Corte di Cassazione Penale sez. IV 10/6/2009 n. 23903; Pres. Brusco C.G.

Redazione 10/06/09
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OSSERVA

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ferrara ricorre per cassazione avverso l’ordinanza, in data 11.12.2008, del Tribunale del Riesame dello stesso capoluogo con cui è stato annullato il decreto di perquisizione e sequestro emesso dal P.M. nell’ambito del procedimento a carico di M.P. indagato del delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 82.

Il ricorrente denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale nella parte relativa all’affermazione secondo cui la vendita di semi di canapa indiana e degli accessori per la coltivazione della stessa, unitamente a DVD e libri contenenti spiegazioni sulle modalità di coltivazione dei semi di canapa indiana per ottenere piante idonee a produrre sostanze stupefacenti, materiale pubblicizzato pubblicamente anche tramite internet, non integrerebbe il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 82, non configurandosi in tal caso l’istigazione all’uso e alla coltivazione di sostanze stupefacenti o psicotrope, ma trattandosi di attività di mero orientamento culturale penalmente non rilevante; ed ancora, nella parte relativa all’affermazione secondo cui la condotta dell’indagata consisterebbe unicamente in una attività preliminare e preparatoria che non può essere in alcun modo ricondotta alla fattispecie tipica penalmente sanzionata della coltivazione o dell’istigazione alla coltivazione, trattandosi di semplice vendita di semi di canapa indiana e di altri accessori per la coltivazione della stessa.

Il ricorrente sostiene ex adverso che, secondo l’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Sez. 4^, sent. 22911 del 23.3.2004 ********; Cass. Sez. 6^, n. 16041 del 5.3.2001, ***** e altri), la condotta posta in essere dall’indagato – diversamente da quanto sostenuto dal Tribunale del riesame – non integra un mero orientamento culturale penalmente non rilevante, bensì il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 82, poichè la condotta dell’agente (in rapporto al contesto in cui si svolge ed al contenuto delle espressioni – verbali, scritte, simboliche – utilizzate) è concretamente idonea a conseguire l’effetto di indurre all’uso e alla coltivazione di sostanze stupefacenti i destinatari dei suggerimenti.

Rileva, inoltre, come – nel caso in esame – sia integrato sia l’elemento soggettivo del reato contestato all’indagato in linea con la giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. Sez. 6^, sent. n. 16041 del 5.3.2001), costituito dall’intento di promuovere l’uso di sostanze stupefacenti, sia l’elemento materiale, costituito dall’essersi l’indagato avvalso di manifestazioni verbali, di scritti e di un linguaggio "simbolico", affinchè l’uso di stupefacenti, da parte dei destinatari delle sue esortazioni, sia effettivamente realizzato.

Il ricorso è fondato.

Come espone il ricorrente, è dato non contestato, in punto di fatto, che l’indagato è legale rappresentante della omonima ditta con insegna "(OMISSIS)", con sede a (OMISSIS) e titolare di negozio affiliato al network "(OMISSIS)", di ditta, quindi, che pubblicizza anche su internet, in maniera chiara e non allusiva, l’uso, la coltivazione e la produzione di canapa indiana, e pone in vendita semi di canapa indiana con il corredo di materiale, come il fertilizzante, per la coltivazione dei semi e di manuali, contenenti spiegazioni sulle modalità di coltivazione per ottenere dai semi piante idonee a produrre sostanza stupefacente, nonchè prodotti utilizzati per l’uso e anche per la vendita dello stupefacente, come ad esempio bilancini di precisione.

Tanto premesso, va qui riaffermato il principio enunciato da questa stessa Sezione della Corte di Cassazione con la richiamata sentenza n. 22911 del 23/03/2004, riguardante proprio un caso analogo a quello per cui si procede, sottoposto al suo sindacato in seguito al ricorso dell’indagato avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame de L’Aquila che aveva confermato il decreto del P.M., con il quale si era disposto il sequestro quale corpo di reato, a carico del titolare del negozio denominato "(OMISSIS)", di numerose bustine di semi di canapa indiana con indicazioni e consigli per la relativa coltivazione.

Secondo quel principio, da questo Collegio pienamente condiviso, si configura il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 82, nell’ipotesi in cui si forniscono agli acquirenti, come nel caso di specie, dettagliate informazioni circa le modalità di coltivazione dei semi di canapa indiana, al fine di far sì che si ottengano piante idonee a soddisfare la richiesta di stupefacente, nonchè circa i mezzi strumentali idonei alla coltivazione ottimale dei semi in parola.

