inserito in Diritto&Diritti nel settembre 2002

LA RESPONSABILITA' DEL PRODUTTORE DI SIGARETTE IN ITALIA, FRANCIA E STATI UNITI D'AMERICA

di  Luisa Nava

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Indice

SEZIONE V
LA RESPONSABILITA' DEL PRODUTTORE NELL'ESPERIENZA NORDAMERICANA.


SOMMARIO : 1. Introduzione. 2. I presupposti economici della regola giurisprudenziale di strict liability. 3. Un caso singolare : quello del consumatore-fumatore. 4. I danni punitivi. 5. Il pain and suffering. 


1. INTRODUZIONE.
Ho ritenuto opportuno dedicare una apposita Sezione alla responsabilità del produttore negli U.S.A. perché è proprio in quella nazione che è stato registrato il maggiore numero di iniziative giudiziarie e, recentemente, anche di condanne nei confronti delle multinazionali del tabacco. La presente Sezione affronta quindi il tema della strict liability, con una particolare attenzione al consumatore-fumatore, al problema dei danni punitivi e del pain and suffering.
2. I PRESUPPOSTI ECONOMICI DELLA REGOLA GIURISPRUDENZIALE DI STRICT LIABILITY.
Per comprendere le modalità con cui opera negli U.S.A. la regola della strict liability bisogna esaminare la sentenza del caso Escola v. Coca Bottling dove si può leggere la concurring opinion del giudice Roger Traynor che aveva individuato le tre ragioni che dovrebbero giustificare la scelta di un regime di strict liability nel settore della responsabilità per la circolazione di prodotti difettosi.
In prima istanza, il regime di strict liability comporterebbe una riduzione dei costi amministrativi : il sistema basato sulla colpa, che è legato ad un meccanismo processuale funzionante secondo le regole del case by case, costa troppo. Un sistema di strict liability si presenta invece come una regola più semplice nell'amministrazione processuale e, soprattutto, come regola più economica.
In secondo luogo il regime di strict liability svolge una funzione di deterrence in misura maggiore rispetto al criterio per colpa.
Da ultimo, infine, il produttore è nella posizione migliore rispetto ai consumatori, per assicurarsi contro i rischi collegati alla circolazione dei prodotti difettosi ; attraverso un'attività di internalizzazione, e cioè di ripartizione interna, i rischi stessi finiscono con l'essere distribuiti all'interno della collettività degli utenti.
L'insegnamento di Traynor ricalca le opinioni rese da altri famosi giudici inglesi e soprattutto nordamericani (Cardozo in Mac.Pherson v. Buick Motors Co.) che tra gli anni venti e quaranta hanno permesso alle regole della responsabilità civile di delineare con maggior chiarezza i nuovi confini dell'istituto.
Il giudice Traynor ha però messo in guardia sui rischi collegati all'adozione di un sistema di strict 
liability. 
La regola di strict liability permette di conseguire significative vittori in ambito processuale ma ciò comporta anche l'aumento del complessivo contenzioso giudiziario, a causa della presenza di una regola che facilita la posizione dell'attore danneggiato. Inoltre la regola di responsabilità oggettiva individuata da Traynor e oggi contenuta nel Restatement (Second) of Tort del 1964 è chiaramente subordinata all'esistenza di un requisito, il "difetto", che in concreto presenta notevoli problemi.
La funzione di deterrence svolta dalla regola di responsabilità oggettiva deve tenere conto anche di quei prodotti tecnologicamente eterogenei e sul cui grado di sicurezza e di qualità le regole giuridiche esercitano un diverso grado di influenza.
Infine il meccanismo dell'internalizzazione, cioè della ripartizione interna dei rischi, adottata dall'imprenditore non è così neutrale come potrebbe sembrare a prima vista.
La responsabilità oggettiva non costituisce una responsabilità assoluta e non si applica a tutti i difetti che un prodotto possa presentare, ma solo ad alcuni di essi. Visto l'argomento specifico di questa tesi, una particolare attenzione va riservata ai difetti di progettazione (o design defect). I criteri utilizzati dalle corti nordamericane per accertare l'esistenza di un design defect sono : a) il consumer expectation test ; b) il Learned Hand Test ; c) il risk-utility test. [1] 
2. UN CASO SINGOLARE : QUELLO DEL CONSUMATORE-FUMATORE.
Il consumatore-fumatore danneggiato in conseguenza del fumo ha diritto al risarcimento dei danni sofferti in coseguenza dell'uso delle sigarette ?. Le imprese produttrici di sigarette come anche gli stessi fumatori hanno sempre saputo che le sigarette fanno male ; la società ha allora gradualmente imposto a carico dei produttori stringenti doveri di informazione circa i rischi per la salute degli individui (soprattutto fumatori, ma anche non fumatori) ; questi ultimi conoscono bene i pericoli cui vanno incontro, anche se è molto difficile per loro resistere al richiamo del tabacco.
Se si pensa di poter liquidare la questione in base semplicemente al principio dell'autonomia e dell'autoresponsabilità dei privati ci si sbaglia di grosso. Più di una volta infatti le tobacco companies sono state coinvolte in iniziative giudiziarie da parte di consumatori danneggiati dall'uso del tabacco. Inizialmente le uniche affermazioni di responsabilità dei fabbricanti erano dovute alla presenza nelle sigarette di realtà vegetali o naturali che nulla avevano in comune con il tabacco quali vermi, piccoli insetti o resti di lumaca : quando il produttore ha rispettato in modo analitico le avvertenze circa la nocività del prodotto obbligatoriamente contenute nel quadro regolamentare-amministrativo, non è mai stata affermata la sua responsabilità.
La precedente situazione è stata però modificata per effetto di due fattori : per prima cosa il nuovo profilo esageratamente riparatorio assunto dalle regole di responsabilità civile nordamericana ha riproposto l'esigenza di offrire una tutela aquiliana alle ipotesi di danni alla persona in conseguenza del fumo, in concomitanza all'emersione di un giudizio sempre più negativo sul fumo ; il secondo fattore è invece rappresentato dalla comparsa come soggetto che chiede il risarcimento non tanto del fumatore che fino all'ultimo di solito non rinuncia al piacere-vizio del fumo, quanto degli eredi, ossia di coloro che più lucidamente e affettivamente sono pronti a misurarsi in sede processuale.
Negli Stati Uniti d'America è diventato famoso il caso di Rose Cipollone, nel quale gli eredi della donna avevano convenuto in giudizio una compagnia produttrice di sigarette per far dichiarare la sua responsabilità. Nel decidere il caso la Corte Suprema ha dovuto risolvere principalmente un problema di preemption, di rapporto cioè tra la legislazione federale - la quale ha individuato le condizioni inderogabilmente presenti negli avvisi e nei pacchetti di sigarette- e la normativa statuale di common law, lasciando solo parzialmente in vita le pretese basate sulla vecchia common law certamente più in grado di offrire protezione alle ragioni dei consumatori : la tutela dello ius commune scatta solo in casi eccezionali, dove sono state proprio le "regole del gioco" a non essere rispettate da una delle parti. 
In ultima analisi si tratta quindi di scegliere se il fumatore attivo meriti da parte della società civile la stessa tutela spettante al fumatore passivo. [2]
3. I DANNI PUNITIVI.
Un istituto caratteristico del sistema giuridico nordamericano è rappresentato dai danni punitivi (punitive damages). Dal 1989 al 1993 sono state proposte numerose censure di incostituzionalità per violazione dell'VIII e del XIV emendamento della Costituzione statunitense, ma la categoria è riuscita a sopravvivere.
I danni punitivi hanno due finalità : retribution (o punishment) e deterrence. La retribuzione comporta che i danni punitivi siano concessi soltanto quando sia possibile provare la presenza di una malice nella condotta del danneggiante, con la conseguenza della loro applicazione nel settore dei c.d. intentional torts, mentre la funzione di deterrence viene molto apprezzata dagli studiosi di analisi economica del diritto.
