Il foro del consumatore tra significativo squilibrio e trattativa individuale

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Aspetti generali della tutela del consumatore

Come ampiamente noto, la Direttiva CEE 93/13[1] ha introdotto una normativa di ampio respiro a tutela dei consumatori nei loro rapporti contrattuali coi professionisti. La disciplina comunitaria, una volta recepita, ha infatti fondato gli articoli dal 1469 bis al 1469 sexies del codice civile, nei quali, oltre a trovare le nozioni di consumatore (la persona fisica che, nell?ambito della contrattazione col professionista, agisce per scopi estranei all?attivit? imprenditoriale o professionale da lui eventualmente svolta) e di professionista (ogni soggetto fisico o giuridico, comprensivo anche degli enti non personificati, con o senza scopo di lucro, che, esperto del settore in cui opera, stipula col consumatore un contratto unilateralmente predisposto a proprio vantaggio, essendone la parte informata), si rinviene anche l?assetto di tutela normativa proposto.

La disciplina s?incentra sul concetto di vessatoriet? della clausola e su una innovativa modalit? di accertamento della medesima: si stabilisce, infatti, che l?accertamento medesimo debba avvenire a mezzo di un controllo giudiziale ex post e di tipo sostanziale del regolamento contrattuale. Posto che i rapporti tra consumatore e professionista si svolgono infatti sulla base di contratti unilateralmente predisposti dal secondo, il primo, qualora nella disciplina patrizia rinvenga clausole che? possono menomare la sua libert? negoziale, ha facolt? di adire il giudice per sentir dichiarare la nullit?[2] delle medesime. Il controllo del giudice si fonda su una norma generale, chiamata a dettare gli indici definitori della vessatoriet? (l?articolo 1469 bis I comma, per il quale sono vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto) e su un duplice elenco di clausole, delle quali viene presunta la vessatoriet? fino a prova contraria (e siamo nell?ambito della ?lista grigia? dell? articolo 1469 bis III comma, che prevede come prova contraria a carico del consumatore, capace di vincere la presunzione citata, la dimostrazione del fatto che la clausola di cui si contende sia frutto di trattativa individuale specifica) , oppure delle quali viene stabilita l?assoluta nullit? (ed ? la ?lista nera? dell?articolo 1469 quinquies II comma, per il quale nemmeno la trattativa individuale pu? intervenire come causa di salvamento della clausola denunciata). Sono proprio questi elenchi di clausole, alla fine, ad influenzare il giudizio di vessatoriet?, molto pi? di quanto riesca a fare l?indice generale di cui al I comma dell?articolo 1469 bis, che pure ? lodevole nel suo intento di attribuire al magistrato, in un ambito cos? importante nelle contrattazioni, un rilevante potere discrezionale nell?accertamento del significativo squilibrio[3].

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La tutela processuale del consumatore

La novella del 1996, in recepimento della direttiva citata, ha inserito, all?interno di quella che viene definita ?lista grigia?, anche la cosiddetta tutela processuale del consumatore. Essa consta essenzialmente di due disposizioni: quella dell?articolo 1469 bis III comma n. 18, il quale, tra le altre cose, stabilisce che ? vessatorio inserire nel contratto clausole che deroghino alla competenza dell?autorit? giudiziaria ordinaria e, segnatamente, quella del successivo n. 19, il quale sanziona la vessatoriet? delle clausole che stabiliscono la competenza a dirimere le liti nascenti dai contratti di consumo in capo ad un giudice che non ? quello di residenza o domicilio elettivo del consumatore.

L?analisi deve essere concentrata proprio su questa seconda disposizione, stante la sua enorme importanza: la clausola considerata dal numero 19, infatti, si presta ad essere intesa come una fra le pi? vessatorie possibili, stante gli effetti che pu? avere sul diritto di difesa o di azione in giudizio del consumatore. Non ? infatti raro, ad esempio, acquistare prodotti che, nelle condizioni contrattuali di accettazione della garanzia, rimandino ad un giudice lontanissimo per la composizione delle liti che possono nascere il dipendenza di questo acquisto, di fatto costringendo il consumatore vuole tutelarsi giudizialmente a spese e difficolt? oggettive e logistiche che, considerata anche la scarsa entit? economica della lite, potrebbero portarlo a desistere dal suo proposito di chiedere l?intervento del magistrato.

