L’albergo diffuso

Lobina Paola 09/10/08
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Introduzione
 
Con la denominazione albergo diffuso si intendedesignare una struttura ricettiva alberghiera , originale e tipicamente italiana, che sta riscuotendo grande interesse anche al di fuori dai confini nazionali  ( guardano con attenzione al modello, ad esempio , Germania, Inghilterra, Israele e Croazia ).
Il modello è stato premiato come best practice “di crescita economica da trasferire nei paesi in via di sviluppo”, ottenendo il 1° Premio delle Nazioni Unite. [1]
Questa forma di ospitalità, allo stato attuale, è stato oggetto di una specifica disciplina da parte di otto Regioni italiane.
Scopo di questo articolo è mostrare in che modo è stato disciplinato questo modello di ricettività al fine di individuare se vi sia una disciplina regionale omogenea che consenta di distinguere l’albergo diffuso dalle altre forme di ricettività .
Per far questo è necessario accertare il significato del termine quale è albergo diffuso ( d’ora innanzi A.D.)  e, quindi, appurare   se alla coniazione del nuovo termine sia corrisposta l’intenzione di costituire effettivamente un nuovo modello di ospitalità dotato di specifiche caratteristiche distintive rispetto alle altre figure o modelli di ricettività.
Accerteremo inoltre :
1.  se la normativa regionale  abbia o meno recepito il termine e la nozione corrispondente;
2.  quali siano le regole che si applicano al modello;
3.  se nella realtà , le concrete sperimentazioni   corrispondano al modello teorico e normativo.
 
1) La nascita dell’idea dell’A.D
 
L’idea dell’A.D nasce nei primi anni ottanta durante i lavori del gruppo del  “Progetto Pilota Comeglians” capitanati dallo scrittore Leonardo Zainer, gruppo che si avvaleva della consulenza del professore Giancarlo Dell’Ara .
Inizialmente i formulatori del nuovo termine proposero di denominare A.D. quell’esercizio ricettivo   costituito da un insieme di appartamenti  e da un corpo centrale,   dove collocare i servizi comuni quali il servizio di ricezione , il ristorante , le sale giochi per i bambini e altre sale ( lettura , televisione etc)”[2]
 
Ma è a partire dal 1989 che il prof. Dall’Ara ha messo a punto il modello riferendosi    ad un istituto nuovo, senza prescindere   affatto, però, dal significato precedentemente attribuito alla nozione di albergo ( il riferimento è ai requisiti minimi in ordine alla capacità ricettiva e ai caratteri strutturali e di funzionamento degli alberghi, come vedremo, infra, p 3).   E’ con l’ inserimento dell’ aggettivo diffuso affianco al sostantivo albergo che Dall’Ara intendeva sottolineare, agli interlocutori pubblici ( amministrazioni ) e privati ( utenti e operatori),   l’originalità del modello e tutte le potenzialità di successo della sua realizzazione. La struttura, per poter avere successo andava inserita , infatti, in un    “ un ambiente autentico” vissuto in primis dai suoi residenti , “integrata nel territorio e nella sua cultura”, ma in grado di assicurare i  servizi  propri di una struttura ricettiva alberghiera.
La  realizzazione concreta dell’idea dell’A.D  ha incontrato,  come vedremo,  molte difficoltà che dipendevano, soprattutto dalla mancanza di una definizione del  modello di ospitalità e dall’assenza di una normativa specifica  ( Dall’Ara 2007).
Nelle concrete sperimentazioni, infatti, l’A.D. poteva meglio definirsi come residence diffuso ( G. Dall’Ara 2007) o, nella peggiore delle ipotesi , come vedremo in seguito, ( infra, p. 4) come case e appartamenti per vacanze, essendo costituito da una summa di appartamenti offerti secondo gli schemi tradizionali.
 
2. L’A. D nella legislazione regionale
A partire dagli anni novanta l’idea dell’albergo viene attuata in Friuli Venezia Giulia e in Sardegna , il modello, inoltre, trova un primo riconoscimento normativo nella Regione Sardegna in attuazione della legge quadro per il turismo 17 maggio 1983, n. 217.[3]
La Regione Sardegna , all’articolo 25 della L.R Sardegna 12 agosto 1998, n 27 ( disciplinante le strutture ricettive extra alberghiere e di modifica della L.R 14 maggio 1984, n 22 in materia di classificazione delle aziende ricettive ), introduce per la prima volta una definizione di A.D.
E’ stato messo in evidenza come sia stato fondamentale il contributo della esperienza sarda ai fini della costruzione della figura attuale dell’albergo diffuso, in quanto ha offerto, innanzitutto, un primo modello di riferimento, inoltre, ha consentito di escludere dalla definizione la semplice messa in rete di case disabitate, anche distanti tra loro, che andavano meglio definite come residence ( Dall’Ara 2007, Morandi, 2008) o diremo noi come case e appartamenti per vacanze.
Dopo la Sardegna sino ad oggi altre otto  Regioni hanno disciplinato la figura e precisamente, in ordine cronologico,    il Friuli Venezia Giulia (2002) , Marche e Umbria (2006) , Emilia Romagna (2007) , la Provincia di Trento (2007 a modifica di una precedente legge del 2002), la Liguria ( con due leggi la prima entrata in vigore nel 2007, la seconda nel 2008 ) e infine la Calabria ( 2008). [4]
 
