Competente a decidere se un reato è ministeriale o comune è soltanto il giudice

Redazione 01/04/11
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Con il deposito della sentenza 10130/2011 sono ora noti i motivi che hanno indotto
la sesta sezione penale della Corte di cassazione a stabilire il principio per
cui "il potere di qualificazione del reato, anche con riferimento alla sua
natura, ministeriale o meno, spetta sempre all’autorità giudiziaria".
Secondo la Suprema Corte è compito del pubblico ministero e del giudice
procedere alla qualificazione del reato, con la conseguenza che se la decisione
è nel senso di qualificarlo come reato comune viene meno anche l’obbligo
di informare la Camera di appartenenza. Quest’ultima potrà comunque sollevare
un conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte costituzionale nel caso in cui
ritenga lese le proprie prerogative.
Nelle parole della Corte, "secondo la legge costituzionale n. 1 del 1989
è il pubblico ministero che ricevuta la notitia criminis riguardante una
condotta attribuita ad un ministro, omessa ogni indagine, deve trasmettere nel
termine di quindici giorni gli atti al collegio per i reati ministeriali. L’obbligo
di trasmissione al collegio, e di conseguenza il divieto di compiere indagini,
scatta in presenza di una notitia criminis qualificata, nel senso che dalla stessa
sia possibile "direttamente ed immediatamente" ricollegare al ministro
la commissione del reato, anche in relazione al collegamento con l’esercizio delle
sue funzioni, come prescrive l’art. 4 della legge cost. n. 1 del 1989. Ciò
significa che in questa prima fase al pubblico ministero è attribuito il
compito di valutare, sulla base degli atti ricevuti, se il reato appartiene o
meno alla competenza del collegio, valutazione che può comportare anche
la possibilità di escludere tale competenza, ritenendo il reato non ministeriale
… Se al pubblico ministero è riconosciuto,, in prima battuta, il potere
di qualificare il reato, a maggior ragione si deve ritenere che lo stesso potere
spetti al giudice, al quale è sempre attribuita la verifica dei presupposti
della propria competenza. L’autonoma valutazione da parte del Parlamento sulla
natura ministeriale del reato … va intesa nel senso che la Camera competente
deve essere messa in condizione di "interloquire" per esercitare le
proprie prerogative, fermo restando che all’autorità giudiziaria spetta
la qualifica del reato e l’individuazione del giudice competente. Il coinvolgimento
del Parlamento deve avvenire "per via istituzionale e in forma ufficiale"
solo nei casi in cui il collegio specializzato sia investito della competenza
a conoscere del reato; invece, nelle altre ipotesi, in cui l’autorità giudiziaria
procede in via "ordinaria", per un reato che non ha ritenuto di natura
ministeriale, la Camera competente non "beneficia" di alcuna informativa
per via ufficiale, non potendosi comunque escludere che, ricorrendone i presupposti,
possa ricorrere allo strumento del conflitto di attribuzione, qualora si ritenga
lesa nelle sue prerogative".
La sentenza ha avuto ampia diffusione sulla stampa nazionale. Pur essendo riferita
ad un procedimento che riguarda l’ex Ministro della Giustizia Clemente Mastella,
sono inevitabili le ripercussioni anche sulle vicende giudiziarie attuali del
Presidente del Consiglio, e nello specifico sul dibattito politico circa il foro
competente a giudicare dei reati che gli sono contestati.

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