Il giudizio di merito nell’opposizione successiva all’esecuzione

Redazione 19/09/18
La cognizione piena a seguito della fase camerale del giudizio di opposizione ex art. 185 disp. att. c.p.c. e, quindi, del sub-procedimento di sospensione, è ora, secondo l’art. 616 c.p.c., meramente eventuale, perché è rimessa alla parte che vi ha interesse valutare se iscrivere o meno la causa al ruolo contenzioso e dar corso alla cognizione piena; di conseguenza, il provvedimento del giudice dell’esecuzione che accorda o nega la sospensione ha attitudine a definire la vicenda davanti a sé, qualora non segua l’iscrizione a ruolo contenzioso della causa di opposizione, o non segua nel termini perentorio di cui all’art. 616 c.p.c.

Le diverse fasi

La parte che ha interesse ad instaurare il giudizio di merito deve procedere con la introduzione del giudizio, se competente l’ufficio giudiziario del giudice dell’esecuzione, con la riassunzione, se competente un ufficio giudiziario diverso da quello del giudice dell’esecuzione; in entrambe le ipotesi, osservando i termini fissati dal giudice che, ricordiamo, sono perentori. L’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione ravvisa di non essere competente sul merito e rimette le parti per il prosieguo davanti al giudice individuato come competente su di esso, ha carattere del tutto ordinatorio e non valore di sentenza sulla competenza, di modo che, per un verso, non è impugnabile con il regolamento di competenza e, per altro verso, lascia intatta la possibilità, una volta avvenuta la riassunzione, sia per le parti, sia per il giudice della riassunzione quanto ai criteri di competenza la cui violazione può rilevare d’ufficio, di rilevare l’incompetenza ed eventualmente la sussistenza della competenza, oltre che di un diverso giudice, proprio dello stesso giudice dell’esecuzione, dopo di che sulla relativa questione si deve decidere con sentenza (nel regime della l. n. 69/2009 con ordinanza), la quale sarà soggetta ai rimedi normalmente esperibili e, quindi: a) se pronunciata da giudice togato, al ricorso straordinario nel regime della l. n. 52/2006, all’appello ai sensi dell’art. 339 c.p.c., nel regime della l. n. 69/2009; b) se pronunciata dal giudice di pace, al ricorso straordinario nel regime della l. n. 52 ed a quello dell’art. 339 nel regime della l. n. 69. Naturalmente, lo si osserva per completezza, diverso sarebbe se il giudice dell’esecuzione ritenesse la propria competenza sul merito e desse termine per l’iscrizione a ruolo, questa avvenisse e solo successivamente o dalle parti o dal giudice stesso fosse rilevata l’incompetenza: in questo caso si impone la decisione con sentenza, ora – dopo la l. n. 69/2009 – con ordinanza, e la decisione sarà decisione sulla competenza a tutti gli effetti, perché resa a seguito di cognizione piena. L’atto introduttivo del giudizio di merito avrà la forma della citazione o del ricorso a seconda che il rito da applicare sia ordinario o speciale.

