Corte di Cassazione Penale sez. V 21/1/2009 n. 2505; Pres. Amato A.

Redazione 21/01/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Gli agenti di Polizia di Stato S.F., E. A. e M.G. erano chiamati a rispondere innanzi al Tribunale di Milano, del reato di lesioni personali aggravate dall’abuso delle loro funzioni in danno di O.F. (contusione cranica, fratture costali multiple sinistre, frattura del processo traverso sinistro della 3^ vertebra lombare, escoriazioni e perforazione di 2-3 mm, a livello dei quadranti posteriori della membrana timpanica destra).

La mattina del (omissis), l’O. era stato fermato, alla stazione metropolitana (omissis), dagli agenti S. e Ma., mentre, tenendo una bottiglia di birra, aveva oltrepassato i tornelli senza obliterare il biglietto. Persistendo, nonostante espressa intimazione, nei tentativi di entrare in metropolitana senza valido titolo di viaggio, era stato accompagnato negli uffici di polizia presso la stessa stazione, nei locali del mezzanino. Qui giunti, era stato picchiato dall’ E., che era in borghese, nonchè da M. e S., riportando le lesioni refertate il giorno seguente presso il pronto soccorso dell’Ospedale (omissis).

Con sentenza del 21 luglio 2005, il Tribunale monocratico di Milano dichiarava gli imputati colpevoli del reato loro ascritto, concesse le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante contestata, e per l’effetto li condannava alla pena di mesi tre di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale. Li condannava, altresì, al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separato giudizio, oltre consequenziali statuizioni.

Pronunciando sui gravami proposti dal PM e dal PG per un più severo trattamento sanzionatone e da tutti gli imputati e dal difensore di parte civile, la Corte di Appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, in riforma della decisione impugnata, ritenuta l’ipotesi dell’eccesso colposo in legittima difesa e, riqualificato il fatto come lesioni colpose, rideterminava la pena nella misura di Euro 250,00 di multa ciascuno, con ulteriori statuizioni di legge.

Avverso la pronuncia anzidetta hanno proposto ricorso per Cassazione il Procuratore ******** presso la Corte di Appello di Milano, il difensore della parte civile O., S.F. ed il difensore di E.A., ciascuno per i motivi indicati in parte motiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso proposto dal PG censura, con il primo motivo, la ricostruzione della vicenda, deducendo, tra l’altro, il travisamento delle dichiarazioni rese dalla persona offesa in sede di convalida di arresto e delle dichiarazioni degli imputati. Il secondo motivo denuncia inosservanza od erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), con particolare riferimento agli artt. 62, 55 e 590 c.p., con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto in termini di eccesso colposo di legittima difesa.

1.1. – Il difensore della parte civile deduce, con il primo motivo, difetto di motivazione od illogicità manifesta della sentenza, con riferimento alla ricostruzione dei fatti ed alla ritenuta qualificazione giuridica come eccesso colposo. Il secondo motivo deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per inosservanza od erronea applicazione artt. 52, 44, 590 c.p..

Il terzo denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per difetto di motivazione od illogicità manifesta, con particolare riferimento alla contestata valutazione delle risultanze di causa, segnatamente le dichiarazioni della stessa persona offesa che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, aveva parlato di pestaggio sin dall’udienza di convalida.

1.2 – Il ricorso proposto da S. deduce, con primo motivo, violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), per erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 110, 590 e 530 c.p.p..

Il secondo motivo lamenta il vizio motivazionale anche in relazione al verbale di udienza 14.6.2004 ed al verbale di accettazione del ricovero in pronto soccorso dell’istante.

Deduce, tra l’altro, che non era presente ai fatti di causa, tenuto conto anche del fatto che la parte civile non era stata in grado di riferire nulla in proposito; di guisa che mancavano gli elementi per l’affermazione della sua responsabilità.

1.3. – Il ricorso in favore di E. deduce, con il primo motivo, difetto di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), considerato peraltro che l’imputato era stato chiamato quando l’episodio si era pressochè concluso, al solo fine di aiutare i colleghi ad ammanettare l’O.. Contestava, dunque, la ricostruzione dei fatti e l’attribuzione della penale responsabilità nei suoi confronti. Nega, inoltre, che si sia in alcun modo ecceduto dai limiti della legittima difesa, non essendosi, peraltro, fatto uso di armi.

1.4 – Con la memoria difensiva indicata in epigrafe, M. G. eccepisce la nullità della procura speciale conferita dalla parte civile al nuovo difensore, che sarebbe priva dei requisiti di legge; la nullità del ricorso proposto dallo stesso difensore in quanto non notificato ad esso imputato se non in forma incompleta per numero ed assemblaggio di pagine; l’inammissibilità del ricorso del PG perchè attenente alla valutazione delle risultanze processuali;

la prescrizione del reato ritenuto dalla Corte di Appello; deduce il mancato contributo causale dell’imputato alla realizzazione dell’evento tipico in concorso e vizio di motivazione, sulla configurazione strutturale dell’eccesso colposo e della cooperazione colposa; sull’insussistenza dell’eccesso colposo in legittima difesa;

sull’insussistenza di elementi di responsabilità in capo al M..

2. – Le pregiudiziali eccezioni di rito sollevate dal resistente M. sono tutte manifestamente infondate.

Lo è, certamente la prima, relativa alla pretesa invalidità della procura speciale conferita dalla parte civile O. al nuovo difensore, avv. ********************. L’esame dell’atto processuale, imposto dal tipo di censura dedotta, ne evidenzia, invece, la piena ritualità. Compiutamente individuato è, infatti, l’oggetto della procura, riguardante l’impugnazione della sentenza specificamente indicata con numero progressivo, emessa nel procedimento penale pure contrassegnato da relativa numerazione. Alla puntuale determinazione dell’oggetto fa, poi, riscontro il correlato conferimento delle più ampie facoltà di legge, con la formulazione onnicomprensiva di rito.

Di talchè, l’atto in esame risulta corredato di tutti i crismi formali ai fini della sua connotazione in termini di valida procura speciale.

Palesemente infondata è anche l’eccezione relativa all’incompletezza del testo dell’impugnazione notificata, peraltro in composizione confusa quanto al numero ed assemblaggio dei fogli. Al riguardo, è sufficiente il rilievo che persino la mancata notifica dell’impugnazione, per costante insegnamento giurisprudenziale, non è ragione di inammissibilità dell’impugnazione, in quanto non prevista tra le relative cause di cui all’art. 591 c.p.p..

L’omissione dell’adempimento di cancelleria previsto dall’art. 584 c.p.p., è volto solo a consentire piena conoscenza dell’impugnativa ai fini della decorrenza dei termine per la proposizione, ove possibile, del gravame incidentale o del ricorso per saltum, tant’è che l’omissione comporta solo la necessità di restituzione degli atti alla cancelleria perchè provveda a notifica.

Nel caso di specie, invece la notifica è sì avvenuta, ma, secondo il dire di parte, in. termini incompleti. Il contraddittorio in prospettiva attraverso la piena conoscenza dell’atto, cui la stessa notifica era funzionalmente orientata, è stato – nel caso di specie – assicurato, tant’è vero che lo stesso imputato ha ampiamente controdedotto in merito, resistendo argo intentatamente alle avverse pretese del PG e della parte civile.

Ogni altra autonoma censura di parte resistente, che non sia orientata alla confutazione dei motivi del ricorso della parte pubblica anche nei suoi confronti, deve essere ovviamente disattesa, in quanto il M. non ha proposto impugnazione.

3. – Nel merito delle impugnazioni del PG e – ovviamente per i profili civilistici – della parte civile – le relative doglianze, affasciate da identica logica contestativa, possono essere congiuntamente esaminate, censurando la qualificazione giuridica della vicenda, sulla base della ricostruzione dei fatti ritenuta dai giudici di merito.

Al riguardo, occorre subito rilevare che la versione fattuale prescelta, in piena aderenza – nonostante le avverse contestazioni – alle risultanze processuali, anche con riferimento alle dichiarazioni rese dalla persona offesa in sede di udienza di convalida e delle dichiarazioni degli imputati, non appare manchevole sul piano del complessivo inquadramento e della logica connessione dei successivi segmenti che la compongono. Al di là di profili marginali, era dato cogliere infatti un nucleo essenziale della vicenda ed un ragionevole, consequenziale, sviluppo. I tratti salienti della fattispecie sono certamente i seguenti:

– Fermato nelle circostanze di tempo riferite in narrativa, l’O. – in stato evidente di ebbrezza alcolica – era stato condotto nei locali del commissariato sito presso la stazione metropolitana. Date le sue condizioni fisiche, è ben verosimile che vi sia stata una reazione di costui, manifestatasi in intemperanze di vario genere.

– Ne è scaturita una colluttazione, che ha visto direttamene coinvolti tre agenti, di polizia contro il solo fermato.

– Gli esiti della colluttazione in persona dell’ O., alla stregua dei referti medici in atti e delle acquisite consulenze tecniche, sono quelle indicate in narrativa, a comprova eloquente della brutalità dell’aggressione ai quale è stato sottoposto.

– La stessa persona offesa è stata assolta, sia pure nelle forme dell’art. 530 c.p.p., comma 2, dal reato di resistenza a pubblico ufficiale, nel distinto procedimento svoltosi a suo carico, pur se, secondo l’apprezzamento della Corte di merito, la sentenza assolutoria non aveva escluso la sua condotta aggressiva.

La focalizzazione dei momenti cruciali della vicenda, nei termini sopra esposti, può ritenersi pacifica acquisizione del processo. In proposito, il costrutto motivazionale della sentenza impugnata – che, in parte qua, non è censurabile, in quanto adeguatamente sviluppato – non lascia spazio alle censure dei ricorrenti S. ed E., nella parte in cui sono volte a contestare la partecipazione di ciascuno di essi alla vicenda o, comunque, a ridimensionarne il contributo offerto nello sviluppo dinamico e causale dei fatti.

Orbene, sullo sfondo così delineato – che registra la reazione violenta di tre persone contro una, peraltro in locali istituzionalmente protetti, come sono quelli di un posto fisso di polizia – l’ipotesi della legittima difesa collide, clamorosamente, con il senso comune e con i principi elementari di logica ordinaria.

Difettano, in chiara evidenza, i presupposti essenziali della scriminante di cui all’art. 52 c.p., segnatamente la necessità della reazione, intesa come inevitabilità ed impossibilità di sostituirla con altra meno dannosa egualmente idonea alla tutela del diritto protetto ed il requisito della proporzione tra difesa ed offesa (cfr., tra le tante, Cass. sez. 5, 14.5.2008, n. 25653, rv. 240447;

id. sez. 1, 25.10.2005, n. 233352). Un atteggiamento scomposto e violento di una sola persona, in stato di ebbrezza, sebbene ingiusto non può legittimare la reazione di tre persone, tanto da sottoporre il presunto aggressore ad autentico pestaggio, piuttosto che, ad esempio, immobilizzarlo e ridurlo in condizione di inoffensività.

Va da sè che, se non è giuridicamente prospettabile l’esimente della legittima difesa, non è, concettualmente, ipotizzabile neppure l’eccesso colposo.

Come è ovvio, l’eccesso colposo sottintende i presupposti della scriminante con il superamento dei limiti ad essa immanenti, sicchè, per stabilire se nel fatto si siano ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima accertare la inadeguatezza della reazione difensiva, per l’eccesso nell’uso dei mezzi a disposizione dell’aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con valutazione "ex ante", e occorre poi procedere ad un’ulteriore differenziazione tra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario, dato che solo il primo rientra nello schema dell’eccesso colposo delineato dall’art. 55 c.p., mentre il secondo consiste in una scelta volontaria, la quale comporta il superamento doloso degli schemi della scriminante (cfr., tra la altre, Cass. sez. 1, 25.10.2005, n. 45425. n. 233352). Ed invero, secondo costante interpretazione giurisprudenziale, il presupposto su cui si fondano sia l’esimente della legittima difesa che l’eccesso colposo è costituito dall’esigenza di rimuovere il pericolo di un’aggressione mediante una reazione proporzionata e adeguata, cosicchè l’eccesso colposo si distingue per un’erronea valutazione del pericolo e dell’adeguatezza dei mezzi usati: ne deriva che, una volta esclusi gli elementi costitutivi della scriminante, non v’è spazio ovviamente – per l’inesistenza di una offesa dalla quale difendersi – per la configurazione di un eccesso colposo, sicchè non vi è neppure obbligo per il giudice di una specifica motivazione sul punto, pur se l’eccesso colposo sia espressamente prospettato dalla parte interessata (cfr., Cass. sez. 1, 4.12.1998, n. 740, rv.

209452).

L’aver ritenuto configurabile, nella fattispecie anzidetta, gli estremi della scriminante e di un eccesso colposo nella stessa, si risolve in vizio di patente illogicità, che inficia l’intero procedimento argomentativo della motivazione.

4. – Il vizio anzidetto comporta l’annullamento della sentenza impugnata, nei termini espressi in dispositivo, ai fini di un nuovo esame da parte del giudice del rinvio, che, in piena libertà di convincimento, procederà a rivisitazione delle emergenze di causa, nei termini sollecitati dagli atti di gravame, tenendo conto dei principi di diritto sopra enunciati.

I ricorsi di S. ed E. devono essere, invece, rigettati, con le consequenziali statuizioni dettate in dispositivo.

P.Q.M.

In accoglimento dei ricorsi del PG e della parte civile, annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano per nuovo esame. Rigetta i ricorsi di S. ed E. che condanna al pagamento, in solido, delle spese processuali.

Redazione