Espropriazione per pubblica utilità – Retrocessione (Cons. Stato n. 4597/2012)

Redazione 24/08/12
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Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 10530 del 2011, IBP International business park s.r.l. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione terza, n. 274 del 26 gennaio 2012, preceduta dal dispositivo di sentenza n. 3120 del 6 dicembre 2011, parimenti gravato, con la quale è stato respinto il ricorso proposto da B.A.G.T. e ******, quali cessionari di credito di M.R. e altri., quali eredi di C.R.e altri, quali eredi di T.R. e altri, quali eredi di **** per l’accertamento della decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e perché venga disposta la retrocessione totale dei beni espropriati non utilizzati; nonché, in via subordinata, perché venga disposta la retrocessione parziale dei beni espropriati non utilizzati; nonché, in via di ulteriore subordine, per la condanna al risarcimento per equivalente, così come sarà accertato in corso di causa e comunque in misura non inferiore ad Euro 73.521.980,80, oltre accessori.

Dinanzi al giudice di prime cure, gli originari ricorrenti avevano premesso come, con decreti del 6 dicembre 1971 e del 4 dicembre 1972 del Provveditore Regionale alle Opere Pubbliche per la Lombardia, veniva dichiarata la pubblica utilità urgenza ed indifferibilità di un opera pubblica finalizzata alla costruzione della Dogana di Milano nel Comune di Segrate. Venivano, all’uopo, con successivo decreto del 14 aprile 1978, espropriati i fondi immobiliari dei ricorrenti e liquidate le relative indennità. La dogana di Milano presso il Comune di Segrate, tuttavia, non veniva mai realizzata. Difatti, in data 5 luglio 1997, il Ministero delle Finanze dava atto della rinuncia in via definitiva, da parte della amministrazione doganale, al predetto progetto di costruzione e, in data 4 dicembre 1997, veniva firmato un protocollo di un accordo di programma in cui veniva prevista espressamente la trasformazione del “centro doganale merci” in “centro intermodale merci”.

Successivamente, il 29 dicembre 2005, veniva venduta dall’Agenzia del Demanio, a seguito di trattativa privata, la proprietà dell’area “polo intermodale” sita in Segrate (ivi inclusi i terreni espropriati ai ricorrenti) alla società FINTECNA FINANZIARIA PER I SETTORI INDUSTRIALI E DEI SERVIZI SPA. Quest’ultima, a sua volta, con atto pubblico del 20 dicembre 2006, conferiva a FINTECNA IMMOBILIARE SRL il ramo d’azienda denominato “valorizzazione immobiliare”, nel cui compendio erano ancora compresi gli immobili espropriati nel Comune di Segrate. Con ulteriore atto di compravendita del 17 luglio 2008, la FINTECNA IMMOBILIARE SRL si è obbligata a vendere e trasferire (con contratto preliminare debitamente trascritto presso l’Agenzia del Territorio) alla società IBP SRL il medesimo complesso immobiliare sito in Segrate (denominato “centro doganale intermodale”), entro la data del 30 settembre 2009 (con successivo atto integrativo del contratto preliminare di compravendita del 23 settembre 2009, veniva differito il termine ultimo di stipula del contratto definitivo al 30 giugno 2010, con facoltà di richiesta scritta da parte della IBP SRL differimento una sola volta sino al 15 novembre 2010).

Tanto premesso, con ricorso depositato il 7 marzo 2011, gli originari ricorrenti, proprietari delle aree espropriate, hanno adito il T.A.R. per vedere accertata la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e disposta la retrocessione totale dei beni espropriati non utilizzati ai sensi dell’articolo 46 del testo unico sugli espropri; in via subordinata, perché venga disposta la retrocessione parziale dei beni espropriati non utilizzati; in via di ulteriore subordine, per la condanna al risarcimento per equivalente, così come sarà accertato in corso di causa e comunque in misura non inferiore ad Euro 73.521.980,80, oltre accessori; con vittoria di spese.

Costituitesi le parti intimate, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, preceduta con deposito del dispositivo alla stessa udienza del 24 novembre 2011. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, evidenziando la prescrizione del diritto alla retrocessione. Al rigetto del ricorso seguiva la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

La parte ricorrente, vittoriosa in merito, censura in appello il dispositivo di sentenza e, con successivi motivi aggiunti, la sentenza stessa in relazione alla mancanza di ragioni per la dedotta compensazione integrale delle spese di giudizio.

La stessa sentenza veniva impugnata con ricorso in appello n. 1535 del 2012 proposto dalla Fintecna immobiliare s.r.l..

