Chiusura delle liti fiscali minori: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Redazione 19/03/12
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Biancamaria Consales

L’Agenzia delle Entrate è intervenuta con circolare n. 7/E del 15 marzo, per fornire chiarimenti in merito alle novità apportate dall’articolo 29, comma 16bis, del D.L. 216/2011 (decreto milleproroghe) all’istituto della chiusura agevolata delle controversie minori, ovvero quelle di valore non superiore a 20mila euro, disciplinato dall’articolo 39, comma 12, del D.L. 98/2011. I chiarimenti sono così sintetizzabili:

a) in merito all’ampliamento dell’ambito di applicazione della definizione, in virtù della modifica normativa, possono ora essere sanate le liti fiscali che risultavano pendenti alla data del 31 dicembre 2011. Si tratta di tutte quelle controversie instaurate per la prima volta, attraverso proposizione dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, nel periodo compreso tra il 2 maggio e il 31 dicembre 2011.

Non possono, invece, essere definite:

– le liti sulle quali sia già intervenuta una pronuncia giurisdizionale definitiva prima del 28 febbraio 2012 (data di entrata in vigore della legge 14/2012, di conversione del decreto mille proroghe;

– le liti sulle quali, al momento della presentazione della domanda, sia già stata depositata una sentenza o un’ordinanza decisoria della Corte di cassazione, che ha natura di giudicato intangibile per le parti;

b) in merito al termine unico del 2 aprile 2012, ultimo per provvedere al versamento degli importi dovuti e per presentare la domanda di definizione, l’Agenzia delle entrate precisa che esso vale sia per le controversie già pendenti alla data del 1° maggio 2011, sia per quelle ricomprese a seguito della modifica normativa, sempreché alla data di entrata in vigore della norma non sia intervenuta una pronuncia giurisdizionale definitiva. Ciò permetterà anche agli eventuali “ritardatari”, che non avevano eseguito il versamento in tempo, di beneficiare della definizione agevolata;

c) in merito ai ricorsi tardivi, la circolare precisa che la definizione è possibile solo se la controversia è “reale”: pertanto non può avvalersi della definizione agevolata il contribuente che abbia impugnato un avviso di accertamento oltre i termini di decadenza prescritti dalla legge, al solo scopo di precostituire artificiosamente una controversia pendente e pagare un’imposta inferiore rispetto a quella effettivamente accertata, come già precisato dalla precedente circolare n. 48/2011, sia dalla giurisprudenza di legittimità (si veda Cass. sentenza n. 19693/2011 la quale ha statuito che una lite può considerarsi pendente allorché essa possa considerarsi “reale”, e sia, cioè, provvista di un margine di incertezza, tanto che permanga l`interesse, non solo del contribuente ma anche dell`amministrazione, a definirla);

d) in merito alla questione concernente l’aliquota da applicare per la definizione di una lite pendente a seguito della pronuncia di rinvio della Cassazione che ha annullato la precedente sentenza della Commissione tributaria regionale favorevole all’Ufficio, l’Agenzia delle Entrate precisa che essa è del 30%. Infatti, tale ipotesi è assimilabile a quella in cui non sia stata già resa alcuna pronuncia giurisdizionale non cautelare sul merito ovvero sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, ipotesi nella quale trova, appunto, applicazione l’aliquota del 30% sul valore della controversia.

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