Il potere quale rappresentazione teatrale

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Vi è nella società del XXI secolo un rapporto diretto con la società del XVIII secolo, in particolare inglese, questo risiede nel teatro, ossia nella capacità di imporre un sistema culturale attraverso delle rappresentazioni pubbliche, che nel determinare una sfera di egemonia culturale relegano in un secondo piano l’esercizio diretto del potere economico.

Certo la tecnologia ha reso più sofisticato il sistema di trasmissione culturale mediante rappresentazione e la scena presenta copioni diversi ma la sostanza è la stessa, la rappresentazione avviene attraverso riviste, televisione, internet, gli stessi social network non fanno che moltiplicare la rappresentazione che diventa anche occasione commerciale per imitazione, sì che rappresentazione ed economia si identificano.

 

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Non vi è mai un rapporto diretto con l’elite che viene sempre rappresentata, il rapporto è con l’intermediario che diventa per questa funzione visibile il responsabile delle condizioni di vita e dei disagi sociali, il prestigio dell’elite è garantita sia dalla sua rappresentazione che da l’intermediazione la quale permette di evidenziare solo alcune funzioni, il contatto con le altre classi o stati popolari avviene alle condizioni da lei dettate, che possono essere manifestazioni pubbliche o private, formalità amministrativo-politiche, occasioni di mecenatismo.

Sorge la necessità di imporre dei limiti alla tolleranza del sistema sociale, questo non può che avvenire occasionalmente e sempre con distacco, la lontananza quale armonizzazione, desiderio e rispetto, lusso e “liberalità” risultano parte fondamentale del teatro dei grandi, la tolleranza permissiva delle classi superiori risulta gradita agli strati inferiori, la doppia morale non crea problemi se non nel momento in cui il controllo risulta in pericolo e l’elite minacciata dall’impossibilità di promettere e garantire una diffusione del benessere.

Vi è una trasmissione di cultura dall’alto verso il basso ma anche una rielaborazione che dal basso risale verso l’alto, a cui nell’età della connessione continua si aggiunge un aspetto orizzontale trans- territoriale da un’area all’altra, una contaminazione che solo apparentemente annulla le singole identità comunitarie che vengono ricostituite in termini fantastico-storici proprio nelle comunità degli strati popolari, alla ricerca di un proprio essere identitario nell’oceano dell’indifferenza globale, un ancoraggio necessario per il proprio io, una storia, un racconto che impedisca il proprio dissolversi nel mare infinito di una umanità divenuta pura indifferenziata valutazione economica.

Nel XVIII secolo le classi superiori e gli strati inferiori si incontravano nella richiesta di protezione, come nel caso delle numerose taverne che nelle insegne esibite sollecitavano la protezione di un potente, ma anche oggi la raccomandazione è espressione di un potere esibito che nel manifestarsi si autoproclama e al contempo si consolida, le stesse occasioni di festa e viaggi non sono solo guadagni e profitto ma anche consolidarsi di modelli, attraverso cui le elite partecipando finiscono per confermare e consolidare il proprio potere e la propria superiorità quale modello idealizzato da desiderare e imitare.

Le eventuali rivolte possono così risolversi in sommosse e non in ribellioni anti-sistema, vi è una rapidità di cambiamento dello stato d’animo che ne permette il riassorbimento, una velocità oggi accresciuta dalla facilità di comunicazione che permette il mutare continuo dei sentimenti, questo non esclude l’azione teatrale quale rivolta, un contro-teatro rapido ed evanescente che tende all’esaltazione dell’atto individuale o del piccolo gruppo, in cui da un lato viene meno la tradizione dell’anonimato delle sollevazioni del XVIII secolo, che tuttavia viene dall’altra parte recuperata nelle azioni di rottura anonima nel sistema della rete.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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