Per come ? formulata[4], la norma si presta ad una duplice interpretazione, una cosiddetta ?sostanzialista? e l?altra ?processualista?. La redazione infelice della norma ? stata infatti foriera di notevoli problemi anche applicativi: diversamente da quanto ritenuto in tema di contratti stipulati fuori dai locali commerciali ( cfr. D. Lgs. N. 50 del 15 gennaio 1992), il Legislatore nazionale non ha ritenuto opportuno, o ?non ha con diligenza valutato la necessit? di introdurre, in via generale ed in termini definitivi, un foro esclusivo per le liti relative alle clausole vessatorie?[5], e ne ? risultata una norma ambigua, difficile da inquadrare in relazione alle norme del codice di rito sulla competenza.

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La tesi ?sostanzialista?

Come accennato, duplice ? il possibile modo di interpretare la disposizione in esame. La prima di queste plausibili linee ermeneutiche la ricostruisce come norma di diritto sostanziale, che si limita quindi a prevedere un?ipotesi specifica di vessatoriet? della clausola considerata, alla quale dovrebbe poi semplicemente conseguire la nullit?. In questo senso intesa, la norma non pone alcuna regola sulla competenza, di modo che, una volta espunta dal sistema la clausola giudicata vessatoria, tornano ad essere applicabili i comuni criteri di determinazione del foro competente di cui al Codice di procedura civile, posti negli articoli 18 e seguenti di esso. Questa interpretazione viene sorretta sulla base di varie considerazioni. Innanzitutto si nota come ?se il Legislatore avesse voluto istituire un foro esclusivo a favore del consumatore, allora avrebbe dovuto incidere profondamente sui criteri di determinazione della competenza territoriale di cui al codice di rito, esattamente come ha fatto nell?articolo 12 D. Lgs. 50 del 1992?[6]. La norma avrebbe quindi l?unico fine di far applicare i comuni criteri di determinazione della competenza, una volta eliminata dal regolamento contrattuale la clausola con essa contrastante e quindi vessatoria[7]. Altro argomento sostenuto dalla dottrina sostanzialista ? quello secondo il quale la scelta di un foro diverso da quello di residenza o domicilio elettivo del consumatore, ma coincidente con uno dei fori previsti dal codice di rito, sarebbe comunque legittima in forza dell?articolo 1469 ter c.c., per il quale non sono vessatorie le clausole riproduttive di disposizioni di legge[8]. Le ragioni dell?interpretazione sostanzialista sono fatte proprie anche dalla giurisprudenza di legittimit? in alcune importanti pronunce[9].

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La tesi ?processualista?

L?altra possibile prospettiva interpretativa del numero 19 dell?articolo 1469 bis III c.c. rimanda invece a quella che abbiamo definito ?dottrina processualista?. Da questa corrente di pensiero, infatti, la norma in commento ? vista come norma di diritto processuale, che ? intervenuta nel sistema per introdurre un nuovo foro esclusivo (derogabile in forza di trattativa) a tutto vantaggio del consumatore, impedendo che costui venga costretto ad un giudizio ?lontano da casa?. Secondo questa interpretazione, l?unico foro possibile per la decisione delle liti nascenti dai contratti di consumo ? quello fornito dai luoghi indicati nella disposizione in commento, con assoluta esclusione di quelli che concretano i fori generali di competenza all?interno delle norme del codice di procedura[10].