A tale enunciazione va aggiunta la considerazione che la coltivazione ha inevitabilmente il fine dell’uso, di tal che parlare di istigazione alla coltivazione equivale a parlare di istigazione all’uso. Va, a questo punto, posto in rilievo che gli stessi giudici del riesame, partendo dalla premessa che la disposizione legislativa in esame non vieta in alcun modo la mera messa in vendita tanto dei semi che di eventuali strumenti necessari alla coltivazione, hanno precisato, però, purchè ciò avvenga "in forme e modi asettici".

Orbene, pur non fornendo, il provvedimento impugnato, alcuna spiegazione di come la condotta di messa in vendita debba avvenire "in forme e modi asettici", è agevole desumere dal significato intrinseco dei termini utilizzati come i giudici del riesame intendano riferirsi al fatto che, ai fini della non punibilità di detta condotta, è necessario che non si ponga in essere alcuna attività aggiuntiva, che concretizzi l’istigazione alla vendita e all’uso dei semi finalizzati alla coltivazione di essi in modo da ottenere piante idonee a produrre sostanze stupefacenti.

E’ proprio in questo passaggio dell’ordinanza che si evidenzia l’errata interpretazione della norma di cui trattasi, essendo stata reputata non sussumibile in essa la condotta contestata all’indagato come messa in vendita dei semi di canapa indiana e degli strumenti necessari alla coltivazione di essi attuata proprio in forme e modi che asettici non possono definirsi, nemmeno secondo l’ipotesi interpretativa formulata dai giudici del riesame.

L’attività contestata all’indagato, infatti, comprende anche quella divulgativa e persuasiva, attuata in diverse modalità, avente l’unico fine di istigare alla coltivazione della canapa indiana ed all’uso della stessa.

Non va tralasciato di considerare che tale aspetto della condotta configura una vera e propria pubblicità della merce posta in vendita, diretta ad ampliare la quantità venduta e a rendere elastica la curva della domanda, richiamando l’attenzione del pubblico, modificando i suoi gusti e migliorando negli aspiranti compratori la conoscenza dei prodotti offerti.

Nel caso di specie, attraverso uno strumento di comunicazione di massa ancor più potente e diffusivo della televisione, quale è Internet, è stata pubblicizzata la vendita non solo dei semi di canapa indiana e degli altri accessori idonei alla coltivazione di piante, ma anche dei DVD e dei libri contenenti le spiegazioni sulle modalità di coltivazione dei semi medesimi per ottenere piante idonee a produrre sostanze stupefacenti.

Devono, quindi, ritenersi pienamente realizzati, sul piano soggettivo, l’intento di promuovere l’uso dello specifico stupefacente trattato e, dal punto di vista materiale, la concreta condotta tesa affinchè l’uso dello stupefacente medesimo si realizzi effettivamente da parte dei destinatali delle esortazioni pubblicitarie.

Il Tribunale, nel rilevare che il legislatore, se da un lato vieta la coltivazione, dall’altro non vieta la produzione o la messa in vendita delle cose necessarie per la coltivazione, sostiene che in tal modo si sarebbe creata una lacuna nel sistema sanzionatorio che non può essere coperta in via interpretativa per il principio della tassatività delle fattispecie penali, escludente qualsiasi interpretazione estensiva per via analogica.

L’assunto non è condivisibile, perchè la condotta, integrante la fattispecie delittuosa concretamente contestata all’indagato, non è riferita alla sola vendita delle cose necessarie per la coltivazione della canapa indiana, ma comprende anche l’istigazione pubblica all’uso illecito di detta sostanza stupefacente, attuata a mezzo della messa in vendita delle cose necessarie alla coltivazione con modalità di divulgazione e di pubblicità idonee a conseguire l’effetto nei confronti dei destinatali delle esortazioni di indurli a coltivare i semi per produrre la sostanza stupefacente e destinarla al consumo.

Per concludere sul punto, non è corretto ventilare l’ipotesi della creazione di una fattispecie penale per effetto di un’asserita esegesi analogica in malam partem, trattandosi più propriamente di una questione di interpretazione semantica che si conforma pienamente alla ratio legis.

Consegue dall’anzidetto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del Riesame di Ferrara, al quale è demandato il compito di valutare, alla luce di principi giuridici sopra enunciati, la sussistenza dei presupposti legittimanti il mantenimento o l’eventuale ripristino del provvedimento cautelare già adottato nei confronti del M..

P.Q.M.

Annulla l’impugnata ordinanza con rinvio al Tribunale di Ferrara.

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