Discorso sulla responsabilità

Scarica PDF Stampa

Aristotele descrive la necessità dell’uomo di tendere all’ eudaimonia, ossia alla soddisfazione, e in questo vi è la ricerca della virtù come preminenza in qualche arte o areté, la quale si acquisisce per Aristotele solo gradualmente, attraverso una persistente pratica di azioni moralmente buone.

Appare chiara la necessità di fornire un senso al lavoro che cali l’aspetto economico nelle finalità fondamentali del comportamento umano, le quali vanno da un carattere etico, ad uno socio-relazionale, da quello estetico a quello cognitivo, la ricerca del benessere si risolve quindi nella necessità di ricomprendere la triplicità fisica, economica e spirituale.

Una eventuale dissonanza tra la propria immagine e quella esterna può risultare nel lungo periodo pericolosa, entrando in conflitto la realtà sociale con la propria immagine etica ed estetica, considerando che ogni mutamento culturale è legato ai mutamenti sociali con relazioni di carattere circolare. Nelle reti di relazioni che nascono dalle interazioni sociali si possono instaurare molteplici tipi di relazioni, che possono essere definite come:

  • imitazione, adattamento, opposizione (Tarde);

  • avvicinamento, creazione di dipendenze, distaziamento o creazione di indipendenza (Simmel);

  • acquisite con la socializzazione o prescritte dal sistema sociale (Parsons);

  • attrazione e repulsione (Hinde).

In queste relazioni vengono a inserirsi i due capisaldi in grado di assicurare sia una stabilità ed identità alle persone che una flessibilità ed efficacia alle organizzazioni, ossia la responsabilità, quale fonte di una capacità di decisione – iniziativa e soluzione di problemi, e la cooperazione, necessaria per comunicare, coordinarsi ed integrarsi.

L’evoluzione umana agisce come un’ “onda lunga” in cui si ragiona per codifiche precedenti e solo lentamente entrano nella cultura nuovi parametri, allo stesso modo la selezione delle nuove necessità e dei comportamenti tra quello che è il quotidiano e l’istituzionalizzato avviene faticosamente attraverso i meccanismi:

  • della repressione,

  • delle procedure;

  • delle strutture;

  • infine, quale radice delle prime tre, dell’ideologia;

in questo processo il potere risiede nei mezzi di ideazione e informazione (Hegedus), nei quali le persone vengono a perdere la propria soggettività in funzione dell’essere semplici beneficiari della “libertà” globale dei beni.

La “velocizzazione”dei rapporti porta alla deresponsabilizzazione come nella “condivisione imposta”, si deve considerare che la responsabilità dei propri atti è anche una conseguenza cultuale sia sull’importanza dell’atto stesso che dell’aspettativa sociale relativa alla propria responsabilità, questo comunque non avviene se il gruppo non coglie se stesso in termini identitari ma solo come un riflesso delle categorie altrui (Latouche).

Mentre nelle società tradizionali predominano le relazioni sociali in spazi delimitati con un rapporto diretto, nelle società moderne le relazioni a distanza impediscono il sorgere delle relazioni emozionali in cui l’empatia rafforza un eventuale senso di responsabilità verso una determinata comunità (Inda-Rosaldo), l’identità e le sue elaborazioni, adeguandosi alla logica della globalizzazione, acquista quindi la nuova funzione di attrazione dei flussi finanziari (Harvey), con un conseguente parallelo cambiamento della natura dell’identità stessa.

In questo accentuarsi della differenziazione tra rappresentazioni cosmopolite delle classi sociali più alte e radicamento locale degli elementi più svantaggiati (Friedman), risiede un’ ulteriore difficoltà culturale per un esercizio effettivo della responsabilità verso una comunità, questa consapevolezza di una dimensione culturale “determinante”, da aggiungersi a quella economica , politica e tecnologica, viene a mancare (Abelés) nella lettura sugli effetti delle trasformazioni economiche e tecnologiche attuali, (Tomlinson).

Ogni cultura è costituita da proprie forme di razionalità, di canoni estetici, di idee di giustizia e in relazione a questi vi è la valutazione delle idee e dei comportamenti di coloro che vi si riconoscono (Taylor), ma anche la lettura dei comportamenti e delle concezioni degli altri gruppi (Summer).

La definizione di una entità collettiva che si riconosca automaticamente in una cultura uniforme non è così lineare, in quanto vi è sempre una selezione costruita delle differenze culturali di matrice “ideologica” (Nadel) la responsabilità viene quindi a nascere ed agire all’interno di costruzioni storicamente non naturali ma “sociali” in cui i gruppi sono un risultato culturale di sottolineature “selettive” delle differenze con simboli molte volte derivanti da tradizioni “inventate” (Hobsbawm).

