Corte di Cassazione Civile sez. II 4/8/2010 n. 18090

Redazione 04/08/10
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
L.N. ha proposto in via incidentale querela di falso nel corso del giudizio n. 7565/07, intrapreso avanti al giudice di pace di Taranto per opporsi a sanzione amministrativa, accertata dal comune di Taranto per violazione dell’art. 173 C.d.S.. Ha impugnato il verbale di contestazione nella parte in cui attestava che egli, mentre era alla guida di un veicolo, faceva uso di un apparecchio telefonico, sorretto con la mano destra.

Il giudice di pace il 9 marzo 2009 ha disposto la sospensione del processo ex art. 313 c.p.c. e ha rimesso le parti al tribunale.

L’opponente ha proposto tempestivo ricorso per cassazione ex art. 42 c.p.c. notificato il 16 aprile 2009, chiedendo l’annullamento del provvedimento di sospensione, comunicatogli il 25 marzo 2009.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Osserva il Collegio che con ordinanza 21931/08 le Sezioni Unite hanno ritenuto che il provvedimento di sospensione del processo adottato dal giudice di pace ai sensi dell’art. 295 c.p.c. è impugnabile dalla parte con il regolamento necessario di competenza. Non è di ostacolo l’art. 46 c.p.c. che – pur sancendo l’inapplicabilità nei giudizi davanti al giudice di pace dell’art. 42 c.p.c. -, dev’essere interpretato nel senso, costituzionalmente orientato, di limitare l’inammissibilità del regolamento ai soli provvedimenti del giudice di pace che decidono sulla competenza, consentendo invece alla parte di avvalersi dell’unico strumento di tutela che, attraverso un’immediata verifica della sussistenza dei presupposti giuridici del provvedimento di sospensione, assicuri la sollecita ripresa delle attività processuali, impedendo la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo.

La decisione sopra riportata, invocata in memoria, non è determinante ai fini di superare i limiti di ammissibilità del ricorso evidenziati dalla relazione comunicata ex art. 380 bis c.p.c.. E’ stato infatti rimosso dalla Suprema Corte soltanto il limite di impugnabilità dei provvedimenti del giudice di pace mediante lo strumento di cui all’art. 42, giustamente marcando la differenza tra decisioni sulla competenza e ordinanze di sospensione del processo per pregiudizialità. Rimane invece rilevante il profilo di inammissibilità sollevato dal consigliere relatore sulla scorta dello specifico precedente (relativo a sospensione ex art 355 c.p.c. – querela di falso nel giudizio di appello) costituito da Cass. 14062/02.

E’ stato in quella sede rilevato che "La ratio della norma di cui all’art. 42, nuovo testo, c.p.c. (che estende il rimedio del regolamento necessario di competenza ai provvedimenti che dichiarano la sospensione del processo ex art. 295 stesso codice), va identificata nel disfavore manifestato dal legislatore per la collocazione di un procedimento in stato di quiescenza – onde l’opportunità di un immediato controllo, tramite impugnazione, sull’esistenza dei presupposti in diritto della sospensione -, anche se tale "ratio" non incide sulla natura, pur sempre eccezionale, della norma in parola (introduttiva dell’impugnabilità di un atto di carattere meramente ordinatorio), sicchè1 l’ambito di esperibilità del regolamento di competenza nella materia "de qua" deve ritenersi rigorosamente circoscritto alle fattispecie di sospensione riconducibili "tout court" alla previsione di cui all’art. 295 del codice di rito, mentre, con riferimento alle ulteriori ipotesi di sospensione del giudizio di cognizione o di esecuzione contemplate dall’ordinamento processuale (sospensione per pregiudizialità comunitaria, per proposizione di regolamento di competenza, per richiesta di regolamento di giurisdizione, per istanza di ricusazione, per impugnazione immediata contro sentenza non definitiva, per ricorso per cassazione, per revocazione, per opposizione di terzo e per opposizione all’esecuzione), l’ammissibilità del rimedio ex art. 42 cit. deve essere riconosciuta solo se, sulla base di un raffronto con la regola del successivo art. 295, sia individuabile, nella singola vicenda processuale, un rapporto di "species" a "genus", sia, cioè, qualificabile la singola sospensione "tipica" come mera esemplificazione ed esplicitazione della sospensione necessaria delineata dall’art. 295 c.p.c. (nella specie la S.C. ha escluso l’esistenza di un siffatto rapporto con riguardo alla sospensione disposta, ex art. 355 c.p.c., dal giudice di appello per effetto della proposizione di una querela di falso incidentale.) (v anche Cass. 15847/03 e Cass. 20320/04).

Tale insegnamento è coerente con quello proveniente dalla dottrina maggioritaria, che nega l’applicabilità del rimedio di cui all’art. 42 in relazione ad ipotesi di sospensione impropria.

Il Collegio deve dar conto di due arresti, Cass. 11010/05 e Cass. 24103/06, che hanno ampliato i margini di ricorribilità, in relazione al provvedimento di sospensione adottato "ex" art. 52 c.p.c., a seguito di ricusazione del giudice, e a quello di sospensione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, a seguito di sospensione ex art. 624 del processo esecutivo. In entrambi i casi il regolamento è stato però limitato al controllo di effettiva rispondenza allo schema legale di riferimento, ad evitare un ingiustificato, e non altrimenti rimediabile, arresto (sia pure temporaneo) dell’"iter" processuale.

Orbene, con riferimento a ipotesi di sospensione disposta in applicazione di specifiche disposizioni di legge, quale è il caso di cui all’art. 313 c.p.c. il controllo si deve pertanto limitare a verificare che si verta in ipotesi di proposizione di querela di falso e che tale disposizione non sia stata abusivamente invocata.

Tale distorsione non si è verificata nella specie, che investe specificamente il valore probatorio di un documento (il verbale di contestazione), la cui portata è alla base del giudizio di opposizione a sanzione amministrativa. In sede di regolamento di competenza non si può invece procedere a un giudizio anticipato sugli aspetti procedurali o sostanziali della querela di falso, che spettano al giudice della querela, il quale verrebbe altrimenti espropriato della competenza a decidere sulla materia a lui riservata.

La relazione ex art. 380 bis c.p.c. ha rilevato un secondo insuperabile profilo di inammissibilità dell’istanza, costituito dalla mancata formulazione del quesito di diritto, in relazione alla denuncia di violazione dell’art. 222 c.p.c.. L’istante aveva l’onere, previsto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare la questione da risolvere e di mettere con il quesito la Corte di cassazione nella condizione di rilevarla con immediatezza;

l’applicabilità della norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è stata riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità nelle ipotesi di ricorso avverso i provvedimenti di sospensione ex art. 295 c.p.c. perchè il regolamento denuncia una violazione di norme del procedimento riconducibile all’art. 360 c.p.c., n. 4 (Cass. 15108/07; 13194/08; 17974/09). La assenza del quesito comporta l’inammissibilità del ricorso, restando irrilevante la maggiore o minore complessità dell’atto, peraltro connotato, nella specie, da singolari profili di novità.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, alla quale non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.
LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso.

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