Se il bando di gara non può imporre agli operatori economici di possedere già i mezzi che utilizzerebbe solo in caso di aggiudicazione dell’appalto , non può neppure imporre loro di assumere impegni giuridicamente vincolanti ad acquisirli

Lazzini Sonia 19/04/07
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Nessuna norma prevede che la dichiarazione sostitutiva di certificazioni debba recare la data, e s’intende che, se non sia stata apposta la data, la dichiarazione si considera resa quando viene presentata all’amministrazione alla quale è diretta.
 
Il Consiglio di Stato con la decisione numero 967 del 22 febbraio 2007 sul raccomandato, in Lombardia,  metodo del confronto a coppie, quando vi siano elementi di valutazione discrezionali (non misurabili).  ci insegna che:
 
<in un giudizio su gara per trasporto pubblico locale in Lombardia e con riferimento alla deliberazone della giunta regionale della Lombardia 27 dicembre 2001 n.7/7698, ha giudicato legittima la previsione di sessantacinque punti su cento da assegnare all’offerta tecnica con il confronto a coppie, dal momento che tale metodo era stato utilizzando per l’apprezzamento di profili dell’offerta implicanti apprezzamenti discrezionali>
 
 
ed inoltre:
 
<Con la terza delle censure accorpate nel secondo motivo l’appellante sostiene che il confronto a coppie non è praticabile ove la gara si svolga tra due sole offerte. La questione è gia stata esaminata da questa Sezione con la decisione 9 maggio 2006 n. 2524, nella quale si è osservato che, quando i progetti da esaminare siano soltanto due (circostanza che l’amministrazione non può conoscere al momento dell’emanazione del bando) quel metodo è semplicemente inutile, perché c’è una sola coppia di ogni elemento di valutazione e basta effettuare la somma dei punteggi di ciascun commissario e determinare poi la media delle somme; ma non produce nessun effetto distorsivo – che d’altra parte l’appellante, in questo come nel caso allora esaminato, non ha né dimostrato né lamentato – e perciò la sua applicazione non può essere qualificata come illegittima. Alla stessa conclusione, con diversa motivazione, è pervenuta la citata decisione n. 3843 del 2005 della quarta Sezione. Anche questa doglianza, pertanto, è infondata e va respinta>
 
a cura di *************
 
 
 REPUBBLICA ITALIANA            IN NOME DEL POPOLO ITALIANO   N. 2156 REG:RIC.
 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,   Quinta Sezione          ANNO 2006
 
ha pronunciato la seguente
 
decisione
 
sul ricorso in appello proposto dalla società per azioni *** contro
 
la PROVINCIA DI PAVIA,
e nei confronti
 
della società per azioni *** -;
 
per la riforma
 
della sentenza 11 novembre 2005 n. 3969, con la quale il tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, terza sezione, ha respinto il ricorso contro il provvedimento 6 dicembre 2004 n. 2436/41942 della provincia di Pavia, di approvazione dell’aggiudicazione della società per azioni *** – Aziende Riunite Filovie ed Autolinee, in esito alla gara bandita con provvedimento 8 ottobre 2002 n. 1390/30821, dell’appalto del servizio di trasporto pubblico locale identificato come “lotto 2- sottorete Oltrepò”.
 
       Visto il ricorso in appello, notificato il 10 e depositato il 16 marzo 2006;
 
       visto il controricorso della società *** -, depositato il 3 aprile 2006;
 
       visto il controricorso della provincia di Pavia, depositato il 24 aprile 2006;
 
       viste le memorie difensive presentate, dalla provincia il 16 ottobre 2006 e dalle parti private il 18 ottobre 2006;
 
       visti gli atti tutti della causa;
 
       relatore, all’udienza del 24 ottobre 2006, il consigliere ****************, e uditi altresì gli avvocati *********, ***** e ********* e *******;
 
       ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
 
FATTO
 
       La provincia di Pavia nel 2003 ha indetto tre gare d’appalto contestuali (lotti), con procedura ristretta per l’affidamento per sette anni, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dei servizi di trasporto pubblico locale interurbano (lotto 1: sottorete ******; lotto 2. sottorete Oltrepò; lotto 3: sottorete *********).
 
       Per il lotto 2, la lettera d’invito ha indicato una percorrenza annua minima pari a 3.560.000 bus/km, con un importo complessivo a base d’asta fissato in euro 29.916.286,19.
 
