Applicabilità degli studi di settore solo previa indagine sulla contabilità (Cass. n. 19866/2012)

Redazione 14/11/12
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

La commissione tributaria regionale della Puglia, con sentenza in data 24.8.2006, in accoglimento dell’appello di V. M., architetto libero professionista, ha dichiarato l’illegittimità di un avviso di accertamento col quale, relativamente all’anno 1996, in applicazione dei parametri stabiliti dall’art. 3, 184° co., della l. 28.12.1995, n. 549, erano stati rettificati i ricavi dichiarati ai fini delle imposte dirette e dell’***.

Ha svolto, per quanto rileva, le seguenti considerazioni:

(i) i decreti attuativi dei parametri dovevano ritenersi legittimi a prescindere dal parere del consiglio di Stato, non essendo codesto necessario relativamente ad atti non aventi natura di regolamento;

(ii) in base al riferimento all’art. 39, l° co., lett. d), del d.p.r. n. 600/1973, peraltro, le norme istitutive dei parametri e degli studi di settore avevano soltanto ampliato le già previste possibilità di accertamento analitico—induttivo; cosicché, ai fini della legittimità dell’accertamento, sarebbe stato necessario che l’ufficio avesse preliminarmente esperito le dovute indagini sulla contabilità, intese all’emersione di differenze sostanziali fra i dati raccolti e i dati dichiarati dal contribuente;

(iii) conseguentemente i parametri non potevano costituire — essi in quanto tali – elementi sufficienti a motivare l’accertamento, dovendosi considerare alla stregua di semplici indizi, suscettibili di generare presunzioni aventi la caratteristica della gravità, precisione e concordanza soltanto ove assistiti da altri elementi:

iv) nel caso di specie l’accertamento era stato basato soltanto sul riscontrato scostamento dai parametri, mentre era mancata ogni spiegazione della affermata inattendibilità dei valori e dei costi dichiarati, ed era mancato il confronto con altri elementi specifici certi, idonei a far ritenere non veritieri i valori esposti nelle dichiarazioni.

Avverso la sentenza d’appello l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo.

L’intimato ha replicato con controricorso, contenente un motivo di ricorso incidentale condizionato.

L’amministrazione a sua volta ha replicato al ricorso incidentale, con controricorso.

 

 

Motivi della decisione

 

I. — I ricorsi, principale e incidentale, separatamente iscritti a ruolo, vanno riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c.

II. — Con l’unico mezzo del ricorso principale, concluso dal prescritto quesito, l’amministrazione deduce violazione dell’art. 3, 181° co. e seg., della l. n. 549/1995, sostenendo che, in caso di accertamento di maggiori ricavi effettuato mediante utilizzazione dei parametri, si determina, non già una presunzione semplice,sebbene una presunzione legale sufficiente a sostenere l’accertamento.

Sicché, da un lato, l’ufficio non è obbligato a esperire indagini aggiuntive, e, dall’altro, il giudice tributario, per disattendere i parametri, deve fondarsi su prove contrarie fornite dal contribuente, intese a dimostrare che questi non abbia infine ricavato quanto portato dai parametri stessi.

III. — Il mezzo è infondato poste che non è corretto l’assunto della ricorrente circa il valore di presunzione legale attribuibile ai parametri di cui alla l. n. 549/1995 (art. 3, 181° ce. e seg.).

Le sezioni unite di questa Corte, componendo le anteriori divaricazioni giurisprudenziali sul tema, hanno difatti chiarito che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri e degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati (meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività), ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento (sez. un. n. 26635/2009).

Soltanto quindi ove non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, rimanendo inerte, il contribuente assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito; e il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all‘invito medesimo.

Per cui quel che dà sostanza all‘accertamento mediante l’applicazione dei parametri è il contraddittorio con il contribuente, dal quale possono emergere elementi idonei a commisurare alla concreta realtà economica dell‘impresa la presunzione indotta dal rilevate scostamento del reddito dichiarato.

Nel caso di specie e pacifico che l’invito al contraddittorio non era stato eluso. Cosicchè l’avviso di accertamento non poteva esaurirsi nel mero rilievo del riscontrato scostamento dai parametri, ma doveva essere integrato (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali erano state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, in quanto era da questo più complesso quadro che potevano emergere la gravità, la precisione e la concordanza attribuibili alla presunzione basata sui parametri, e la giustificabilità di un onere della prova contraria.

L’impugnata sentenza, nel ritenere, nel contesto del sindacato sostanziale di merito, l’insufficienza del mero riferimento ai parametri ai fine di sorreggere l’accertamento, appare dunque uniformata al ripetuto principio.

IV. — Consegue il rigetto del ricorso principale e l’assorbimento di quello incidentale condizionato.

L’anteriorità del ricorso rispetto all’intervento risolutivo delle sezioni unite giustifica le compensazione delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso principale: dichiara assorbito incidentale; compensa le spese.

Deciso in Roma, nella camere di consiglio della quinta sezione civile, addì, 26 settembre 2012

Redazione