A seguito di un atto (presunto) illegittimo, per ottenere il risarcimento del danno e quindi considerarlo anche “illecito”, bisogna anche chiederne prima l’annullamento? Le sezioni unite della Suprema Corte si sono, recentemente, pronunciate, con la sente

Lazzini Sonia 02/11/06
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La dottrina e la giurisprudenza hanno già avuto modo di mettere in luce che, se la reintegrazione in forma specifica in forza dell’art. art. 35 del d.lgs n. 80 del 1998, modificato dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000, che richiama la formulazione dell’art. 2058 c.c., costituisce certamente, nel processo amministrativo, alternativa legittima al risarcimento del danno per equivalente, nondimeno l’obbligo di adottare un comportamento di natura restitutoria o ripristinatoria può sorgere anche da un fatto o atto diverso dalla condanna al risarcimento del danno

 

La fattispecie sottoposta al Consiglio di Stato e contenuta nella decisione numero 5063, espressa nella camera di consiglio del 7 marzo 2006  e pubblicata il 30 agosto 2006,  è la seguente:

 

Un’impresa vince il ricorso davanti al Tar che ritiene illegittima un’aggiudicazione avvenuta attraverso una trattativa privata e non con una completa procedura ad evidenza pubblica.

 

La stessa impresa, subito dopo la presentazione del ricorso, ma non ancora a conoscenza del pensiero dell’adito giudice amministrativo, aliena i beni il cui possesso, in caso di nuova gara, fungerebbero da conditio sine qua non per la partecipazione, in quanto facenti parte dei cd requisiti di ordine speciale.

 
Il dubbio quindi è :
 

ha senso continuare nel processo davanti al Tar, dal momento che l’interessata non sarebbe comunque più in grado di partecipare all’appalto in quanto non più in possesso dei necessari requisiti?

 

Il giudice di primo grado, dando torto all’amministrazione per non aver esperito subito una gara, nel confermare l’interesse della ricorrente ad ottenere comunque un parere giurisprudenziale, ci segnala che <indissolubile connessione … a norma dell’art. 7 della legge n. 205/2000 fra le due forme (in forma specifica e per equivalente, n.d.r.) di restaurazione della situazione soggettiva lesa, connessione che ha indotto ad ammetterne la proposizione direttamente in sede di ottemperanza (cfr. ex multis Sez. I, 4.10.2001 n.4485). Ma questo certo non esclude che pure in presenza di una sopravvenuta impossibilità di una esecuzione in forma specifica possa permanere un astratto interesse al risarcimento idoneo a sorreggere l’azione di annullamento”.>

 

Il Supremo giudice amministrativo non è dello stesso parere e afferma invece che:

 

<il ragionamento del primo giudice è affetto da una inversione logica, perché non avverte che l’accertamento dell’illegittimità dell’atto amministrativo può porsi come presupposto della domanda di risarcimento del danno, se viene compiuto nell’apposito giudizio di natura cognitoria, che deve essere condotto nell’osservanza delle norme processuali che lo regolano, e quindi anche con riguardo, perciò che qui interessa, alle cosiddette condizioni dell’azione. Secondo l’impostazione della sentenza appellata, invece, l’illegittimità dell’atto verrebbe accertata, sostanzialmente, invia incidentale, mentre i presupposti processuali e le condizioni dell’azione sarebbero valutati come riferiti alla domanda di risarcimento del danno.

 

Tele orientamento, peraltro, si pone in frontale contrasto con l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria 26 marzo 2003 n. 4, in cui si è affermato che l’azione di risarcimento del danno è ammissibile solo se sia stato tempestivamente impugnato il provvedimento illegittimo e sia stato coltivato con successo il relativo giudizio di annullamento, essendo necessario e vincolante in sede di decisione sulla domanda di risarcimento del danno un previo o contestuale accertamento dell’illegittimità dell’atto, operato dal giudice in sede di giudizio di impugnazione.

 

La persistenza della legittimazione all’impugnazione, nella fattispecie in esame, andava verificata con riguardo al giudizio di impugnazione dell’aggiudicazione, e l’esito di tale indagine avrebbe messo in evidenza il venir meno della detta legittimazione a causa delle vicende successivamente intervenute nell’ambito della Impresa ricorrente>

 
 

In pratica non avendo alcun interesse (giuridico) ad impugnare l’atto, l’impresa non ha altresì alcun diritto a richiedere (ed evidentemente ancor meno ad ottenere)  il risarcimento del danno.