Nel giudizio di appello n. 10530/2011, si sono costituiti gli originari ricorrenti, proponendo altresì ricorso incidentale teso ad affermare la pretesa già evidenziata in primo grado. Si sono costituiti altresì le parti pubbliche, al fine di contrastare il ricorso incidentale dispiegato dagli originari ricorrenti. Si sono infine costituite Fintecna immobiliare s.r.l. e Fintecna s.p.a., già Fintecna finanziaria per i settori industriale e dei servizi s.p.a., quest’ultima dispiegando anch’essa ricorso incidentale al fine di vedere respinto l’appello incidentale proposto dagli originari ricorrenti.

Nel giudizio di appello n. 10535/2011, gli originari ricorrenti, costituendosi, hanno parimenti riproposto negli stessi termini il loro ricorso incidentale. Si sono costituiti altresì le parti pubbliche, al fine di contrastare il ricorso incidentale dispiegato dagli originari ricorrenti. Si sono infine costituite IBP International business park s.r.l. e Fintecna s.p.a., già Fintecna finanziaria per i settori industriale e dei servizi s.p.a., al fine di vedere respinto l’appello incidentale proposto dagli originari ricorrenti.

All’udienza del 13 marzo 2012, la domanda cautelare proposta nel ricorso n. 10535/2011 è stata rinviata al merito.

All’udienza del 19 giugno 2012, i due ricorsi sono stati congiuntamente discussi e assunti in decisione.

Motivi della decisione

1. – In via preliminare ed a norma dell’art. 96 comma 1 del codice del processo amministrativo, va disposta la riunione dei diversi appelli, in quanto proposti contro la stessa sentenza.

2. – Ancora in via preliminare, la Sezione deve osservare che l’oggetto del contendere nel presente giudizio è, in relazione al profilo sostanziale azionato in primo grado, il diritto a conseguire la retrocessione, totale o parziale, dei beni espropriati o, in subordine, il risarcimento del danno conseguente.

Si tratta quindi di profili attinenti all’esercizio di un diritto soggettivo delle originarie parti ricorrenti e non vi è alcun provvedimento oggetto di gravame. Non si ricade quindi nell’ambito applicativo dell’art. 119 comma 1 lett. f) del codice del processo amministrativo, che si riferisce unicamente ai giudizi aventi ad oggetto i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione ed espropriazione di aree.

Per tali ragioni, nonostante l’espressa richiesta di deposito di dispositivo di sentenza, la Sezione non ha dato corso all’istanza proposta.

3. – Venendo al merito della vicenda, gli appelli riuniti, sia quelli principali che quelli incidentali, non sono fondati e vanno respinti per i motivi di seguito precisati, che saranno esaminati in ragione dell’identità della questione giuridica sottoposta alla Sezione.

4. – Con un primo gruppo di ragioni, le parti appellanti lamentano l’erroneità della sentenza in relazione alla disposta compensazione delle spese tra le parti. Il motivo è contenuto, per quanto attiene al ricorso in appello n. 10530 del 2011, nell’atto di appello principale proposto da IBP International business park s.r.l. e nell’appello incidentale di Fintecna s.p.a., già Fintecna finanziaria per i settori industriale e dei servizi s.p.a. e, per quanto attiene al ricorso in appello n. 10535 del 2011, nell’atto di appello principale proposto da Fintecna immobiliare s.r.l.. Con motivazioni fondamentalmente comuni, si lamenta l’inesistenza dei presupposti per fare luogo a detta compensazione, in ragione della natura della questione sostanziale proposta.

4.1. – La doglianza non ha pregio.

Ritiene la Sezione di non doversi discordare dal pacifico orientamento di questo Consiglio che evidenzia come il giudice amministrativo abbia ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla, con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio; tale discrezionalità è sindacabile in sede di appello nei limiti in cui la statuizione sulle spese possa ritenersi illogica o comunque errata, alla stregua dell’eventuale motivazione adottata, ovvero tenendo conto, da un lato, in punto di diritto, del cennato principio in base al quale, di regola, le spese seguono la soccombenza e dall’altro, in punto di fatto, della vicenda e delle circostanze emergenti dal giudizio (da ultimo, Consiglio di Stato sez. IV 16 febbraio 2012 n. 823; id., sez. V 13 aprile 2012 n. 2088; id., sez. III 27 gennaio 2012 n. 403).

Nel caso in specie, la questione proposta, per la sua peculiarità in ordine alla vicenda dominicale dei beni in questione, appare tale da giustificare ampiamente la decisione del T.A.R., in relazione alla quale non emergono i detti profili distorsivi dai quali fare discendere un accoglimento dell’impugnativa proposta in parte qua.

5. – Con un secondo gruppo di ragioni, le parti appellanti lamentano la mancata considerazione delle eccezioni preliminari di rito e di merito e la mancata integrale considerazione delle ragioni esposte avverso l’originario ricorso.

