I locali tecnici: prassi consolidata o fardello permanente?

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I locali tecnici o volumi tecnologici, formalmente VOLUMI TECNICI, sono quei vani presenti in uno stabile al fine di contenere gli impianti che non possono essere inclusi all’interno dell’edificio o dell’immobile. La legge, sebbene il testo Unico sull’Edilizia DPR 380/2001 abbia subito diverse modifiche, non fornisce una descrizione precisa, ma detti volumi devono essere adibiti e concepiti al ricovero impianti, e con il fine di essere ispezionabili da qualsiasi persona addetta alla manutenzione o al solo controllo. Già nel 1973 il Ministero dei Lavori Pubblici, con circolare n 2474, esprimeva la definizione: “Devono intendersi per volumi tecnici, ai fini della esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, i volumi strettamente necessari a contenere ed a con sentire l’accesso di quelle parti degli impianti tecnici (idrico, termico, elevatorio, televisivo, di parafulmine, di ventilazione, ecc) che non possono per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare luogo entro il corpo dell’edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche”. Recentemente anche il Consiglio di Stato, nel 2010, 2011 e 2013 e aderendo ad un consolidato indirizzo della giurisprudenza, si è espresso in tal senso: “I volumi tecnici sono quei manufatti essenzialmente destinati ad ospitare impianti aventi un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzazione dell’immobile (ossia, ad esempio, gli impianti idrici, gli impianti termici, gli ascensori e i macchinari in genere), nel mentre non possono rientrare in tale nozione i volumi che assolvano ad una funzione diversa, sia pur necessaria al godimento dell’edificio stesso e delle sue singole porzioni di proprietà individuale”. Quindi il volume tecnico non deve essere soggetto ad una futura utilizzazione abitabile.

Perciò, i volumi tecnici, devono essere al servizio della costruzione principale in maniera tecnico-funzionale e con lo scopo di assicurarne il confort e, per questo motivo, non rientrano le lavanderie, gli stenditoi o le lavanderie se non corrispondono ai precisi requisiti. Il controverso dilemma sui volumi tecnici è stato illustrato dal Tar Campania con la sentenza 3490/2015, nella quale vengono evidenziati tre parametri che ne certificano l’individuazione: 1) funzionale: il volume tecnico deve essere in posizione di strumentalità con la costruzione principale; 2) collegamento: i volumi tecnici non possono essere inglobati nella parte abitativa; 3) proporzionalità: i volumi tecnici devono essere proporzionali alle esigenze abitative. Altresì l’ufficio giudicante ha chiarito che il locale adibito a volume tecnico, se ha caratteristiche e misure idonee ad una destinazione abitativa, deve essere considerato a tutti gli effetti “cubatura abitativa”, anche se nel progetto iniziale era considerato locale tecnico. Sulla stessa frequenza si è espresso il TAR Lombardia sez II n 1105/2011 e il Consiglio di Stato con sentenza n 812/2011. Oltre ciò la storia del volume tecnico si potrebbe incrociare con quella delle distanze tra costruzioni dettate dall’art. 873 del codice civile che recita: “le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”.  Infatti il volume tecnico, essendo una costruzione a tutti gli effetti, se costruito al confine, deve rispettare il dettato normativo nazionale o quanto stabilito dai regolamenti.

Nota dolente dei volumi tecnici riguarda la loro trasformazione in unità abitativa, che, stando alle cronache dei giornali, è divenuta una prassi. In questo eterno valzer ci sono due soggetti coinvolti: costruttore ed acquirente. Se il costruttore vende un locale tecnico per unità abitativa, ne risponderà penalmente, e a maggior ragione se aveva inserito nel volume tecnico gli impianti per le utenze gas ed acqua; se il cliente acquista un volume tecnico per tale e successivamente lo trasforma, sarà lui l’unico responsabile. Il problema inoltre permane fino al momento in cui non ci sarà un condono edilizio oppure fino a quando l’immobile in oggetto non sarà venduto, perché in quest’ultimo caso la planimetria catastale sarà difforme dal reale. I casi più frequenti, che potrebbero indicare la volontà di rendere abitabile un locale tecnico sono:

  1. Sottotetti: non sono considerati locali tecnici i sottotetti che sono comunicanti con il vano sottostante mediante una scala e divisi in vani interni;
  2. Mansarde e soffitti: valgono le stesse regole dei sottotetti e in ogni caso bisogna tener presente anche le dimensioni;
  3. Stenditoi chiusi e locali di sgombero: per essere considerati locali tecnici devono avere un rapporto di strumentalità e non possono essere inclusi nella parte abitativa;
  4. Impianti idrici, termici ed ascensori: anche qui vale il principio della strumentalità come gli stenditoi;
  5. Sopraelevazione: questo tipo di costruzione potrebbe essere considerata a tutti gli effetti unità ad uso abitativo, anche nel caso di concessione in sanatoria (Cass. Penale 12/01/2007 n 6415)

Nel momento in cui intervengono le autorità deputate al controllo – Polizia Locale in primis –, la sanzione applicata è quella prevista dall’art 44 DPR 380/2001 (Testo Unico sull’Edilizia), nel quale si contesta l’aver abusivamente trasformato e destinato a fini abitativi vani che secondo la concessione edilizia avrebbero dovuto fungere da locali tecnici dell’immobile, avendo così realizzato nuove superfici utili e nuovi volumi.

Bibliografia:

  • Internet
  • Associazione Nazionale Geometri e Geometri Laureati – Roma
  • Lexambiente.it
  • Corte di Cassazione
  • Consiglio di Stato
  • I permessi edilizi, Dia e Scia di Silvio e Mattero Rezzonicco
  • Gli abusi edili di Emanuele Montini
  • Il portale del tecnico pubblico lombardo

Piccoli Massimiliano

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