 
Sorge a questo punto spontanea un’osservazione:
 

ci era sembrato di capire, da un’ultima sentenza della Cassazione (sezioni unite della Suprema Corte si sono, recentemente, pronunciate, con la sentenza n. 13659 del 13 giugno 2006 ), che gli adempimenti che un (presunto) danneggiato dovesse svolgere per ottenere il risarcimento del danno, non fossero più, obbligatoriamente, prima l’ottenere l’annullamento dell’atto e dopo ricevere l’eventuale (dovuto) risarcimento, ma che il supremo giudice civile avesse decretato che possono esserci delle “autonome” richieste di danni che considerassero quindi un certo atto come “illecito” senza il bisogno di essere anche stato definito “illegittimo”

 

Le sezioni unite della Suprema Corte si sono, recentemente, pronunciate, con la sentenza n. 13659 del 13 giugno 2006 in questi termini:

 

Le Sezioni Unite fanno il punto sul riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in relazione alla tutela risarcitoria. Le Sezioni Unite affermano che quante volte si sia in presenza di atti riferibili oltre che ad una pubblica amministrazione a soggetti ad essa equiparati ai fini della tutela giudiziaria del destinatario del provvedimento e l’atto sia capace di esplicare i propri effetti perché il potere non incontra ostacolo in diritti incomprimibili della persona, la tutela giudiziaria deve essere chiesta al giudice amministrativo. Al giudice amministrativo potrà essere chiesta la tutela demolitoria e, insieme o successivamente, la tutela risarcitoria completiva. Ma la parte potrà chiedere al giudice amministrativo anche solo la tutela risarcitoria, senza dover osservare allora il termine di decadenza pertinente all’azione di annullamento

 

L’emarginata decisione del giudice di Palazzo Spada (decisa a marzo 2006) ci fa notare che, per le decisioni prese prima del giugno 2006, la tesi sarà ancora quella della cd pregiudiziale amministrativa e quindi di condizionare la richiesta danni al quella di annullamento dell’atto.

 
Di *************
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE.
Sezione Quinta Anno 2005
 

 ha pronunciato la seguente

 
SENTENZA
 

sul ricorso n. 6058 del 2005, proposto dalla *** s.r.l. rappresentata e difesa dall’avv.to ****************, elettivamente domiciliata presso il medesimo in Roma, via degli Avignonesi 5

 
contro
 

il Comune di Ischia e ******à Ischia Ambiente s.p.a., non costituiti in giudizio, e

 

*** s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. ti *************** e ***************, elettivamente domiciliata presso lo Studio Legale ******************* in Roma, via F. Nitti 11

 
e
 

sul ricorso n. 6124 del 2005, proposto dalla *** s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. ti *************** e ***************, elettivamente domiciliata presso lo Studio Legale ******************* in Roma, via F. Nitti 11

 
contro
 
il Comune di Ischia, non costituito in giudizio,
 

Ischia Ambiente s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. **********************, elettivamente domiciliata presso la Segretria del Consiglio di Stato, Sezione Quita in Roma, Piazza Capo diFerro 13,

 

*** s.r.l. rappresentata e difesa dall’avv.to ****************, elettivamente domiciliata presso il medesimo in Roma, via degli Avignonesi 5

 
per la riforma
 

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sez. I, 24 marzo 2005 n. 2471, resa tra le parti.

 
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
 

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate come in epigrafe;

 

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

 
Visti gli atti tutti della causa;
 

Relatore alla pubblica udienza del 7 marzo 2006 il consigliere *************, e uditi gli avvocati **************** e ******, per delega, quest’ultimo, di *******.

 
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
 
FATTO
 

La società Ischia Ambiente, s.p.a. a capitale interamente pubblico del Comune di Ischia, affidava a trattativa privata, per quattro anni, alla società *** il servizio di trasporto marittimo, dall’isola al continente, degli automezzi addetti alla raccolta e al trasporto dei r.s.u.

 

La *** s.r.l. ha contestato la legittimità dell’anzidetta procedura prospettando la tesi che la stazione appaltante avrebbe dovuto ricorrere, per l’affidamento del servizio, alla procedura ad evidenza pubblica mancando nella fattispecie i presupposti della trattativa privata. Ha inoltre richiesto la condanna dell’appaltante al risarcimento del danno.

 

La *** ha avanzato eccezione di improcedibilità sull rilievo che la ricorrente, dopo la proposizione del ricorso, aveva dismesso tutte le sue navi di tal che non sarebbe, comunque, in condizioni di partecipare alla pretesa gara ad evidenza pubblica.

 

Il TAR con la sentenza in epigrafe ha respintola la detta eccezione, ha accolto il ricorso con riguardo alla aggiudicazione, e lo ha respinto quanto alla domanda di risarcimento del danno.

 

Avverso la sentenza ha proposto un primo appello la *** assumendo l’erroneità dell’annullamento dell’aggiudicazione.

 

Un secondo appello è stato proposto dalla *** per insistere sulla domanda di risarcimento del danno.

 

Nei due giudizi si sono costituite le parti controinteressate, come in epigrafe.

 

Alla pubblica udienza del 7 marzo 2006 le due cause sono state trattenute in decisione.

 
DIRITTO
 

Si dispone la riunione dei due appelli ai fini di un’unica decisione in quanto proposti contro la stessa sentenza.

 

L’appello proposto dalla ***, che ha subito l’annullamento dell’affidamento del servizio di trasporto marittimo ai porti del continente dei rifiuti solidi urbani dell’Isola di Ischia, fa leva essenzialmente sulla eccezione di improcedibilità del ricorso di primo grado, basata sulla circostanza che la ricorrente ***, dopo la proposizione del ricorso, ha alienato l’intera propria flotta, così perdendo la possibilità materiale di partecipare alla gara pubblica, per la cui effettuazione aveva proposto ricorso, e quindi la legittimazione all’impugnazione.

