Accertamento: inammissibili ricorsi fotocopia (Cass. n. 20346/2013)

Redazione 04/09/13
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte, ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore cons. *******************, letti gli atti depositati.

Osserva:

La CTR di Bari ha respinto l’appello incidentale dell’Agenzia ed ha parzialmente accolto l’appello di **** – appelli proposti contro la sentenza n. 47/02/2010 della CTP di Foggia che aveva ancor più limitatamente accolto il ricorso della predetta contribuente – ed ha così annullato l’avviso di accertamento relativo ad IRPEF per l’anno 2002 mentre ha dichiarato inammissibile per tardività l’accertamento relativo ad IRPEF per l’anno 2003.

L’Agenzia ha proposto ricorso fondato su due motivi.

La parte contribuente si è difesa con controricorso proponendo anche ricorso incidentale fondato su unico motivo.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti – quanto al ricorso principale dell’Agenzia – va riproposta qui la problematica dei cosiddetti “ricorsi farciti”, cioè confezionati in modo tale che siano riprodotti con procedimento fotografico o con pedissequa trascrizione (o similare) gli atti dei pregressi gradi e i documenti ivi prodotti, tra di loro giustapposti con mere proposizioni di collegamento. E’ indirizzo costante di questa Corte (Cass. S.U. 19255/2010; Cass. S.U. 16628/2009; Cass. 15180/2010) quello che ha sanzionato di inammissibilità, per violazione del criterio di autosufficienza, detta modalità grafica, poichè essa equivale, in sostanza, ad un rinvio puro e semplice agli atti di causa e viola di poi il precetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che impone l’esposizione sommaria dei fatti di causa (sostituita da una modalità che rende indaginosa e complessa, nonchè rimessa alla discrezionale valutazione del relatore, la verifica del contenuto degli atti di causa).

L’anzidetta prescrizione non può ritenersi osservata allorchè il ricorrente non prospetti alcuna narrativa degli antefatti e dei fatti di causa nè determini con precisione l’oggetto della originaria pretesa, così contravvenendo proprio alla finalità primaria della prescrizione di rito, che è quella di rendere agevole la comprensione della questione controversa, e dei profili di censura formulati, in immediato coordinamento con il contenuto della sentenza impugnata. La consecuzione di atti puramente giustapposti (o intervallati da semplici locuzioni di raccordo), se allevia la parte ricorrente dal necessario sforzo di selezione e di sintesi, grava contempo la Corte di un compito che le è istituzionalmente estraneo, nè può essere giustificata con l’intento di assolvere più puntualmente all’onere di autosufficienza, perchè il momento della verifica degli atti viene solo dopo la sommaria ed autosufficiente esposizione dei fatti e non può essere anticipato. D’altronde, se fosse questo il vero intento della parte ricorrente, essa vi potrebbe assolvere materialmente compiegando al ricorso per cassazione (e di seguito ad esso) la copia degli atti ritenuti strumentali a questa esigenza.

Quanto poi al ricorso incidentale proposto dalla parte contribuente (titolato alla contraddittoria ed insufficiente motivazione della sentenza e alla violazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3, ma sostanzialmente fondato sul solo vizio di motivazione), la parte ricorrente incidentale si duole del fatto che il giudice del merito abbia ritenuto “la tardività del ricorso, in assenza di istanza di accertamento con adesione”, sulla premessa della non condivisibilità delle ragioni addotte dalla parte contribuente per giustificare detta tardività, e cioè l’inutilità di un’autonoma istanza per l’anno 2003, in presenza di un sostanziale e strutturale unico presupposto impositivo, così come la prospettata ipotesi di un lapsus calami.

A tal proposito la medesima parte prospetta che la procedura per l’accertamento riferito ad entrambi gli anni è stata avviata sulla base di un unico presupposto impositivo, con unico invito, con iter istruttorio unitario dell’istanza di adesione, con la conseguenza che i termini per ricorrere avrebbero dovuto essere interrotti per entrambe le annualità in ragione dell’unica istanza depositata il 5.2.2009 e per quanto ivi si fosse omessa – per errore immediatamente riconoscibile ed essenziale – l’indicazione dell’annualità 2003. A tal proposito il giudice di appello si era espresso “contraddittoriamente”, definendo suggestiva la possibilità che si fosse trattato effettivamente di un lapsus, ma poi rifugiandosi nel rilievo dell’autonomia delle due annualità d’imposta. D’altronde, non era stato giustificato in alcun modo il mancato accoglimento dell’eccezione.

Anche il motivo di ricorso incidentale appare inammissibilmente proposto, non avendo la parte ricorrente identificato alcun “fatto” decisivo e già oggetto di controversia tra le parti in riferimento al quale soltanto è predicabile il vizio di insufficiente motivazione e comunque non ravvisandosi alcuna contraddittorietà tra la ritenuta suggestività di una ipotesi difensiva ed il ripudio di essa.

Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.

Roma, 20 novembre 2012.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che la parte ricorrente principale ha depositato memoria illustrativa, nella quale insiste per la declaratoria di ammissibilità del ricorso, memoria che non induce questa Corte a riconsiderare le ragioni per sulle quali è fondata la proposta del relatore, in considerazione del fatto che non è possibile consentire con l’assunto secondo il quale a mezzo della semplice trascrizione della sentenza qui impugnata la parte ricorrente abbia assolto all’onere processualmente impostole di fare la “esposizione sommaria” dei fatti di causa e peculiarmente di quelli rilevanti nell’ottica delle ragioni sottese all’impugnazione della pronuncia;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, va rigettato sia il ricorso principale che quello incidentale;

che la regolazione delle spese di lite può essere improntata alla compensazione tra le parti, attesa la soccombenza reciproca.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2013.

Redazione