L’assimilazione e il pluralismo civico senza un sistema di regole e valori condivisi rischia la disgregazione sociale in una pluralità di gruppi conflittuali, nei quali il concetto di responsabilità si risolve non solo all’interno di ciascun gruppo ma anche in termini differenti fra loro, questo non toglie che all’interno di ciascun individuo si sia evoluto un “istinto morale” progettato “ per generare giudizi rapidi su ciò che è moralmente giusto o sbagliato” (Hauser).

Solo una corretta responsabilità permette di salvaguardare i “diritti”che già nell’età classica attraverso il pensiero di Socrate , Platone, Aristotele, fino a Plotino, passando per gli stoici e i cinici, faticosamente emergevano nei rapporti umani, allargando progressivamente la comunità di riferimento, la prima “morale assoluta” base dell’etica nella città – stato e individuabile attraverso la ragione, a cui gli uomini e le loro leggi devono corrispondere, diviene negli stoici e nei cinici una “legge universale” superiore alle tradizioni locali, fino a identificarsi come legge di una città cosmica, ma solo con il pensiero cristiano assume una valenza comunitaria universale superando la sua riduzione al solo individuo calato in una piccola comunità.

Questa universalità si scontra tuttavia con una selezione sociale fondata sul rapporto tra altruismo e localismo tanto da crearsi un “localismo altruistico” (Bowles) basato su nicchie ecologiche, che a seguito dell’avanzare della tecnologia diventano sempre più culturali. Fiducia, reciprocità, lealtà acquistano pertanto un valore sociale e quindi un senso morale, fino a trasformarsi nella capacità di formulare un giudizio morale, in una pluralità di livelli e di fattori biologici oltre che culturali i quali interagiscono fra loro (Churchland).

La responsabilità si pone quindi tra l’elemento quantitativo sociale (collettivo), reiterante, e l’elemento qualitativo psicologico (individuale) e come tale dovrebbe disciplinare normativamente in termini di efficienza, in quanto “componente” interagente di sistemi non solo materiali ma anche della personalità, fondati su condizioni di competitività interagenti entro un sistema organizzativo parte di sistemi più ampi, non esistendo un solo sistema capace di comprendere il tutto (Von Bertalanffy).

La relazione tra responsabilità ed organizzazione si riproduce ai vari livelli organizzativi in un succedersi di stabilità e caoticità, in cui la linearità organizzativa del degradarsi del fattore responsabilità viene a trovarsi in uno scenario di biforcazione tra lo sprofondare nella caoticità o stabilirsi in un nuovo equilibrio su piani diversi fondati su centri di influenza e nuove responsabilità, secondo l’insieme di Mandelbrot, al riguardo si deve considerare che se ogni aspetto economico è anche risultato di un calcolo di probabilità, la responsabilità stessa è intrisa di probabilità strettamente intrecciata alla cultura del dovere.

La coscienza della responsabilità comporta la coscienza del futuro e del dovere ad esso connesso, la sua mancanza riduce tutto al presente e a un succedersi di momenti fini a se stessi, la storia del singolo e della sua comunità si consuma in un aggrovigliarsi di istanti e pulsioni finalizzate sul proprio io senza proiettarsi attraverso gli altri sulle future generazioni, il risultato è la precarizzazione sociale tesa ad un esaltato edonismo.

 

Bibliografia

  • M. Abéles, Anthropologie de la globalisation, Paris – Payot 2008;

  • P. S. Churchland, Neurobiologia della morale, Raffaello Cortina Ed. 2012;

  • D. Harvey, La crisi della modernità, Il Saggiatore 1993;

  • C. Hobsbawm, L’invenzione della tradizione, Einaudi 1987;

  • M. D. Hauser, Menti morali. Le origini naturali del bene e del male, Il Saggiatore 2007;

  • S. Latouche, L’occidentalizzazione del mondo , Bollati Boringhieri 1992;

  • J. X. Inda – R. Rosaldo, The anthropology of globalization: a reader, Oxford: Blackwell 2008;

  • B. B. Mandelbrot, Gli oggetti frattali, Einaudi 1987;

  • J. Tomlinson, Sentirsi a casa nel mondo: la cultura come bene globale, Feltrinelli 2001;

  • C. Taylor, Multiculturalismo. La politica del riconoscimento, Anabasi 1993;

  • F. De Wall, Primati e filosofi, Garzanti 2008;

  • L. Von Bertalanffy, Teoria generale dei sistemi, A. Mondadori 1983.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento