Fallimento e procedure esecutiva immobiliare

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La nomina di Curatore Fallimentare comporta per il professionista incaricato una serie di adempimenti da porre in essere e molte responsabilità da assumere per la tutela della massa creditoria. Una questione cui può trovarsi di fronte il Curatore è la presenza di procedure esecutive immobiliari in essere già alla data della sentenza dichiarativa di fallimento. A questo punto si apre uno scenario con diverse possibilità, esposte  dall’ art. 107 L.F., laddove afferma che il Curatore, in presenza di procedure esecutive, può subentrarvi, applicandosi le norme del codice di procedura oppure può far dichiarare dal G.E. l’improcedibilità dell’ esecuzione , salvi i casi di cui all’art.51.

Il Curatore, dunque, ha la facoltà di decidere se intervenire semplicemente oppure di far dichiarare l’improcedibilità. La scelta sarà guidata da motivi di opportunità e convenienza  e dovrà tenere conto dello stato della procedura; se ad esempio è già stata redatta la CTU o sono già in corso i tentativi di vendita potrebbe risultare sconveniente interrompere il processo esecutivo, gravando il Fallimento e/o l’Erario di costi e spese che sono già sostenute dal creditore procedente, nell’ esecuzione immobiliare.

Nel caso in cui, però, il credito del procedente  è fondiario, allora si deve tener conto anche dell’ art. 41 T.U.B., che al comma 2, lascia alla banca la facoltà di iniziare oppure di proseguire l’azione esecutiva sui beni ipotecati anche dopo la dichiarazione di fallimento. Il Curatore potrà, dunque, solo intervenire nella procedura esecutiva, chiedendo unicamente l’assegnazione del surplus  residuo dal piano riparto, una volta soddisfatto l’istituto di credito.

Cucciniello Paola

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