Il dato incontestatibile della realtà da cui si parte è che non tutti i soggetti danneggiati da episodi di tort portano le loro pretese in tribunale ; quindi le corti nel determinare la misura della responsabilità dovranno aumentarla in modo che essa arrivi ad internalizzare l'ammontare complessivo dei danni causati dall'esercizio di una determinata attività economica. I danni punitivi hanno anche una funzione riparatoria : si tratta di risarcire integralmente il soggetto danneggiato dell'intera perdita subita. E' anche vero che addossare alla parte lesa le spese processuali - che negli U.S.A. non seguono il criterio della soccombenza - significa attentare in modo serio al principio della riparazione integrale dei diritti della vittima.
I danni punitivi svolgono una funzione di overprotection nei confronti dei danneggiati ; tuttavia possono anche determinare un aumento del benessere della collettività se il maggior livello di danni aumenta l'insufficiente incentivo presente negli attori di iniziare un processo e se tale maggior livello di danni goduto dall'attore serve a rimborsare allo stesso soggetto i costi sopportati in conseguenza della litigation.
Negli altri casi invece quella fortuna insperata determina un risarcimento inefficiente, una condotta degli stessi attori poco propensa ad attuare un regime di optional deterrence e una cattiva allocazione delle risorse legali ed economiche.
La prima conseguenza negativa va ricondotta alle scelte del consumatore medio che riceve tale generosa concessione di denaro : il danneggiato potrebbe essere interessato a ricevere una somma ridotta a titolo di danni punitivi accompagnata da una minor imposizione fiscale che si verificherebbe se la somma concessa per danni punitivi nella loro natura di multe private finissero nelle casse dello Stato.
Secondo Shavell la concessione dei danni punitivi farebbe diminuire quel comportamento prudente che dovrebbe contraddistinguere il consumatore nella sua attività tesa a raggiungere un livello di ottima deterrence.
Infine gli avvocati dei danneggiati saranno portati sempre più spesso ad occuparsi di casi in cui si discute della concessione di danni punitivi, con conseguente aumento del costo dell'unità orario dei loro servizi e con una sempre maggior crescita di casi marginali.
Per superare questa situazione Mitchell Polinsky suggerisce di evitare che tutto il risarcimento concesso a favore del soggetto danneggiato vada a finire nelle sue tasche. Egli percepirà solo una somma pari al danno sofferto, ivi comprese le spese dovute per sopportare la litigation, percependo lo Stato la differenza tra la somma concessa a titolo di danni punitivi e le spese sostenute a livello giudiziario. [3]
4. IL PAIN AND SUFFERING.
Il pain and suffering è una figura che conosce una grande eterogeneità di sottofigure al suo interno. Due importanti settori della legal scolarship nordamericana si sono scontrati sulla funzione e sull'utilità di tale figura : secondo i sostenitori dell'indirizzo di pensiero noto come "giustizia commutativa" il pain and suffering consente al danneggiato di essere risarcito di tutto il danno subito in conseguenza di una condotta posta in essere con colpa dal danneggiante.
L'approccio giuseconomico afferma invece che se la funzione di risarcimento dei danni subiti dal
consumatore-danneggiato è svolta dal meccanismo assicurativo certamente nessuno stipulerà un contratto di assicurazione per le perdite che ricadono sotto questa voce di danno.
Il pain and suffering è soggetto inoltre a tutte le difficoltà relative alla determinazione economica del valore della vita umana ; una problema che gli economisti stanno cercando di risolvere. La prima volta che un economista è comparso in aula, chiamato come esperto da una giuria per attribuire un valore pecuniario alla vita umana, egli, pur indicando il grado di imperfezione dei criteri seguiti, consegnò alla giuria un valore attribuito dalla società statunitense alla vita oscillante tra i 500.000 e i 3.500.000 $ ( la giuria, facendo uso di poteri di self-restraint, liquidò 850.000 $ a titolo di danno edonistico). [4] 


NOTE
[1] G. Alpa "Analisi economica del diritto privato" , Milano, 1998, pp. 305-306.
[2] G. Alpa "Analisi economica del diritto privato", Milano, 1998, pp. 308-309.
[3] G. Alpa "Analisi economica del diritto privato", Milano, 1998, pp. 309-311.
[4] G. Alpa "Analisi economica del diritto privato", Milano, 1998, pp. 311-312.