In particolare, si vuole qui porre l?accento su un?autorevole dottrina[11], la quale perviene alla conclusione che il citato numero 19 vada a porre un foro esclusivo sulla base di una sua interpretazione in combinato con la disposizione dell?articolo 1469 quinquies III comma, a tenore della quale la nullit? della clausola abusiva opera soltanto a vantaggio del consumatore e pu? essere rilevata d?ufficio dal giudice. Questa interpretazione, secondo il citato Autore, porta a ritenere che il giudice di residenza o domicilio elettivo del consumatore costituisca il ?normale? foro competente per i contratti di consumo, in quanto le due norme interpretate assieme inducono a pensare che? si possa ravvisare, nel loro combinato, una vera e propria disciplina della competenza, derogabile solo a seguito di trattativa individuale e specifica col consumatore. Perci?, la disciplina risultante deve essere intesa come abrogatrice, per quanto concerne i contratti consumeristici, sia del foro generale del convenuto, sia dei fori alternativi di cui all?articolo 20 cpc. Inoltre, la circostanza che soltanto una trattativa individuale potrebbe portare a derogare a questo foro ?normale?, ci conduce a dire che detto foro non pu? non essere anche ?esclusivo? e prorogabile in difetto di tempestiva eccezione.

Vero ? che questa soluzione ermeneutica porta con se una valutazione di opinabilit? circa la scelta del legislatore di regolare la competenza in un settore cos? delicato con una norma strutturata formalmente in modo da limitare il potere di deroga delle parti: ciononostante, solo cos? si pu? spiegare l?agire autonomo del legislatore nazionale rispetto a quello comunitario che, come ricordato, nella direttiva 93/13 non aveva inserito una norma analoga a quella del nostro numero 19.

La concezione processualista ? stata fatta propria anche dalla Cassazione nella sentenza della III sezione civile n. 11282 del 28 agosto 2001[12]. Con una sentenza raffinatissima in punto di diritto, la Corte innanzitutto ritiene che non ci sono ostacoli a definire la norma in analisi come dotata di natura processuale: ? infatti da ricordare, dice il Supremo Collegio, come molte norme che regolano la competenza territoriale sono ispirate alla necessit? di tutelare una data posizione processuale, e comunque questa finalit? non assume rilevanza ai fini della determinazione della natura della norma, che ? infatti desumibile solo dal suo contenuto. Inoltre, non rileva neppure che la norma del numero 19 non abbia una diretta corrispondenza all?interno della direttiva comunitaria da cui si origina la tutela nazionale del consumatore: infatti, quella adottata in sede comunitaria ? una difesa minima, ed i legislatori nazionali sono liberi di usare il loro potere sovrano per aumentarla e dotarla di senso maggiormente compiuto. Non vi sono quindi ostacoli di sorta, ritengono i giudici di legittimit?, a considerare la norma in esame come dotata di natura processuale e come predisponente, per quanto riguarda lo specifico ambito dei contratti di consumo, un foro esclusivo derogabile solo a seguito di trattativa individuale, capace di impedire, nella materia considerata, l?operativit? di ogni altro e diverso foro[13].

Il contrasto arriva alle Sezioni Unite

L?evidente frizione fra i due possibili orientamenti ermeneutici circa il senso e la portata del n.19 dell?articolo 1469 bis III comma, ognuno dei quali, come abbiamo visto, sostenuto in tempi diversi da differenti sezioni semplici della Corte di Cassazione, arriva cos? al cospetto dell?organo chiamato a garantire l?uniforme interpretazione del diritto oggettivo nazionale, e cio? le Sezioni Unite della Cassazione stessa[14]. La pronuncia delle stesse non tarda ad arrivare e cos?, con l?ordinanza 14669 del 1. 10. 2003[15] l?organo deputato alla nomofilachia risolve il contrasto ritenendo che: ?la norma dell?articolo 1469 bis III comma n. 19 presenta il contenuto logico di una disposizione che da un lato prefigura un criterio di collegamento in materia di competenza territoriale e, dall?altro, ne esclude in via di principio la deroga. Tale esclusione non ? per? assoluta, in quanto la stessa legge detta le condizioni cui pu? essere ammessa (il professionista, cio?, deve provare che nel caso concreto la deroga alla competenza non causi, per il consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi nascenti dal contratto)?.

