La giurisprudenza sui vizi della cosa venduta
Tuttavia, per giurisprudenza costante, l’onere di provare i vizi sulla cosa venduta incombe sull’acquirente, il quale non solo è tenuto a rilevare i difetti della cosa acquistata, ma anche a dimostrare il nesso causale esistente tra cosa consegnata e difetto; solo qualora tale onere sia stato compiutamente assolto, sarà allora ammissibile la prova liberatoria di difetto di colpa in capo al venditore (Corte di Cassazione sentenza n. 25027 /2015).
Vizio preesistente e sopravvenuto
In merito a ciò l’art. 1476 c.c. riconosce due tipologie di vizi: quello preesistente e quello sopravvenuto. Il vizio preesistente deve già esistere al momento della conclusione del contratto; in questo caso, il vizio impone una garanzia in capo al venditore per culpa in contraendo.
Se, invece, il vizio insorge dopo l’intervenuto accordo traslativo ma prima della consegna, esso inciderà sull’esattezza della prestazione, cosicchè il compratore, salvo estensione del principio di cui all’art. 1465 co 1 c.c., potrà bensì agire con l’azione di risoluzione riduzione del prezzo e risarcimento del danno.
Si aggiunga che la domanda di risoluzione non opera, nel contratto di compravendita, nel caso in cui il venditore consegni un bene (essendo tale obbligazione considerata come accessoria), di cui vi sia già stato l’effettivo passaggio in proprietà. In questo caso il rischio afferente l’eventuale vizio grava sull’acquirente quale nuovo proprietario, a meno che il vizio non sia stato causato dal venditore.
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