 

L’eccezione, respinta dai primi giudici, doveva, invece,ritenersi fondata, ed è quindi da accogliere il motivo di appello.

 

Il TAR, infatti, ha valutato la persistenza dell’interesse alla impugnazione, nonostante l’alienazione dei mezzi tecnici per lo volgimento del servizio, in quanto la ricorrente aveva domandato anche la condanna dell’appaltante al risarcimento del danno.

 

Secondo il primo giudice esisterebbe una “indissolubile connessione … a norma dell’art. 7 della legge n. 205/2000 fra le due forme (in forma specifica e per equivalente, n.d.r.) di restaurazione della situazione soggettiva lesa, connessione che ha indotto ad ammetterne la proposizione direttamente in sede di ottemperanza (cfr. ex multis Sez. I, 4.10.2001 n.4485). Ma questo certo non esclude che pure in presenza di una sopravvenuta impossibilità di una esecuzione in forma specifica possa permanere un astratto interesse al risarcimento idoneo a sorreggere l’azione di annullamento”.

 
La tesi non è condivisibile.
 

La dottrina e la giurisprudenza hanno già avuto modo di mettere in luce che, se la reintegrazione in forma specifica in forza dell’art. art. 35 del d.lgs n. 80 del 1998, modificato dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000, che richiama la formulazione dell’art. 2058 c.c., costituisce certamente, nel processo amministrativo, alternativa legittima al risarcimento del danno per equivalente, nondimeno l’obbligo di adottare un comportamento di natura restitutoria o ripristinatoria può sorgere anche da un fatto o atto diverso dalla condanna al risarcimento del danno.

 

E’ stato affermato, infatti, che l’obbligo di adozione, da parte dell’Amministrazione, di un determinato atto o comportamento può riferirsi ad ipotesi di adempimento o di esecuzione, e non necessariamente a causa risarcitoria. In presenza di accertata spettanza del provvedimento amministrativo preteso, l’emanazione dello stesso non costituisce una misura risarcitoria, ma rappresenta la doverosa esecuzione di un obbligo, se ed in quanto, nella competente sede cognitoria, ne sia stata accertata la sussistenza a carico dell’Amministrazione (Cons. St., Sez. VI, 3 aprile 2003 n. 1716; Sez. V, 15 marzo 2004, n. 1280). 

 

Nella specie il soddisfacimento della pretesa allo svolgimento della pubblica gara, conseguendo automaticamente all’annullamento dell’atto di affidamento a trattativa privata, sarebbe stato sorretto da una causa autonoma e separata dalla eventuale fondatezza della pretesa al risarcimento del danno.

 

Ne consegue che il ragionamento del primo giudice è affetto da una inversione logica, perché non avverte che l’accertamento dell’illegittimità dell’atto amministrativo può porsi come presupposto della domanda di risarcimento del danno, se viene compiuto nell’apposito giudizio di natura cognitoria, che deve essere condotto nell’osservanza delle norme processuali che lo regolano, e quindi anche con riguardo, perciò che qui interessa, alle cosiddette condizioni dell’azione. Secondo l’impostazione della sentenza appellata, invece, l’illegittimità dell’atto verrebbe accertata, sostanzialmente, invia incidentale, mentre i presupposti processuali e le condizioni dell’azione sarebbero valutati come riferiti alla domanda di risarcimento del danno.

 

Tele orientamento, peraltro, si pone in frontale contrasto con l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria 26 marzo 2003 n. 4, in cui si è affermato che l’azione di risarcimento del danno è ammissibile solo se sia stato tempestivamente impugnato il provvedimento illegittimo e sia stato coltivato con successo il relativo giudizio di annullamento, essendo necessario e vincolante in sede di decisione sulla domanda di risarcimento del danno un previo o contestuale accertamento dell’illegittimità dell’atto, operato dal giudice in sede di giudizio di impugnazione.

 

La persistenza della legittimazione all’impugnazione, nella fattispecie in esame, andava verificata con riguardo al giudizio di impugnazione dell’aggiudicazione, e l’esito di tale indagine avrebbe messo in evidenza il venir meno della detta legittimazione a causa delle vicende successivamente intervenute nell’ambito della Impresa ricorrente.

 
Il primo dei ricorsi in appello va dunque accolto.
 

Con riguardo alla seconda contestazione, avanzata dalla *** contro il rigetto della domanda risarcitoria, è agevole constatarne l’infondatezza in ragione dell’improcedibilità del ricorso di primo grado, come sopra accertata.

 

Le spese del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente nella misura indicata in dispositivo.

 
P.Q.M.
 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,   riuniti gli appelli in epigrafe, accoglie il primo e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara improcedibile il ricorso di primo grado;

 
respinge il secondo
 

condanna *** s.r.l. al pagamento in favore della *** s.r.l. delle spese di entrambi i giudizi e ne liquida l’importo in Euro 5.000,00=

 

ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 marzo 2006

DEPOSITATA IN SEGRETERIA – 30 agosto 2006

 

Lazzini Sonia

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