Legalità e proporzionalità dell’azione amministrativa: l’art. 80 codice dei contratti pubblici

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Dalle disposizioni del codice dei contratti pubblici e, segnatamente, dai vari commi dell’art. 80 si ricava il principio generale per il quale ogni provvedimento di esclusione si genera e si consuma all’interno della procedura di gara per il quale è stato adottato dalla stazione appaltante (fermo le ipotesi speciali previste a determinate condizioni dal legislatore), salvi gli obblighi dichiarativi in capo a ciascun operatore economico che dovrà informare la stazione appaltante delle precedenti esclusioni; in coerenza logica, la disposizione del comma 10 – bis si pone quale norma di chiusura di questo microsistema poiché delimita il periodo di rilevanza ai fini espulsivi di una pregressa vicenda professionale della quale sia stata informata la stazione appaltante (e correlativo il periodo al quale gli obblighi dichiarativo debbono aver riferimento).

Indice:

  1. Il caso
  2. La questione
  3. La soluzione del Consiglio di Stato
  4. I principi europei di legalità e proporzionalità: garanzia e limite del potere amministrativo

1.Il caso

La sentenza trae origine dal ricorso proposto da una società, innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia -sezione staccata di Lecce -, contro il provvedimento adottato dal Ministero della Difesa – Marina Militare, in ordine alla sua esclusione da una procedura di gara, indetta per l’affidamento di servizi di ammodernamento di navi militari.

L’Amministrazione escludeva la società per grave illecito professionale, ai sensi dell’art. 80, comma 5, D. Lgs. n. 50/2016 e per aver riscontrato l’esistenza di un unico centro decisionale con le altre imprese concorrenti, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. m), D.lgs. n. 50 del 2016.

Nel provvedimento impugnato il Ministero, applicando l’art. 80, comma 10 bis, D.Lgs. n. 50/2016,  precisava che l’accertamento delle predette violazioni integrava causa di esclusione dalle procedure di gara per tre anni, a decorrere dalla data di adozione del provvedimento ovvero, qualora lo stesso fosse stato contestato in giudizio, dalla data del passaggio in giudicato della sentenza.

Con ricorso proposto innanzi al T.A.R. Lecce, la società contestava la legittimità del provvedimento di esclusione, sostenendo che la stazione appaltante avesse esercitato un potere non previsto dalla normativa richiamata.

Il Tribunale riconosceva la fondatezza della tesi prospettata dalla ricorrente, poiché la previsione contenuta nell’art. 10 bis D.Lgs. n.50/2016, per come formulata, si prestava ad essere interpretata nel senso che il divieto di partecipazione alle gare fosse esteso anche alle procedure bandite da amministrazioni diverse da quella autrice dell’atto impugnato, con ciò violando sia il principio di proporzionalità che la discrezionalità delle altre amministrazioni, vincolate alle valutazioni espresse dall’Amministrazione resistente.

Il Tribunale Regionale, dunque, concludeva per un’interpretazione restrittiva del divieto di partecipazione alle gare per un triennio, non esteso alle future gare bandite da altre amministrazioni, ma limitandolo alle sole gare indette dalla stazione appaltante che aveva disposto l’esclusione.

La società ricorrente impugnava la predetta sentenza, censurando l’erronea valutazione del motivo di gravame dedotto in primo grado.

In particolare, la società ricorrente non si era limitata a contestare l’illegittimità della sanzione dell’esclusione triennale in relazione alle gare indette da altre amministrazioni, ma l’illegittimità della stessa anche per quelle bandite dalla stazione appaltante.

Secondo la società, infatti, l’Amministrazione non poteva esercitare alcun potere di automatica esclusione triennale dalle procedure di gara, giacchè tale potere non risultava previsto da alcuna norma di legge, nemmeno dall’art. 80, comma 10-bis d.lgs. n. 50 del 2016 che, viceversa, andava interpretato diversamente, quale disposizione diretta a circoscrivere temporalmente la rilevanza, ai soli fini dichiarativi, e quindi valutativi per le stazioni appaltanti, delle pregresse vicende professionali degli operatori economici.