       In esito alla fase di prequalificazione, la commissione giudicatrice il data 27 novembre 2003 ha ammesso a partecipare alla gara riferita alla “sottorete Oltrepò”, ossia alla gara o lotto 2 che qui interessa, le società *** -, *** – (d’ora in poi: *** e ***) e una terza che però ha rinunciato a presentare l’offerta.
 
       In esito alla valutazione delle offerte tecniche, per la quale la commissione aveva a disposizione sessanta dei cento punti complessivi, sono stati attribuiti 37,332 punti a *** e 58,231 punti ad ***. Per l’offerta economica, alla quale erano riservati quaranta punti, *** ha ottenuto 31,589 punti e *** 31,846 punti; sicchè la graduatoria vedeva prima *** con 90,077 punti e seconda *** con 68,921 punti, e ad *** è stato aggiudicato l’appalto, dapprima provvisoriamente dall’autorità di gara nella seduta del 18 marzo 2004, e poi definitivamente con il provvedimento del 6 dicembre 2004, sopra indicato, del competente funzionario della provincia.
 
       *** con ricorso al tribunale amministrativo regionale per la Lombardia notificato il 12 gennaio 2005 ha impugnato l’aggiudicazione, il bando, la lettera d’invito e tutti gli atti intermedi del procedimento, deducendo quattro motivi, di cui alcuni articolati in più censure, con i quali ha sostenuto, in sintesi: 1) l’illegittimità dell’ammissione alla gara di ***; 2) l’illegittimità delle previsioni della lettera di invito, che demandano al metodo del confronto a coppie la possibilità di attribuire un punteggio eccessivo, e l’illegittima applicazione del metodo del confronto a coppie in presenza di due sole offerte in gara; 3) l’illegittimità della costituzione della commissione di gara, avvenuta prima della presentazione delle offerte; 4) l’illegittimità della lettera d’invito, che non esigeva la prova che l’offerta economicamente migliore fosse effettivamente sostenibile e realizzabile.
 
       La ricorrente ha chiesto anche il risarcimento del danno per la mancata aggiudicazione dell’appalto.
 
       La Provincia di Pavia e la società controinteressata si sono costituite in giudizio, deducendo l’inammissibilità delle censure riferite al bando di gara, alla lettera di invito, all’ammissione di *** alla gara, ai criteri di comparazione delle offerte e all’aggiudicazione provvisoria, perché i relativi atti non erano stati tempestivamente impugnati; nonché l’infondatezza di tutti i motivi di doglianza.
 
       Il tribunale amministrativo regionale con la sentenza indicata in epigrafe ha respinto il ricorso, esaminando e giudicando infondate tutte le censure e prescindendo dalle eccezioni d’inammissibilità.
 
       *** appella riproponendo tutti i motivi di ricorso e la domanda di risarcimento, e censurando le motivazioni di rigetto.
 
       L’amministrazione provinciale e *** si sono costituite chiedendo il rigetto dell’appello.
 
DIRITTO
 
       Con il primo motivo del ricorso di primo grado, riproposto in appello, la ricorrente *** sostiene che *** sarebbe dovuta essere esclusa dalla gara in forza degli articoli 18 del decreto legislativo 19 novembre 1997 n. 422, 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali emanato con decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 e 20 della legge regionale della Lombardia 29 ottobre 1998 n. 22, perché era titolare, in provincia di Alessandria, di concessioni di trasporto pubblico locale affidatele senza gara; in appello, *** aggiunge che anche in provincia di Asti *** era affidataria senza gara di servizi di trasporto pubblico. *** nega, affermando e documentando di essere bensì appaltatrice di servizi di trasporto pubblico, ma in forza di aggiudicazione, in seguito a gare, a favore di un’associazione temporanea d’imprese di cui fa parte. L’appellante non ha mai fornito la prova, della quale evidentemente le incombe l’onere, della sua asserzione; e quindi il motivo va respinto, senza necessità di riesaminare la questione giuridica, cioè all’epoca della gara di cui ci si occupa vigesse o non vigesse il divieto, per gli affidatari diretti di servizi pubblici, di partecipare alle gare.
 
       L’altra censura contenuta nel primo motivo, che *** dovesse essere esclusa dalla gara avendo presentato, priva di data, l’autocertificazione relativa al possesso dei requisiti di partecipazione, è inammissibile perché la ricorrente non ha fatto nessun cenno ai motivi di diritto che la sorreggono, ossia non ha indicato le norme o i princìpi che sarebbero stati violati. In ogni caso, la materia è ora regolata dal decreto del presidente della repubblica 28 dicembre 2000 n. 445, contenente il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, e in particolare dagli articoli 38 e da 45 a 47. Nessuna norma prevede che la dichiarazione sostitutiva di certificazioni debba recare la data, e s’intende che, se non sia stata apposta la data, la dichiarazione si considera resa quando viene presentata all’amministrazione alla quale è diretta.
 
