (tra le tante, Cass., 11 febbraio 2011, n. 3386).

Ed ancora, quanto al secondo e terzo motivo, semmai le questioni anzidette fossero state effettivamente poste all’attenzione del giudice di appello, i ricorrenti si sarebbero dovuti lamentare in questa sede di una omessa pronuncia sulle stesse, ma, a maggior ragione in siffatta evenienza, sarebbe stata necessaria, al fine dell’ammissibilità dei motivi di ricorso per cassazione, la specifica indicazione delle censure sottoposte al giudice del gravame sulle quali egli non si sarebbe pronunciato, essendo in tal caso indispensabile la conoscenza puntuale dei motivi di appello (Cass., 17 agosto 2012, n. 14561).

Ed, altresi, sarebbe stata necessaria la precisazione – a pena di inammissibilità – che il motivo o la conclusione (sulla quale fosse mancata la pronuncia) sono stati mantenuti nel giudizio di appello fino al momento della precisazione delle conclusioni (Cass., 3 marzo 2010, n. 5087).

Invero, tutto ciò avrebbe presupposto anche una denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, rispetto alla quale sarebbero risultati consentanei gli oneri di specificità anzidetti, cosi da consentire a questa Corte di esercitare i poteri ad essi spettanti in qualità di giudice del “fatto processuale”.

I motivi di ricorso oggetto del presente scrutinio, invece, sono ben lungi dal conformarsi a tali regulae iuris.

5. – Con il quarto mezzo, assistito da congruente quesito di diritto, è denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., comma 2.

La Corte territoriale non avrebbe tenuto conto, nell’interpretare il contratto con il Circolo, del comportamento complessivo delle parti anche successivo alla conclusione del negozio, da cui era desumibile l’assunzione da parte del Circolo stesso dell’obbligo di custodire le imbarcazioni. In particolare non avrebbe considerato le seguenti circostanze di fatto emerse dall’istruttoria: che la custodia veniva di giorno effettuata dai gestori del bar del Circolo e di notte da un servizio di vigilanza privata; che gli associati non disponevano delle chiavi di accesso al circolo, completamente recintato ed illuminato di notte ; che si trattava della lunga sosta delle imbarcazioni, di piccole dimensioni, in assenza di equipaggio, durante il periodo di chiusura del circolo.

5.1. – Il motivo è infondato.

Va anzitutto osservato che l’interpretazione delle clausole contrattuali è compito del giudice di merito e, ove rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, il quale può insistere non sulla ricostruzione della volontà delle parti, ma esclusivamente sull’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare, per l’appunto, se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (Cass., sez. 3^, 31 marzo 2006, n. 7597; v. anche Cass., sez. 3^, 15 febbraio 2007, n. 3468; Cass., sez. 3^, 15 marzo 2005, n. 5624). Sicchè, per sfuggire al sindacato di questa Corte, giudice della legittimità, l’interpretazione fornita dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; con la conseguenza che, allorquando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (così Cass., sez. 3^, 20 novembre 2009, n. 24539).

Ciò posto, risulta incensurabile l’operazione interpretativa compiuta dalla Corte territoriale, che ha soffermato la propria attenzione sull’esistenza di un rapporto associativo e sulla clausola di esonero dalla responsabilità dell’associazione per “eventuali furti o danni a natanti o accessori”, cosi da giungere, infine, a ritenere esclusa l’obbligazione di custodia del natante da parte del Circolo Nautico del Savio. Esito, questo, che, peraltro, muove espressamente dalla condivisione del convincimento raggiunto dal giudice di primo grado, la cui decisione la Corte felsinea mostra di apprezzare (riportandone le argomentazioni di fondo) a fronte della censura di parte appellante di mal governo delle emergenze processuali, in forza delle quali, invece, il primo giudice era giunto a considerare (al pari del giudice di secondo grado) pertinenti soltanto all’ambito associativo i diritti ed obblighi delle parti, negando, altresì, che tale conclusione potesse essere messa in discussione dal comportamento complessivo delle parti stesse, in forza di circostanze di fatto (come anche quella della chiusura del Circolo “da una certa ora”, che, però, non impediva ai soci di ottenere comunque la chiave di accesso) che non erano in grado di provare la disponibilità esclusiva in capo al Circolo nautico del “posto-barca”.

