Corte di Cassazione Civile sez. II 3/3/2009 n. 5111; Pres. Elefante A.

Redazione 03/03/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 22.5.1997 L.D.M. M., premesso di essere comproprietario di una quota pari ad 1/12 di alcuni immobili siti in (omissis) pervenuti in eredità dalla madre S.D.C.R., deceduta il (omissis), assumeva che con atto per notaio ****** del 12.6.1970 A., Ra., G., V., Ga., P., L., M. e Sc.Di.Co.Mi., C., A., S. e A.M.R. avevano trasferito ad S.D.C. A. i diritti spettanti sull’appezzamento di terreno di are 29,44 di cui assumevano essere proprietari per usucapione.

L’attore, premesso che tale atto era nullo o inefficace nei suoi confronti perchè la pretesa usucapione non era mai stata accertata giudizialmente, in quanto i procuratori Sc.Di.Co.Ra. e S.F. non avevano i poteri per vendere l’immobile e perchè qualsiasi declaratoria di usucapione non poteva essere opposta all’istante, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli Sc.Di.Co.An. chiedendo dichiararsi che l’esponente era comproprietario insieme al fratello S. di 1/12 dei suddetti immobili e che l’atto per notaio ****** del 12.6.1970 era nullo o inefficace nella parte in cui trasferiva ad Sc.Di.Co.An. il terreno di are 29,44 di cui sopra.

Il Convenuto restava contumace.

Successivamente, dopo che dalla relata di notifica di un ricorso per l’autorizzazione a sequestro giudiziario e del decreto di fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti era emerso che il convenuto era deceduto, veniva dichiarata l’interruzione del processo, successivamente riassunto a cura dell’attore. In seguito M. e ********, riportandosi ai fatti di cui al precedente atto di citazione, con atto di citazione notificato il 13/14/28.5.1988 esponevano che con atto per notaio ****** del 23.12.1987 Sc.Di.Co.An. aveva trasferito i detti immobili a G.T., S.G. ed alla s.a.s. il ******** nonostante la trascrizione della precedente domanda giudiziale ed in violazione del diritto di prelazione in favore degli eredi ex art. 732 c.c..

Essi quindi convenivano in giudizio dinanzi allo stesso Tribunale C.E., la G., il S. e la società il ******** chiedendo, previa declaratoria di apertura della successione di S.D.C.S. e di S.D.C.R., dichiararsi che quest’ultima aveva diritto ad 1/2 del patrimonio di S.D.C.S., dichiararsi quindi che la vendita per notaio ****** del 23.12.1981 era avvenuta in violazione del diritto di prelazione degli esponenti, dichiararsi pertanto riscattate le quote di 1/12 degli immobili alienati.

Si costituivano in giudizio i convenuti rilevando che la quota eventualmente spettante agli attori era pari soltanto a 10/750, che gli attori non erano eredi, e che in ogni caso si era prescritto il loro diritto ad accettare l’eredità; essi quindi chiedevano in via riconvenzionale dichiararsi l’avvenuta acquisto per usucapione in loro favore dei beni in questione, ed eccepivano l’inapplicabilità dell’art. 732 c.c., per carenza di legittimazione degli attori in quanto eredi del coerede.

In seguito le due cause venivano riunite. Con successivo atto di citazione notificato il 4.10.1988 L.d.M.M. e S., premesso che il (omissis) era deceduto Sc.di.

C.A. lasciando quale unica erede C.E. che aveva rinunciato alla eredità, e che gli esponenti, eredi per rappresentazione, avevano accettato l’eredità con beneficio di inventario, assumevano che il "de cuius" aveva alienato con atto per notaio ****** del 23.12.1987 il suo patrimonio, costituito da un fabbricato con fondo rustico in (omissis), per L. 135.000.000 alla G., al S., alla società il ********, e che quest’ultima aveva alienato ai coniugi L.L.L.A. ed N.A. con atto del 23.5.1988 l’appartamento al secondo piano del suddetto immobile, occupato a titolo di ospitalità dalla C.E..

Gli attori quindi convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli tutti i suddetti soggetti chiedendo dichiararsi la nullità, annullarsi o pronunciarsi la rescissione dei due atti di compravendita sopra menzionati, condannarsi i convenuti al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede, ed accogliersi la domanda di cui ai precedenti giudizi anche nei confronti della L.L. e del N..

Si costituivano in giudizio la G., il S., la L. L.L.A. ed il N. eccependo in particolare l’inesistenza del diritto di prelazione per non avere gli attori la qualità di eredi; chiedevano inoltre l’autorizzazione alla chiamata in causa di N.A. in proprio e quale legale rappresentante della s.a.s. il ******** di ****************.

Spiegavano poi intervento volontario E., S., Fl., C., F., Ge. e s.d.c.a..

Si costituiva in giudizio C.E. ammettendo di aver tacitamente accettato l’eredità di Sc.Di.Co.An. incassando parte delle somme ricevute dalla vendita.

Si costituiva altresì in giudizio la s.n.c. il ******** eccependo la carenza di legittimazione degli attori per non essere eredi del defunto Sc.Di.Co.An.;

eccepiva inoltre la prescrizione del diritto degli attori di accettare l’eredità e chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa la C.E. per potersi dichiarare l’inefficacia della sua rinuncia all’eredità e la conseguente carenza di legittimazione degli attori.

Procedutosi alla riunione di tutti i giudizi ed autorizzate le suddette chiamate in causa, dopo l’interruzione del processo per la morte della C.E., si procedeva alla sua riassunzione nei confronti della eredità giacente di C.E..

Con sentenza del 6.3.2001 il Tribunale di Napoli rigettava le domande attrici per aver ritenuto che gli attori non avevano fornito alcuna prova di aver tempestivamente accettato l’eredità materna nei termini di cui all’art. 480 c.c..

Proposto gravame da parte di L.D.M.S. e M. cui resistevano la G., il S., la L. L.L., il N., la s.a.s. il ******** di **************** e C. mentre l’eredità giacente di C.E. restava contumace, la Corte di Appello di Napoli con sentenza del 16.6.2005 ha rigettato l’impugnazione.

Per la cassazione di tale sentenza e ****** S. e M. hanno proposto un ricorso basato su tre motivi cui la G., il S. ed il N. hanno resistito con controricorso depositando successivamente una memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione sollevata dai controricorrenti di inammissibilità del ricorso in quanto la certificazione dell’autografia della sottoscrizione dei ricorrenti apposta in calce al ricorso stesso è stata effettuata soltanto dall’avvocato ****************** non iscritto all’apposito albo degli avvocati cassazionisti, e non anche dagli altri difensori avvocati ***************** e ******************, iscritti invece al suddetto albo, che avevano sottoscritto il ricorso prima della procura speciale.

L’eccezione è infondata, posto che la certificazione da parte di un avvocato che non sia ammesso al patrocinio dinanzi alla Suprema Corte dell’autografia della sottoscrizione della parte ricorrente apposta sulla procura speciale "ad litem" rilasciata in calce o a margine del ricorso per cassazione, costituisce mera irregolarità allorchè l’atto sia stato firmato anche da altro avvocato iscritto nell’albo speciale ed indicato come codifensore nella procura (come appunto nella fattispecie), e non comporta quindi la nullità della procura stessa perchè tale pretesa nullità non è comminata dalla legge, e perchè la suddetta irregolarità non incide sui requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell’atto (Cass. S.U. 8.7.2003 n. 10732; Cass. 25.11.2005 n. 24894). Venendo quindi all’esame del ricorso, si rileva che con il primo motivo i ricorrenti, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 480 c.c., in relazione agli artt. 471 – 489 – 2943 – 2944 – 2945 c.c., anche in relazione all’art. 581 c.c., nella formulazione antecedente alla riforma di cui alla L. 19 maggio 1975, n. 151, art. 189, con conseguente violazione dell’art. 732 c.c., nonchè omessa e/o contraddittoria motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto che gli appellanti non avessero fornito la prova di aver tempestivamente accettato l’eredità materna nei termini di cui all’art. 480 c.c..

Essi rilevano che, dopo la morte della loro madre S.D.C. R. avvenuta il (omissis), il padre dei ricorrenti ******* in data (omissis) con atto per notaio ****** aveva disposto a favore di Sc.An. della propria quota di usufrutto pari ad 1/3 della quota di pertinenza della "de cuius" lasciando inalterato il diritto dei propri figli sull’eredità materna pari ad 1/12; inoltre il padre dei ricorrenti aveva chiesto alla conservatoria dei registri immobiliari di (omissis) la trascrizione relativa alla acquisizione a nome dei figli (con l’usufrutto per sè sulla quota di 1/3) delle quote di proprietà dell’immobile provenienti dall’eredità materna di loro pertinenza, ed aggiungono che in data 25.7.1972 era intervenuta la trascrizione di un verbale di sorteggio del 23.3.1969 – verbale quest’ultimo relativo ad un giudizio di divisione dell’eredità di S.D. C.S., deceduto il (omissis) – con il quale agli attuali ricorrenti era stato attribuito, in rappresentanza della loro madre premorta, il decimo lotto di un fondo rustico gravato per la quota di 1/3 dell’usufrutto spettante al loro genitore L. V..