La Corte (come tra l?altro dichiara espressamente nella voluminosa motivazione che accompagna la decisione citata) segue dunque le orme della II sezione, che nella sentenza 11282/2001 aveva fatto propria l?interpretazione ?processualista?.

All?attento lettore, per?, non sar? sfuggita una solo apparentemente piccola differenza: mentre nel dictum della sezione semplice si parla di foro esclusivo derogabile solo a seguito di trattativa individuale, le Sezioni Unite subordinano la prova contraria della vessatoriet? alla circostanza per cui il professionista deve provare che, per il consumatore, non sia foriero di significativo squilibrio l?incardinare la causa nata dal contratto in un foro che non coincide col luogo di sua residenza o domicilio elettivo.

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Conclusioni

Anche le Sezioni Unite, dunque, confermano che il consumatore ha un foro esclusivo, facendo terminare, per riprendere una celebre metafora[16], il viaggio alla nave dell?interpretazione della norma. Tuttavia, non possiamo definirci del tutto soddisfatti, e ci permettiamo di preferire la soluzione data dalla sentenza 11282/2001. Sottoporre la deroga della competenza per i contratti di consumo alla prova di una specifica trattativa individuale ? infatti, per il professionista, un compito veramente arduo, al limite della probatio diabolica. Di per s?, infatti, egli non ha alcun modo di provare il ricorrere di questa trattativa, stante tra l?altro la consolidata giurisprudenza formatasi in merito alla disciplina degli articoli 1341 e 1342 c.c., per la quale il semplice dare atto che c?? stata trattativa in ordine ad una condizione di contratto unilateralmente predisposta, magari con una dichiarazione sottoscritta dallo stipulante, non prova alcunch?. Quindi, in questo senso intendendo la tutela posta dal n. 19 ormai pi? volte ricordato, per il professionista non vi sarebbe davvero pi? la bench? minima possibilit? di costringere il consumatore a scegliere tra il tutelare il suo diritto al costo di spostarsi in una citt? lontanissima da quella in cui abitualmente risiede e il non agire, soccombendo, di fatto, alla superiore forza contrattuale e politica della sua controparte.

Viceversa, il richiamo al significativo squilibrio come indice che permette, se mancante, di ritenere non vessatoria la clausola di cui ci stiamo occupando, significherebbe aprire una breccia nella capacit? del numero 19 di tutelare effettivamente il consumatore. Consolidata dottrina, infatti, ritiene che il significativo squilibrio vada inteso in senso giuridico, riferito cio? soltanto ai diritti e agli obblighi che sul contratto si fondano[17] : questi autori non ritengono, come chi scrive crede e sostiene, che lo squilibrio giuridico nei diritti e negli obblighi possa ricavarsi anche da uno squilibrio economico, quale potrebbe derivare da una situazione in cui il consumatore, contraente debole, per tutelare il proprio diritto leso dal servizio acquistato da professionista, si trovasse a doversi spostare lungo la penisola, ad affidarsi a professionisti di una citt? lontana, coi quali potrebbe comunicare solo per via indiretta o telematica. In questi casi il significativo squilibrio nascerebbe dalla problematica eminentemente economica e pecuniaria che il consumatore si troverebbe ad affrontare e diventerebbe poi un problema giuridico, perch? nella grande maggioranza dei casi, valutati i fastidi personali ed i pregiudizi economici di un giudizio lontano da casa, si finirebbe per non adire il giudice, subendo supinamente gli effetti deleteri del contratto sottoscritto.

Dato che, come dicevamo, c?? una certa preclusione a ritenere plausibile un significativo squilibrio nei diritti e negli obblighi nascenti dal contratto come derivante da considerazioni di ordine economico, sarebbe molto rischioso tenere ferma la soluzione delle Sezioni Unite. Lo stesso modo di ragionare, ad esempio, ? servito ai giudici per escludere la vessatoriet? della clausola del regolamento del concorso pronostici ?totogoal? che radica la competenza, per le liti inerenti le giocate, presso il giudice ordinario di Roma[18]: nel caso di specie non fu ritenuto esistere un significativo squilibrio a danno del consumatore, che cos?, pur essendo residente in Puglia, dovette instaurare il suo giudizio a Roma.

Dato che neppure il Codice del Consumo[19] ha preso atto del problema, questo rimane irrisolto: ci si augura quindi che, vista la centralit? dell?interpretazione nel sistema democratico e per l?equilibrio delle situazioni soggettive in conflitto, quella che prevalga nella prassi sia la soluzione delle sezioni semplici posta nella sentenza 11282/2001. Solo quella, infatti, sembra essere l?analisi ermeneutica maggiormente capace di tutelare effettivamente la parte debole nei suoi rapporti col professionista: non sfugga dunque, in tempi di crisi del sistema giudiziario e quindi di crescente pericolo per l?integrit? dei diritti soggettivi, il senso di una tutela appunto effettiva. Un impianto normativo di settore, quale ? quello sui contratti dei consumatori, pu? funzionare solo se la tutela che offre viene garantita a tutto tondo, senza tentennamenti o soluzioni di mezzo, volte a non scontentare nessuno. Il funzionamento delle norme che tutelano una categoria di cittadini sul presupposto che essi siano da considerare in qualche misura ?deboli? funziona solo se la loro interpretazione ? orientata in modo da tenere ferma la ratio legis. Altrimenti, ? un vuoto esercizio dialettico, formale e meccanico, privo di reale portata pratica.

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Riferimenti bibliografici

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Oltre ai contributi indicati in nota al testo, si segnalano anche:

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ALPA Guido, I contratti del consumatore, in Istituzioni di diritto privato, a cura di M. Bessone, Giappichelli, Torino 1999;

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CECERE Carmen, Articolo 1469 bis c.c., in AA.VV , La nuova disciplina delle clausole vessatorie, a cura di A. Barenghi, Jovene, Napoli 1996;

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CIAN Giorgio, Il nuovo capo XIV bis sulla disciplina dei contratti coi consumatori, in Studium iuris 1996, 425;

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COLASANTI Dario, Consumatori e fori inderogabili, in Diritto & Giustizia 2003, 41,38;

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CONSOLO Claudio e DE CRISTOFARO Marco, Clausole abusive e processo, in Corriere Giuridico 1997, 468;

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?Contrasti?, in Gius 2003, 906;

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?Contrasti?, in Gius 2004, 147;

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D?ASCOLA Pasquale, Il foro esclusivo del consumatore, in Giurisprudenza Italiana 2004, 729;

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DE CRISTOFARO Marco, La tutela processuale del consumatore tra volont? di espansione ed opzioni conservative: contrasti in cerca di assestamento nella giurisprudenza della Suprema Corte, in Responsabilit? civile e previdenza 2002, 114;

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DE NOVA Giorgio, Le clausole vessatorie, Ipsoa, Milano 1996;

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GABRIELLI Enrico, Sulla nozione di consumatore, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 2003, 1149;

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LOFFARI Paolo, Le nozioni di consumatore e professionista, in Il diritto privato nella giurisprudenza, Volume IV Tomo I, a cura di P.Cendon, Utet 2001;

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PANETTA Maria Luisa, Le clausole sulla competenza, in Il diritto privato nella giurisprudenza, I contratti in generale, Volume IV, Tomo II, a cura di P. Cendon, Utet 2001;

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PERCACCIANTE Stefano, Finalmente riconosciuto il foro generale del consumatore, in Archivio Civile 2004, 186;

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ROPPO Vincenzo, Il contratto, Giuffr?, Milano 2001;

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TALLARO Francesco, Questioni attuali sul foro del consumatore nei contratti, in Diritto e formazione 6/2004, 818;

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TOMMASEO Ferruccio, Articolo 1469 bis terzo comma numero 19, in Commentario al codice civile, a cura di G. Alpa e S. Patti, Giuffr?, Milano 2003;



[1] Recepita dalla Legge n. 52 del 6 febbraio 1996, che in ossequio ha predisposto il capo XIV bis del libro quinto del Codice Civile.

