L’utilizzo coattivo di beni privati non giustifica la loro permanente degradazione, perché ciò costituisce una ulteriore compressione del diritto di proprietà (distinta da quella necessaria a consentire l’utilizzazione temporanea per lo stoccaggio dei rif

Lazzini Sonia 03/12/09
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In questo senso, risultano quindi violati il principio generale del neminem ledere ed i conseguenti obblighi di tutela fissati sia dall’art. 2043 cod.civ. che dall’art. 832 cod,civ., oltre che i generali principi di giustizia, equità e buona fede che, in quanto corollari dei principi di efficienza, imparzialità ed efficacia dell’azione amministrativa (ex art. 97 Cost.) vanno rispettati anche nei procedimenti amministrativi e nei rapporti tra il cittadino e la P.A. che agisce in forma autoritativa
Il comportamento dannoso del Comune è connotato da grave negligenza, sussistendo quindi la responsabilità aquiliana dell’Ente ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2043 cod.civ.
Ne consegue che il ricorso è fondato e come tale va accolto, condannando il Comune di Varapodio al risarcimento del danno che, ai sensi dell’art. 35 del Dlgs 80/98 dovrà essere liquidato dallo stesso Ente nel rispetto dei criteri meglio oltre indicati.
La controversia inerente il risarcimento dei danni conseguenti a tale attività autoritativa, spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo :in materia di urbanistica ed edilizia (entro la quale va ricondotta anche l’odierna fattispecie) sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con esclusione delle sole questioni inerenti indennità (che, infatti, è stata puntualmente riconosciuta dal giudice civile previamente adito da parte ricorrente) e danni derivanti da meri comportamenti della P.A.
In quest’ultima categoria, a differenza di quanto sostiene la difesa di parte ricorrente, non può farsi rientrare l’attività della PA che costituisce esercizio di un potere causalmente rivolto alla tutela di interessi pubblici, come recentemente statuito con le sentenze n. 204 del 2004 e 191 del 2006 della Corte costituzionale, in forza delle quali la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delineata dall’art. 34 d.lg. n. 80 del 1998, reintrodotto dall’art. 7 l. n. 205 del 2000, s’estende alle controversie contro atti e comportamenti, che costituiscano esecuzione di precedenti manifestazioni in forma provvedimentale di potere ablatorio in relazione al bene di cui si discute (Cassazione civile , sez. un., 23 dicembre 2008 , n. 30254)
Ricorso per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno derivante dalla occupazione di beni immobili per pubblica utilità e per la condanna dell’Ente resistente al pagamento di tutte le somme dovute, per il titolo dedotto in giudizio, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dal dovuto pagamento al saldo effettivo
Ricorrono i coniugi ricorrenti, per ottenere il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno derivante dalla occupazione di beni immobili di loro proprietà per fini di interesse pubblico e conseguente condanna dell’Ente resistente al pagamento di tutte le somme dovute per il titolo dedotto in giudizio, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, dal dovuto pagamento al soddisfo effettivo.
In fatto, espongono che il terreno di loro proprietà meglio indicato in atti è stato oggetto di occupazione ai fini di pubblica utilità ai fini di stoccaggio di rifiuti da parte del Comune di Varapodio, in forza di reiterate ordinanze del Sindaco, che ne hanno dapprima disposto l’occupazione, ex art. 12 DPR 915/82 e poi prorogato di volta in volta il termine fino alla scadenza del 12.11.1998.
Al fine di ottenere il risarcimento, adivano dapprima il giudice ordinario, di fronte al Tribunale di Palmi, il quale riteneva la propria giurisdizione limitatamente alla domanda di corresponsione della indennità di occupazione del medesimo terreno (sentenza nr. 144/01), e poi la declinava relativamente alla domanda di risarcimento del danno proposta per il periodo successivo al 12.11.1998 (sentenza nr. 234/03 del 18.11.2003).
A supporto delle proprie pretese, producono perizia inerente la stima dei danni subiti dal fondo.
Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?
Ritenuta la giurisdizione, il ricorso è fondato e va accolto, disattendendo le difese di parte pubblica.
In particolare, risulta comprovato da parte ricorrente, tramite la perizia di parte depositata agli atti di giudizio e la documentazione prodotta, l’utilizzazione del terreno da parte del Comune ed il suo stato di degrado; viceversa, non risulta comprovato in alcun modo, da parte del Comune l’eccepito avvenuto rilascio del terreno a favore dei ricorrenti (che sarebbe da riconoscere nella cessata utilizzazione del terreno), né lo stesso Comune ha eccepito l’esistenza di eventuali interventi di ripristino, o la impossibilità di farvi fronte per cause di forza maggiore, così come non ha contestato lo stato di degrado, né la mancata utilizzabilità del terreno da parte dei ricorrenti.
In merito, si osserva che non vale a far ritenere che il terreno è stato restituito ai ricorrenti, l’allegazione della mera circostanza che il Comune non se n’è più servito.
Infatti, a seguito della occupazione dell’immobile, avrebbe dovuto essere redatto un apposito verbale di riconsegna dei terreni a suo tempo occupati, con l’esatta indicazione del loro stato e comunque previa l’adozione delle necessarie opere di bonifica dei suoli che, anche nella vigenza del DPR 915/82, erano logicamente da ritenersi dovute.
Quest’ultimo aspetto, ai fini dell’istituto di cui all’art. 2043 cod. civ. porta a ritenere il comportamento del Comune non solo oggettivamente causativo del danno all’immobile, ma altresì colpevole: invero, anche a fronte di atti e provvedimenti adottati nel vigore del regime inerente la disciplina di cui al DPR 915/82, e secondo i principi generali, è da considerarsi sussistente per il Comune l’obbligo di adozione dei necessari interventi di bonifica dei suoli privati utilizzati per lo stoccaggio (temporaneo o meno) dei rifiuti solidi urbani.
La sussistenza di tali obblighi trova ulteriore conferma nella legislazione successiva, che ha circondato la materia dello smaltimento dei rifiuti con particolari e più accurate garanzie, tra le quali una complessa disciplina in ordine alla bonifica dei suoli comunque inquinati (artt. 177 e ss. Dlgs 152/2006).
Tali obblighi non risultano assolti dal Comune, non solo al momento della cessazione dell’uso del terreno medesimo (così come sarebbe stato secondo l’ordinaria diligenza), ma neppure successivamente ed, in particolare, neppure quando i ricorrenti si sono visti costretti a ricorrere alla tutela giudiziaria dei loro diritti, persistendo l’Ente nel proprio contegno omissivo e negligente fino alla decisione della odierna controversia.
Si deve osservare, a tale proposito, che i ricorrenti hanno formulato la loro domanda di risarcimento del danno chiedendo anche il ristoro economico dei costi relativi alla bonifica da svolgersi sul terreno, a sua volta da restituirsi.
La bonifica del terreno è, come si è detto, obbligatoria non solo per il Comune, ma anche per i privati proprietari, nel senso che, attinendo ad interessi pubblici non derogabili (la salubrità dell’ambiente) non può essere meramente monetizzata, ma va disposta con le opportune garanzie di esecuzione effettiva.
Ne consegue, pertanto, che i criteri cui informare l’attività risarcitoria del Comune dovranno necessariamente assicurare l’effettiva bonifica dei suoli e ciò comporta o che ad essa provveda direttamente l’Ente, restituendo poi il terreno bonificato, o vi provvedano i privati con oneri a carico del Comune, ma quest’ultimo avrà comunque la responsabilità di accertare, in tal caso, l’effettiva avvenuta bonifica dei suoli, prima di corrispondere ai privati le relative somme.
Pertanto, alla luce di tali premesse, i criteri da osservarsi ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 35 Dlgs 80/98 sono i seguenti:
 
a) Il Comune determinerà il costo della bonifica del terreno, in relazione alle opere necessarie, determinandosi o alla diretta esecuzione di queste opere (nel qual caso provvederà al rilascio del terreno dopo l’esecuzione della bonifica a regola d’arte) o alla monetizzazione di tali opere (che, in tal caso, dovranno essere assicurate dai proprietari, essendo la bonifica dei suoli inquinati obbligatoria ai sensi degli artt. 177 e ss. Dlgs 152/2006 ed alle relative condizioni e limiti, con obbligo per il Comune di accertamento dell’avvenuta bonifica cui sarà condizionato il pagamento) ed il tutto entro e non oltre sessanta giorni dalla comunicazione della presente sentenza o sua notifica a cura di parte.
b) Nello stesso termine di cui al punto “a”, per il periodo di perdurante occupazione del suolo a decorrere dal 12.11.1998 e sino al momento del rilascio del terreno, il Comune quantificherà e proporrà alle parti ricorrenti, a titolo di risarcimento per la impedita utilizzazione del suolo, una somma pari a quella liquidata in sede civile per la legittima occupazione, aumentata del 10%.
c) il Comune provvederà a corrispondere le somme di cui al punto b) precedente entro il termine massimo di 180 giorni dall’accettazione della proposta da parte dei ricorrenti, con interessi legali, come per legge; le somme inerenti la bonifica del terreno, ove da corrispondersi secondo il precedente punto “a” dovranno essere corrisposte entro e non oltre 30 giorni dall’avvenuta bonifica da parte dei privati (accertata dal Comune).
d) il Comune rilascerà il terreno, previa adozione dei necessari atti formali, entro 10 giorni dall’accordo tra le parti sulla offerta formulata secondo i punti precedenti, oppure, nel caso in cui si determinerà a procedere direttamente alla bonifica, entro il termine di dieci giorni da tale ultimo adempimento, che dovrà, in tal caso, essere assicurato entro 90 giorni dal raggiungimento dell’accordo.
e) Il procedimento necessario all’esecuzione della presente sentenza dovrà essere condotto nel pieno rispetto delle garanzie partecipative dei privati, di cui si dovrà dare formale attestato nei provvedimenti finali.
 
 
A cura di *************
 
 
Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 960 del 6 novembre 2009, emessa dal Tar Calabria, Reggio Calabria
 
 
N. 00960/2009 REG.SEN.
N. 00613/2004 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 613 del 2004, proposto da:
G. Nicola e R. Rita, rappresentato e difeso dall’avv. ********************, con domicilio eletto presso ***************. in Reggio Calabria, via Archi Cep, Lotto 17 Sc.H Int. 3;
contro
Comune di Varapodio, rappresentato e difeso dall’avv. *************, con domicilio eletto presso *************************. in Reggio Calabria, via Castello,6;
per il riconoscimento
del diritto al risarcimento del danno derivante dalla occupazione di beni immobili per pubblica utilità e per la condanna dell’Ente resistente al pagamento di tutte le somme dovute, per il titolo dedotto in giudizio, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dal dovuto pagamento al saldo effettivo
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Varapodio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2009 il dott. ************************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
FATTO e DIRITTO
Ricorrono i coniugi G. e R., per ottenere il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno derivante dalla occupazione di beni immobili di loro proprietà per fini di interesse pubblico e conseguente condanna dell’Ente resistente al pagamento di tutte le somme dovute per il titolo dedotto in giudizio, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, dal dovuto pagamento al soddisfo effettivo.
In fatto, espongono che il terreno di loro proprietà meglio indicato in atti è stato oggetto di occupazione ai fini di pubblica utilità ai fini di stoccaggio di rifiuti da parte del Comune di Varapodio, in forza di reiterate ordinanze del Sindaco, che ne hanno dapprima disposto l’occupazione, ex art. 12 DPR 915/82 e poi prorogato di volta in volta il termine fino alla scadenza del 12.11.1998.
Al fine di ottenere il risarcimento, adivano dapprima il giudice ordinario, di fronte al Tribunale di Palmi, il quale riteneva la propria giurisdizione limitatamente alla domanda di corresponsione della indennità di occupazione del medesimo terreno (sentenza nr. 144/01), e poi la declinava relativamente alla domanda di risarcimento del danno proposta per il periodo successivo al 12.11.1998 (sentenza nr. 234/03 del 18.11.2003).
A supporto delle proprie pretese, producono perizia inerente la stima dei danni subiti dal fondo.
In via istruttoria chiedono CTU per la esatta quantificazione della misura del danno e, in subordine, chiedono condannarsi il Comune al risarcimento del danno ex art. 35 Dlgs 80/98, previa fissazione dei criteri di liquidazione.
Si è costituito il Comune che resiste al ricorso di cui chiede il rigetto per inammissibilità ed infondatezza, eccependo altresì la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo.
Alla pubblica udienza del 21 ottobre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
I) Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione opposta dalla difesa del Comune di Varapodio: invero, in materia di urbanistica ed edilizia (entro la quale va ricondotta anche l’odierna fattispecie) sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con esclusione delle sole questioni inerenti indennità (che, infatti, è stata puntualmente riconosciuta dal giudice civile previamente adito da parte ricorrente) e danni derivanti da meri comportamenti della P.A. In quest’ultima categoria, a differenza di quanto sostiene la difesa di parte ricorrente, non può farsi rientrare l’attività della PA che costituisce esercizio di un potere causalmente rivolto alla tutela di interessi pubblici, come recentemente statuito con le sentenze n. 204 del 2004 e 191 del 2006 della Corte costituzionale, in forza delle quali la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delineata dall’art. 34 d.lg. n. 80 del 1998, reintrodotto dall’art. 7 l. n. 205 del 2000, s’estende alle controversie contro atti e comportamenti, che costituiscano esecuzione di precedenti manifestazioni in forma provvedimentale di potere ablatorio in relazione al bene di cui si discute (Cassazione civile , sez. un., 23 dicembre 2008 , n. 30254). Tale natura va riconosciuta ai provvedimenti adottati in forza dell’allora vigente art. 12 del PR 915/82, posto che con essi è stata disposta una attività ablatoria finalizzata causalmente alla tutela coattiva di interessi pubblici ambientali.
Ne consegue che la controversia inerente il risarcimento dei danni conseguenti a tale attività autoritativa, spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo.
II) Ritenuta la giurisdizione, il ricorso è fondato e va accolto, disattendendo le difese di parte pubblica.
In particolare, risulta comprovato da parte ricorrente, tramite la perizia di parte depositata agli atti di giudizio e la documentazione prodotta, l’utilizzazione del terreno da parte del Comune ed il suo stato di degrado; viceversa, non risulta comprovato in alcun modo, da parte del Comune l’eccepito avvenuto rilascio del terreno a favore dei ricorrenti (che sarebbe da riconoscere nella cessata utilizzazione del terreno), né lo stesso Comune ha eccepito l’esistenza di eventuali interventi di ripristino, o la impossibilità di farvi fronte per cause di forza maggiore, così come non ha contestato lo stato di degrado, né la mancata utilizzabilità del terreno da parte dei ricorrenti.
In merito, si osserva che non vale a far ritenere che il terreno è stato restituito ai ricorrenti, l’allegazione della mera circostanza che il Comune non se n’è più servito.
Infatti, a seguito della occupazione dell’immobile, avrebbe dovuto essere redatto un apposito verbale di riconsegna dei terreni a suo tempo occupati, con l’esatta indicazione del loro stato e comunque previa l’adozione delle necessarie opere di bonifica dei suoli che, anche nella vigenza del DPR 915/82, erano logicamente da ritenersi dovute.
Quest’ultimo aspetto, ai fini dell’istituto di cui all’art. 2043 cod. civ. porta a ritenere il comportamento del Comune non solo oggettivamente causativo del danno all’immobile, ma altresì colpevole: invero, anche a fronte di atti e provvedimenti adottati nel vigore del regime inerente la disciplina di cui al DPR 915/82, e secondo i principi generali, è da considerarsi sussistente per il Comune l’obbligo di adozione dei necessari interventi di bonifica dei suoli privati utilizzati per lo stoccaggio (temporaneo o meno) dei rifiuti solidi urbani.
Più precisamente, l’art. 12 del DPR 915/82 , nel consentire il ricorso a provvedimenti di urgenza quali quelli che sono stati adottati nella odierna fattispecie, istituisce un potere di coazione tipicamente riconducibile all’interno dei limiti del diritto di proprietà derivanti dalla funzione sociale di quest’ultima, sancita ex art. 42 Cost.. Tuttavia, l’utilizzo coattivo di beni privati non giustifica la loro permanente degradazione, perché ciò costituisce una ulteriore compressione del diritto di proprietà (distinta da quella necessaria a consentire l’utilizzazione temporanea per lo stoccaggio dei rifiuti) non necessaria ai fini di pubblica utilità cui il provvedimento è preordinato e che, dunque non trova alcuna giustificazione causale nell’esercizio del potere. In questo senso, risultano quindi violati il principio generale del neminem ledere ed i conseguenti obblighi di tutela fissati sia dall’art. 2043 cod.civ. che dall’art. 832 cod,civ., oltre che i generali principi di giustizia, equità e buona fede che, in quanto corollari dei principi di efficienza, imparzialità ed efficacia dell’azione amministrativa (ex art. 97 Cost.) vanno rispettati anche nei procedimenti amministrativi e nei rapporti tra il cittadino e la P.A. che agisce in forma autoritativa (per applicazioni del principio esposto, cfr. da ultimo, Consiglio Stato , sez. VI, 17 giugno 2009 , n. 3950; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 06 maggio 2009 , n. 4744; T.A.R. Veneto Venezia, sez. I, 12 novembre 2007 , n. 3608; T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 20 aprile 2006 , n. 611).
La sussistenza di tali obblighi trova ulteriore conferma nella legislazione successiva, che ha circondato la materia dello smaltimento dei rifiuti con particolari e più accurate garanzie, tra le quali una complessa disciplina in ordine alla bonifica dei suoli comunque inquinati (artt. 177 e ss. Dlgs 152/2006).
Tali obblighi non risultano assolti dal Comune, non solo al momento della cessazione dell’uso del terreno medesimo (così come sarebbe stato secondo l’ordinaria diligenza), ma neppure successivamente ed, in particolare, neppure quando i ricorrenti si sono visti costretti a ricorrere alla tutela giudiziaria dei loro diritti, persistendo l’Ente nel proprio contegno omissivo e negligente fino alla decisione della odierna controversia.
Per tali ragioni, il comportamento dannoso del Comune è connotato da grave negligenza, sussistendo quindi la responsabilità aquiliana dell’Ente ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2043 cod.civ.
Ne consegue che il ricorso è fondato e come tale va accolto, condannando il Comune di Varapodio al risarcimento del danno che, ai sensi dell’art. 35 del Dlgs 80/98 dovrà essere liquidato dallo stesso Ente nel rispetto dei criteri meglio oltre indicati.
Si deve osservare, a tale proposito, che i ricorrenti hanno formulato la loro domanda di risarcimento del danno chiedendo anche il ristoro economico dei costi relativi alla bonifica da svolgersi sul terreno, a sua volta da restituirsi.
La bonifica del terreno è, come si è detto, obbligatoria non solo per il Comune, ma anche per i privati proprietari, nel senso che, attinendo ad interessi pubblici non derogabili (la salubrità dell’ambiente) non può essere meramente monetizzata, ma va disposta con le opportune garanzie di esecuzione effettiva.
Ne consegue, pertanto, che i criteri cui informare l’attività risarcitoria del Comune dovranno necessariamente assicurare l’effettiva bonifica dei suoli e ciò comporta o che ad essa provveda direttamente l’Ente, restituendo poi il terreno bonificato, o vi provvedano i privati con oneri a carico del Comune, ma quest’ultimo avrà comunque la responsabilità di accertare, in tal caso, l’effettiva avvenuta bonifica dei suoli, prima di corrispondere ai privati le relative somme.
Pertanto, alla luce di tali premesse, i criteri da osservarsi ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 35 Dlgs 80/98 sono i seguenti:
a) Il Comune determinerà il costo della bonifica del terreno, in relazione alle opere necessarie, determinandosi o alla diretta esecuzione di queste opere (nel qual caso provvederà al rilascio del terreno dopo l’esecuzione della bonifica a regola d’arte) o alla monetizzazione di tali opere (che, in tal caso, dovranno essere assicurate dai proprietari, essendo la bonifica dei suoli inquinati obbligatoria ai sensi degli artt. 177 e ss. Dlgs 152/2006 ed alle relative condizioni e limiti, con obbligo per il Comune di accertamento dell’avvenuta bonifica cui sarà condizionato il pagamento) ed il tutto entro e non oltre sessanta giorni dalla comunicazione della presente sentenza o sua notifica a cura di parte.
b) Nello stesso termine di cui al punto “a”, per il periodo di perdurante occupazione del suolo a decorrere dal 12.11.1998 e sino al momento del rilascio del terreno, il Comune quantificherà e proporrà alle parti ricorrenti, a titolo di risarcimento per la impedita utilizzazione del suolo, una somma pari a quella liquidata in sede civile per la legittima occupazione, aumentata del 10%.
c) il Comune provvederà a corrispondere le somme di cui al punto b) precedente entro il termine massimo di 180 giorni dall’accettazione della proposta da parte dei ricorrenti, con interessi legali, come per legge; le somme inerenti la bonifica del terreno, ove da corrispondersi secondo il precedente punto “a” dovranno essere corrisposte entro e non oltre 30 giorni dall’avvenuta bonifica da parte dei privati (accertata dal Comune).
d) il Comune rilascerà il terreno, previa adozione dei necessari atti formali, entro 10 giorni dall’accordo tra le parti sulla offerta formulata secondo i punti precedenti, oppure, nel caso in cui si determinerà a procedere direttamente alla bonifica, entro il termine di dieci giorni da tale ultimo adempimento, che dovrà, in tal caso, essere assicurato entro 90 giorni dal raggiungimento dell’accordo.
e) Il procedimento necessario all’esecuzione della presente sentenza dovrà essere condotto nel pieno rispetto delle garanzie partecipative dei privati, di cui si dovrà dare formale attestato nei provvedimenti finali.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in euro 1.500,00 oltre IVA, CPA, importo notifiche e contributo unificato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, ACCOGLIE il ricorso e, per l’effetto CONDANNA il Comune di Varapodio al risarcimento del danno in favore dei ricorrenti, per il titolo dedotto in giudizio.
DISPONE la liquidazione del danno ai sensi dell’art. 35 del Dlgs 80/98 nel rispetto dei criteri indicati in parte motiva e che qui si hanno per integralmente riportati.
CONDANNA il Comune di Varapodio alla refusione integrale delle spese di lite, che liquida in euro 1.500,00, oltre IVA, CPA ed importo delle notifiche e del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa e manda alla Segreteria giurisdizionale di comunicarne copia alle parti.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2009 con l’intervento dei Magistrati:
**************, Presidente
******************, Consigliere
Salvatore Gatto Costantino, Primo Referendario, Estensore
 
L’ESTENSORE               IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/11/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

Lazzini Sonia

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