I ricorrenti rilevano che la partecipazione di quest’ultimo al suddetto giudizio di divisione per sè e per i figli minori si poneva come atto interruttivo della prescrizione del diritto di M. e L.D.M.S. di accettare l’eredità materna, atto fatto valere nei confronti di tutti gli intervenuti, i quali avevano così riconosciuto il diritto degli attuali esponenti a concorrere al sorteggio dei lotti ed a partecipare alla eredità in luogo della loro madre.

I ricorrenti rilevano la piena applicabilità delle norme di cui agli artt. 2943 e 2944 c.c., al diritto di accettare l’eredità.

Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 475 – 476 c.c., in relazione agli artt. 2648 e 2660 c.c., con conseguente violazione dell’art. 2697 c.c., nonchè omessa e/o contraddittoria motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver escluso che la richiesta di trascrizione del 7.12.1970 dell’acquisto "pro quota" dell’eredità di S.D. C.R. effettuato da L.V. anche per conto dei figli valesse come accettazione tacita dell’eredità anche per il figlio maggiorenne L.M..

I ricorrenti sotto un primo profilo sostengono che la richiesta di trascrizione di un acquisto a causa di morte di una determinata eredità da parte di un soggetto costituisce un comportamento inequivocabile che comporta l’accettazione tacita dell’eredità stessa, inoltre essi assumono che la predetta richiesta di trascrizione era stata fatta da L.V. per sè e per i figli, e quindi quale "erede e rappresentante", posto che con essa si era fatto constare che L.M. era divenuto proprietario dell’immobile in questione per successione ereditaria alla propria madre.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono infondate.

Il giudice di appello, nell’esaminare gli elementi addotti dagli appellanti a fondamento del loro assunto di avere tempestivamente accettato l’eredità materna, ha rilevato che la sopra richiamata trascrizione dell’eredità di S.D.C.R. richiesta da L.V. per sè (quanto all’usufrutto) e per i figli M. e S. (per le quote ereditarie di loro pertinenza), trattandosi di un atto avente solo natura conservativa, non poteva essere considerata quale accettazione tacita dell’eredità, e che inoltre tale richiesta era stata posta in essere da L. V. e non dal figlio M., all’epoca maggiorenne.

Tale statuizione è corretta sotto entrambi i profili, posto che anzitutto la mera richiesta di trascrizione di un atto di acquisto relativo ad una successione ereditaria, trattandosi di un adempimento caratterizzato da finalità conservative, è privo di rilevanza ai fini di una sua configurazione come accettazione tacita dell’eredità, in quanto inidoneo ad esprimere in modo certo l’intenzione univoca di assumere la qualità di erede (vedi in tal senso Cass. 28.8.1986 n. 5275 con riferimento alla richiesta di registrazione e di trascrizione di un testamento);

inoltre è decisivo rilevare che la suddetta richiesta di trascrizione, essendo stata avanzata da L.V., non poteva comunque valere come accettazione tacita dell’eredita con riferimento al figlio L.M., all’epoca maggiorenne, che quindi, qualora avesse voluto accettare l’eredità materna, avrebbe dovuto farlo autonomamente: il diverso assunto dei ricorrenti non spiega in base a quale ragione la pretesa accettazione dell’eredità da parte di L.V., in assenza di un potere di rappresentanza conferitogli dal figlio M., potesse spiegare effetti nei confronti di quest’ultimo.

E’ poi appena il caso di aggiungere che non è comunque configurabile in radice una accettazione tacita dell’eredità materna – sempre come effetto della predetta richiesta di trascrizione del 7.12.1970 – con riferimento a L.S., all’epoca minorenne, per l’assorbente rilievo che l’art. 471 c.c., disponendo che le eredità devolute ai minori ed agli interdetti non si possono accettare se non con beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale dell’incapace possa accettare l’eredità in modo diverso da quello prescritto dall’art. 484 c.c.; ne consegue che l’accettazione tacita, fatta con il compimento di uno degli atti previsti dall’art. 476 c.c., non rientra nel potere del rappresentante legale e perciò non produce effetti giuridici nei confronti dell’incapace (Cass. 27.2.1995 n. 2276; Cass. 1.2.2007 n. 2211).