Per comodità espositiva, seguendo le indicazioni di autorevoli studiosi (Dall’ARA 2007),  distinguiamo, all’interno della legislazione regionale,   le leggi di prima generazione da quelle di seconda generazione non tanto per il distacco temporale tra le stesse, che in alcuni casi, come vedremo, è davvero esiguo,  ma soprattutto  in quanto  è nelle leggi di seconda generazione che  la nozione  di A.D    è designata in termini precisi e con parametri omogenei.
Si faranno rientrare nella seconda categoria la delibera della Regione Liguria e la Legge della Regione Calabria .  
 
 3. Le questioni giuridiche rilevanti sollevate dall’interpretazione delle leggi di prima generazione: gli aspetti problematici.
 
 Analizzando le leggi di prima generazione, può dirsi che  tutte le Regioni inquadrino l’A. D tra le strutture ricettive alberghiere, ad eccezione della Liguria e della provincia di Trento   che qualificano tali strutture nell’ambito della ricettività extralberghiera .          
Con riferimento alla legge della Provincia di Trento, infatti, se da un lato la disposizione assimila gli A.D agli alberghi ( prevedendo che   debbano essere costituiti da almeno sette unità abitative   e che debbano essere garantiti i servizi di prima colazione e di somministrazione di alimenti e bevande); dall’altro inquadrandoli   tra gli esercizi extralberghieri consente di fatto, la contaminazione del modello designato come alberghiero con le altre forme di ricettività (quali gli esercizi di affittacamere, gli esercizi rurali, i bed and breakfast , le case e appartamenti per vacanze , gli ostelli della gioventù e le case per ferie individuati dall’art. 30 della legge provinciale n. 7/ 2002 come esercizi extralberghieri ). 
Ma, ad una attenta lettura, anche il Friuli Venezia Giulia,  nonostante la denominazione e la definizione fornita , disegna un    modello che si avvicina maggiormente a quello della ricettività extralberghiera introducendo la nozione di unità abitativa e non di camera che può essere ubicata anche a grande distanza dai locali di ricevimento.
 Si è affermato che l’inquadramento della figura dell’ A.D  nelle strutture alberghiere o extralberghiere comporti diverse conseguenze in merito alla disciplina applicabile e ai servizi che il consumatore ha diritto di pretendere e, reciprocamente, che l’operatore ha l’obbligo di erogare.
 
4.1 Il regime amministrativo e privatistico delle strutture ricettive 
 
A tal fine è necessario analizzare preliminarmente come si atteggiano sia nelle strutture alberghiere , sia in quelle   extralberghiere   tre aspetti fondamentali:
·     il carattere imprenditoriale o meno dell’attività svolta;
·     i rapporti con la pubblica amministrazione  ( regime amministrativo);
·     la natura dei rapporti tra operatore e cliente ( regime privatistico).
 