Sicchè, alla luce dei principi innanzi richiamati e a fronte dell’apparato argomentativo esibito nella sentenza impugnata, i ricorrenti propongono, alfine, una diversa lettura delle risultanze istruttorie che, però, non è in grado di scalfire l’intrinseca ragionevolezza di quella fornita dal giudice del merito nell’esercizio del potere ad esso spettante di interpretare il negozio giuridico.

6. – Con il quinto mezzo, è dedotta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, “per non considerazione di questioni dirimenti”; nonchè motivazione omessa circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Le circostanze di fatto evidenziate nel precedente motivo (il quarto), sebbene ritualmente dedotte con l’atto di appello, non sarebbero state minimamente considerate dalla Corte territoriale, cosi da rendere la sentenza affetta da nulla o comunque viziata nella motivazione.

Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito ex art. 366 bis c.p.c.: “il vizio di motivazione (omessa) concerne una serie di circostanze dedotte dall’appellante – odierno ricorrente – non prese minimamente in considerazione dalla Corte d’Appello di Bologna, riguardanti l’assunzione, quantomeno tacita, dell’obbligo di custodia; la motivazione è inidonea a reggere la decisione, in quanto non è nemmeno implicita, e dimostra che il giudice non ha considerato tali circostanze, che invece avrebbero dovuto condurlo ad una diversa valutazione dei fatti e del rapporto giuridico in contestazione”.

6.1. – Il motivo in parte è inammissibile ed in parte è infondato.

Quanto al motivo di nullità della sentenza, per omessa considerazione “di questione dirimenti”, veicolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, esso è inammissibile non solo perchè non assistito dal relativo quesito ex art. 366 bis c.p.c. (che è necessario formulare, in modo specifico e congruente, anche nel caso di denuncia di errores In procedendo, ove – come nella specie, in cui la sentenza impugnata è stata pubblicata il 12 marzo 2007 – trovi ancora applicazione l’anzidetta norma; cfr., tra le altre, Cass., 21 febbraio 2011, n. 4146), ma anche perchè, ove lo si intenda volto a censurare una omessa pronuncia da parte del giudice di appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c., esso si rivolge non già a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto (in tal senso, Cass., sez. un., 28 luglio 2005, n. 15781; Cass., 11 febbraio 2009, n. 3357), veicolati dai motivi di gravame, bensi ad allegazioni in fatto ed a mere difese a sostegno della domanda di danno da inadempimento contrattuale proposta dai P..

Là dove, poi, denuncia un vizio di omessa motivazione, il mezzo (sia pure in disparte la sua inammissibilità per inadeguata formulazione del quesito di sintesi, che non da contezza delle specifiche circostanze di fatto controverse, come era invece necessario, anche se detti fatti possano evincersi dal contesto del motivo: Cass., 25 febbraio 2009, n. 4556; Cass., 30 dicembre 2009, n. 27680; Cass., 18 novembre 2011, n. 24255) è comunque infondato, tenuto conto che, al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (tra le molte, Cass., 15 aprile 2011, n. 8767).

La Corte territoriale, senza incorrere in vizi logici e giuridici, ha, infatti, adeguatamente argomentato il proprio convincimento sull’infondatezza della domanda di danni, rilevando, anche sulla scorta di quanto già assunto dal giudice di primo grado in forza del complessivo materiale probatorio, l’insussistenza di un’obbligazione di custodia del natante da parte del Circolo Nautico in ragione natura associativa del rapporto sottostante e della portata dei diritti ed obblighi che lo connotavano. E ciò in risposta proprio alle censure dedotte dagli appellanti in ordine alla errata valutazione delle prove da parte del Tribunale, la cui lettura avrebbe dovuto invece portare, a loro avviso, ad un diverso esito e cioè a ritenere sussistente l’obbligo di custodia in capo all’associazione nautica.

7. – Con il sesto mezzo, assistito da quesito di diritto, è denunciata la violazione dell’art. 1362 c.c..

La Corte territoriale avrebbe mal interpretato la lettera del contratto e in particolare il suo art. 4, giacchè l’obbligo di custodia, peraltro in relazione a non modica somma annuale per l’iscrizione all’associazione, rientra “perfettamente nei fini e negli scopi statutari”, che riguardano “ogni forma di assistenza nautica purchè direttamente connessa al raggiungimento degli scopi del circolo” e lo svolgimento di “qualsiasi attività sportiva e culturale comunque connessa od affine per il raggiungimento dello scopo sociale”.

8. – Con il settimo mezzo, assistito da quesito di sintesi, è denunciata omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Ci si duole che la Corte di appello non abbia tenuto in nessun conto l’art. 4 dello statuto dell’Associazione, ciò traducendosi in un vizio di motivazione della sentenza.

8.1. – I motivi, che vanno esaminati congiuntamente perchè tra loro connessi, non possono trovare accoglimento.

I ricorrenti, infatti, ripropongono, ancora una volta, un’interpretazione della portata dei reciproci diritti ed obblighi, che legavano le parti in causa in forza del vincolo associativo, diversa ed alternativa rispetto a quella, assistita da motivazione adeguata e logica, fornita dal giudice di merito, la quale, lungi dal trascurare il programma associativo, si è formata proprio sul testo dello statuto e del regolamento dell’associazione, oltre che sulla dichiarazione di adesione alla stessa, là dove, inoltre, le censure mettono in risalto elementi del tutto estranei all’obbligo di custodia del natante, giacchè facenti riferimento all’assistenza nautica e all’attività sportiva e culturale.

Sicchè, alla luce dei principi già in precedenza evidenziati (punto 5.1), la motivazione della Corte territoriale (che ha richiamato, in sintesi, proprio il contenuto dell’art. 4 dello statuto, il fatto del versamento di quote annuali e non già di corrispettivi del per prestazioni ricevute, nonchè i punti 2 e 3 del regolamento e la domanda di adesione all’associazione, giungendo a ritenere che tutto ciò delimitasse gli obblighi del Circolo “alla messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo”, ma non concernesse la custodia del natante) non presenta vizi di mal governo dei criteri di ermeneutica negoziale e rimane nell’alveo del corretto esercizio dei poteri esegetici spettanti al giudice del merito.

9. – Con l’ottavo motivo, assistito da quesito di diritto, si prospetta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1322 c.c., in relazione all’art. 1362 c.c..

Ci si duole che il giudice di appello abbia errato nel negare la sussistenza, nella specie, di un contratto di ormeggio, sull’erroneo presupposto che l’esistenza di un contratto di associazione ne implicasse l’esclusione.

9.1. – Il motivo non può essere accolto.

La Corte territoriale, rimarcando l’essenziale valenza del vincolo associativo nella configurazione dei reciproci diritti ed obblighi delle parti, ha comunque individuato quelli del Circolo nella “messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo”, negando però, con motivazione logica ed esauriente (come più volte già posto in rilievo), che tra detti obblighi rientrasse anche la custodia del natante e delle cose ad esso pertinenti.

Sicchè, proprio l’affermata esclusione dell’obbligazione di custodia rende palese l’inconsistenza della censura anche volendo prendere a riferimento il contratto atipico di ormeggio, i cui contenuti di base sono del resto richiamati in quelli che il giudice di appello ascrive come obblighi gravanti sul Circolo Nautico.

Difatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (richiamata anche dai ricorrenti: tra le altre, Cass., 1 giugno 2004, n. 10484; ma si veda anche Cass., 21 settembre 2011, n. 19201), il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale (in mancanza della quale non può dirsi realizzata la detta convenzione negoziale), consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo. Peraltro, il suo contenuto può del tutto legittimamente estendersi anche ad altre prestazioni, quali la custodia del natante e/o quella delle cose in esso contenute, restando a carico di chi fonda un determinato diritto (o la responsabilità dell’altro contraente sulla struttura del contratto) fornire la prova dell’oggetto e del contenuto. Il relativo accertamento si esaurisce in un giudizio di merito che, adeguatamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità.

E, come detto, proprio l’esistenza dell’obbligo di custodia del natante e delle cose ad esso pertinenti è stata esclusa dalla sentenza impugnata e siffatto accertamento assume un ruolo di centralità nell’economia della decisione.

10. – Con il nono motivo, assistito da quesito di diritto, è prospettata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., in relazione agli artt. 1768 e 1780 c.c..

Ci si duole che la Corte distrettuale, a fronte di una fattispecie inquadrabile nella categoria del contratto di ormeggio, con obbligo di custodia, e comunque in quello di deposito, non abbia applicato il principio, desumibile segnatamente dall’art. 1780 c.c., per cui, in presenza di un furto di cosa depositata, era onere del depositario inadempiente (nella specie, il Circolo Nautico) di provare che l’evento non fosse dipeso da causa a lui imputabile.

10.1. – Il motivo è inammissibile.

Esso, come del resto altre precedenti censure già respinte, propone, infatti, una qualificazione del contratto che prescinde da quella fornita dalla Corte di appello nell’esercizio, corretto, dei propri poteri di ermeneutica negoziale, muovendo da un presupposto smentito dalla sentenza impugnata – e cioè l’esistenza di un obbligo di custodia del natante gravante sul Circolo nautico senza peraltro censurare intrinsecamente siffatto approdo esegetico del giudice del merito.

11. – Con il decimo mezzo è denunciata omessa pronuncia; violazione dell’art. 112 c.p.c.; nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con l’atto di appello era stato evidenziato che il ***************** potesse essere ritenuto responsabile per i danni derivati ad essi P. dal furto del motore nautico ai sensi dell’art. 1228 cod. civ., in quanto incaricante dell’impresa di vigilanza “Cities Service Police” che curava il servizio di vigilanza notturna, la quale, in quanto retribuita regolarmente dal Circolo stesso, avrebbe potuto essere qualificata come ausiliaria.

L’omesso esame “di tale mezzo di gravame configura aperta violazione dell’art. 112 c.p.c., e determina, per omessa pronuncia, la nullità della sentenza”.

11.1. – Il motivo (sia pure prescindendo dall’inammissibilità perchè non puntualizza che il mezzo di gravame è stato mantenuto nel giudizio di appello fino al momento della precisazione delle conclusioni: Cass. n. 5087 del 2010, citata) è comunque infondato.

Il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello è configurabile, infatti, allorchè manchi completamente l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado; tale violazione non ricorre invece nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda (Cass., 25 settembre 2012, n. 16254).

Nella specie, appare evidente la reiezione implicita della domanda anzidetta nell’affermazione stessa per cui il Circolo Nautico del Savio non ha in alcun modo assunto obblighi di custodia e, dunque, neppure tramite la società che era addetta al servizio di vigilanza notturna del Circolo stesso; non è quindi apprezzabile il dedotto vizio di omessa pronuncia.

12. – Il ricorso deve, dunque, essere rigettato ed i ricorrenti, in quanto soccombenti, vanno condannati, in solido tra loro, al pagamento delle spese del grado, liquidate come in dispositivo, in favore della parte controricorrente.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso;

condanna P.G. e Pa.Gi., in solido tra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del Circolo Nautico del Savio, che liquida in complessivi Euro 2.100,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Redazione