       Con il secondo motivo l’appellante ripropone la censura d’illegittima distribuzione del punteggio, a disposizione dell’autorità di gara, sotto tre profili: a) è eccessivo il peso dato all’offerta tecnica suddividendo i cento punti in sessanta per l’offerta tecnica e quaranta per l’offerta economica; b) è eccessivo il punteggio di venti punti riservato, nella valutazione dell’offerta tecnica, agli elementi da valutare con il metodo del confronto a coppie; c) il confronto a coppie non è esperibile quanto le offerte da comparare siano soltanto due.
 
       La prima delle tre censure è inammissibile per carenza d’interesse: *** è risultata seconda anche nel punteggio per l’offerta economica, sicché non otterrebbe nessun vantaggio quando se ne alzasse il peso relativo.
 
       Sulla seconda delle tre censure va premesso che il metodo del confronto a coppie è disciplinato dall’allegato A del regolamento emanato con decreto del presidente della repubblica 21 dicembre 1999 n. 554, e consiste nell’assegnare un punteggio da 1 a 6 ad ognuno degli elementi di valutazione delle varie offerte, esaminando, per ogni elemento di valutazione, tutte le coppie risultanti dal numero delle offerte (per esempio, se le offerte sono tre, per ogni elemento di valutazione si formano tre coppie, se le offerte sono quattro si formano sei coppie, e così via secondo le regole del calcolo combinatorio); nel sommare poi i punti così attribuiti da ogni commissario ad ogni offerta e nel trarne, con complesse operazioni, l’identificazione del progetto migliore. Il regolamento predetto lo prevede per la «valutazione di ogni elemento qualitativo delle varie offerte», quando si tratti cioè di elementi non misurabili e la cui valutazione si sostanzia quindi in giudizi soggettivi; e la ragion d’essere del metodo è che la scomposizione del giudizio comparativo aiuta a renderlo quanto più possibile ragionato e raffinato e ad allontanarlo dal soggettivismo. In se stesso perciò il metodo è una garanzia. L’appellante lamenta la violazione dell’allegato A.6 deliberazione della giunta regionale della Lombardia 27 dicembre 2001 n.7/7698, che impartisce agli enti locali indirizzi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale, e che, secondo l’appellante, raccomanda di limitare il confronto a coppie al cinque-dieci per cento del punteggio. Sennonché, il passo della citata raccomandazione regionale, trascritto dalla stessa ricorrente (pagine 21 e 22 del ricorso di primo grado e 26 dell’atto d’appello) non dice affatto di evitare o limitare il metodo del confronto a coppie, ma di limitare quanto più possibile (indicativamente, appunto, a non più del cinque-dieci per cento) la previsione di elementi di valutazione difficilmente misurabili; e che, quando tuttavia tali elementi vi siano, «l’ente potrà eventualmente formulare, se ritiene opportuno, un giudizio che sia al tempo stesso di tipo discrezionale ma il più possibile trasparente ed oggettivo, ad esempio adottando il metodo del confronto a coppie». Ossia, al contrario di quanto sostiene l’appellante, la direttiva regionale raccomanda il metodo del confronto a coppie, quando vi siano elementi di valutazione discrezionali (non misurabili). L’individuazione degli elementi di valutazione delle offerte tecniche non è oggetto di censura (se non in modo del tutto generico, pag. 28 dell’atto d’appello), e perciò la doglianza è infondata. Opportunamente la difesa della provincia ha richiamato come precedente la decisione della quarta Sezione 24 maggio 2005 n. 3843, che, in un giudizio su gara per trasporto pubblico locale in Lombardia e con riferimento alla citata deliberazione della giunta regionale, ha giudicato legittima la previsione di sessantacinque punti su cento da assegnare all’offerta tecnica con il confronto a coppie, dal momento che tale metodo era stato utilizzando per l’apprezzamento di profili dell’offerta implicanti apprezzamenti discrezionali.
 
