Giudice di pace: autorizzazione implicita a stare in giudizio personalmente (Cass. n. 3874/2012)

Redazione 12/03/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

 

Considerato:

 

che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori: “Il relatore, cons. ***************, letti gli atti depositati, osserva:

 

1. **** proponeva opposizione davanti al giudice di pace di Imola avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti ed in favore dell’avv. S.L. per somme dovute a titolo di compensi professionali.

 

Avverso la sentenza, che rigettava l’opposizione, il G. O. proponeva appello davanti al Tribunale di Bologna, sez. dist. di Imola, che con sentenza depositata il 17 luglio 2010, rigettava l’appello.

 

Riteneva il Tribunale che il G. non poteva stare in giudizio personalmente davanti al giudice di pace, in quanto, versandosi nell’ipotesi di cui all’art. 82 c.p.c., comma 2, mancava l’autorizzazione in tal senso del Giudice di pace, che nella sentenza definitiva aveva espressamente negato detta autorizzazione.

 

Avverso questa sentenza ha proposto per cassazione G.O..

 

Non ha svolto attività difensiva l’intimato.

 

2. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 82 c.p.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza.

 

Assume il ricorrente che tale autorizzazione a stare in giudizio di persona poteva essere data anche implicitamente e che ciò era avvenuto nella fattispecie, in cui – a fronte della richiesta di autorizzazione – il giudice di pace nulla aveva espressamente rilevato nel corso del giudizio, tuttavia non dichiarando la contumacia di esso opponente ed autorizzando le parti al deposito della memoria conclusionale, mentre solo nella sentenza che definiva il giudizio il giudice di pace riteneva di non poter concedere detta autorizzazione.

 

3.1. Il motivo è manifestamente fondato.

 

L’art. 82 c.p.c., dispone che nelle cause dinanzi al Giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede Euro 516,46, mentre nelle cause che eccedono tale valore il Giudice di pace, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona.

 

Questa Corte, nell’interpretare la norma, ha affermato il principio secondo il quale l’autorizzazione a stare in giudizio di persona, nelle cause eccedenti il limite di valore sopra indicato, è richiesta essenzialmente nell’interesse della parte e la sua mancanza da luogo ad una nullità relativa (Cass. 8 gennaio 1999, n. 112), con la conseguenza che essa è sanabile e non è rilevabile di ufficio.

 

3.2. Inoltre detta autorizzazione può essere anche implicita in un atto successivo all’instaurazione del giudizio, quale un provvedimento adottato sulla istanza della parte che agisca di persona (Cass. sez. un., 18 luglio 2001, n. 9767; Cass. 30 giugno 1998, n. 6410) e deducibile “per facta concludentia” (Cass. 28/08/2007, n. 18159 ha confermato la sentenza del giudice di pace sostenendo che l’autorizzazione a stare in giudizio di persona si sarebbe dovuta dedurre per implicito dal fatto che tale giudice non aveva rilevato la contumacia della parte costituitasi personalmente ed aveva ammesso la medesima al compimento di varie attività processuali).

 

4.1. Osserva questo collegio che a norma dell’art. 82 c.p.c., deve ritenersi che l’autorizzazione a stare in giudizio di persona, essendo un atto abilitativo al compimento di attività processuali, debba precedere il loro compimento, al fine di una regolare instaurazione del rapporto processuale, e quindi l’autorizzazione deve essere richiesta e ottenuta dall’attore prima della notificazione dell’atto di citazione, o quanto meno della sua costituzione in giudizio.

 

4.2. A norma dell’art. 132 c.p.c., l’autorizzazione può comunque essere concessa nella prima udienza. La mancanza di preventiva autorizzazione, peraltro, non sembra si sostanzi in un vizio di forma, che dia luogo a una nullità regolata dall’art. 156 c.p.c. e segg., e qualificabile come nullità relativa. Se così fosse, infatti, non potendola il giudice rilevare di ufficio, nè potendola rilevare la controparte (essendo la nullità stabilita nell’interesse del soggetto che deve ottenere l’autorizzazione), e non potendola dedurre neppure tale soggetto, avendovi dato luogo, la mancanza di autorizzazione resterebbe non sanzionata e non sanzionabile.

