La recente nomina di Neil Gorsuch a giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti

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La nomina a giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti si basa su una preliminare designazione da parte del Presidente e su una successiva ratifica ad opera del Senato.

Il 7 aprile u.s., il Senato degli Stati Uniti ha concluso la sua confirmation hearing (audizione del soggetto designato e successiva votazione) ed ha così ratificato la designazione di Neil Gorsuch effettuata a gennaio scorso da Donald Trump.

 

Neil Gorsuch è così il nono giudice della Corte Suprema, occupante il seggio lasciato vacante da Antonino Scalia, morto improvvisamente nel febbraio del 2016.

 

Chi è Neil Gorsuch?

È nato nel 1967 in Colorado, dove vive stabilmente dal 2006, da quando è divenuto giudice del Tenth Circuith. Ha un curriculum ineccepibile: ha frequentato Harward e poi Oxford, è stato Clerk di due Justices, cioè assistente di studio dei giudici supremi della corte statunitense Byron White e Anthony Kennedy, poi ha svolto la professione di avvocato e taluni incarichi di alta amministrazione per il governo federale.

È un giudice di estrazione conservatrice ed è stato salutato da tutti gli ambienti conservatori statunitensi come il degno erede di Antonino Scalia.

 

Che cosa accomuna  Neil Gorsuch e Antonino Scalia?

Sono entrambi esponenti della corrente interpretativa del diritto detta  “originalismo”, precisamente della sua versione detta “testualismo”.

Padre e paladino dell’originalismo fu Robert Bork, il quale riteneva che la Costituzione degli Stati Uniti dovesse essere interpretata rifacendosi esclusivamente all’ “original intent” dei padri costituenti.

Il giudice della Corte Suprema Antonino Scalia, nei primi anni del suo mandato, abbracciò questa teoria dell’interpretazione. Ma poi la elaborò in una versione più matura -il testualismo-, ritenendo che la costituzione fosse da interpretarsi rifacendosi non all’originario intento soggettivo dei costituenti, quanto piuttosto al significato testuale ed originario delle parole così come oggettivato nel testo scritto in quell’epoca storica, senza dunque alcuna indagine di natura soggettivistica sulle intenzioni di coloro che redassero materialmente il testo costituzionale.

Conseguenza importante del rifarsi esclusivamente al testo scritto della costituzione è che il giudice non può ricavare da esso un significato normativo non esplicitato dalle parole medesime, le quali, come più volte ricordato da Scalia, hanno una gamma di “significati limitati”. Il giudice dunque, sia nell’interpretazione  della costituzione, sia ovviamente nell’interpretazione della legge in genere, deve evitare ogni intervento creativo, attenendosi soltanto alla ricostruzione fedele del testo scritto dal legislatore dell’epoca.

Proprio l’opposto predica la teoria interpretativa della cosiddetta  “living constitution”. Secondo i suoi seguaci, tra cui vanno annoverati i giudici progressisti della Corte Suprema, il giudice può – anzi deve – farsi interprete del mutato contesto in cui viene ad operare oggi il testo normativo e,  in forza di tale ruolo, deve ricavare dal testo della costituzione (e dalla legge in genere) significati impliciti, nello sforzo di renderla un documento vivente nell’epoca attuale.

La contrapposizione è dunque tra coloro che ritengono che la Costituzione degli Stati Uniti sia, per dirla con le parole di Scalia, ”morta, morta, morta” , e coloro che ritengono che la costituzione sia “viva”, perché resa attuale dalla continua opera interpretativa dei giudici, avente appunto una funzione adeguatrice del testo scritto al mutato contesto.

Volendo schematizzare, si può dire che per i testualisti il “testo prevale sul contesto”, laddove per quelli che seguono la teoria opposta (living constitution), il “contesto prevale sul testo”.

 

Le conseguenze delle due diverse teorie interpretative della norma giuridica non sono di poco momento.

I testualisti, tra cui il nuovo giudice della Corte Suprema Neil Gorsuch, sono tutti accomunati da una forte diffidenza verso il cd. “attivismo giudiziario”. Invero, se si attribuisce al giudice -come fa l’opposta teoria  interpretativa- il ruolo di rendersi interprete del contesto generale in cui vige la disposizione normativa e di interpretarla al fine di adeguarla ad esso, si dà la possibilità al giudice di integrare il testo scritto creando una norma giuridica, con ciò forzando sia le originarie intenzioni del legislatore sia il testo medesimo nel quale tali intenzioni si sono obiettivate.

Ne consegue che il giudice -secondo i testualisti- con il pretesto di interpretare la disposizione costituzionale o legislativa, in effetti crea una (nuova) norma giuridica, che era del tutto sconosciuta al legislatore dell’epoca.

Secondo i testualisti il giudice deve limitare la sua opera interpretativa esclusivamente al ricavare il dato normativo dal testo scritto, calandolo nell’epoca storica in cui fu creato,  senza andare al di là di esso. Se dunque, per esempio, la Costituzione degli Stati Uniti non prevede un diritto in modo esplicito e testuale (si pensi all’aborto), esso non può essere ricavato implicitamente dal testo costituzionale attraverso un’operazione giudiziale  che si definisce interpretativa, ma che in realtà è creativa del diritto. Una siffatta interpretazione creativa oltre a violare il testo di legge, lede il principio della separazione dei poteri perché fa del giudice, nei fatti, un legislatore.

 

La teoria del testualismo ha il limite costituito   dal fatto che il testo costituzionale,  essendo scritto in epoca lontana, non può ovviamente prevedere situazioni sorte in mutati contesti successivi nel tempo. Questo limite non sussiste ovviamente secondo i seguaci della “living constitution”, perché sarà proprio l’opera interpretativa del giudice a far sì che la legge del tempo venga  adeguata alle nuova realtà.

Però, secondo i testualisti,  il suddetto limite,  connaturato alla loro teoria interpretativa del diritto, verrà superato non con l’opera creativa dell’interpretazione giudiziale bensì con l’intervento del legislatore, anche a livello costituzionale, il quale ben può prevedere nuovi diritti (ad esempio l’aborto) attraverso un intervento di emenda del testo scritto originario.

L’attivismo giudiziario, cioè il continuo intervento dei giudici che creano diritto nella loro attività  di interpretazione del testo normativo, è oggetto di forte diffidenza, critica, vero e proprio contrasto da parte dei testualisti come Scalia e Gorsuch.

Soleva dire Antonino Scalia che la Costituzione degli Stati Uniti non può essere oggetto di interpretazioni creatrice da parte di nove individui (i giudici della Suprema Corte) che non sono espressione della volontà popolare.

 

Napoli, 10  aprile 2017

Giovanni Carbone

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