[2] Ora, dopo l?entrata in vigore del cosiddetto ?Codice del consumo?, ? obbligatorio parlare di ?nullit?? delle clausole vessatorie; in precedenza, era prevista la sanzione dell? ?inefficacia?, locuzione ambigua che aveva aperto importanti discussioni dottrinali circa la sua portata ed ampiezza concettuali.

[3] In questo senso LENER, ?La nuova disciplina delle clausole vessatorie nei contratti dei consumatori?, in Foro It. 1996, V, 158.

[4] Ed, in verit?, anche per non trovare un suo esatto corrispondente all?interno della direttiva da cui si origina.

[5] CAPPUCCIO, ?Quale giudice per il consumatore??, in Nuovo Dir. 2001, 643.

[6] CIAN, Il nuovo capo XIV bis sulla disciplina dei contratti del consumatore, in Studium Iuris 1996, 425.

[7] CHINE?, voce ?consumatore? in Enc. Dir. 2000, 4111; LO FIEGO, Art. 1469 bis III in Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, a cura di Vettori, Padova 1999, 86; DE NOVA, La novella sulle clausole vessatorie e la revisione dei contratti in Riv. Dir. Priv. 1996, 242.

[8] LUCCHINI-GUASTALLA, sub art. 1469 bis III nn. 18 e 19, in Commentario al capo XIV bis cc:dei contratti del consumatore, a cura di Bianca e Busnelli, Padova 1999,471.

[9] In via preliminare, nella Cass. 13339/99, in Corr. Giur. 2000,1219; per la prima volta esattamente in termini nella Cass. 15101/00, in? Contratti 2001, 785; Cass. 10088/01, in Corr. Giur. 2001, 11, 1436.

[10] LAPERTOSA, Profili processuali della disciplina delle clausole vessatorie nei contratti col consumatore, in Riv. Dir. Proc. 1998, 3, 715; DALMOTTO,? Un nuovo foro esclusivo per il consumatore?, in Giur. It. 1997, 4, 161.

[11] VACCARELLA, Il problema del foro competente nei contratti tra professionista e consumatore, in Doc. Giust. 1996, 8-9, 1707 ss.

[12] La si pu? leggere in Corr. Giur. 2002, 2, 215.

[13] La sentenza della Cassazione, cos? sommariamente descritta, ? conforme anche alla giurisprudenza comunitaria sul punto (che il Supremo Collegio difatti richiama in motivazione). Ci si riferisce alla sentenza 27.6.2000 della Corte di Giustizia, nelle cause riunite C-240/98 e C-244/98: ? la cosiddetta ?sentenza Oc?ano?, consultabile sul sito www.curia.eu ed edita in Contratti 2000, 10, 943.

[14] La Corte prende atto del contrasto con l?ordinanza interlocutoria 13345/02, edita in Gius 2003, 9, 907.

[15] Edita in Foro It. 2003, 12, 3298.

[16] RADBRUCH, in ENGISCH, Introduzione al pensiero giuridico, Giuffr?, Milano 1970.

[17] Nel senso che l?unico squilibrio considerato dall?articolo 1469 bis I comma c.c sia quello giuridico si vedano fra i tanti: ROPPO e NAPOLITANO, voce Clausole vessatorie nei contratti del consumatore, in Enc. Giur. Treccani, III, Roma, aggiornamento 1994, 3; LENER, La nuova disciplina dei contratti dei consumatori, in Foro It. 1996, V, 158;TROIANO, Art. 1469 bis I comma c.c., in Clausole vessatorie nei contratti dei consumatori, a cura di Alpa-Patti, Commentario al codice civile diretto da F.D Busnelli.

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[18] Cass. 7436/2001, in Foro It. 2002, I, 146

[19] Si veda il D. Lgs. N? 206 del 6 settembre 2005, emanato in ossequio all? articolo 7 della? legge di delegazione n? 229 del 29 luglio 2003: si tratta di uno degli atti normativi che il Governo ? stato delegato ad emanare al fine di semplificare e armonizzare il sistema di tutela dei consumatori.

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Galati Alessandro

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