Il carattere imprenditoriale è indiscutibilmente[5] presente nell’attività alberghiera, mentre per le altre strutture ricettive la normativa regionale non è omogenea : sono strutture gestite in forma imprenditoriale, ad esempio, i capeggi e i villaggi turistici, le case e appartamenti per vacanze ( in presenza di un certo numero di unità immobiliari ) ; non sono gestiti in forma imprenditoriale gli esercizi di affittacamere , i bed and breakfast, etc.
Per quanto riguarda il regime amministrativo, le attività alberghiere possono essere esercitate sulla base di una autorizzazione [6]rilasciata dal Sindaco, in forza dell’art. 9 della legge n 135/ 2001. E’, ancora, rimessa al Sindaco, la valutazione in merito all’osservanza della normativa “edilizia , urbanistica , igienico sanitaria e di pubblica sicurezza,  nonché quella sulla destinazione d’uso dei locali e degli edifici” .
 Per poter esercitare l’attività alberghiera, quindi, sarà necessario attivare un procedimento autorizzatorio complesso (per quanto semplificato ai sensi dell’art. 9 della legge 135/2001) che culminerà con l’emanazione di una autorizzazione, o meglio di una summa di autorizzazioni ( edilizia, urbanistica, igienico sanitaria, di pubblica sicurezza), rilasciate dal Sindaco del luogo in cui è ubicato e   in presenza dei seguenti requisiti: conseguimento della prescritta classificazione; iscrizione del titolare nel registro delle imprese.
Alcune attività extralberghiere , invece, ad esempio l’esercizio di affittacamere e assimilati , in seguito all’entrata in vigore del regolamento autorizzato, adottato con il D.P.R n. 311/2001 sono riconducibili ad una forma di iniziativa economica privata interamente libera ( A. Gratteri 2006).
Per quanto attiene, infine, il regime privatistico , nelle attività ricettive alberghiere [7] oltre al servizio di alloggio, vengono forniti altri servizi accessori, (ad esempio accoglienza, pulizie e riassetto della camera, punti informativi, somministrazione di alimenti e bevande, professionalità del personale utilizzato, etc ), la cui natura varia a seconda dell’attività presa in considerazione( A. Gratteri 2006) .
Stessa affermazione non può farsi per le strutture ricettive extralberghiere, si pensi, a titolo di esempio, alle case e appartamenti per vacanze ( CAV) dove non è consentita l’offerta di prestazioni di tipo alberghiero, né la somministrazione di alimenti e bevande[8] . Nelle CAV l’unico servizio fornito è quello dell’alloggio in uno o più locali arredati e con servizio autonomo di cucina , senza offerta di servizi centralizzati.
 
Infine, nell’ attività recettiva alberghiera ,   in quella paralberghiera ( si pensi ai villaggi albergo , le residenze turistico alberghiere) e in alcuni   esercizi extralberghieri ( bed and breakfast e i villaggi turistici),   possono pacificamente ritrovarsi gli elementi del contratto di albergo ossia il godimento di un immobile e una serie di servizi di natura alberghiera , pertanto sarà ad essi applicabile la disciplina propria di tale contratto ( G. Ciurnelli 2006).
In altri esercizi extralberghieri , si pensi alle CAV, dovremmo applicare il contratto di locazione stagionale tecnicamente definito “contratto di locazione transitoria per finalità turistica”, menzionato dall’art. 1, comma 2, lett. C della Legge 431 del 1998 e regolato dagli articoli 1571 e seguenti del Codice Civile .
 
