L’azione revocatoria e gli atti dispositivi a titolo gratuito: considerazioni in tema di pegno rotativo

Redazione 11/10/01
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di Roberto Gurini
Introduzione : i requisiti di cui all’art. 2901 c.c. nell’interpretazione della giurisprudenza.

L’azione revocatoria è un mezzo di tutela del credito e costituisce ulteriore rafforzamento delle garanzie patrimoniali a difesa delle legittime aspettative del creditore.
In termini generali, nella sistematica del codice civile, l’azione revocatoria è strettamente legata alla tutela dell’istante ben oltre le garanzie tipiche offerte dal codice: il legislatore ha infatti predisposto strumenti di intervento, per il creditore sul patrimonio del debitore in funzione sostanzialmente conservativa. Infatti, sia con il sequestro conservativo (art. 2905 c.c.), sia con l’azione surrogatoria (art.2900 c.c.), sia infine con l’azione revocatoria (ordinaria e fallimentare) si dà facoltà al creditore di intervenire sul patrimonio del debitore per conservare quella generica garanzia sui beni successivamente espropiabili.
Escluso che tale potere trovi fondamento nel vincolo di indisponibilità del patrimonio del debitore, alcuni autori ritengono che tale azione sia una sanzione al comportamento illecito del debitore che violi l’obbligo contrattuale di buona fede e correttezza e sanzioni indirettamente il terzo contraente come complice del debitore. Tale tesi sembra, in realtà, dimenticare che la dolosa partecipazione al progetto fraudolento da parte del debitore non è richiesta nel caso di trasferimento a titolo gratuito, anche se si potrebbe d’altra parte osservare che il legislatore in tal caso abbia voluto presumere iuris et de iure la consapevolezza da parte del debitore del pregiudizio arrecato.
In merito ai presupposti per l’esperibilità dell’azione revocatoria da tempo ormai si assiste ad un vivace dibattito sulla esatta definizione di alcuni termini di riferimento come ad esempio la individuazione del credito e la natura del pregiudizio: in particolar modo la dottrina, più recente, riconosce nel credito non solo una situazione di vantaggio patrimonialmente apprezzata e formalizzata in un titolo di credito esecutivo ma si afferma[1] la legittimazione ad agire sia quando il credito sia litigioso nell’an e nel quantum, sia quando il creditore vanti ragioni di un credito eventuale[2].
Tale orientamento spiega anche il diverso atteggiarsi della dottrina in merito alla definizione del pregiudizio non solo considerato come semplice incapienza del patrimonio debitorio per il creditore procedente ma ravvisato anche quando a beni che si possono facilmente aggredire in sede di esecuzione forzata sono sostituti beni che per la loro natura possono essere facilmente distratti o nascosti[3]. A tale tesi tuttavia parte della dottrina replica osservando che l’acquisto di beni facilmente distraibili non integra di per se l’elemento del pregiudizio (attuale ed effettivo) che si verifica solo con la vendita successiva dei medesimi beni. Tale orientamento è da condividere e a tal proposito si può affermare che nel caso de qua l’ordinamento giuridico predispone in funzione conservativa, il sequestro di cui all’articolo 2905 c.c..

Il pegno rotativo ed azione revocatoria . Una interpretazione ragionata dell’art.2901 c.c.

