La lite temeraria

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Una lite temeraria, secondo il lessico giuridico, indica un’azione legale o resistenza ad essa esperite con malafede e colpa grave, vale a dire, con consapevolezza del proprio torto o con intenti dilatori o defatigatori.

Si tratta di una ipotesi di “responsabilità aggravata” della quale al comma 1 dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

    Indice

  1. Le caratteristiche
  2. Il risarcimento del danno
  3. La giurisprudenza

1. Le caratteristiche

La lite temeraria rappresenta un comportamento illecito e in caso di soccombenza c’è una responsabilità aggravata che comporta il risarcimento dei danni alla persona offesa che derivano dalla partecipazione a un giudizio ingiustificato.

Questi danni possono essere liquidati dal giudice nella sentenza stessa.

Si tratta di casi nei quali il giudice accerta l’inesistenza del diritto per la quale tutela è stato eseguito un provvedimento cautelare oppure è stata trascritta la domanda giudiziale oppure è stata iscritta ipoteca giudiziale oppure ancora è stata iniziata o compiuta l’esecuzione forzata.

Il giudice, al verificarsi delle condizioni di legge, può applicare la norma sulla lite temeraria, della quale all’articolo 96 del codice di procedura civile, anche nei casi mancata risposta all’invito a stipulare una convenzione per la negoziazione assistita prevista dal d.l. 132/2014, conv. in L. 162/2014, o anche di rifiuto a stipulare la convenzione.

Un’altra ipotesi di responsabilità aggravata è prevista dal comma 2 dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

Questa responsabilità può essere conseguente anche esclusivamente a colpa lieve in caso di difetto di normale prudenza.

2. Il risarcimento del danno

La legge 23 giugno 2017, n. 103, ha introdotto la responsabilità in solido dell’avvocato con il proprio cliente nel risarcimento del danno, sempre quando la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave.

Il risarcimento del danno per fatto illecito è previsto nell’ordinamento giuridico dall’articolo 2043 del codice civile:

Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

Danno subito da altro soggetto

Il danno (perdita che il soggetto subisce) può essere:

Danno patrimoniale

Danno emergente: effettiva diminuzione di patrimonio del danneggiato

Lucro cessante: mancato guadagno del danneggiato

Danno non patrimoniale

Danno che il soggetto patisce a seguito della violazione di un valore della personalità umana

Non suscettibile di diretta valutazione economica, ma di valutazione equitativa.

Il danno non patrimoniale deve essere risarcito nei casi determinati dalla legge (art. 2059 c.c.).

Più frequenti sono i danni che derivano da reato.

Il danno non patrimoniale si somma al danno patrimoniale (es. professionista dileggiato).

Il danno ingiusto

È contrario al diritto ed è atipico:

Danno che viola una regola giuridica (es. lesioni personali, diffamazione)

Danno che lede un interesse protetto dal diritto (diritto soggettivo).

Se esistono interessi protetti contrapposti, ad esempio, il diritto all’informazione e il diritto alla riservatezza, c’è una valutazione comparativa dei due interessi contrapposti in base al criterio di pubblica utilità.

Nesso di causalità tra fatto e danno

Il danno è risarcibile se è conseguenza del fatto dannoso.

Anteriorità del fatto alla capacità di intendere e volere (imputabilità)

Il danno non obbliga al risarcimento se il soggetto era privo della capacità di intendere e di volere (capacità naturale) quando ha compiuto il fatto.

L’incapace risponde se lo stato di incapacità dipende da sua colpa (art. 2046 c.c.).

Risponde in sua vece chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace (art. 2047 c.c.).

Fatto compiuto senza una causa di giustificazione

Il danno non deve essere risarcito se il fatto è stato compiuto in circostanze idonee a giustificarlo.

Il giudice può distribuire il danno.


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Dolo e colpa

Il dolo è la coscienza o volontà di cagionare il danno e si divide in:

Dolo commissivo (dolo attivo)

 Dolo omissivo (dolo passivo), ad esempio, un passante che non resta inerme.

La colpa è il mancato impegno della diligenza richiesta per un determinato tipo di attività: negligenza, imprudenza o imperizia, quindi inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

I gradi della colpa sono:

Colpa grave: mancanza di diligenza minima (es. danno causato dal giudice)

Colpa lieve: mancanza di diligenza media (responsabilità contrattuale)

Colpa lievissima: mancanza di diligenza massima (colpa richiesta nella RC).

Il Principio di carattere generale era che non c’è responsabilità senza colpa.

La colpa deve essere provata dal danneggiato.

È stata inserita la colpa presunta.

Ci può essere responsabilità senza colpa (oggettiva).

Nella responsabilità per colpa presunta l’autore del fatto ha l’onere della prova liberatoria (es. responsabilità dei sorveglianti degli incapaci art. 2047 c.c.); tramite la prova liberatoria deve dimostrare di non aver potuto impedire il fatto.

Responsabilità oggettiva

Ci sono dei casi nei quali un soggetto potrebbe essere ritenuto responsabile indipendentemente da colpa o dolo:

Responsabilità dei genitori

I genitori rispondono del fatto illecito del loro figlio minorenne se non emancipato se abita con loro (art. 2048 c.c.).

Sono responsabili in solido con il figlio minore.

Prova liberatoria è di non aver potuto impedire il fatto. Necessaria la prova di un’adeguata educazione e vigilanza.

Responsabilità degli insegnanti:

gli insegnanti rispondono dei fatti illeciti compiuti dagli alunni e apprendisti se compiuti sotto la loro vigilanza.

Prova liberatoria come le altre responsabilità.

Responsabilità per circolazione di autoveicoli: il conducente è responsabile dei danni. Prova liberatoria è l’avere fatto il possibile per evitare il danno.

Ad essa si aggiunge la responsabilità solidale del proprietario.

La prova liberatoria è che l’autoveicolo circolava contro la sua volontà.

Responsabilità per malfunzioni di edificio: il proprietario è responsabile dei danni cagionati dalla rovina del proprio edificio.

La prova liberatoria è che deve provare che la rovina non dipende né da una mancata manutenzione né da vizi di costruzione.

3. La giurisprudenza

La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 11917/2002 ha affermato il principio in base al quale “presupposto della condanna al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità aggravata per lite temeraria è la totale soccombenza, che va considerata in relazione all’esito del giudizio di appello, come si desume che la condanna al risarcimento si aggiunge, secondo la previsione dell’art. 96, alla condanna alle spese, la quale è correlata all’esito finale del giudizio; questo esito non muta per il fatto che sia stata ritenuta infondata un’eccezione processuale opposta dalla parte vittoriosa sul merito”.

La suprema corte di cassazione nella sentenza n. 17485/2011 ha stabilito che per ottenere il risarcimento da lite temeraria non è necessario dover fornire la prova concreta del danno subìto:

«All’accoglimento della domanda di risarcimento dei danni da lite temeraria non osta infatti l’omessa deduzione e dimostrazione dello specifico danno subito dalla parte vittoriosa, che non è costituito dalla lesione della propria posizione materiale, ma dagli oneri di ogni genere che questa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare l’ingiustificata iniziativa dell’avversario e dai disagi affrontati per effetto di tale iniziativa, danni la cui esistenza può essere desunta dalla comune esperienza.»

 

Dott.ssa Concas Alessandra

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