 

4.3. Ritiene invece questa Corte che detta autorizzazione attiene all’accertamento che, secondo quanto dispone l’art. 82 c.p.c., “in considerazione della natura e entità della causa”, nulla osta a che il soggetto possa agire senza il patrocinio di un difensore. Rimuove, cioè, attraverso tale accertamento, un limite posto dallo stesso art. 82 al potere riconosciuto alla parte di agire personalmente nei giudizi dinanzi al Giudice di pace.

 

Ne deriva – tenuto conto della finalità di detta autorizzazione, volta a tutelare anche l’interesse generale e costituzionalmente garantito dell’effettività del diritto di difesa, oltre che l’interesse della parte alla quale si riferisce a quello dell’altra parte alla regolarità dell’instaurazione del contraddittorio – che la sua mancanza da luogo ad una invalida costituzione del rapporto processuale, rilevabile di ufficio dal giudice, oltre che deducibile dalla controparte, ma sanabile con effetto ex tunc, in relazione alla sua ratio, un volta che l’autorizzazione sia stata concessa dal Giudice di pace, ancorchè dopo la costituzione del rapporto processuale. L’intervenuta autorizzazione, infatti, pur se successiva all’instaurazione del giudizio, assicura la realizzazione di quegli interessi che l’art. 82, nel prevederla, intende tutelare, così sanando la irregolare costituzione del rapporto processuale.

 

4.4. Sennonchè una volta intervenuta tale autorizzazione, sia pure implicita o per facta concludenza, essa non potrà essere revocata.

 

Quindi non può il giudice di pace, che abbia espressamente o implicitamente concesso detta autorizzazione, con la sentenza che definisce il giudizio revocare la stessa, con l’effetto di rendere invalida la costituzione del rapporto processuale. Ovviamente diversa è l’ipotesi in cui il giudice di pace si limiti ad una pronuncia meramente dichiarativa di una nullità che colpiva detta autorizzazione (ad esempio autorizzazione concessa in assenza della richiesta di parte).

 

5.1. Nel caso di specie l’opponente, che ha agito di persona ed ha chiesto espressa autorizzazione a stare in giudizio nell’udienza di prima comparizione, non solo non era stato dichiarato contumace (come sarebbe dovuto avvenire in assenza di un’autorizzazione implicita), ma era stato invitato in una alla controparte – alla presentazione della memoria conclusionale, alla quale non era abilitato in assenza di un’autorizzazione almeno implicita a stare in giudizio personalmente.

 

5.2. Una volta concessa detta autorizzazione, sia pure nella forma implicita suddetta, è irrilevante la contraria decisione de giudice di pace, espressa nella sentenza, con cui si affermava che la natura e l’entità della causa non consentivano di autorizzare l’opponente a stare in giudizio di persona.

 

Poichè tale decisione del giudice interveniva quando già era stata concessa l’autorizzazione implicita di cui all’art. 82 c.p.c., comma 2, la diversa decisione emergente dalla sentenza si risolve in una revoca espressa dell’autorizzazione implicita a stare in giudizio di persona.

 

Tale revoca è irrilevante per quanto sopra detto.

 

6.1. Va, quindi, ribadito il principio, per quanto risalente, già affermato dalle S.U. (18/07/2001, n. 9767), secondo cui “Il provvedimento con il quale il giudice di pace autorizza la parte a stare in giudizio personalmente a norma dell’art. 82 c.p.c., comma 2, non esige il rigore formale della espressa scrittura, potendo esso risultare implicitamente dai verbali di causa”.

 

Va, altresì, affermato che: “Una volta intervenuta sia pure implicitamente tale autorizzazione a stare in giudizio personalmente, a norma dell’art. 82 c.p.c., comma 2, la stessa non è revocabile successivamente in sede di decisione, con conseguente caducazione di tutti gli atti compiuti (diversa è l’ipotesi in cui il giudice in sede di decisione della causa si limiti ad una declaratoria di nullità della concessa autorizzazione)”. 6.2. Pertanto l’impugnata sentenza va cassata e la causa va rinviata al Trib. di Bologna, sez. dist. Di Imola, in diversa composizione, che si uniformerà al principio di diritto suddetto”.

 

Ritenuto:

 

che il Collegio condivide i motivi in fatto e diritto esposti nella relazione;

 

che il ricorso deve, perciò, essere accolto;

 

visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

 

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio di cassazione al Tribunale di Bologna, sez. dist. di Imola, in diverso magistrato.

Redazione