Riconoscimento del diritto alla revisione del prezzo in un appalto di servizi: la giurisdizione del giudice amministrativo è pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza ed è stata confermata, di recente, dal D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei

Lazzini Sonia 20/09/07
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Il Consiglio di Stato con la decisione numero 4640 del 25 luglio 2006 ci insegna che:

<La giurisprudenza ha chiarito che la disposizione dell’ art. 6 della  l. 24 dicembre 1993, n. 537, nella parte in cui dispone che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo, non è applicabile ai contratti già in corso di esecuzione alla data dell’entrata in vigore della legge predetta, ma solo a quelli di futura stipulazione, per i quali il contraente è ex lege avvertito, previa inserzione automatica dell’apposita clausola, della possibilità di un mutamento dei patti originari
 

     Di conseguenza, la clausola di fissità ed invariabilità dei prezzi deve ritenersi legittima in relazione ad un appalto di servizi anteriore alla disciplina di cui all’art. 6 .>

 
 
A cura di Sonia Lazzini
 
 
 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

 
DECISIONE
 

sul ricorso in appello proposto da *** s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Riccardo Marone e Angelo Clarizia, ed elettivamente domiciliato presso il secondo, in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

 
contro
 

Circumvesuviana s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’ avv.to Enrico Soprano, ed elettivamente domiciliato presso lo stesso, in Roma, via degli Avignonesi, n. 5;

 

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso la stessa in Roma via dei Portoghesi n. 12;

 
per l’annullamento
 

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione I, n. 1715/2005;

 

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

 

     Visto l’atto di costituzione in giudizio delle parti appellate;

 

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

 

     Visti gli atti tutti della causa;

 

     Alla pubblica udienza del 9-5-2006 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.

 

     Uditi l’Avv. Clarizia e l’Avv. Soprano;

 

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 
F A T T O    E    D I R I T T O
 

     1. In data 21 luglio 2004 la *** s.r.l. ha stipulato con la società Circumvesuviana s.r.l. un contratto di appalto, avente ad oggetto l’esecuzione dei servizi di pulizia e lavaggio del parco rotabile ferroviario  e di alcune pertinenze e dormitori della rete ferroviaria.

 

     L’ambito e la durata del contratto sono stati ampliati con una serie di atti integrativi e di rinnovo, di cui si tratterà in seguito.

 

     Nonostante l’espressa previsione di invariabilità dei prezzi, la ricorrente, ai sensi dell’art. 6 della legge 24.12.1993 n. 537, ritenendo che la revisione dei prezzi fosse obbligatoria per rapporti contrattuali quali quello in questione, con istanza notificata in data 1° ottobre 2003 ha chiesto alla Circumvesuviana s.r.l. il riconoscimento del compenso revisionale pari ad €. 529.876,04 oltre I.V.A.

 

     Tale istanza è stata respinta dalla Circumvesuviana s.r.l. con nota n. 6295 del 17.9.2003 – confermata con la successiva nota n. 6989 del 16.10.2003 –  sulla base dell’esistenza di decreti legge che avevano sospeso l’efficacia della norma invocata all’epoca della stipulazione del contratto, rendendone così impossibile l’applicazione alla fattispecie in esame.

 

     Avverso entrambe le note la società *** s.r.l. ha proposto ricorso al Tar per la Campania, chiedendone l’annullamento, oltre alla condanna della società resistente al pagamento delle somme ritenute dovute a titolo di revisione prezzi.

 

     Con l’impugnata sentenza il Tar ha respinto il ricorso, rilevando che:

 

     – l’efficacia dell’art. 6 della legge n. 537/93 è stata sospesa dal 1° giugno 1994 fino al 31.12.1995 per espressa previsione del D.L. 31 maggio 1994, n. 331, del D.L. 30 luglio 1994, n. 478, del D.L. 30 settembre 1994, n. 559, e del D.L. 30 novembre 1994, n. 658; sebbene questi siano decaduti, l’art. 1, comma secondo della legge 29.3.1995 n. 95, di conversione del D.L. 31.1.1995 n. 26, ha disposto che restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base di questi ultimi;

 

     – a causa del regime di sospensione dell’efficacia delle disposizioni della legge 24.12.1993 n. 537 in materia di revisione prezzi, il meccanismo revisionale invocato dalla ricorrente non può essere applicato al contratto in questione;

 

     – in ogni caso, l’istituto della revisione dei prezzi, disciplinato da norme speciali di settore per gli appalti pubblici e dall’art. 1664 c.c. per quelli privati, ha la specifica funzione di recuperare l’originario equilibrio del sinallagma in ipotesi in cui venga a determinarsi un’alterazione tra il valore delle reciproche prestazioni di un contratto a prestazioni corrispettive. Tuttavia, in presenza di una proroga non coattiva ed anzi effettuata previa rinegoziazione, le citate esigenze di tutela e di conservazione del rapporto devono ritenersi salvaguardate; avendo la società ricorrente avuto la possibilità di ottenere il riequilibrio del sinallagma in sede di rinegoziazione.

 

    Avverso tale decisione ha proposto appello la *** s.r.l., deducendo:

 

     1) la violazione dell’art. 6 della legge n. 537/1993, che riconosce il diritto al compenso revisionale e, avendo natura imperativa, comporta la nullità delle clausole difformi;

 

     2) anche volendo attribuire rilevanza al periodo di sospensione dell’efficacia del citato art. 6, la disposizione sarebbe comunque applicabile a partire dal termine del periodo di sospensione, o in subordine a partire dal primo atto di rinegoziazione successivo a tale termine;

 

     3) il fatto che l’impresa abbia rinegoziato il contratto non può escludere l’applicazione del citato art. 6 anche in presenza di clausole difformi, da ritenersi nulle per contrasto con una norma imperativa.

 

     La Circumvesuviana s.rl. e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporto si sono costituiti in giudizio, chiedendo la reiezione dell’appello.

 

     All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

 

     2. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla pretesa della società ricorrente del riconoscimento del diritto alla revisione del prezzo, ai sensi dell’art. 6, comma 4, della legge n. 537/93, in relazione ad un contratto di appalto di servizi, stipulato con la Circumvesuviana s.r.l..

 

     La controversia appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la previsione della revisione prezzi per i contratti ad esecuzione periodica o continuativa, relativi a servizi e forniture, è accompagnata dalla disposizione di cui al comma 19 del medesimo art. 6, secondo cui “le controversie derivanti dall’applicazione del presente articolo sono devolute alla giurisdizione, in via esclusiva, del giudice amministrativo”.

 

     La giurisdizione del giudice amministrativo è pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza (Cass., Sez. Unite, n. 10616/1996; Cons. Stato, V, n. 141/2002) ed è stata confermata, di recente, dal D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), che anzi ha esteso tale giurisdizione anche alla revisione prezzi dei contratti di lavori pubblici (art. 244, comma 3, del citato D. Lgs. n. 163/2006).

 

     3. La pretesa della *** s.r.l. del riconoscimento del diritto alla revisione prezzi in ordine al contratto di appalto di servizi, stipulato con la Circumvesuviana s.r.l., è infondata, anche se sulla base di motivi parzialmente diversi da quelli sostenuti dal Tar.

 

     Innanzitutto, deve essere confermata la statuizione del giudice di primo grado circa l’inapplicabilità del meccanismo di revisione prezzi, previsto dall’art. 6 della legge n. 537/1993, al contratto originariamente stipulato dalla ricorrente.

 

     Tale contratto è stato, infatti, sottoscritto in data 21 luglio 1997, quando, come rilevato dal Tar, la disposizione del citato art. 6 era stata sospesa da diversi decreti legge, non convertiti, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dall’art. 1 della legge n. 95/1995.

 

     La giurisprudenza ha chiarito che la disposizione del citato art. 6, nella parte in cui dispone che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo, non è applicabile ai contratti già in corso di esecuzione alla data dell’entrata in vigore della legge predetta, ma solo a quelli di futura stipulazione, per i quali il contraente è ex lege avvertito, previa inserzione automatica dell’apposita clausola, della possibilità di un mutamento dei patti originari (Cons. Stato, VI, n. 2434/2001; V, n. 2462/2005).

 

     Di conseguenza, la clausola di fissità ed invariabilità dei prezzi deve ritenersi legittima in relazione ad un appalto di servizi anteriore alla disciplina di cui all’art. 6 l. 24 dicembre 1993, n. 537 (Cons. Stato, V, n. 1362/2003).

 

     Ovviamente, tali principi operano non solo con riferimento ai contratti stipulati prima del 1993, ma anche a quelli stipulati nel periodo in cui l’efficacia della norma era stata sospesa.

 

     4. Anche il primo atto integrativo del contratto, sottoscritto in data 26-9-1994, non solo ricadeva sempre nel periodo di sospensione del citato art. 6, ma anzi su tale sospensione si fondava, inserendo la clausola di rinnovo tacito del contratto, proprio perché il divieto di rinnovo, contenuto nell’art. 6 della legge n. 537/93, era sospeso.

 

     La prima vera novazione del rapporto si è avuta non con gli atti integrativi del 2-8-95 e del 27-1-99 (in cui veniva solo ampliato l’ambito oggettivo), ma con l’atto di rinnovo del 20 aprile 2000.

 

     Tale rinnovo è stato stipulato in periodo in cui era terminata la sospensione dell’efficacia dell’art. 6 della legge n. 537/1993 ed era, quindi, vigente l’obbligo di inserire una clausola di revisione periodica del prezzo per tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa.

 

     Tuttavia, tale obbligo non poteva applicarsi alla fattispecie in esame, non perché era stato oggetto di pattuizione tra le parti (come ritenuto dal Tar), ma perchè il rinnovo era stato disposto sulla base di una disciplina speciale, incompatibile e prevalente sul meccanismo della revisione prezzi.

 

     Infatti, come si ricava dalle premesse dell’atto, il rinnovo era stato convenuto in applicazione dell’art. 27, comma 6, della legge n. 488/1999, che prevede che “i contratti per acquisti e forniture di beni e servizi delle amministrazioni statali, stipulati a seguito di esperimento di gara, in scadenza nel triennio 2000-2002, possono essere rinnovati per una sola volta e per un periodo non superiore a due anni, a condizione che il fornitore assicuri una riduzione del corrispettivo di almeno il 3 per cento, fermo restando il rimanente contenuto del contratto”.

 

     Nel caso di specie, la riduzione del corrispettivo era stata concordata dalle parti nella misura del 5 %.

 

     E’ evidente come l’impresa, che ha beneficiato di una speciale disposizione, che prevede la possibilità di rinnovo senza gara a condizione di una concordata riduzione del prezzo, non possa poi pretendere di applicare allo stesso contratto il meccanismo della revisione dei prezzi, che condurrebbe ad effetti, del tutto opposti rispetto alle pattuita riduzione del corrispettivo.

 

     Se l’impresa avesse ottenuto il rinnovo del contratto con una procedura ordinaria (pubblica gara) ben avrebbe poi potuto invocare l’applicazione della revisione prezzi, ma, avendo ottenuto il rinnovo in deroga alla disciplina vigente sulla base dello sconto pattuito, non può poi invocare un compenso a titolo di revisione prezzi, che avrebbe l’effetto di eliminare o attenuare lo sconto, che gli ha garantito il rinnovo senza gara.

 

     Deve, quindi, concludersi che la *** s.r.l. non poteva invocare il meccanismo della revisione prezzi in relazione al contratto, stipulato con la Circumvesuviana s.r.l.

 

     5. In conclusione, l’appello deve essere respinto.

 

     Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

 
P. Q. M.
 

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello in epigrafe.

 
     Spese compensate
 

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

 

     Così deciso in Roma, il 9-5-2006 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sez.VI -, riunito in Camera di ConsiglioDEPOSITATA IN SEGRETERIA – il..25/07/2006

Lazzini Sonia

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