Il motivo è contenuto, per quanto riguarda l’appello n. 10530 del 2011, nell’atto di appello principale proposto da IBP International business park s.r.l., e, per quanto attiene al ricorso in appello n. 10535 del 2011, nell’atto di appello principale proposto da Fintecna immobiliare s.r.l..

Con ragioni del tutto sovrapponibili, le parti censurano la sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il giudicato, per aver omesso di esaminare tutte le questioni sottoposte, con particolare riguardo per le eccezioni preliminari tese a paralizzare, anche in via processuale, il ricorso proposto.

5.1. – La doglianza non ha pregio.

Anche in questo caso, la Sezione non può fare a meno di osservare come sia del tutto consolidato il principio per cui l’appello proposto dalla parte, la cui posizione sia stata nel primo grado di giudizio pienamente condivisa, è inammissibile per difetto di interesse, a nulla rilevando l’interesse di mero fatto ad un diverso percorso motivazionale della pronunzia già ad essa completamente favorevole, atteso che l’interesse ad impugnare una sentenza deve in ogni caso ricollegarsi ad una situazione di soccombenza, anche parziale, da intendersi in senso sostanziale e non formale e, quindi, come situazione nella quale la sentenza di primo grado abbia in ogni caso tolto o negato alla parte comunque vittoriosa un bene della vita o una qualche utilità, determinando concretamente un vantaggio per la controparte (Consiglio di Stato, sez. IV, 27 giugno 2011 n. 3848; id., sez. IV, 21 maggio 2007 n. 2570; id., sez. VI, 4 ottobre 2011 n. 5434).

Non essendo state evidenziate ragioni diverse che porterebbero ad una maggiore soddisfazione del proprio interesse sostanziale, le doglianze vanno respinte, in aderenza all’orientamento sopra espresso, del tutto condiviso dalla Sezione.

6. – Va infine esaminato l’appello incidentale presentato dagli originari ricorrenti, con il quale si ripropongono le censure già esaminate in primo grado dal T.A.R. e respinte.

Rileva la Sezione come le ragioni della sentenza gravata siano collegate fondamentalmente a due diversi profili motivazionali: in primo luogo, il giudice di prime cure, esaminata la natura del diritto di retrocessione e la sua azionabilità entro il consueto periodo decennale, ha evidenziato come “nella specie, il termine decennale di prescrizione è integralmente decorso”; in secondo luogo, con argomentazione aggiuntiva, ha sottolineato come il bene in esame sia stato oggetto di un ulteriore trasferimento in via derivativa, rendendo impossibile la retrocessione totale richiesta, non essendo il diritto alla retrocessione di natura reale e, in relazione a tale ultimo profilo, escludeva altresì l’esistenza di un profilo risarcitorio.

In merito poi alla domanda di retrocessione parziale, evidenziava l’assenza della necessaria dichiarazione di inservibilità, ossia della volontà dell’amministrazione di non utilizzare uno o più fondi espropriati, respingendo anche tale istanza.

Avverso tali argomentazioni, gli originari ricorrenti agiscono con ricorso incidentale, proposto in entrambi i giudizi, le cui ragioni sono poi esposte, con maggiore compiutezza, nella memoria ex art. 119 del codice del processo amministrativo, rimessa successivamente al deposito delle motivazioni della sentenza.

Con un unico complesso motivo di diritto, l’appello incidentale lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli art. 2934, 2935 e 2946 del codice civile. In concreto, gli appellanti si dolgono di come il T.A.R. non abbia tenuto conto del corretto momento iniziale decisivo per il decorrere del termine prescrizionale, termine che andava individuato nel momento dell’effettiva impossibilità della realizzazione dell’opera pubblica, verificatosi nel 2009 con il mutamento dello strumento urbanistico vigente.

6.1. – La censura è infondata per cui la Sezione ritiene di poter valutare la questione in fatto, condividendo le ragioni sostanziali fatte proprie dal T.A.R. e ponendo in ombra le questioni sulla tardività del ricorso incidentale, evidenziate principalmente dalla Regione Lombardia e dalla IBP International business park s.r.l.

Ricostruendo i connotati dell’istituto in esame, il T.A.R. ha correttamente evidenziato come il diritto alla retrocessione sorge in capo all’interessato nel momento, costituente anche il dies a quo del relativo termine prescrizionale di dieci anni, in cui diviene giuridicamente impossibile la realizzazione suddetta. Peraltro, tale impossibilità, al contrario di quanto ritenuto dall’appellante, è evento riscontrabile in fatto e non necessita di alcuna valutazione sul contenuto degli strumenti urbanistici vigenti.

Singolarmente, gli appellanti, a sostegno delle proprie posizioni, invocano una sentenza della Corte di cassazione (sezioni unite n. 23823/2009) dove espressamente il giudice di legittimità, censurando la decisione impugnata, ha ribadito l’opposto e condiviso principio della valenza oggettiva della mancata costruzione valevole nel caso della retrocessione totale. Si legge, infatti, nella motivazione della sentenza, integralmente riportata nella memoria ex art. 119: “La Corte di appello, infatti, ha sovrapposto i principi propri della retrocessione totale – in cui l’opera pubblica non sia stata eseguita, e siano decorsi i termini a tale uopo concessi o prorogati (L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 63) – in relazione alla quale il diritto soggettivo alla retrocessione, azionabile davanti all’a. g. o. nel regime antecedente alla L. n. 205 del 2000, sorge automaticamente per effetto di detta mancata realizzazione, e quindi a prescindere da qualsiasi valutazione discrezionale dell’amministrazione, all’ipotesi in cui, dopo la esecuzione totale o parziale dell’opera medesima, alcuni dei fondi espropriati non abbiano ricevuto la prevista destinazione (art. 60 e 61 della citata L. n. 205 del 2000).”

Deve allora confermarsi come il T.A.R. abbia fatto buon governo del principio sopra esposto, evidenziando come, al fine di verificare il momento in cui l’espropriato può esercitare il diritto potestativo alla retrocessione, occorra riferirsi alla situazione di fatto, obiettiva e concreta, tale da dare la certezza della sopravvenuta impossibilità del compimento dell’opera considerata nella dichiarazione di pubblica utilità, sottolineando come, se è vero che tale impossibilità possa verificarsi a seguito di un mutamento nelle scelte di politica urbanistica che si sostanzino nella formale manifestazione della volontà dell’amministrazione pubblica di non utilizzare il bene per gli scopi cui l’espropriazione era finalizzata (Cassazione civile, sez. I, 11 novembre 2003 n. 16904), ciò non esclude che gli eventi rilevanti possano essere diversi, purché suscettibili di condurre allo stesso risultato fattuale.

Va quindi integralmente condivisa la considerazione dell’intera decorrenza del termine decennale di prescrizione, e ciò sia nel caso che si voglia aver riguardo allo spirare dei termini originariamente stabiliti per il compimento dell’opera medesima (ossia il 5 gennaio 1978, data in cui furono emanati i decreti di espropriazione, elemento dirimente su cui le parti appellanti incidentali non formulano alcuna concreta osservazione), sia pure qualora si abbia riguardo alla data in cui l’amministrazione ha manifestato formalmente l’intenzione di abbandonare il progetto approvato (ossia a seguito dell’accordo di programma del 4 dicembre 1997, reso noto nel bollettino ufficiale della Regione Lombardia 23 marzo 1998 n. 12).

Il decorso del termine prescrizionale rende quindi del tutto irrilevanti l’esame delle ulteriori ragioni evidenziate dal giudice di prime cure, e contestate dagli appellanti incidentali nell’atto di appello incidentale, sull’impossibilità della retrocessione stessa in relazione ai suoi successivi trasferimenti, essendo vicende cronologicamente successive e quindi irrilevanti in giudizio, stante il venir meno del diritto invocato a monte.

Infine, nei limiti in cui dall’appello incidentale e dai successivi motivi ex art. 119 del codice del processo amministrativo possa dedursi, sebbene in maniera molto implicita, anche un’impugnazione del rigetto della domanda di retrocessione parziale, la Sezione rileva come anche in questo ambito il T.A.R. abbia correttamente applicato i principi valevoli in materia, evidenziando come, la domanda di retrocessione parziale (sia ai sensi dell’articolo 60 dell’originaria legge sulle espropriazioni n. 2359 del 1865, sia ai sensi dell’articolo 48 del testo unico degli espropri) presupponga che l’amministrazione, nell’esercizio di un potere discrezionale abbia formalmente manifestato la volontà di non utilizzare uno o più fondi espropriati e gli scopi cui l’espropriazione era finalizzata, evento che nel caso in specie manca del tutto.

7. – La prescrizione del diritto alla retrocessione importa conseguentemente il rigetto della domanda risarcitoria (peraltro anch’essa abbondantemente prescritta) in quanto fondata su una situazione giuridica non più tutelata dall’ordinamento.

8. – Tutti gli appelli, principali e incidentali, previamente riuniti vanno così respinti. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla reciproca soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Dispone la riunione degli appelli n. 10530 del 2011 e n. 10535 del 2011;

2. Respinge gli appelli principali ed incidentali proposti nei ricorsi riuniti n. 10530 del 2011 e n. 10535 del 2011;

3. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione