Le radici che cambiano – Parte II

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Prospettive Giuridiche ed Economiche della Riforma Costituzionale In Italia

Il presente elaborato ha avuto lo scopo di affrontare e riflettere in merito alle caratteristiche, le ragioni e le conseguenze, sia da un punto di vista giuridico che economico, del referendum costituzionale che ha avuto luogo in Italia lo scorso 4 dicembre 2016.

Le ragioni di tali analisi risiedono nella curiosità, quali studiosi e ricercatori delle dinamiche giuridiche ed economiche, di andare ad indagare i riflessi che dei cambiamenti strutturali così evidenti avrebbero avuto sulla società ed al tempo stesso, ricercare le ragioni storiche, sociali, politiche, giuridiche ed economiche che avevano prodotto la possibilità di una riforma della Costituzione che rappresenta le radici di una Nazione e del popolo che la rappresenta.

Lo studio si è articolato in tre fasi principali. La prima parte “Il referendum della riforma costituzionale italiana: le analisi delle proposte” ha riguardato l’aspetto amministrativo della riforma costituzionale, la seconda “ Il futuro prima o poi torna. Ma quale futuro? Parliamone” sì è focalizzata principalmente sugli aspetti costituzionali e l’ultima e terza parte “Aspetti finanziari ed economici della riforma costituzionale” ha riguardato le ripercussioni contabili ed economiche conseguenti la riforma.

Il referendum della riforma costituzionale italiana: le analisi delle proposte

Considerazioni preliminari

 L’Italia ha superato con rigore democratico uno degli esami più importanti del costituzionalismo[1] della sua storia, vale a dire, il referendum della riforma costituzionale italiana[2].

Sebbene il leitmotiv della riforma si giustificasse essenzialmente in stimoli alla modernizzazione e all’efficienza del sistema parlamentare e di governo con il fine di auspicare un risparmio rilevante dei costi sia economici sia temporali, il contenuto della proposta di riforma era molto più profondo e influenzava seriamente i pilastri fondamentali del costituzionalismo, così come i diritti sociali e politici dei cittadini.

Analizziamo, di seguito, tramite il quesito che si formulò per il referendum lo scorso 4 dicembre 2016, gli aspetti più importanti della riforma proposta:

«Approvate voi il testo della legge costituzionale concernente “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?».

La soppressione del bicameralismo paritario

Uno degli obiettivi più decisivi che aveva lo scopo di perseguire la riforma, riguardava la soppressione del sistema del bicameralismo perfetto[3]. In dettaglio, s’intendeva revocare la funzione legislativa relativa all’elaborazione delle leggi, attribuita originariamente dalla Costituzione Italia anche al Senato della Repubblica (ad eccezione di casi limitati e residuali) così come la funzione contabile, con la finalità di ridurlo, stricto sensu, a un organo di rappresentanza territoriale[4].

Secondo la proposta di riforma costituzionale, il Senato della Repubblica “(…) rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato” (art. 55, Proposta di riforma Costituzionale).

A questo scopo, s’intendeva convertire la Camera dei Deputati neoellenico lato del Parlamento che avrebbe potuto concedere e mantenere la fiducia politica del Governo[5] o, secondo le parole di Sánchez Morón, “la potestà di controllare il Governo mediante la mozione di sfiducia o di fiducia” [6]. Gli effetti della proposta di riforma avrebbero incaricato unicamente la Camera dei Deputati come il “Titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo”.

Inoltre, risulta importante costatare la volontà di derogare l’articolo 58 della Costituzione della Repubblica Italiana che consacra “il diritto dei cittadini a scegliere i senatori[7].” Si può considerare questo uno degli aspetti più rilevanti della riforma, in virtù del fatto che con esso si sottoscriveva uno dei capisaldi essenziali del costituzionalismo italiano previsto nell’articolo 1 della Costituzione della Repubblica che “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

La riduzione del numero dei parlamentari ed il limite dei costi di funzionamento delle istituzioni 

La riduzione rilevante della composizione del Senato della Repubblica fino a un totale di 95 senatori che rappresentano le istituzioni territoriali e 5 che siano nominati dal Presidente della Repubblica tra i 315 attuali, era un altro degli elementi più importanti della riforma.

E’ utile ricordare nuovamente, riguardo all’approvazione delle leggi, che si modificava sostanzialmente l’esercizio della funzione legislativa prevista costituzionalmente per entrambe le Camere (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica), rimanendo configurata nella seguente struttura:  “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determina i casi d’ineleggibilità e di in – compatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma” (art. 70 Proposta di riforma costituzionale).

In questa maniera, la principale innovazione introdotta riguardava il fatto che il resto delle leggi sarebbero state approvate unicamente dalla Camera dei Deputati.

La soppressione del Cnel

 Un altro tra gli obiettivi della riforma si concretava nella soppressione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro – CNEL– previsto dall’articolo 99 della Costituzione della Repubblica Italiana.

Secondo il citato articolo, quest’organo è composto, secondo le modalità stabilite dalla legge, da esperti e da rappresentati delle categorie produttive, in misura tale da rispettare la loro relativa importanza numerica e qualitativa. Il CNEL è definito quale organo consultivo delle Camere e del Governo riguardo le materie e secondo le funzioni che la Legge gli attribuisce.

Quest’organo ha iniziativa legislativa e può contribuire alla predisposizione della legislazione economica e sociale, rispetto ai principi e nei limiti che la Legge stabilisce.

Di conseguenza, si tratta di un organo di natura consultiva in materia economica e sociale, le cui decisioni riguardo queste materie di competenza devono essere conformi alla Legge. Le sue funzioni collegate all’iniziativa legislativa ed il loro contributo all’elaborazione della legislazione economica e sociale lo delineano come un organo con importanti competenze tecniche e legislative nel suo settore di intervento. In questo senso, possiamo evidenziare come la proposta della riforma costituzionale sarebbe andata molto più in là della stretta volontà di razionalizzazione o semplificazione amministrativa.

La revisione del titolo V del capitolo ii della costituzione

 La revisione del titolo V del Capitolo II implicava, senza nessun dubbio, una centralizzazione importante della potestà legislativa e regolamentaria dello Stato rispetto alle numerose competenze che fino ad allora erano proprie delle Regioni.

Infine, la proposta di riforma introduceva una “Clausola di supremazia” a favore dello Stato, che concedeva importanti facoltà e la cui funzionalità si giustificava nel proteggere l’unità giuridica o economica della Repubblica, nei termini seguenti:

La legge dello Stato può̀ intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”.

 

[1] Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 27 dicembre 1947, n. 298. Costituzione della Repubblica Italiana.

[2] Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 15 aprile 2016, n. 88. Legge costituzionale “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”.

[3]  Si ricorda che in Italia il Senado della Repubblica e  la Camera dei Diputati hanno le stesse attribuzioni e facoltà.  Vale a dire che le leggi devono essere approvate da entrambe le Camere e queste posso concedere o negare la fiducia al Governo.

[4] Tra i numerosi scritti in argomento si vedano: CALAMO SPECCHIA, MARINA “Un’analisi comparata del nuovo senato della repubblica disciplinato dalla legge costituzionale: verso quale bicameralismo?”. Rivista AIC, n. 3 (2016): 1-27.

[5] CURRERI, SALVATORE “Riforma costituzionale e forma di governo”. Istituzioni del federalismo: rivista di studi giuridici e politici, n. 1 (2016): 15-45.

[6] SÁNCHEZ MORÓN, MIGUEL “Sobre la reforma constitucional italiana, en lo relativo a la organización territorial de la República”. En Memorial para la reforma del Estado: Estudios en homenaje al Profesor Santiago Muñoz Machado, coord. José María Baño León. V. II. Madrid: Centro de Estudios Políticos y Constitucionales, 2016. P. 1881-1896.

[7] BOBBIO NORBERTO “Il futuro della democrazia”.  Einaudi tascabili, XXVI-220 p., Lit. 12000, n. 281, 1995. Secondo le parole del politologo italiano “uno Stato rappresentativo è uno Stato in cui le principali decisioni politiche sono prese dai rappresentanti eletti – non importa se gli organi in cui tali discussioni si svolgono sono il Parlamento, il Presidente, il Parlamento insieme con i parlamenti locali, etc”.

Bibliografia

  • BOBBIO NORBERTO “Il futuro della democrazia”.  Einaudi tascabili, XXVI-220 p., Lit. 12000, n. 281, 1995.
  • CALAMO SPECCHIA, MARINA “Un’analisi comparata del nuovo senato della repubblica disciplinato dalla legge costituzionale: verso quale bicameralismo?”. Rivista AIC, n. 3 (2016): 1-27.
  • CURRERI, SALVATORE “Riforma costituzionale e forma di governo”. Istituzioni del federalismo: rivista di studi giuridici e politici, n. 1 (2016): 15-45.
  • DE MARCO, EUGENIO “Spunti di riflessione sulla riforma costituzionale Renzi-Boschi. Una riforma ormai improcrastinabile non priva peraltro di ambiguità e nodi irrisolti”. Rivista AIC, 2 (2016): 1-15.
  • LUCARELLI, ALBERTO “Le Autonomie locali e la riforma Renzi-Boschi: effetti immediati”. it, n. 4 (2016): 1-5.
  • SÁNCHEZ MORÓN, MIGUEL “Sobre la reforma constitucional italiana, en lo relativo a la organización territorial de la República”. En Memorial para la reforma del Estado: Estudios en homenaje al Profesor Santiago Muñoz Machado, José María Baño León. V. II. Madrid: Centro de Estudios Políticos y Constitucionales, 2016. P. 1881-189

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Imma Garrós Font

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