4.2 La natura giuridica dell’A.D nelle leggi di prima generazione
 
La scelta di collocare la figura dell’A.D  tra gli esercizi extralberghieri, operata da alcune Regioni, comporta in primo luogo che ad esse non possa applicarsi lo statuto proprio dell’impresa alberghiera come sopra delineato . E’ vero che tutte le Regioni hanno comunque inteso assicurare oltre al godimento dell’immobile anche la fornitura di altri servizi, ma se per alcune Regioni deve trattarsi di servizi di natura propriamente alberghiera, per altre Regioni può parlarsi di servizi di natura genericamente alberghiera. Tutto ciò  può creareconfusionee incertezza nel consumatore e negli operatori, in quanto i primi non sapranno se hanno a che fare e i secondi se concorreranno  con un albergo o con una diversa struttura ricettiva ( un bed and brekfast, oppure un residence, oppure, ancora, un appartamento per le vacanze ). In  secondo luogo , in base ad alcune leggi regionali,   potranno essere denominati alberghi diffusi sia le strutture gestite in modo imprenditoriale , ma anche “ le strutture gestite in forma privata e in maniera non imprenditoriale”   ( F. Morandi , 2008, pag. 24).
Per quanto attiene, infine, il regime privatistico se è vero, come è stato affermato, che la denominazione e relativa definizione che troviamo nella normativa regionale dell’A.D   non è decisiva sul diverso piano dei rapporti privatistici, in quanto questi ricadono nelle materie di competenza esclusiva dello Stato ( P .Scalettarsi, 2007),  è altrettanto vero che in presenza di una determinata denominazione, non equivoca, il consumatore si aspetterà l’erogazione di servizi prettamente alberghieri , restando pertanto deluso nell’ipotesi in cui questi non vengano concretamente erogati ( F. Morandi 2008). 
4.3 Le concrete sperimentazioni della figura
Questi problemi e incertezze si sono inevitabilmente riversati sulle  sperimentazioni del modello nelle diverse realtà regionali. Infatti nei diversi Convegni nazionali ( Campobasso 2004, Cagliari 2006 ), è stato rilevato , come molte strutture pur essendosi autodefinite “ Albergo diffuso ” non presentavano nella realtà neanche i requisiti minimi per essere così correttamente definite . In particolare interessante è il monitoraggio presentato nel Convegno sull’A.D, tenutosi a Cagliari, effettuato su un centinaio di strutture, il cui esito ha evidenziato come solo 52 di esse presentava i “ requisiti minimi” per poter essere qualificata A.D.
In quelle regioni, in cui le concrete realizzazioni hanno attribuito all’A.D la natura di albergo è stato applicato lo statuto  proprio della strutture ricettive alberghiere, ci si riferisce, evidentemente, al regime amministrativo e privatistico proprio di tale strutture. ( supra, pp .4- 5 ).
In altre realtà , invece ( il riferimento è ad alcune esperienze, realizzate in Friuli Venezia Giulia) , l’unica prestazione di fatto spesso fornita   è consistita nel godimento dell’alloggio , interamente arredato, per un periodo prefissato (solitamente una settimana), mentre la fornitura di altri servizi è prevista come solamente possibile ed eventuale e fornita solo su richiesta specifica da parte del cliente (Scalettarsi 2007).
Il “servizio di base” , costituito dalla messa a disposizione dell’alloggio, interamente arredato e fornito di ogni accessorio necessario per l’abitazione, è stato quindi distinto dai “servizi opzionali “ quali fornitura della biancheria, pulizia infrasettimanale, colazione, pasti , lavanderia, organizzazione di escursioni,   fornitura della legna per il caminetto, consegna del giornale quotidiano a domicilio, ecc.      ( Scalettarsi 2007).
La constatazione che, nei casi concreti, venisse assicurato il solo servizio di alloggio in appartamento  ha portato la dottrina a qualificare il rapporto privatistico, tra operatore e cliente, come rapporto locatizio e non d’albergo , con conseguente applicazione della disciplina della locazione turistica,. Si è ritenuto, insomma, di non poter applicare alla figura la disciplina del contratto d’albergo in quanto gli altri servizi, rispetto all’uso dell’alloggio, hanno assunto nella realtà carattere eccezionale rispetto a quelli forniti dagli alberghi della stessa categoria ( Scalettarsi 2007).
 
Contratto di albergo
Contratto di locazione
Differenze
Il contratto di albergo, e quello affine di “residence”, si differenziano dal contratto di locazione di immobile arredato che e` soggetto alla disciplina della legge 27 luglio 1978 n. 342 perché  in quest`ultimo l’oggetto della prestazione si esaurisce nel godimento del bene (ancorché  il concedente possa eventualmente fornire prestazioni accessorie rientranti comunque nel novero dei normali servizi condominiali), mentre nel contratto di albergo e di “residence” il godimento dell`immobile, avente di regola carattere temporaneo e transitorio, si accompagna e si integra con una serie di servizi (…), riconducibili sinallagmaticamente al contratto di somministrazione od al contratto di opera, che assumono una rilevanza paritetica rispetto alla prestazione dell`alloggio.
(Cass. civ., sez. 3, sentenza  04.02.1987, n. 1067)
  
  
5. La ridefinizione dell’A.D
Per contrastare “l’indisciplina semantica”[9]  del nuovo termine, non solo nel linguaggio ordinario, ma anche in quello normativo,  è stata fornita una autorevole proposta ( Dall’ARA 2008), che mostra indubbio interesse anche da un punto di vista teorico e didattico
Al fine, inoltre di  distinguere le concrete realizzazioni rispondenti al modello dalle ipotesi  spurie è stata costituita l’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi , sorta nel 2006, alla quale possono aderire solo  le strutture che presentano i caratteri conformi al modello stesso .
Per superare insomma le difficoltà incontrate sia nella elaborazione di una puntuale disciplina normativa, sia nella realizzazione concreta il modello è stato ridefinito. 
Si è quindi in primo luogo individuato un “ nucleo solido del concetto”[10] ( Anna Pintore 2003)  :  l’A.D è prima di tutto un albergo che in quanto tale  è gestito in forma imprenditoriale ; offre servizi alberghieri e, quindi, devono essere previsti degli spazi comuni gestiti in modo professionale anche se non standardizzato.
In secondo luogo,  e in coerenza con la pratica ridefinitoria,  si è definito il modello in modo precisante cancellando i contorni sfumati o aggiungendo ulteriori specificazioni che consentissero di meglio  mettere a punto la figura consentendo così di  distinguerlo dalle altre forme di ricettività . Nell’A.D, a differenza  dell’albergo tradizionale,  l’ospitalità è offerta non in una unica area, ma in stabili separati. Gli stabili devono essere situati nel centro storico o comunque in un centro abitato, localizzati ad una distanza tra essi e  gli spazi comuni che non dovrebbe andare oltre i 200 metri.
L’A.D è stato ulteriormente definito come albergo orizzontale volendo sottolineare:
· la sua aderenza al territorio in forza della quale  la realizzazione del modello diventa occasione per salvaguardare il patrimonio edilizio esistente e motivo per impedire la edificazione di nuove costruzioni da destinare alla attività alberghiera,   nel rispetto dei principi insiti nel concetto economico  di turismo sostenibile ;
· la sua integrazione in un determinato contesto sociale e culturale “in grado di offrire una esperienza autentica , ambienti veri , case vere in un territorio abitato da residenti , non da turisti” ( Dall’Ara 2008),  con l’ulteriore effetto di promuovere un turismo responsabile  che valorizzi il rapporto con le comunità locali.
Grazie a tale pratica è possibile ora fornire la seguente ridefinizione:
il A.D. designa una la struttura che ha natura alberghiera gestita unitariamente   in forma imprenditoriale ,  con destinazione d’uso alberghiera dei locali destinati all’alloggio , offre servizi alberghieri, è  costituita da almeno sette camere e da spazi comuni per gli ospiti, dislocati in stabili esistenti,  caratterizzati da uno stile riconoscibile, uniforme e rispettoso dell’identità del luogo e da arredi, attrezzature tra loro omogenei. distanza tra le camere e lo stabile nel quale è ubicato il servizio di ricevimento e gli altri servizi, non dovrà superare i 200 metri effettivi. Per l’esercizio dell’attività recettiva nell’A.D. sarà consentito “ derogare alle vigenti norme urbanistiche o igienico sanitarie e alle disposizioni relative alle barriere architettoniche ” (G. Dall’Ara 2007).
 
6.  Le leggi regionali di seconda generazione
 Il modello così delineato è stato  in parte recepito, di recente, dalla Regione Liguria e dalla Regione Calabria e cioè in quelle che abbiamo nominato leggi di seconda generazione.
Si noti in particolare l’evoluzione del fenomeno nella normativa della Regione Liguria:  mentre il primo provvedimento, inserito nelle leggi di prima generazione,  ha designato l’A.D  come struttura ricettiva extralberghiera ( Art. 13 L. R 21.03 2007, n. 13), con il regolamento attuativo del 25 ottobre 2007, n. 5 e,  poi, con una nuova legge del 7 Febbraio 2008 n. 2,  l’A.D è stato inquadrato tra le strutture alberghiere.
L’idea di fondo che ha originato la nascita di questa nuova forma di ricettività è stata sposata pienamente e si è così contribuito a ridefinirne  l’identità normativa.   Il modello normativo si è quindi avvicinato a quello teorico, come auspicato da più parti.
 
In questo tentativo di armonizzazione della disciplina regionale,  ai fini di una maggiore tutela degli utenti e degli operatori , può collocarsi anche il disegno di Legge di Riordino della disciplina delle attività ricettive ( delibera del 26 luglio 2007, n 28/16 )  in discussione presso il Consiglio della Regione Sardegna  che,  nel capo 2, art. 11, comma 4 fornisce un ulteriore contributo verso una ridefinizione della figura.  Alla Sardegna ,   pertanto, come è stato affermato, ( F.Morandi 2008) , spetta il “ primato nella disciplina regionale dell’albergo , ma anche il primato nella revisione della medesima regolamentazione” , revisione che cerca di tenere conto delle difficoltà nell’applicazione della normativa da parte degli albergatori.
Ultimo aspetto che occorre sottolineare è la mancata risoluzione dei problemi collegati al sistema di classificazione adottato, anche per gli A.D . Abbiamo visto come alcune leggi regionali si pongono il problema classificazione , senza peraltro risolverlo. Riguardo a tale aspetto non si può fare altro che evidenziare la inidoneità del sistema di classificazione a stelle , sottolineato , già da tempo da autorevole dottrina, con riguardo alle strutture ricettive alberghiere. Tale sistema, infatti, non consente di assicurare al cliente, a parità di classificazione, standards qualitativi omogenei su tutto il territorio e ciò  nonostante le Regioni si siano impegnate a garantire standards minimi di qualità uniformi ( F.I. Fabris , pag 240).
 Il “ distacco tra norme classificatorie e realtà classificata” ( F.I. Fabris , pag 240) ha comportato tra l’altro critiche da parte dell’UE e ha consigliato l’ utilizzo   del cosiddetto “ marchio di qualità” che costituisce secondo autorevole dottrina :” il miglio strumento a disposizione dell’impresa alberghiera, per proporsi lealmente sul mercato, e del consumatore , per valutare , comparativamente , il rapporto servizio offerto-servizio reso- prezzo” ( F.I. Fabris , pag 242).
 