    Con la terza delle censure accorpate nel secondo motivo l’appellante sostiene che il confronto a coppie non è praticabile ove la gara si svolga tra due sole offerte. La questione è gia stata esaminata da questa Sezione con la decisione 9 maggio 2006 n. 2524, nella quale si è osservato che, quando i progetti da esaminare siano soltanto due (circostanza che l’amministrazione non può conoscere al momento dell’emanazione del bando) quel metodo è semplicemente inutile, perché c’è una sola coppia di ogni elemento di valutazione e basta effettuare la somma dei punteggi di ciascun commissario e determinare poi la media delle somme; ma non produce nessun effetto distorsivo – che d’altra parte l’appellante, in questo come nel caso allora esaminato, non ha né dimostrato né lamentato – e perciò la sua applicazione non può essere qualificata come illegittima. Alla stessa conclusione, con diversa motivazione, è pervenuta la citata decisione n. 3843 del 2005 della quarta Sezione. Anche questa doglianza, pertanto, è infondata e va respinta.
 
       Con il terzo motivo l’appellante lamenta che la commissione giudicatrice della gara sia stata nominata prima della scadenza del termine della presentazione delle offerte, in violazione dell’articolo 21, comma 7, della legge 11 febbraio 1994 n. 109 sui lavori pubblici, che prescrive appunto che la commissione giudicatrice debba essere nominata dopo la scadenza del termine. Il tribunale amministrativo regionale ha respinto il motivo osservando che quella disposizione è dettata in materia di gare per lavori pubblici, non è qualificabile come principio generale in materia di gare e non è quindi applicabile a quelle per servizi pubblici, per le quali nulla è previsto dalla legge. L’appellante confuta l’affermazione che non si tratti d’un principio generale, facendo presente che la norma è diretta a impedire che i contenuti delle offerte possano essere condizionati dai presunti o ipotizzati gradimenti dei commissari. Il Collegio rileva che la ragion d’essere della norma, che è effettivamente quella indicata dall’appellante, non è sufficiente a imporne l’applicazione anche al di fuori della materia per cui è prevista. L’appellante invoca, in sostanza, l’applicazione analogica della disposizione anzidetta; il ricorso ai princìpi generali dell’ordinamento è infatti previsto dall’articolo 12, secondo comma, delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile, secondo cui «Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i princìpi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato». Il presupposto per l’applicazione analogica è che, sulla base delle disposizioni di legge vigenti, la controversia «non può essere decisa», ossia non può essere decisa né con l’accoglimento né col rigetto della domanda. Quando, come nel caso di specie, la domanda (il motivo di ricorso) è fondata su norme previste per una materia diversa da quella sulla quale si controverte, essa va semplicemente respinta, e non v’è luogo né per l’applicazione analogica né per indagare se quella disposizione, non direttamente pertinente, costituisca espressione di un principio generale dell’ordinamento giuridico; né, considerando la questione sott’altro aspetto, si può far carico all’amministrazione, che debba bandire una gara per un servizio pubblico, di consultare la legislazione sulle gare per lavori pubblici per ricavarne eventuali princìpi generali.
 
       Con il quarto motivo, respinto dal giudice di primo grado e riproposto, *** lamenta che l’amministrazione si sia accontentata che i concorrenti indicassero il numero e la dislocazione dei punti di vendita, dei depositi e delle officine, di cui avrebbero disposto nell’espletamento del servizio, senza esigere la prova che avessero già provveduto ad assicurarsi la disponibilità dei predetti mezzi, con accordi precontrattuali, impegni finanziari e dichiarazioni d’intenti. La censura è rivolta sia contro né la lettera d’invito, che richiedeva solo l’indicazione dei magazzini, punti di vendita e officine e non richiedeva la prova che il concorrente avesse già provveduto ad assicurarsene la disponibilità, sia contro l’operato dell’autorità di gara, che ha omesso di esperire adeguata istruttoria al riguardo nei confronti di ***. Il motivo, come ha già esaurientemente stabilito il giudice di primo grado, è infondato, perché, se il bando di gara non può imporre agli operatori economici di possedere già i mezzi che utilizzerebbe solo in caso di aggiudicazione dell’appalto (e neppure l’appellante, in effetti, sostiene il contrario), non può neppure imporre loro di assumere impegni giuridicamente vincolanti ad acquisirli. È poi infondata la pretesa che l’autorità di gara avesse a svolgere istruttoria per per verificare se il concorrente fosse in possesso di requisiti non richiesti.
 
       L’appello, in conclusione, è infondato e va respinto. Le spese di giudizio si liquidano in € 5000 a favore della provincia ed altrettante a favore di ***.
 
Per questi motivi
 
respinge l’appello indicato in epigrafe e condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizi, liquidate in euro cinquemila a favore della società *** ed altrettante a favore della provincia di Pavia.
 
       Così deciso in Roma il 24 ottobre 2006 dal collegio
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 22 febbraio 2007
 

Lazzini Sonia

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