La Suprema Corte ha specificato che l’art. 616 c.p.c., nel testo sostituito dalla l. n. 52/2006, art. 14, deve essere interpretato nel senso che l’introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione, all’esito dell’esaurimento della fase sommaria introdotta a norma dell’art. 615 c.p.c., comma 2, deve avvenire con la forma dell’atto introduttivo richiesta in riferimento al rito con cui l’opposizione deve essere trattata quanto alla fase a cognizione piena e, quindi, con citazione previamente notificata e poi iscritta a ruolo se l’opposizione rientra nell’ambito delle controversie soggette al rito ordinario oppure con ricorso depositato presso l’ufficio cui appartiene quel giudice e poi notificato nel termine, qualora la materia rientri fra quelle soggette ad un rito in cui la causa si introduce con ricorso ed è il giudice a fissare l’udienza (Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 2012, n. 1201). Inoltre, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che l’atto introduttivo deve essere un atto identico a quello con cui verrebbe introdotta una causa dello stesso rito del giudizio di merito sull’opposizione. Pertanto, se non si verte in un giudizio di opposizione all’esecuzione relativo a controversia che nel merito deve trattarsi secondo un rito nel quale la domanda si introduce con ricorso (come, ad esempio, per i procedimenti di lavoro e simili) e si tratta di rito nel quale la domanda deve essere proposta con citazione, non è dubbio che l’art. 616 esiga che l’introduzione del giudizio di merito oppositivo debba avvenire con citazione. E se, come per il processo di cognizione ordinaria, regolato dagli artt. 163 ss., l’iscrizione a ruolo debba avvenire dopo la notificazione della citazione, non è dubbio che prima vada notificata la citazione e poi si debba procedere all’iscrizione a ruolo. Semmai, in relazione al fatto che solo i processi di cognizione piena introdotti con ricorso sono iscritti a ruolo con il deposito e di solito la vocatio in relazione ad essi segue successivamente, mentre quelli da introdursi con citazione (od anche con ricorso da notificarsi ad udienza fissa) vengono prima portati a conoscenza della controparte con la notificazione, si può osservare che l’espressione “previa iscrizione a ruolo” non è adeguata a questi ultimi. Nel senso che l’osservanza del termine perentorio è non solo correlata alla notificazione, ma l’iscrizione non può essere previa (Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 2011, n. 1152). Va ricordato che il giudice competente per l’opposizione all’esecuzione si determina con i criteri generali del valore e della materia, essendo competente per territorio il giudice del luogo dell’esecuzione. Inoltre, esaurita la fase pre-contenziosa innanzi al giudice dell’esecuzione, nell’eventuale fase del giudizio di merito sussiste la competenza del giudice di pace allorquando il credito per cui si procede rientra nell’ambito della sua competenza per valore. Il convenuto si può costituire in giudizio chiedendo il rigetto dell’opposizione, contestandone il fondamento sia processuale che di merito, e potrà proporre domanda riconvenzionale. Per le controversie in materia di lavoro, previdenza e assistenza, le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi sono disciplinate dalle norme previste per le controversie individuali di lavoro, ferma la competenza del giudice dell’esecuzione nei casi previsti dall’art. 615, comma 2, nei limiti dei provvedimenti assunti con ordinanza. La mancata comparizione delle parti alla prima udienza, successiva alla riassunzione, non determina l’estinzione del processo, in quanto il giudice deve rinviare ad altra udienza, da comunicare alle parti, ad opera del cancelliere e, solo se anche in questa successiva udienza nessuna delle parti compare, il giudice ordina che la causa venga cancellata dal ruolo e dichiarata estinta. Il giudizio si estingue ugualmente qualora nessuna delle parti proceda alla introduzione/riassunzione del giudizio nel termine assegnato dal giudice dell’esecuzione.

La sentenza conclusiva

La sentenza che conclude il giudizio sarà di accoglimento o di rigetto dell’opposizione; in quest’ultimo caso la sentenza, passata in giudicato sarà di mero accertamento del legittimo svolgimento e della proseguibilità dell’esecuzione sotto il profilo dedotto come motivo dell’opposizione. Nel caso dell’accoglimento, la sentenza passata in giudicato ha la portata pure dichiarativa, di negare l’esistenza o l’efficacia attuale del titolo esecutivo o comunque dell’azione esecutiva nel suo concreto esercizio, con la conseguente invalidazione degli atti compiuti e negazione radicale del potere di iniziare o di proseguire il processo esecutivo. Per quanto riguarda il regime impugnatorio delle sentenze che definiscono il giudizio di opposizione all’esecuzione, occorre ricordare che, in seguito alle varie modifiche che ha subito, per le sentenze di impugnazione avverso un provvedimento reso tra il 1° marzo 2006 e il 4 luglio 2009 la decisione non era impugnabile con l’appello, ma con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, invece avverso le sentenze, che hanno deciso opposizioni alle esecuzioni, pubblicate successivamente alla data del 4 luglio 2009 è esperibile l’appello, in virtù del nuovo regime impugnatorio dettato dall’art. 616 c.p.c., come novellato dalla legge n. 69 del 2009 (Cass. civ., sez. II, 27 settembre 2010, n. 20324).

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