Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza del privato

sentenza 02/06/11
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L’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (aggiunto dall’art. 6, Legge 11 febbraio 2005, n. 15) obbliga la pubblica amministrazione a dare ragione, nella motivazione del provvedimento finale, dell’eventuale mancato accoglimento delle osservazioni prodotte dal privato nel corso del procedimento amministrativo.

Tale regola, finalizzata a consentire la fattiva partecipazione del privato all’istruttoria procedimentale, comporta che l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare le memorie scritte e i documenti prodotti dall’interessato, ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento, e di dare conto, nella motivazione del provvedimento finale, delle ragioni che l’hanno indotta a non accogliere quanto rappresentato dal privato.

Pertanto, deve ritenersi illegittimo il provvedimento amministrativo che non esterna compiutamente, e specificamente, la motivazione che ha indotto l’Amministrazione all’adozione dell’atto pur in presenza di controdeduzioni formalizzate dal destinatario dell’azione amministrativa.

N. 01323/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01941/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1941 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da***

contro***

per l’annullamento

con il ricorso introduttivo:

– del parere negativo della Questura di Catania – Divisione Polizia Amministrativa Sociale e dell’Immigrazione – di cui alle note del 12 gennaio 2010 numero 16.A/2009 e 17 dicembre 2009 numero 16.A/2009;

– degli ulteriori provvedimenti ivi citati e richiamati, e cioè la nota resa dalla medesima Divisione della Questura di Catania il 9 novembre 2009 e la nota del Nucleo di Polizia Tributaria di Catania del 12 dicembre 2009;

con i motivi aggiunti:

– del decreto del 6 agosto 2010 n. 44266/10-12B15- Area 1^ Ter , con cui il Prefetto della Provincia di Catania ha disposto la revoca della licenza rilasciata in data 25/09/07 alla ricorrente;

– della nota n. ****** 16.A/2009 datata 09/11/09 con cui la Questura di Catania ha fornito le informazioni in merito alla richiesta di prosecuzione attività;

– della nota n.0793988/09 del 12 dicembre 2009 della Guardia di Finanza.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Questura di Catania e di Ministero dell’Interno e di ****** – Prefettura di Catania e di Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 aprile 2011 il dott. *************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La ricorrente, nella qualità di Amministratore Unico della società “La Celere Technology S.r.l.”, oggi “2858 Security S.r.l.”, regolarmente autorizzata alla gestione del nominato istituto di vigilanza privata con decreto rilasciato dalla Prefettura di Catania il 25 settembre 2007, ha avanzato richiesta alla Prefettura di Catania per la prosecuzione dell’attività per l’anno 2010 e, contestualmente, anche per l’espansione territoriale dell’attività di vigilanza sull’intero territorio della Regione.

La Prefettura, con nota n. 941/2009 – 12B15 del 4 marzo 2010 ha comunicato alla ricorrente l’avvio del procedimento finalizzato al rigetto della dichiarazione di prosecuzione dell’attività per l’anno 2010, e con nota n. 492/2009, sempre de 4 marzo 2010, ha comunicato altresì l’avvio del procedimento finalizzato al rigetto della richiesta di estensione dell’attività di vigilanza sull’intero territorio regionale, richiamando in entrambi in casi il parere contrario e le informazioni assunte presso gli organi di polizia competenti, da cui sarebbe emerso che “… la sostanziale continuità societaria fra <La Celere s.r.l.>, attualmente fallita, e <La Celere Technology>, non fa desumere il possesso della capacità tecnica-gestionale da parte dei soci”.

A seguito di accesso agli atti, nel maggio 2010, la ricorrente è venuta a conoscenza del parere negativo espresso nelle due note della Questura di Catania – Divisione Polizia Amministrativa Sociale e dell’Immigrazione – del 12 gennaio 2010 e del 17 dicembre 2009, quivi impugnate, nelle quali veniva appunto evidenziata la sostanziale continuità societaria tra la <La Celere s.r.l.>, oggi fallita, e <La Celere Technology>, che dimostrerebbe come la compagine societaria di quest’ultimo istituto “…non abbia dato dimostrazione in passato – nella gestione della La Celere S.r.l., per l’appunto – di possedere i richiesti requisiti di capacità tecnico-gestionale…”.

La ricorrente ha proposto ricorso avverso le predette note della Questura di Catania del 12 gennaio 2010 e del 17 dicembre 2009, nonché avverso gli ulteriori atti indicati in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:

– Violazione e falsa applicazione del Regio Decreto del 18 giugno 1931 numero 773, e successive modifiche ed integrazioni, recante il “Testo Unico delle Leggi di pubblica sicurezza”, ed in particolare degli articoli 8, 9, 10, 11 e 134, nonché del Regio Decreto del 6 maggio 1940, numero 635, e successive modifiche ed integrazioni, recante il relativo “Regolamento di Esecuzione” – Violazione dell’articolo 3 della legge 241/90 – Eccesso di potere per difetto di motivazione, erroneità, perplessità e difetto assoluto di istruttoria, presupposti, travisamento e sviamento.

Con successivi motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato il decreto prefettizio di revoca della licenza rilasciata il 25 settembre 2007, unitamente ai pareri negativi della Questura di Catania e della Guardia di Finanza, deducendo censure di :

1.- Violazione e falsa applicazione degli articoli 8, 9, 10, 11, 134 e 136 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, nonché degli articoli 257, 257 ter e 257 quater del R.D. 6 maggio 1940, n. 635, recante il relativo “Regolamento di Esecuzione”, ed inoltre violazione dell’articolo 3 della legge 241/90, eccesso di potere per difetto di motivazione, erroneità, perplessità e difetto assoluto di istruttoria, presupposti, travisamento e sviamento.

2.- Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e degli artt. 8 e 9 della legge regionale 30 aprile 1991 numero 10 – eccesso di potere per difetto d’istruttoria – violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3, 9, 10 e 10 bis, nonché dell’articolo 21 quinquies, 21 octies e 21 nonies della l. 7 agosto 1990 n. 241, come recepita dalla legge regionale 30 aprile 1991 n.10 – eccesso di potere per sviamento e contraddittorietà – difetto di istruttoria e di motivazione – violazione dei principi di partecipazione e del giusto procedimento, nonché di quelli attinenti all’esercizio della potestà di ritiro in autotutela.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata avversando il ricorso e chiedendone il rigetto.

All’udienza pubblica del 14 aprile 2011 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Il ricorso introduttivo del giudizio deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in ragione dell’adozione, nelle more del giudizio, del provvedimento prefettizio di revoca della licenza.

Tale atto infatti, benché non satisfattivo della pretesa fatta valere dalla ricorrente, si pone come atto nuovo che ridefinisce gli interessi in gioco, determinando un mutamento della situazione di fatto e di diritto presente al momento della presentazione del ricorso.

Peraltro, con il ricorso introduttivo parte ricorrente ha impugnato atti endoprocedimentali, i pareri negativi resi dalla Questura di Catania in data 17 dicembre 2009 sull’istanza di prosecuzione dell’attività di vigilanza ed in data 12 gennaio sull’istanza di estensione territoriale dell’attività stessa, nonché gli ulteriori pareri richiamati in tali note, e cioè la nota resa dalla medesima Divisione della Questura di Catania il 9 novembre 2009 e la nota del Nucleo di Polizia Tributaria di Catania del 12 dicembre 2009, atti che sono stati tutti impugnati altresì con i motivi aggiunti al ricorso.

Per motivi di logica e di economia di giudizio, ritiene il Collegio che vada esaminato prioritariamente il secondo motivo di censura contenuto nei motivi aggiunti al ricorso, con il quale la ricorrente, ************************, ha lamentato la violazione delle garanzie partecipative, atteso che la Prefettura intimata avrebbe disposto la revoca della licenza rilasciatale con decreto del 25 settembre 2007 senza previamente dare comunicazione dell’avvio del relativo procedimento; inoltre la Prefettura, nel prendere in considerazione le memorie difensive presentate dalla ricorrente nel diverso procedimento relativo alla dichiarazione di prosecuzione dell’attività, non ha esplicitato le ragioni ostative all’accoglimento delle osservazioni presentate dall’interessata, né ha fornito alcuna motivazione circa tali ragioni.

Il motivo è fondato e da accogliere.

Risulta infatti dall’esame del decreto prefettizio di revoca che la Prefettura di Catania, con nota del 04.03.2010, ha comunicato l’avvio del procedimento finalizzato al rigetto della dichiarazione della prosecuzione dell’attività per il 2010, e non alla revoca della licenza, che è invece il provvedimento adottato.

L’avvio del procedimento comunicato il 4 marzo 2010 si riferisce ad un procedimento diverso dalla revoca della licenza, in quanto l’eventuale diniego di prosecuzione dell’attività per un anno non comporta automaticamente e di per sé la revoca della licenza, mentre nella specie la decisione di disporre la revoca, costituendo esercizio di facoltà discrezionali e implicando l’accertamento di fatti complessi, impone la piena partecipazione dell’interessata al relativo procedimento, onde consentire a quest’ultima sia di contribuire al compiuto accertamento delle circostanze oggettive riscontrate dall’Amministrazione, sia di rappresentare alla Prefettura circostanze ulteriori, idonee ad una più accurata ponderazione della decisione da assumere.

Il provvedimento impugnato è pertanto illegittimo per violazione dell’articolo 7 della legge 241/1990.

E’ fondata altresì la seconda parte del motivo in esame, con la quale si lamenta che l’Amministrazione ha da un lato preso in considerazione le memorie ed osservazioni presentate dalla ricorrente nell’ambito del diverso procedimento amministrativo relativo alla prosecuzione attività per l’anno 2010, ma dall’altro lato le ha ritenute non “in grado di far modificare quanto emerso precedentemente”, senza indicare le ragioni che l’hanno indotta ad una tale valutazione.

E’ sufficiente al riguardo rilevare che l’art. 10 bis l. n. 241 del 1990 obbliga l’amministrazione a dare ragione, nella motivazione del provvedimento finale, dell’eventuale mancato accoglimento delle osservazioni prodotte dal privato nel corso del procedimento amministrativo.

Tale regola, finalizzata a consentire la fattiva partecipazione del privato all’istruttoria procedimentale, comporta che l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare le memorie scritte e i documenti prodotti dall’interessato, ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento e di dare conto, nella motivazione del provvedimento finale, delle ragioni che l’hanno indotta a non accogliere quanto rappresentato dal privato.

Pertanto, è illegittimo il provvedimento che non esterna compiutamente e specificamente la motivazione che ha indotto l’Amministrazione all’adozione dell’atto pur in presenza di controdeduzioni formalizzate dal destinatario dell’azione amministrativa (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 08 novembre 2010 , n. 7200).

Le considerazioni che precedono sono sufficienti a giustificare l’accoglimento dei motivi aggiunti, restando assorbite le ulteriori censure sollevate dalla ricorrente contro i provvedimenti impugnati.

L’Amministrazione dovrà, quindi, rideterminarsi, garantendo la partecipazione dell’interessata al procedimento.

Sussistono giustificati motivi per compensare interamente fra le parti le spese del giudizio, anche in ragione dei diversi esiti della fase cautelare in primo grado ed in appello.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi ad esso aggiunti, come in epigrafe proposti, dichiara il primo improcedibile; accoglie i motivi aggiunti nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Compensa fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:

***************, Presidente

Dauno Trebastoni, Primo Referendario

***************, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/05/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

sentenza

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