CONCLUSIONE
 
In conclusione attraverso l’uso delle due operazioni di base di discorso[11] definitoria e ridefinitoria è stato possibile ricostruire il modello teorico dell’A.D e rispondere così ai quesiti che ci siamo posti inizialmente, ossia se in primo luogo vi era,  l’intenzione di costituire  un nuovo modello di ospitalità dotato di specifiche caratteristiche distintive rispetto alle altre figure o modelli di ricettività , se, in secondo luogo la normativa regionale abbia    o meno recepito il concetto o la nozione e quali siano le regole che si applicano al modello e se , in terzo luogo nella realtà , le concrete sperimentazioni   corrispondano o meno al modello teorico e normativo.
Può dirsi dunque  che le intenzioni  che hanno spinto i formulatori a  coniare un nuovo termine e relativa definizione , siano stati quelle di “salvaguardare il patrimonio storico ed edilizio”  e di proporre  una nuova forma di ospitalità   inserita in  “ un ambiente autentico” abitato dai suoi residente , “integrata nel territorio e nella sua cultura”,  ma in grado di assicurare  servizi qualitativamente e quantitativamente propri di una struttura ricettiva alberghiera. 
Le ragioni, ancora , che hanno richiesto una ridefinizione o, con altra espressione, una definizione esplicativa* del termine  A .D risiedono nell’opportunità di eliminare “l’area di incertezza” nell’uso del termine, presente nel linguaggio normativo e nell’ uso effettivo del termine , introducendo maggiore rigore nel discorso.
L’A.D è stato designato quindi come impresa ricettiva alberghiera ( supra, p, 7)  alla quale può applicarsi lo statuto  proprio di tale struttura , ( supra pp .4 – 5 ) .
 L’individuazione delle caratteristiche peculiari della figura dell’A . D hanno consentito da un lato di differenziarlo dall’albergo tout court ,  e ciò anche al fine di proporre alcune deroghe alle vigenti norme urbanistiche o igienico sanitarie.
Ma ancora più importante diventa la designazione dell’A.D come albergo orizzontale che implica, come abbiamo detto l’aderenza e l’integrazione della struttura in un ambiente, inteso in senso ampio , come ambiente naturalistico e urbanizzato che comprende tutte le risorse naturali e culturali.
 
Il modello teorico designato è stato poi confrontato con i modelli normativi regionali  e con alcune sue concrete realizzazioni. Allo Stato attuale possiamo dire che tutte le Regioni ad eccezione della provincia di Trento attribuiscono all’A.D la natura di struttura ricettiva alberghiera . Ma si è accertato, che alcuni modelli normativi regionali ( leggi di prima generazione) , presentavano una serie di aspetti problematici, che si sono manifestati anche in alcune esperienze ( supra, p,  di qui la proposta di soluzioni normative che accogliessero i tratti essenziali del modello teorico, soluzione accolta dalle leggi che abbiamo denominato di seconda generazione.
Dalla analisi della disciplina regionale dell’A.D  attualmente in vigore emerge   la “ non omogeneità delle soluzioni normative proposte” ,  ma può leggersi una tendenza , con riguardo soprattutto alle leggi regionali di seconda generazione, ad accogliere i tratti essenziali del modello teorico. Si impone, come è stato affermato, “ una elaborazione di un regime uniforme e originale, modulato e flessibile” ( F. Morandi 2008) , ossia , una armonizzazione  delle disposizioni regionali vigenti al fine di garantire maggiore tutela    al cliente e agli operatori del settore. Al primo verrebbe infatti assicurata la presenza di standards minimi di qualità uniformi su tutto il territorio nazionale, ai secondi il rispetto delle regole in materia di concorrenza.
di Paola Lobina *
 
 
Bibliografia
 
Sul concetto di definizione e di ridefinizione nel linguaggio giuridico :
 
Le nozioni di definizione e ridefinizione accolte nell’articolo sono di Anna Pintore, Manuale di Teoria generale del diritto, cit. pp.3- 11.
 
– Andrea Belvedere , Mario Jori, Lelio Lantella, Definizioni giuridiche e ideologie, Giuffrè    editore 1979, Milano
– M Jori, A Pintore, Manuale di Teoria generale del diritto, G.Giappichelli Editore, 1988 ,Torino.
– Lelio Lantella, Emanuele Stolfi, Mario Deganello, Operazioni elementari di discorso e sapere giuridico, G.Giappichelli  Editore- 2004,Torino.
– V.Villa , Conoscenza giuridica e concetto di diritto positivo, Lezioni di Filosofia del diritto, G.Giappichelli Editore- Torino,1993.
 
