Dichiarazione di successione: può essere ritratta e modificata anche dopo l’avviso di rettifica (Cass. n. 23000/2012)

Redazione 13/12/12
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

L’Agenzia delle Entrate ricorre contro la sig.ra M. G. per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Liguria, riformando la sentenza di primo grado, ha annullato l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva rettificato da € 291.181 a € 1.354.250 euro il valore degli immobili caduti nella successione del dante causa della contribuente.
La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che l’Ufficio non potesse procedere alla rettifica del valore degli immobili, giacché la contribuente si era avvalso del disposto del quinto comma dell’articolo 34 D.Lgs. n. 346/1990. D’altra parte, secondo il giudice di merito, l’errore contenuto nella originaria denuncia di successione – in cui il valore dei cespiti caduti in successione era stato dichiarato moltiplicando la relativa rendita catastale per il coefficiente di 100, vigente fino al 31.12.03, invece che di 110, vigente dall’1.1.04 (giusta il disposto dell’articolo 2, comma 63, della legge 350/03, modificativo dei moltiplicatori previsti dall’articolo 52 del Testo Unico sull’imposta di registro e quindi operante anche per l’imposta di successione, in Forza del disposto del settimo comma del suddetto articolo 34 D.Lgs. n. 346/1990) – doveva ritenersi un mero errore materiale ed era stato legittimamente emendato in sede di ricorso avverso il provvedimento impositivo; ricorso nel quale la ricorrente aveva appunto richiesto che l’imposta di successione venisse ricalcolato su un imponibile determinato moltiplicando le rendite catastali per 110.
Con l’unico mezzo di ricorso la difesa erariale censura la violazione degli artt. 31, 33 e 34 D.Lgs. n. 346/1990 in cui la sentenza gravata sarebbe incorsa ritenendo emendabile la dichiarazione di successione pur dopo la notifica dell’atto impositivo.
La contribuente non si è costituita in questa sede.
La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 28.11.12, in cui il Procuratore ******** ha concluso come in epigrafe.

Motivi della decisione

Questa Corte ha reiteratamente affermato, a partire dalla sentenza della Sezioni Unite n. l4088/04, che la dichiarazione di successione, come ogni dichiarazione fiscale, può essere ritrattata e modificata, anche dopo la scadenza del termine fissato nell’art. 31 del decreto legislativo n. 346/90, la cui mancata osservanza può comportare solo l’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 50 e seguenti dello stesso decreto.
Non si è tuttavia mancato di precisare che gli effetti della modifica sono diversi, a seconda che la stessa abbia luogo prima della notificazione dell’avviso di liquidazione della maggiore imposta, ovvero successivamente alla stessa: nel primo caso, infatti, l’Ufficio è tenuto a rispettare le risultanze della correzione, fermo restando l’esercizio dei suoi poteri in ordine ai valori emendati, ma con onere della prova a carico dell’Amministrazione, mentre nella seconda ipotesi, pur non potendo considerarsi precluso l’esercizio della facoltà di correzione, quest’ultima, venendo necessariamente ad operare in sede contenziosa, pone a carico del contribuente l’onere di dimostrare la correttezza della modifica proposta (in tal senso, si vedano le sentenze 536l/06, 20852/07, 6609/11).
In particolare, nella motivazione della sentenza 5361/06 si mette chiaramente in luce che quando il contribuente eserciti il potere di emendare la dichiarazione di successione dopo aver ricevuto la notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione (formulato sulla base della dichiarazione non ancora corretta), l’esercizio di tale potere non vale ad incidere sulla legittimità della (già avvenuta) rettifica e, operando necessariamente in sede contenziosa, lascia a carico del contribuente tutti gli oneri di dimostrazione sulla correttezza della rettifica proposta.
Alla stregua di tale orientamento, dal quale il Collegio non ritiene di discostarsi, il ricorso va giudicato fondato, perché il principio della modificabilità in ogni tempo delle dichiarazioni fiscali è stato travisato dalla Commissione Tributaria Regionale. Tale principio consente infatti di ritrattare le dichiarazioni, anche dopo l’avviso di rettifica, ma non consente di collegare alla ritrattazione l’effetto di paralizzare ex post il potere di accertamento già esercitato dell’ufficio.
In sostanza, o il valore degli immobili caduti in successione viene dichiarato di importo pari o superiore a quello risultante dall’applicazione del combinato disposto dei commi quinto e settimo dell’articolo 34 D.Lgs. 546/92, e allora tale valore non può essere sottoposto a rettifica: o il valore degli immobili caduti in successione viene dichiarato di importo inferiore a quello risultante dall’applicazione del combinato disposto dei commi quinto e settimo dell’articolo 34 D.Lgs. 546/92, non importa per quale ragione, ed allora esso può essere sottoposto a rettifica; salva sempre la possibilità, per il contribuente, di modificare, in fase contenziosa, il valore dei cespiti originariamente dichiarato e fermo restando il potere del giudice di accertare l’effettivo valore imponibile, apprezzando le prove e le argomentazioni rispettivamente addotte dal contribuente e dall’Agenzia delle entrate a sostegno delle rispettive valutazioni di detto valore.
La ratio decidendi della sentenza gravata, fondata sulla mera affermazione del diritto del contribuente di modificare la propria dichiarazione, è dunque erronea, perché, quando permanga una differenza tra i nuovi valori indicati in fase contenziosa dal contribuente (modificativi di quelli contenuti nella originaria dichiarazione di successione) e i valori indicati nell’avviso di rettifica dell’Ufficio, il giudice deve procedere, sulla scorta delle allegazioni e delle prove dedotte in giudizio dalle parti, all’accertamento di merito del valore imponibile.
Il ricorso va quindi accolto e la sentenza gravata va cassata con rinvio alla regolerà anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria, in altra composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 28 novembre 2012.

Redazione