Corte di giustizia dell’Unione europea: no al diritto del lavoratore straniero che si ritenga discriminato di accedere alle informazioni relative ad altro lavoratore assunto

Redazione 23/04/12
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Anna Costagliola

La Corte di giustizia dell’Unione europea, nella sentenza resa nella causa 415/10, pubblicata il 19 aprile scorso, afferma che la normativa dell’Unione non prevede, per il lavoratore che affermi in maniera plausibile di soddisfare i requisiti indicati in un annuncio di assunzione e la cui candidatura non sia stata accolta, di accedere alle informazioni relative all’eventuale assunzione da parte del datore di lavoro di un altro candidato.

La questione pregiudiziale di cui è stata investita la Corte trae origine dalla vicenda di una signora di origine russa che, ritenendo di essere in possesso dei requisiti necessari, ha presentato la propria candidatura per due annunci di lavoro pubblicati da una società tedesca, candidatura successivamente respinta senza che la stessa signora fosse mai stata convocata per un colloquio e in assenza di qualsivoglia comunicazione, da parte della società, in ordine ai motivi di tale rifiuto. Nella convinzione di aver subito un trattamento meno favorevole rispetto ad un’altra persona in situazione analoga in ragione del suo sesso, della sua età e della sua origine etnica, la signora si è quindi rivolta al giudice tedesco chiedendo, da un lato, che l’azienda in questione le versasse un risarcimento per discriminazione nell’assunzione e, dall’altro, che la società stessa esibisse il dossier del candidato assunto, circostanza che le avrebbe consentito di dimostrare di essere più qualificata di quest’ultimo.

La Corte federale del lavoro tedesca, investita della controversia, ha optato per la sospensione del procedimento in attesa che la Corte di giustizia europea si pronunciasse sulla questione pregiudiziale inerente alla interpretazione del diritto dell’Unione nel senso che preveda il diritto per il lavoratore che affermi di corrispondere al profilo richiesto in un annuncio di assunzione e la cui candidatura non sia stata accolta, di avere accesso alle informazioni relative all’eventuale assunzione di un altro candidato da parte del datore di lavoro e, in tale ipotesi, in base a quali criteri. Inoltre, il giudice del rinvio ha chiesto se la circostanza che il datore di lavoro non comunichi le informazioni richieste sia un fatto che consenta di presumere la sussistenza della discriminazione asserita dal lavoratore.

La Corte europea ricorda, anzitutto, che incombe su colui che si ritenga leso dall’inosservanza del principio di parità di trattamento dimostrare, in un primo momento, i fatti che consentono di presumere l’esistenza di una discriminazione. Solamente nel caso in cui questi abbia provato tali fatti, spetterà poi al convenuto, in un secondo momento, dimostrare che non vi sia stata violazione del principio di non discriminazione.

La Corte ribadisce poi la propria giurisprudenza secondo cui il diritto dell’Unione non prevede un diritto specifico, a favore di colui che si ritenga vittima di una discriminazione, di accedere ad informazioni che gli consentano di dimostrare i fatti in base ai quali si può presumere che vi sia stata discriminazione. Non può tuttavia escludersi che il diniego di fornire qualunque accesso alle informazioni da parte di un convenuto possa costituire uno degli elementi da prendere in considerazione nell’ambito dell’accertamento dei fatti che consentono di presumere la sussistenza di una discriminazione, diretta o indiretta. Nell’ambito di tale accertamento deve infatti essere garantito che il diniego di fornire informazioni da parte del convenuto non rischi di compromettere la realizzazione degli stessi obiettivi perseguiti dal diritto dell’Unione. Sarà compito del giudice del rinvio, valutando tutte le circostanze della controversia di cui è investito, verificare se tale sia il caso che ricorre nella causa principale.

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