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Indice
- 1. La questione: violazione dell’art. 192 c.p.p. con riferimento al giudizio di responsabilità
- 2. La soluzione adottata dalla Cassazione
- 3. Conclusioni: le violazioni dell’art. 192 c.p.p. sulla valutazione delle prove non possono essere dedotte come violazione di legge
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- Note
1. La questione: violazione dell’art. 192 c.p.p. con riferimento al giudizio di responsabilità
La Corte di Appello di Roma confermava una pronuncia emessa dal Tribunale di Tivoli che, all’esito di giudizio dibattimentale, aveva dichiarato l’imputato responsabile dei delitti di estorsione tentata e consumata, con conseguente irrogazione della pena di anni tre mesi sei di reclusione ed euro 1.000,00 di multa, previa esclusione della contestata recidiva reiterata e riconoscimento di attenuanti generiche.
Ciò posto, avverso questo provvedimento ricorreva per Cassazione la difesa dell’accusato la quale, tra i motivi ivi addotti, deduceva, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 192 del codice di rito con riferimento al giudizio di responsabilità. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il motivo suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale le doglianze relative alla violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., riguardanti la valutazione delle risultanze probatorie, non possono essere dedotte con il motivo di violazione di legge (Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018; Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016; Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012).
3. Conclusioni: le violazioni dell’art. 192 c.p.p. sulla valutazione delle prove non possono essere dedotte come violazione di legge
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito se le violazioni dell’art. 192 c.p.p.[1] sulla valutazione delle prove possono essere dedotte come violazione di legge.
Si fornisce difatti in tale pronuncia una risposta negativa a siffatto questo sulla scorta di quell’indirizzo interpretativo con cui è stato per l’appunto affermato che le doglianze relative alla violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., riguardanti la valutazione delle risultanze probatorie, non possono essere dedotte con il motivo di violazione di legge.
È dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di tale approdo ermeneutico, ricorrere a siffatto motivo di ricorso per Cassazione, laddove si prospetti una violazione di questo genere.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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Note
[1] Ai sensi del quale: “1. Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati. 2. L’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti. 3. Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell’articolo 12 sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità. 4. La disposizione del comma 3 si applica anche alle dichiarazioni rese da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall’articolo 371 comma 2 lettera b)”.
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