Eredità giacente: i compiti del curatore

Redazione 07/07/20
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Eredità giacente: come si redige l’inventario

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L’eredità giacente

La trattazione delle questioni legate alla giacenza dell’eredità presuppone l’esame di alcune problematiche di carattere generale, che il Legislatore e gli operatori cercano di risolvere con l’applicazione delle norme in materia.La questione della situazione che si crea tra il momento dell’apertura della successione e l’accettazione non è evidentemente risolta dalla regola per la quale l’effetto dell’accettazione risale al momento nel quale si è aperta la successione. Invero, la finzione della retroattività, al pari della attribuzione dei beni, in assenza di eredi allo Stato (art. 586 cod. civ.), non elimina le questioni poste dalla vacanza di un titolare del patrimonio che possa compiere atti gestori, e nei confronti del quale possano essere esercitate le pretese dei terzi.Il presente volume, con un serio approccio di studio, ma senza trascurare l’aspetto pratico, vuole essere uno strumento per il Professionista che si trovi a risolvere questioni ereditarie in cui manchi, seppur temporaneamente, un titolare, con tutte le problematiche che ne derivano, nel tentativo di tutelare gli interessi del proprio assistito, sia esso erede, legatario o creditore del defunto.Giuseppe De MarzoConsigliere della Suprema Corte di Cassazione, assegnato alla I sezione civile e alla V sezione penale; componente supplente del Tribunale Superiore delle Acque; componente del Gruppo dei Referenti per i rapporti con la Corte Europea dei diritti dell’uomo; autore di numerose monografie e di pubblicazioni giuridiche, ha curato collane editoriali; collabora abitualmente con Il Foro italiano.

Giuseppe De Marzo | 2019 Maggioli Editore

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Una volta insediatosi nell’ufficio, a seguito del giuramento, il curatore deve innanzi tutto procedere (art. 529, primo comma, cod. civ.) all’inventario, i sensi degli artt. 769 e seg. cod. proc. civ., allo scopo di descrivere la consistenza e di accertare il valore dei beni ereditari e, in definitiva, di rendere verificabile l’assolvimento del dovere di diligenza nei compiti conservativi e di amministrazione.

Del tutto condivisibilmente si è ritenuto che il curatore sia tenuto al compimento dell’inventario solo se esso non sia già stato compiuto da altri (ricorre l’esempio del chiamato possessore che abbia rinunciato (34)): in tale ipotesi, è sufficiente verificarne la rispondenza alla situazione reale e procedere, se del caso, alla sua integrazione (35).
Secondo la dottrina, l’art. 370 cod. civ., nel prescrivere che il tutore, prima del compimento dell’inventario, deve limitarsi al compimento degli atti che non ammettono dilazione, esprime un principio generale, suscettibile di trovare applicazione anche nel caso della curatela dell’eredità giacente (36).
L’assenza di termini legislativi per la redazione dell’inventario comporta che la loro individuazione va correlata alla funzione dell’adempimento di rendere celermente operativa la procedura e, in conseguenza, il soddisfacimento delle finalità conservative, amministrative e liquidative della stessa. Ne discende che, rispetto a tale obiettivo, va misurata la tempestività del curatore nel procedere, tenendo conto che il non sollecito adempimento può costituire causa di sostituzione.
L’inventario, ai sensi dell’art. 769 e seg. cod. civ. (norme applicabili ai sensi dell’art. 777 cod. proc. civ.), può essere chiesto al tribunale dalle persone che hanno diritto di ottenere la rimozione dei sigilli ed è eseguito dal cancelliere del tribunale o da un notaio designato dal defunto con testamento o nominato dal tribunale.
Il notaio, pertanto, non può procedere, in assenza di designazione da parte del de cuius o di nomina del tribunale.
Si ritiene che il curatore dell’eredità giacente, nonostante il silenzio degli artt. 753 e 763 cod. proc. civ., possa chiedere l’apposizione e la rimozione dei sigilli (37).
Senza indugiare sugli adempimenti procedimentali individuati dal codice di rito negli artt. da 770 a 774, è sufficiente, ai fini della trattazione, considerare che, ai sensi dell’art. 775 cod. proc. civ., 1) la descrizione degli immobili, mediante l’indicazione della loro natura, della loro situazione, dei loro confini, e dei numeri catastali; 2) la descrizione e la stima dei mobili, con la specificazione del peso e del marchio per gli oggetti d’oro e d’argento; 3) l’indicazione della quantità e specie
delle monete per il danaro contante; 4) l’indicazione delle altre attività e passività; 5) la descrizione delle carte, scritture e note relative allo stato attivo e passivo, le quali debbono essere firmate in principio e in fine dall’ufficiale procedente. Lo stesso ufficiale deve accertare sommariamente lo stato dei libri e dei registri di commercio, firmarne i fogli, e lineare gli intervalli.

La rinuncia ai poteri

Sempre nel presupposto nella necessità e utilità evidente, si ritiene possibile che il curatore rinunci a diritti compresi nel patrimonio ereditario.
Tra i diritti spettanti all’erede, preclusi al curatore, si coglie anche il potere di chiedere la divisione tra i partecipanti alla successione ereditaria.
Del resto, se si esclude l’ammissibilità della giacenza pro quota, l’ipotesi non è concretamente configurabile.
Il curatore può, invece, partecipare alla divisione dei beni dei quali il defunto era titolare pro quota (49). Anche in questo caso l’attribuzione del potere di autorizzare al tribunale in composizione monocratica o collegiale dipende dalla soluzione che si dà del rapporto tra le previsioni dell’art. 782, ult. comma, e 783, primo comma, cod. proc. civ.
Il curatore può anche essere autorizzato alla continuazione dell’impresa del defunto (50). In ragione della natura non immobiliare dell’operazione, la competenza è del tribunale in composizione monocratica.
In relazione alla attività negoziale del curatore, occorre considerare che i vizi della volontà riguardano evidentemente la persona del curatore.
L’adattamento della disciplina generale dei contratti alla specifica situazione della giacenza ereditaria si registra, nell’esperienza giurisprudenziale, con riguardo all’azione di rescissione per lesione.
Si è, infatti, ritenuto che lo stato di bisogno richiesto per l’esercizio di tale azione, ai sensi dell’art. 1448 cod. civ., in caso di patrimonio amministrato da soggetto diverso dal suo titolare, vada riferito unicamente alla situazione in cui versa il patrimonio amministrato.

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Conseguentemente, lo stato di bisogno può ravvisarsi anche con riguardo alla eredità giacente, in quanto la particolare disciplina prevista dagli artt. 498 e 530 per la liquidazione dei debiti ereditari, non esclude che il curatore dell’eredità sia costretto, dalla mancanza di denaro liquido, a vendere i beni amministrati a un prezzo inadeguato al loro valore, per evitare che i creditori diano inizio ad azioni esecutive (51).
Più articolata è la disciplina che vede il curatore destinatario delle altrui pretese.
Il curatore, infatti, ha la legittimazione processuale attiva e passiva; egli non necessita di autorizzazione quando si costituisce quale convenuto, senza spiegare domanda riconvenzionale o esercita azioni possessorie o pone in essere atti interruttivi della prescrizione o comunque quanto promuove giudizi di ordinaria amministrazione (52), mentre deve richiederla se intenda intraprendere iniziative giudiziarie di straordinaria amministrazione, ossia destinate a provocare un mutamento nella situazione giuridica dei beni amministrati o a produrre effetti analoghi ad atti di straordinaria amministrazione (53).
La partecipazione ai giudizi rende evidentemente positiva la soluzione alla possibilità del curatore di concludere transazioni e compromessi (54).
Sul piano della partecipazione al giudizio, va ricordato che il curatore dell’eredità giacente iscritto all’albo degli avvocati ha facoltà di costituirsi personalmente, quale difensore della curatela (facendo così coincidere in sè le posizioni di parte e di difensore), giusta il disposto dell’art. 86 cod. proc. civ.

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L’eredità giacente

La trattazione delle questioni legate alla giacenza dell’eredità presuppone l’esame di alcune problematiche di carattere generale, che il Legislatore e gli operatori cercano di risolvere con l’applicazione delle norme in materia.La questione della situazione che si crea tra il momento dell’apertura della successione e l’accettazione non è evidentemente risolta dalla regola per la quale l’effetto dell’accettazione risale al momento nel quale si è aperta la successione. Invero, la finzione della retroattività, al pari della attribuzione dei beni, in assenza di eredi allo Stato (art. 586 cod. civ.), non elimina le questioni poste dalla vacanza di un titolare del patrimonio che possa compiere atti gestori, e nei confronti del quale possano essere esercitate le pretese dei terzi.Il presente volume, con un serio approccio di studio, ma senza trascurare l’aspetto pratico, vuole essere uno strumento per il Professionista che si trovi a risolvere questioni ereditarie in cui manchi, seppur temporaneamente, un titolare, con tutte le problematiche che ne derivano, nel tentativo di tutelare gli interessi del proprio assistito, sia esso erede, legatario o creditore del defunto.Giuseppe De MarzoConsigliere della Suprema Corte di Cassazione, assegnato alla I sezione civile e alla V sezione penale; componente supplente del Tribunale Superiore delle Acque; componente del Gruppo dei Referenti per i rapporti con la Corte Europea dei diritti dell’uomo; autore di numerose monografie e di pubblicazioni giuridiche, ha curato collane editoriali; collabora abitualmente con Il Foro italiano.

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