Sugli alberghi diffusi :
Nell’approfondimento punto di riferimento costante sono stati gli studi del Prof. Dall’Ara, docente di marketing all’Università di Perugia al quale si deve sia la prima elaborazione del modello, sia la sua ridefinizione. Giancarlo Dall’Ara è Presidente dell’ ADI , Associazione nazionale degli alberghi diffusi, indirizzo internet : www.alberghidiffusi.it ;   Curatore del sito ufficiale degli alberghi diffusi , indirizzo internet :  www.albergodiffuso.comCoordinatore scientifico della scuola   internazionale di specializzazione in Albergo diffuso, con sede a Forgaria nel Friuli(UD), indirizzo internet : http:// www.sisad.it/   
 
–   G .Dall’Ara, Piano di sviluppo turistico della comunità montana “Margine Planargia, Macomer 1995, Progetto di sviluppo turistico di San Leo, 1989
–   G .Dall’Ara- P Marongiu, Report sul fenomeno dell’A.D in Italia in Aa.Vv Firenze 2003, 351
–   G .Dall’Ara, M. Esposto, Il fenomeno degli alberghi diffusi in Italia, in il fenomeno degli alberghi diffusi in Italia, Report 2004 , Palladino editore,Campobasso 2005
–   G .Dall’Ara “L’A.D come strumento innovativo per la valorizzazione del potenziale turistico- Realizzare un albergo diffuso: dai principi teorici alle esperienze concrete, in Bic notes, Quaderno trimestrale su creazione di impresa e sviluppo locale, dicembre 2007 – numero 4, pagg 11- 48
–   Katia Sacchet, A.De classificazione. Quali opportunità?, Paper febbraio 2007.
                       
Sulle diverse tipologie di A.D oltre ai testi di G. Dall’Ara citati si veda anche :
 
–  MILAZZO, I. (2007). La Tipologia dell´Albergo Diffuso. Firenze: PsicoLAB. Visionato il 23/07/2008 su http://www.psicolab.net.
 
Sugli aspetti giuridici rilevanti
oltre alla bibliografia contenuta nei testi sopra citati si veda :
 
–  F. Morandi , La disciplina regionale dell’Albergo diffuso, in Diritto del Turismo, trimestrale di analisi e documentazione, anno 2008, n. 1 , Ipsoa editore, Milano.
–  Andrea Gratteri, commento alla Sentenza della Corte costituzionale , Ordinanza del 1 luglio 2005, n 262, in Attività alberghiera ed obblighi di comunicazione:libera iniziativa economica, esigenze di pubblica sicurezza e discrezionalità del legislatore, in Diritto del Turismo, trimestrale di analisi e documentazione,  anno 2006, n. 1 , Ipsoa editore, Milano
– Paolo Scalettarsi , Albergo diffuso, in Archivio delle locazioni e del condominio, rivista bimestrale dottrina, bibliografia, giurisprudenza legislazione e documentazione, pratica, anno 2007, n. 2, La Tribuna, Piacenza pagg. 131 e segg.
– V. Franceschelli, F. Morandi, Manuale di diritto del turismo, G.Giappichelli Editore- 2003, Torino
– F . Indovino Fabris, Legislazione turistica , norme , letteratura, giurisprudenza, Cedam, 2004, Padova
– E. Maggiora, Turismo ed Enti locali , Giuffrè Editore, Milano 2005
– M. Deiana, V. Corona, Manuale di Legislazione turistica della Sardegna, Edizioni AV, Cagliari 2006.
– M.S Giannini , Diritto amministrativo , Giuffrè , Milano1988.


*Ringrazio il Prof. Giancarlo Dall’Ara per le importanti informazioni , per i suoi suggerimenti, per le sue reazioni e per il suo sostegno.
[1] La premiazione è avvenuta a Budapest, il 27 giugno 2008, in occasione del Convegno “Helping new talents to grow” da parte dello United Nations Development Programme – UNDP. Fonte : sito ufficiale alberghi diffusi, visionato il 23.07.2008 su : www.alberghidiffusi.com
[2] Sul punto si veda Giancarlo Dell’Ara , progetto turistico per la Val D’Enza : metodologia. In AAVV, Ricerca per la verifica di un modello integrato di interventi operativi nell’area dell’alto bacino del fiume Enza, Regione Emilia Romagna, Bologna 1984 dove si esplicita l’idea di fondo che ha dato origine all’A.D. e P. Lobina , in corso di pubblicazione  “La disciplina regionale dell’albergo diffuso”,  nel numero 2 di Rivista delle Materie Aziendali, Economiche e Giuridiche, RCS editore- Divisione Education – Tramontana, Anno XLIII, Dicembre 2008.
 
[3] L ’art. 6 ultimo comma delle legge n. 217 / 83 attribuiva, infatti alle Regioni il potere di disciplinare nuovi modelli di ricettività o di designare con nuove denominazioni strutture preesistenti. La legge quadro sopra citata è stata abrogata a norma dell’art. 11 della L. 29 marzo 2001, n. 135 a seguito della entrata in vigore del D.P.C.M 13 settembre 2002.
[4] Le Regioni hanno legiferato in attuazione del D.P.C.M 13 settembre 2002, emanato in attuazione della legge quadro n. 135/2001, che ha attribuito, in applicazione del principio di sussidiarietà, una maggiore autonomia alle Regioni in campo turistico. Lo Stato, in costanza della nuova legge quadro,   avrebbe dovuto individuare e determinare i principi di carattere generale per la valorizzazione del sistema turistico attribuendo ad un regolamento di attuazione le norme che dovevano in concreto disciplinare il settore.
Ma, come è noto, il regolamento ha dovuto tener conto della intervenuta modifica del titolo V della Costituzione, ad opera della legge costituzionale n. 135 del 2001,    che ha attribuito alle Regioni la competenza legislativa in materia turistica. Il D.P.C.M 13 settembre 2002, in tema di strutture ricettive, attribuisce, infatti, alle Regioni il compito di definire in piena libertà le tipologie delle diverse attività ricettive e le relative definizioni con l’unico limite a esse assegnate di determinare in maniera uniforme gli standard minimi comuni. L’art. 1, comma 4, n. 1 del decreto citato dispone infatti che le Regioni, relativamente alle attività ricettive, da un lato individuano le tipologie di valenza generale che però possono assumere “denominazioni aggiuntive”, dall’altro individuano e regolamentano “attività ricettive speciali finalizzate alla fruizione di segmenti particolari della domanda e/o alla valorizzazione di specifiche caratteristiche o risorse economiche e naturali dell’area nell’ambito delle stesse tipologie.  
[5] Sul punto , F . Indovino Fabris, Legislazione turistica , norme , letteratura, giurisprudenza, Cedam, 2004, Padova, p.229 
[6]L’autorizzazione costituisce il diritto di impresa e ne determina il contenuto, produce quindi, un effetto costitutivo e conformativo   del diritto di impresa   nel senso che “ prima del rilascio dell’autorizzazione non c’è il diritto di impresa se non a seguito di un provvedimento autorizzatorio”. Il provvedimento è emanatosia in “funzione di programmazione”in quanto ogni Comune dovrà redigere un piano di distribuzione commerciale ,  sia in “funzione di controllo” in quanto l’autorità ha funzioni ispettive (ad esempio accesso ai locali) e repressive ( comminazione di sanzioni).M.S Giannini , Diritto amministrativo , Giuffrè , Milano1988, pagg. 1044,1063 
[7] In forza della Sentenza della Corte di Cassazione 24 luglio 2000, n. 9662, possiamo quindi affermare che l’attività alberghiera consista in una “pluralità di prestazioni di dare e di fare che si incentrano nella concessione dell’uso dell’alloggio cui si accompagnano altri servizi strumentali e accessori rispetto al primo (…).” Natura analoga a quella alberghiera ha , secondo la sentenza della Cassazione  3 dicembre 2002, n. 17167, l’attività di affittacamere , presentando caratteristiche imprenditoriali simili e dalla quale si distingue solamente per le più limitate dimensioni, mentre ad esempio nel residence il godimento dell’immobile si accompagna la fornitura di servizi di natura genericamente alberghiera , Cass. 14 maggio 1999 n. 4763.
[8] si veda ad esempio l’art. 34 L. P Trento n. 7 del 2002, come sostituito dalla L. P n. 20 del 2007 , in cui si dispone che in tali strutture ( Cav ) l’unico servizio consentito sia quello dell’alloggio 
[9] L’ espressione “indisciplina semantica” ,” è di Anna Pintore e sono tratte dal saggio “ I Diritti della democrazia” , Editori Laterza , Roma-Bari, 2003, pag 9 , in cui si trova una interessante applicazione dell’operazione ridefinitoria.  
[10]L’ espressione “ nucleo solido del concetto” è di Anna Pintore, supra nota 9
[11]Lelio Lantella, Emanuele Stolfi, Mario Deganello, Operazioni elementari di discorso e sapere giuridico, G.Giappichelli Editore, 2004, Torino

Lobina Paola

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