Corte di Cassazione Sezione lavoro 5/9/2008 n. 22535; Pres. Celentano A.

Redazione 05/09/08
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Torre Annunziata, depositato il 15.9.2000, C.M. conveniva in giudizio il Santuario della (omissis) e, premesso di essere stato alle dipendenze del Santuario quale organista ed insegnante di educazione musicale, chiedeva l’annullamento del licenziamento intimatogli con lettera del 13.12.1999 e la reintegrazione nel posto di lavoro.

Il Santuario convenuto, costituitosi, si opponeva alla domanda.

Con sentenza del 19 febbraio 2003 il Tribunale rigettava la domanda;

e la Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 17 novembre/31 dicembre 2004, rigettava l’impugnazione del lavoratore.

I Giudici di secondo grado osservavano che dalla istruttoria espletata era emerso che, dopo l’aprile 1999, allorquando gli era stato riconosciuto un consistente aumento di retribuzione, con unica busta paga, il sig. C. non aveva più chiesto di essere riassegnato alle mansioni di educazione musicale (attività residuale rispetto a quella di organista), mansioni non più espletate dopo il 1 ottobre 1997; la sola richiesta di riprendere l’insegnamento risaliva al 16.9.1998, mentre una lettera del 28.10.1999 concerneva una serie di lamentele ed osservazioni riguardanti la sola attività di organista.

Ritenevano che lo stesso tenore della lettera di licenziamento mostrava che il rapporto di cui veniva comunicata la risoluzione era quello avente ad oggetto l’attività di organista, mentre il riferimento all’insegnamento era stato effettuato solo al fine di ribadire una situazione già definita consensualmente.

Osservavano che il Santuario era un ente di culto, i cui rapporti economici apparivano finalizzati alla realizzazione dei fini propri dell’ente; e che comunque non poteva essere disconosciuta allo stesso la natura di organizzazione di tendenza.

Ritenevano infine il licenziamento sorretto da giustificato motivo oggettivo: il posto di organista dipendente era stato soppresso e le relative mansioni erano state affidate a ben tre soggetti esterni nonchè ad una religiosa, con un assetto organizzativo più rispondente alle esigenze del Santuario, che spesso aveva bisogno di più collaboratori contemporaneamente, atteso il numero di funzioni religiose che si celebravano contestualmente anche in luoghi diversi dalla basilica.

Rilevavano infine che, data la peculiarità delle mansioni svolte dal C., non risultava la possibilità di adibire lo stesso a mansioni diverse nell’ambito della intera organizzazione del Santuario.

Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando quattro motivi di censura, C.M..

Il Santuario della (omissis) resiste con controricorso, illustrato con memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione della L. 15 luglio 1966, n. 604, artt. 1 e 3, la difesa del ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto la sussistenza di un giustificato motivo oggettivo di licenziamento.

Deduce che dal tenore della lettera di recesso e dalla prove testimoniale era emerso che il licenziamento era stato intimato per ragioni esclusivamente economi che, per ridurre i costi; e che non vi era stata soppressione dei posti di lavoro, ma una mera sostituzione soggettiva di lavoratori.

Sostiene quindi la illegittimità del recesso, in quanto collegato ad un mero incremento dei profitti.

2. Con il secondo motivo, denunciando ancora violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 3, la difesa del ricorrente critica la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che il maestro C. avesse fatto acquiescenza alla decisione con la quale gli era stato precluso l’ulteriore svolgimento delle mansioni di insegnante.

Deduce che erroneamente tale acquiescenza è stata ricavata dal mancato rinnovo, dopo la lettera del 16.9.1998, di manifestazioni di contrarietà alla riduzione di mansioni. Sottolinea che lo stesso ente datore di lavoro, facendo riferimento, nella lettera di licenziamento, anche alla risoluzione del rapporto di lavoro con la scuola media (omissis), ha ritenuto che il rapporto relativo all’insegnamento fosse ancora in vita.

3. Con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione della L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 5, la difesa del ricorrente lamenta che il licenziamento è stato ritenuto legittimo nonostante il datore di lavoro, cui incombeva il relativo onere, non avesse provato la impossibilità di una diversa utilizzazione del ricorrente.

Rileva che i Giudici di secondo grado, pur avendo rilevato che "- effettivamente non risulta che sia stata fornita la prova della possibilità di adibire lo stesso a mansioni diverse nell’ambito dell’intera organizzazione del Santuario", non hanno fatto discendere da tale constatazione alcuna conseguenza sulla legittimità del recesso.

4. Con il quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione della L. 11 maggio 1990, n. 108, art. 4, e della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, la difesa C. critica la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che l’ente convenuto fosse una organizzazione di tendenza, come tale sottratto al regime della tutela reale.

Assume che la natura imprenditoriale del Santuario è dimostrata dalla pluralità di attività dallo stesso svolte: scuole private, case di cura per anziani, produzione e vendita di beni (oggetti religiosi, abiti da cerimonia, riviste, opere musicali), cerimonie liturgiche adeguatamente retribuite.

5. I primi tre motivi, che si trattano congiuntamente perchè tutti diretti a contestare la legittimità del licenziamento, non sono fondati.

I Giudici del merito, cui compete l’accertamento della sussistenza o meno del giustificato motivo di recesso, hanno ritenuto che dalla documentazione acquisita e dalla istruttoria testimoniale fosse emerso:

a) che il posto di organista era stato effettivamente soppresso, con l’affidamento dei relativi compiti a tre soggetti esterni e ad una religiosa, con una diversa organizzazione più rispondente alle esigenze del Santuario: il contestuale svolgimento di più funzioni richiedeva la contemporanea presenza di più collaboratori organisti, piuttosto che di un unico organista a tempo indeterminato;

b) che il C. aveva prestato acquiescenza al provvedimento datoriale con il quale era stato ridefinito il suo ruolo all’interno del Santuario, limitandolo a quello di organista: hanno ricavato tale convinzione dal fatto che il C. non aveva più svolto attività di insegnamento dal 1 ottobre 1997, quando aveva chiesto un periodo di aspettativa da tale attività, e che dopo aver chiesto invano il 16.9.1998, al termine dell’aspettativa, di essere reinserito in tale attività, non aveva più reiterato tale richiesta, tanto che, dall’aprile 1999 gli era stato applicato un consistente aumento della retribuzione come organista e non più corrisposta la busta paga quale insegnante, mentre le lamentele espresse con una lettera del 28.10.1999 concernevano esclusivamente l’attività di organista; e) che non vi era possibilità di soluzioni alternative, attesa la peculiarità delle mansioni svolte dal C. e la ulteriore dimostrazione, fornita dall’appellato, che non vi era nemmeno possibilità di affidargli un incarico di insegnamento, essendo il relativo posto coperto.

Le affermazioni di cui ai punti a) e b) risultano congruamente motivate; non si ravvisa in esse alcuna violazione delle norme di legge indicate, nè vengono proposte specifiche censure avverso la ritenuta migliore rispondenza della nuova organizzazione (tre collaboratori esterni, più una religiosa) alle esigenze del Santuario, che poteva avere bisogno contemporaneo di più organisti in certe ore e di nessuno in altre.

Lo stesso vale per la ritenuta acquiescenza alla soppressione delle mansioni di insegnante, accompagnata, nell’aprile 1999, da un consistente aumento della retribuzione di organista e dalla mancata consegna della busta paga di insegnante, seppure a zero ore.

Quanto al terzo motivo, la motivazione della sentenza sul punto è la seguente: "Infine, data la peculiarità delle mansioni svolte dal C., effettivamente non risulta che sia stata fornita la prova della possibilità di adibire lo stesso a mansioni diverse nell’ambito dell’intera organizzazione del Santuario (per completezza va rilevato che l’appellato ente ha dimostrato che non vi era più neppure la possibilità di adibire l’appellante alle mansioni di insegnante di educazione musicale essendo stato il posto da lui ricoperto fino all’ottobre 1998 affidato ad altro personale)".

Nonostante la infelice struttura della frase, dall’inciso l’appellato ente ha dimostrato che non vi era più neppure la possibilità di adibire l’appellante alle mansioni di insegnante…") si ricava che la prima parte del periodo afferma non la mancata prova da parte del datore di lavoro della possibilità di una diversa ricollocazione, ma che la peculiarità delle mansioni di organista dimostrava la impossibilità di adibire lo stesso ad altre mansioni, del resto neppure allegate dal lavoratore.

6. Il quarto motivo di ricorso resta assorbito dal rigetto dei primi tre.

7. Il ricorso va pertanto rigettato. La particolarità della vicenda e la natura dell’ente resistente consigliano di compensare le spese di questo giudizio di legittimità, analogamente a quanto già deciso dai Giudici di appello per il secondo grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

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