Alla prospettazione della società appellante si opponeva il Ministero della Difesa che,  proponendo a sua volta appello incidentale, individuava nell’art. 80, comma 10-bis del d.lgs. 50/2016, un’ipotesi di temporanea incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione, derivante in maniera automatica dal provvedimento di esclusione adottato dalla stazione appaltante. Tale provvedimento, secondo la tesi del Ministero, era destinato ad avere un’efficacia erga omnes e, dunque, ad operare nei confronti di qualsiasi stazione appaltante, in virtù del preminente interesse pubblico cui la norma aspira, ossia quello di evitare che la Pubblica Amministrazione stipuli un contratto con un’impresa non affidabile.

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2. La questione

Le questioni che il Consiglio di Stato è chiamato a risolvere sono sostanzialmente due: da un lato, occorre chiarire quale sia la portata interpretativa della norma di cui all’art. 80, comma 10-bis, d.lgs. n. 50 del 2016 e, quindi, se la stazione appaltante abbia o meno il potere di estendere l’esclusione di un operatore economico anche alla partecipazione a future procedure di gara indette da altre amministrazioni; dall’altro, occorre verificare se la disposizione in esame preveda una vera e propria ipotesi di incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione e, in caso affermativo, quale sia la natura giuridica da riconoscere alla stessa.

3. La soluzione del Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato fornisce un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata dell’articolo 80, comma 10-bis, d.lgs. 50/2016.

Partendo dai precedenti in materia, il Consiglio di Stato circoscrive la portata applicativa della norma in esame alla sola procedura di gara nella quale il provvedimento di espulsione è maturato.

In particolare, richiamando la nota sentenza della Sezione V, 29 ottobre 2020, n. 6635, si ribadisce che “…laddove il legislatore utilizza l’espressione “durata dell’esclusione” e fa riferimento ai “casi di cui al comma 5”, è come se dicesse “la durata del periodo in cui è possibile disporre l’esclusione in base al medesimo fatto rilevante ai sensi del comma 5”, corrisponde al triennio (nei termini esposti anche Cons. Stato, sez. IV, 5 agosto 2020, n. 4937). La diversa tesi – che, come anticipato, porta ad assegnare al provvedimento di esclusione efficacia al di fuori della procedura cui si riferisce – non pare ragionevole poiché il provvedimento di esclusione, per sua stessa natura, si riferisce ad una singola e specifica procedura di gara e non può avere effetti oltre questa.

Per il Consiglio di Stato, infatti, attribuire una portata estensiva al provvedimento di esclusione, individuando nell’art. 80 comma 10-bis un’ipotesi di temporanea incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione derivante non già da una fonte primaria legislativa, bensì da una determinazione discrezionale della stessa stazione appaltante, si pone in palese contrasto con il principio di legalità dell’azione amministrativa e delle relative sanzioni.

Com’è noto, infatti, l’applicazione di una sanzione amministrativa che incida sui valori fondamentali dell’individuo, al pari di ciò accade nel sistema penale, impone il rispetto delle garanzie procedurali e sostanziali che uniformano il giusto procedimento (rectius processo), prima fra tutte quella che individua nella legge la fonte del potere sanzionatorio.

Inoltre, il protrarsi automatico dell’esclusione da ogni procedura di gara per un triennio si pone in contrasto con altre disposizioni del codice dei contratti pubblici che, a determinate condizioni, considerano possibile il superamento delle ragioni che hanno indotto la stazione appaltante ad escludere l’operatore economico da una procedura di evidenza pubblica, consentendogli di partecipare ad altre gare. Si pensi, per tutti, alle misure cd. ‘self-cleaning’ (art. 80, commi 7 e 8, d.lgs. 50/2016).

Tutto ciò, si legge in sentenza, rappresenta piena esplicazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, quale diretto corollario di quello di legalità, in ragione del quale la P.A. è tenuta ad esercitare un potere adeguato, necessario e, quindi, proporzionato rispetto al fine perseguito.

In tale ordine di idee, la stessa giurisprudenza di legittimità ricorre al principio di proporzionalità per circoscrivere l’efficacia del provvedimento di esclusione alla sola procedura di gara in cui viene disposto, senza poter protrarre i propri effetti in altre procedure di gara, secondo un effetto cd. di “rimbalzo” (Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2021, n. 6212) .

Ed infatti, secondo il Supremo Consesso sarebbe contradditorio che il legislatore, al comma 5 dell’art. 80, preveda una serie di vicende dalle quali far derivare una prolungata esclusione da ogni procedura di gara e, al comma 10, introduca una generalizzata estensione temporale dei provvedimenti di esclusione per qualsivoglia procedura di gara.

Inoltre, se il provvedimento espulsivo avesse una reale efficacia erga omnes, non avrebbe alcun senso prevedere l’obbligo per l’operatore economico di dichiarare in altre procedure il provvedimento espulsivo subito, con conseguente onere della stazione appaltante di rivalutare nuovamente l’episodio causa di esclusione e decidere discrezionalmente se ammetterlo o escluderlo.

Alla luce di quanto fin qui evidenziato, dunque, il Consiglio di Stato giunge ad affermare il principio generale secondo cui “ogni provvedimento di esclusione si genera e si consuma all’interno della procedura di gara per il quale è stato adottato dalla stazione appaltante (fermo le ipotesi speciali previste a determinate condizioni dal legislatore di cui si è detto), salvi gli obblighi dichiarativi in capo a ciascun operatore economico che dovrà informare la stazione appaltante delle precedenti esclusioni; in coerenza logica, la disposizione del comma 10 – bis si pone quale norma di chiusura di questo microsistema poiché delimita il periodo di rilevanza ai fini espulsivi di una pregressa vicenda professionale della quale sia stata informata la stazione appaltante (e correlativo il periodo al quale gli obblighi dichiarativo debbono aver riferimento)”.

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4.I principi europei di legalità e proporzionalità: garanzia e limite del potere amministrativo

La soluzione fornita dal Consiglio di Stato si concretizza in un’ interpretazione restrittiva, sistematica, costituzionalmente e convenzionalmente orientata dell’articolo 80, comma 10-bis, D. Lgs. 50/2016, alla luce del principio di legalità che uniforma l’intero ordinamento giuridico, non solo nazionale ma anche sovranazionale.

Invero, l’incidenza che il principio di legalità, e in particolare quello di proporzionalità, determina sull’azione amministrativa impone all’interprete una valutazione congiunta di tutti gli interessi in gioco: da un lato, occorre optare per quelle soluzioni ermeneutiche che tutelino i diritti e le libertà fondamentali degli operatori economici esclusi da una procedura di gara; dall’altro, occorre tenere conto della necessità per la P.A. di esercitare discrezionalmente il suo potere, in modo efficiente, trasparente e ottimale.

In tale prospettiva, la legalità dell’azione amministrativa e la sua estrinsecazione in un potere proporzionato e adeguato rispetto al fine perseguito emerge con maggiore evidenza ogni qualvolta vengano in rilievo libertà e diritti fondamentali dell’individuo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità ( art. 2 cost.).

La tutela dell’iniziativa economica, della concorrenza nel e per il mercato, della non discriminazione e della par condicio tra gli operatori economici rilevano la necessità che qualsivoglia limitazione prevista in materia venga disposta con una legge, fonte primaria garanzia di certezza, determinatezza e precisione, in virtù di una concezione della legalità non solo formale ma anche sostanziale.

Ed è proprio in ragione delle predette esigenze di legalità che l’interprete deve guardare alla normativa di riferimento in un’ottica costituzionalmente orientata e rispettosa dei principi europei di tutela delle libertà fondamentali dell’individuo.

Escludere un’impresa dalle future procedure di gara, indette dalla medesima stazione appaltante o da altre stazioni, determina conseguenze che incidono inevitabilmente sulla sfera giuridica dell’operatore economico, comprimendo le sue libertà e i suoi diritti fondamentali.

Di conseguenza un simile provvedimento può essere disposto solo tramite una fonte legislativa primaria che ne predetermini la durata e la portata applicativa in modo da consentire al destinatario di conoscerne in anticipo contenuto e efficacia.

Viceversa, attribuire alla P.A. un potere discrezionale in materia, tale da vincolare anche le altre amministrazioni, riconoscendo altresì nell’art. 80, comma 10 bis, una sanzione interdittiva di incapacità a contrattare, andrebbe a svuotare di significato la ratio cui il legislatore aspira in materia, ossia quella di limitare temporalmente il provvedimento di esclusione, circoscrivendone l’ambito di applicazione alla sola procedura di gara in cui lo stesso viene disposto, così da evitare compressioni irragionevoli e non legittime delle libertà fondamentali degli operatori economici.

Al riguardo, è interessante notare come la questione degli effetti dell’esclusione di un operatore economico, sulle future procedure di gara, assuma una notevole rilevanza anche in ambito europeo.

In tale ordine di idee, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito i limiti entro i quali un’amministrazione aggiudicatrice possa escludere dalla procedura di gara un operatore economico che già in altra procedura si era dimostrato inaffidabile o che era già stato escluso da un’altra amministrazione giudicatrice.

Se è vero che, in ragione dei principi di diritto europeo, le Amministrazioni aggiudicatrici devono continuare ad avere la possibilità di escludere operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili, per esempio a causa di violazioni dei doveri professionali, come le violazioni di norme in materia di concorrenza o di diritti di proprietà intellettuale; è altrettanto vero che il legislatore nazionale debba prevedere una durata massima per tali esclusioni, predeterminandone temporalmente l’efficacia ( Considerando 101 e 102 della direttiva 2014/24).

In tale prospettiva, la Corte di Giustizia in una nota pronuncia del 19 giugno 2019, causa C‑41/18, Meca, ha stabilito che,”…ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 5, della direttiva 2014/24, le amministrazioni aggiudicatrici devono poter escludere un operatore economico in qualunque momento della procedura e non solo dopo che un organo giurisdizionale ha pronunciato la sua sentenza, il che costituisce un indizio ulteriore della volontà del legislatore dell’Unione di consentire all’amministrazione aggiudicatrice di effettuare la propria valutazione sugli atti che un operatore economico ha commesso o omesso di compiere prima o durante la procedura di aggiudicazione di appalto, in uno dei casi previsti all’articolo 57, paragrafo 4, della direttiva in questione.”

Ciò si pone in linea con l’interpretazione sistematica del Consiglio di Stato che individua nel provvedimento di esclusione, ex art 80, comma 10 bis, del dlgs. n. 50/2016, una efficacia limitata e circoscritta alla sola procedura di gara nella quale il provvedimento stesso viene disposto.

Riconoscere alla singola amministrazione il potere di escludere in qualunque momento l’operatore economico, significa attribuire alla P.A. il potere autonomo di valutare discrezionalmente, caso per caso, l’incidenza che la singola condotta illecita o l’irregolarità commessa dall’operatore assuma nell’ambito della procedura stessa, senza perciò essere vincolata dalle valutazioni effettuate da altre stazioni appaltanti.

Ed infatti, la Corte di Giustizia ribadisce l’importante principio di diritto in ragione del quale “se un’amministrazione aggiudicatrice dovesse essere automaticamente vincolata da una valutazione effettuata da un terzo, le sarebbe probabilmente difficile accordare un’attenzione particolare al principio di proporzionalità al momento dell’applicazione dei motivi facoltativi di esclusione. Orbene, secondo il considerando 101 della direttiva 2014/24, tale principio implica in particolare che, prima di decidere di escludere un operatore economico, una simile amministrazione aggiudicatrice prenda in considerazione il carattere lieve delle irregolarità commesse o la ripetizione di lievi irregolarità.”

In tale ordine di idee, dunque, ben si comprende come siano proprio i principi di legalità e proporzionalità dell’azione amministrativa ad evitare che il provvedimento di esclusione maturato all’interno di una procedura di gara possa dispiegare effetti a catena in altre procedure, vincolando automaticamente le altre amministrazioni, in un’ottica sanzionatoria erga omnes di incapacità dell’operatore a contrarre

I principi di legalità e proporzionalità costituiscono così garanzia e limite del potere amministrativo, impedendo qualsivoglia forma di automatismo nell’adozione di provvedimenti esclusione di un operatore economico dalla procedura di gara e rimettendo alla legge la predeterminazione puntuale e precisa della loro efficacia temporale.

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Federica Colantonio

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