Danno differenziale da infortunio sul lavoro va calcolato con il criterio per poste di danno

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Il caso

Per approfondire leggi anche “I danni non patrimoniali” scritto da Gianluca Pascale.

Un imprenditore conveniva, dinanzi al Tribunale di Perugia, una ditta per ottenere il risarcimento dei danni derivati da un infortunio lavorativo causato da un dipendente della società convenuta; il tutto previa detrazione di quanto già erogato dall’Inail, anch’esso evocato in giudizio.
L’Inail si costituiva azionando la relativa rivalsa, ex art. 1916 c.c., nei confronti della ditta, chiedendo la rifusione delle indennità corrisposte.
Quest’ultima, nel costituirsi, oltre a negare la propria responsabilità, eccepiva il concorso di colpa della vittima; a ciò seguivano varie chiamate in garanzia verso società assicuratrici e broker, evocati in giudizio, a vario titolo, per le relative coperture.
Al rigetto della domanda da parte del Tribunale adito seguivano l’appello dell’infortunato e quello dell’Inail.
In quella sede, la Corte, in accoglimento del gravame proposto, previo accertamento del concorso di colpa della vittima nella misura del 25%, condannava la ditta convenuta al risarcimento dei danni, patrimoniali e non (ed al netto del concorso di colpa), subiti dall’infortunato ed alla conseguente rifusione all’Inail di quanto corrisposto a titolo di danno patrimoniale da inabilità temporanea e danno biologico (erogato, quest’ultimo, in forma di rendita ex art. 13, D.Lgs. n. 38/00); negando, al contempo, la surrogazione sulle somme dovute a titolo di danno morale (in quanto pregiudizio non indennizzato dall’Ente previdenziale) e su quelle pagate a titolo di indennizzo per danno alla capacità lavorativa, non essendo stato accertato un danno civilistico da incapacità lavorativa.

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La decisione della Corte

La predetta sentenza è stata riformata dalla Corte di Cassazione sulla base – per quel che qui rileva – dei seguenti motivi.
L’Inail, con ricorso incidentale, lamentava la violazione dell’art. 1916 c.c. per essere stato ammesso in surroga su una somma inferiore (€ 88.333,55, pari al valore capitale della rendita costituita in favore dell’infortunato) a quella riconosciuta a titolo di danno biologico (pari ad € 100.591,75).
Ulteriore motivo di doglianza l’errata applicazione del criterio di calcolo del danno differenziale, invocando, a tal uopo, il principio di indistinzione delle poste di danno, ai fini della surrogazione: quel principio cioè, secondo cui il danno in parola va calcolato sottraendo sic e simpliciter dall’intero danno civilistico tutti gli importi corrisposti dall’Inail, senza distinzione per voci o poste di danno.
Infine, l’Istituto ricorrente lamentava la mancata inclusione nella surroga, come sopra azionata, delle somme già pagate, sia prima che durante il giudizio, a titolo di ratei di rendita.
La Corte, nel censurare il suddetto metodo di calcolo del danno differenziale (ovvero della quota di credito risarcitorio che rimane nella titolarità della vittima e non si trasferisce all’Istituto per effetto della surrogazione), ha specificato che il criterio corretto è rappresentato da quello “per poste” (o voci) di danno (come quello adottato dal Collegio di merito): vale a dire sottraendo l’indennizzo Inail dal credito risarcitorio solo quando l’uno e l’altro siano destinati a ristorare pregiudizi identici.
Corollari di tale modus procedendi sono che: a) se per una voce di danno l’indennizzo Inail eccede il credito civilistico, nulla potrà pretendere per quel danno la vittima dal responsabile; b) se per una voce di danno l’indennizzo Inail eccede il credito civilistico, il responsabile non potrà pretendere che l’eventuale eccedenza sia riportata a defalco di altri crediti risarcitori della vittima (così, ex plurimis, Cass. n. 27669717; Cass. n. 13222/15).
Sorte diversa per il motivo di gravame riguardante la sottostima del credito surrogatorio, per indebita esclusione dei ratei di rendita già pagati.
Infatti, i Giudici di legittimità hanno evidenziato che se la rendita (corrisposta in presenza di un danno permanente alla salute pari o superiore al 16%) inizia ad essere erogata – come è frequente – prima che il giudice civile provveda sulla domanda di risarcimento proposta dall’infortunato e su quella di surrogazione azionata dall’Inail contro il terzo responsabile, al momento della decisione l’Ente previdenziale avrà già versato un certo numero di ratei della rendita e dovrà continuare a versarne altri in futuro.
Da quanto sopra ne deriva che il calcolo del credito surrogatorio dell’Istituto assicuratore dovrà necessariamente avvenire da un lato sommando (e rivalutando, trattandosi di debito di valore) i ratei già corrisposti, dall’altro capitalizzando (cioè trasformando in capitale) la rendita ancora da erogare, in rapporto alla speranza di vita del beneficiario.
Nel caso di specie la Corte di appello dopo aver accertato che nelle more l’Inail aveva già versato alla vittima ratei di rendita per complessivi € 79.743,48 e che alla stessa data il valore capitale della rendita ancora da versare a titolo di danno biologico ammontava ad € 88.335,55, ha limitato la surroga dell’Inail al solo tale ultimo importo sebbene il credito risarcitorio della vittima a titolo di danno biologico (pari ad € 100.591,75) consentisse all’Inail di surrogarsi fino alla concorrenza di esso.
Per quanto sopra, la sentenza – proseguono gli Ermellini – va cassata ed il giudice di rinvio provvederà a rideterminare il credito dell’Inail, sommando i ratei di rendita già versati, previa detrazione di quanto destinato ad indennizzare il pregiudizio alla capacità di lavoro.

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