L’articolo 2901 del codice civile prevede un regime particolare per gli atti a titolo oneroso richiedendo non solo la conoscenza del pregiudizio o la dolosa preordinazione da parte del debitore ma anche la consapevolezza da parte del terzo contraente dell’eventus damni per il creditore.
La specifica previsione di tali requisiti per gli atti a titolo oneroso induce a ritenere, pacificamente, che per gli atti a titolo gratuito non siano necessari tali elementi, e per tanto la linea di confina tra gli uni e gli altri atti di disposizione è rilevante e determinante per il diverso regime della revocatoria anche se talvolta tale distinzione è tutt’altro che agevole.
Premesso che in dottrina non sempre si definisce in modo univoco l’atto di donazione, la liberalità, il negozio a titolo gratuito, l’atto a titolo di cortesia, l’obbligazione naturale, si può osservare che in alcuni casi è lo stesso legislatore ad indicare, aldilà della problematica definizione dell’atto, i presupposti per l’esercizio dell’azione revocatoria, come ad esempio in caso di divisione, in occasione della quale i creditori iscritti devono essere chiamati ad intervenire perché la divisione abbia effetto nei loro confronti e gli stessi possono agire in revocatoria quando abbiano notificato opposizione alla divisione prima che la stessa abbia luogo . E’ opportuno ricordare tuttavia, che la dottrina maggioritaria è giunta ad affermare che la divisione è atto a titolo oneroso e di conseguenza è richiesta la conoscenza del pregiudizio da parte di tutti i condividenti, mentre dottrina minoritaria colloca tale atto in una terza categoria di negozi così detti neutri[4].
L’azione revocatoria è stata per lungo tempo materia di confronto in tema di rapporti patrimoniali tra coniugi e più in particolare due sono state le problematiche poste all’attenzione della dottrina. La prima riguarda la natura delle convenzioni patrimoniali, la seconda le donazioni trai coniugi in relazione alla revocatoria fallimentare.
A tal proposito la giurisprudenza dominante afferma la gratuità degli atti con cui si destina i propri beni al fondo patrimoniale familiare: il pregiudizio è generalmente ravvisato nella generale indisponibilità del bene conferito[5] mentre parte della giurisprudenza di merito, qualificando l’atto a titolo oneroso, richiedono la dolosa preordinazione dell’altro coniuge[6] .
L’azione revocatoria fallimentare prevede per gli atti a titolo gratuito (art.64 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267) la revocabilità qualora siano compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento: è opportuno osservare come la norma, a differenza di quanto dispone l’art. 2900 c.c. definisca in modo più dettagliato gli atti a titolo gratuito, escludendo, dal suo ambito, i regali d’uso, gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o scopo di pubblica utilità, definendo, successivamente, questi stessi atti liberalità.
Orbene preso atto della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’articolo 780 c.c. (sentenza 27 giugno 1973 n. 91), a norma del quale “i coniugi non possono durante il matrimonio farsi l’uno all’altro alcuna liberalità, salve quelle conformi agli usi”, è indubbia la riconducibilità all’articolo 69 L.F. della fattispecie in cui il coniuge abbia ricevuto l’atto di liberalità compiuto quando il coniuge esercitava l’attività imprenditoriale anche aldilà del termine dei due anni di cui all’articolo 64 L.F: tale interpretazione è del resto stata accolta da una sentenza della Corte Costituzionale con la quale si dichiarava la norma di cui all’articolo 64 L.F[7]. illegittima nella parte in cui non comprendeva nel proprio ambito gli atti a titolo gratuito tra coniugi compiuti più di due anni prima dal coniuge già imprenditore.
In materia di atti a titolo gratuito è da ricordare che a norma dell’articolo 2901 c.c., le prestazioni di garanzia, anche per debito altrui, sono considerate a titolo oneroso quando sono contestuali al credito garantito.
Se l’onerosità della garanzia prestata è rilevante agli effetti della revocatoria si capisce allora perché l’esercizio di tale azione abbia suscitato di recente l’interesse della dottrina in relazione alla figura del pegno rotativo.
La clausola di rotatività è un accordo che accede generalmente ad un contratto di pegno, generalmente praticato nei rapporti tra un debitore ed un istituto bancario: con il consenso della banca, il debitore è autorizzato a sostituire i titoli di credito in pegno, venuti a scadere, con altri, in esecuzione e continuazione del vincolo di pegno originario.
E’ chiaro che l’ammissibilità di tale fattispecie consensuale in deroga a quanto prevede il codice è determinante per la qualificazione dell’atto di consegna dei titoli come costituzione di un pegno (ex novo)[8] a titolo gratuito (perché non contestuale al credito garantito) oppure come adempimento di un contratto precedente.
Più in particolare il problema che qui conta affrontare riguarda la generale ammissibilità circa la stipulazione di contratti reali come contratti consensuali[9] ad efficacia obbligatoria e, se tali contratti, abbiano la stessa efficacia del contratto tipico.
Si osserva, a sostegno della tesi favorevole, che l’articolo 1322 c.c. dispone che le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti posti dalla legge[10], che per contenuto si può senz’altro intendere anche la forma contrattuale non essendo tale espressione un riferimento tecnico, e che le norme sulla forma contrattuale, non essendo sempre poste a tutela di un interesse superiore, possono essere oggetto di una consensuale deroga.
Tuttavia, anche volendo accogliere tale orientamento non si può ritenere che la versione consensuale di un contratto di pegno possa avere gli stessi affetti del contratto reale in quanto la mancata consegna del bene al momento dell’accordo fa sì che il creditore, non avendo conseguito il bene ed in attesa dell’adempimento della prestazione non potrà esercitare tutti quei poteri che la legge gli riconosca in quanto possessore del bene come ad esempio l’articolo 2787 a norma del quale “il creditore ha diritto di farsi pagare con prelazione sulla cosa ricevuta in pegno. La prelazione non si può far valere se la cosa data in pegno non è rimasta in possesso del creditore o presso il terzo designato dalle parti”. Tali osservazioni sostenibili parimenti anche per il pegno di cosa futura, non escludono, tuttavia , in tema di pegno rotativo, la possibilità di salvaguardare, con apposite convenzioni la continuità della garanzia nonostante la variazione del bene. La sostituzione del titolo di credito, inteso non più nella sua individualità e concretezza, ma per il valore economico che rappresenta, è del resto consentita anche dalle norme del codice civile come ad esempio l’articolo 2795 terzo comma c.c., che prevede la sostituzione del bene deteriorato, l’articolo 2825 c.c., in tema di divisione del bene o porzione di bene, concesso in ipoteca.
Il patto di rotatività, ha unicamente la funzione di ricollegare i nuovi titoli di credito alla garanzia precedente, ed elementi necessari per la valida costituzione ed opponibilità della clausola la data certa ed il rispetto del limite del valore del bene originariamente dato in pegno.
Sulla base di tali considerazioni si può ritenere che la mancanza di contestualità tra il credito garantito e la consegna del titolo di credito in pegno, non esclude la onerosità della garanzia e per tanto la revocatoria della stessa è sottoposta al regime dell’articolo 2901 c.c. come garanzia a titolo oneroso.

Roberto Gurini

[1] Natoli, I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, Natoli e Bigliazzi Geri, Milano, 1974.
[2] C. 22 marzo 1990 n. 2400 in Corriere Giuridico 1990, 609 con nota di Maienza, include tra le ragioni di credito eventuale anche quelle del creditore garantito nei confronti del garante prima che il debitore abbia adempiuto.
[3] Cosattini, La revoca degli atti fraudolenti, Padova 1950. Bianca C.M. , La responsabilità, Milano, 1994.
[4] Oppo, Adempimento e liberalità, Milano, 1947.
[5] Tribunale di Napoli 18 gennaio 1993, Banca Borsa 1994 II,580.
[6] Tribunale di Ferrara, 21 maggio 1985, Nuova giurisprudenza civile 1986 I, 504.
[7] Sentenza 19 marzo 1993 n. 100.
[8] Tribunale di Roma 21 luglio1993, Banca Borsa 1994 II, 532. C di Appello Roma 30 ottobre 1995, ivi 1996 II,183.
[9] Cfr. Cassazione sez. I, 28 maggio 1998 n. 5264, in Notariato 3/99, con nota di D. Cenni.
[10] Sulla tipicità del patto di rotatività cfr. l. 24 luglio 1985 n. 401: norme sulla costituzione di pegno sui prosciutti a denominazione di orig. Contr., a norma della quale il vincolo apposto sulla coscia fresca suina segue il bene oggetto del processo di lavorazione fino a trasferirsi sul prodotto finale. L. 19 giugno 1986 n. 289 art. 7 : i vincoli gravanti sui titoli immessi nel sistema si trasferiscono senza effetti novativi sui diritti del depositante.

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