Deve a tal punto osservarsi che i ricorrenti, come già esposto con riferimento alla partecipazione di L.V. alla sopra richiamata causa di divisione nell’interesse suo e dei figli M. e S., all’epoca minorenni, qualificano tale atto come interruttivo ai sensi dell’art. 2943 c.c., della prescrizione del diritto di accettare l’eredità materna da parte di M. e L.S.; in ogni caso, poichè nella suddetta causa di divisione tale diritto era stato fatto valere nei confronti di tutti i successibili di S.D.C.R., i quali avevano riconosciuto agli attuali ricorrenti lo "status" di coeredi in rappresentazione della loro madre, trovava comunque applicazione l’art. 2944 c.c., con conseguente interruzione della prescrizione del diritto stesso.

Orbene anzitutto si rileva che in tal modo viene prospettata una questione nuova e quindi inammissibile, non risultando essere stato introdotto nei precedenti gradi di giudizio il tema relativo ad atti interruttivi della prescrizione, essendosi invece sostenuta la tesi della tempestiva accettazione dell’eredità materna da parte di M. e L.S..

Si osserva poi che comunque la questione sollevata è infondata sotto entrambi i profili prospettati.

Se infatti è stato ritenuto (come finiscono per ammettere gli stessi ricorrenti) che deve escludersi che la prescrizione del diritto di accettare l’eredità sia soggetta a cause di interruzione con specifico riferimento agli atti provenienti dal titolare del diritto indicati dall’art. 2943 c.c., (Cass. 1.6.1993 n. 6099), alle medesime conclusioni deve pervenirsi anche quanto al riconoscimento del diritto suddetto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere ex art. 2944 c.c.; infatti nel caso dei diritti potestativi – nel cui novero deve essere compreso quello che consiste nella facoltà del chiamato di acquistare la qualità di erede mediante una propria unilaterale manifestazione espressa o tacita di volontà – la cessazione dello stato di inerzia da parte del titolare del diritto può conseguire soltanto al compimento dello specifico atto che ne costituisce ad un tempo l’esercizio e la piena attuazione, essendo inconferente il formulare intenzioni a (e correlativamente il ricevere riconoscimenti da) chi non è tenuto ad alcun comportamento, in quanto è destinato a subire gli effetti che quell’atto produce (così in motivazione Cass. 5.2.2004 n. 2202).

Infine si rileva che in questa sede non sono state censurate le statuizioni del giudice di appello in ordine alla mancata attribuzione di atto di accettazione dell’eredità materna da parte di M. e L.S. alla partecipazione di costoro al giudizio di divisione conclusioni con il verbale di sorteggio di quote ereditarie del 23.3.1969, posto che essi, entrambi all’epoca minorenni, avrebbero dovuto accettare la suddetta eredità necessariamente con beneficio di inventario, mentre invece tale modalità di accettazione non era stata effettuata.

Con il terzo motivo i ricorrenti deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 582 c.c., nella formulazione antecedente alla riforma di cui alla L. 19 maggio 1975, n. 151, art. 290, in relazione all’art. 566 c.c., e mancata applicazione dell’art. 480 c.c., con conseguente violazione dell’art. 732 c.c., assumono che, anche qualora si volesse ritenere prescritto il diritto degli esponenti all’accettazione dell’eredità materna, tuttavia essi, quali eredi di L.V. che aveva partecipato in proprio quale usufruttuario all’eredità del coniuge S.D.C.R., erano succeduti di pieno diritto nella proprietà degli immobili per cui è causa.

Il motivo è inammissibile.

Infatti con la censura in esame i ricorrenti sollevano una questione, implicante un accertamento di fatto, che non risulta essere stata trattata nella sentenza impugnata; pertanto essi avevano l’onere, in realtà non assolto, onde evitare una statuizione di inammissibilità della censura in quanto nuova, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della suddetta questione nel giudizio di appello, ma anche di indicare in quale atto del giudizio stesso l’avessero fatto onde consentire a questa Corte di verificare l’ammissibilità della questione stessa prima di esaminarla nel merito.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alla natura della controversia, per compensare interamente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese di giudizio.

Redazione