inserito in Diritto&Diritti nel settembre 2002

LA RESPONSABILITA' DEL PRODUTTORE DI SIGARETTE IN ITALIA, FRANCIA E STATI UNITI D'AMERICA

di  Luisa Nava

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Indice

SEZIONE VI

LA SECONDA META’ DEGLI ANNI ’90 : UN BILANCIO ALTALENANTE.

 

 

SOMMARIO : 1. Introduzione. 2. Il primo uomo ad incassare un risarcimento : Grady Carter. 3. La rivincita dei fabbricanti : la storia di Jean Connor. 4. I produttori vincono di nuovo : i primi due processi per fumo passivo. 5. Widdick v. Brown & Williamson Tobacco Corp. :"The tobacco conspiracy trial". 6. La madre di tutte le class-actions : il caso Engle.

 

 

1. INTRODUZIONE.

E’ ora giunto il momento di parlare di una serie di casi famosi per la cronaca i cui risultati esprimono l’andamento incerto degli esiti processuali di questi ultimi anni. Se nel 1996 Grady Carter può dire di essere il primo uomo ad aver incassato un risarcimento da un’industria del tabacco (la sentenza di primo grado fu però ribaltata dalla Corte d’Appello ma successivamente riconfermata dalla Corte Suprema), l’anno successivo i fabbricanti ottenero la rivincita nel caso Connor e anche i primi due processi per fumo passivo si conclusero con la loro vittoria.

Pesanti furono invece le sconfitte nei casi Widdick (dove emersero i documenti segreti della Brown & Williamson che provavano l’esistenza di una cospirazione fra le industrie del tabacco) e infine nel caso Engle, la class-action passata alla storia per l’ammontare sproporzionato dei danni punitivi.

2. IL PRIMO UOMO AD INCASSARE UN RISARCIMENTO : GRADY CARTER.

Procedendo però sempre in ordine cronologico nell’analisi delle" tobacco litigation" è arrivato l’anno 1996 che è caratterizzato da due importanti eventi : Liggett Group rompe con il resto dei produttori e accetta di pagare le spese mediche richieste da 5 Stati (anticipando così parzialmente l’accordo di cui sopra) che ammontano a 10 milioni [1] $ mentre Brown & Williamson viene chiamata in causa da GRADY CARTER, un fumatore di 68 anni a cui era stato diagnosticato un adenocarcinoma al polmone nel 1991. Mr. Carter, un ex controllore di volo, aveva fumato sigarette Lucky Strike per 44 anni, dal 1947 al 1991 e aveva in seguito deciso di perseguire legalmente B. & W. perché conoscevano i pericoli legati al consumo del tabacco fin dal 1939 mentre era dal 1950 che sapevano che il fumo causa il cancro ai polmoni. Le loro sigarette inoltre avrebbero dovuto ( e potuto) essere prodotte in un modo più sicuro, tali cioè da non essere cancerogene.

I legali di B. & W. si sono difesi sostenendo che non ci sono prove certe che legano il cancro di Mr. Carter al consumo di sigarette e che se anche ciò fosse provato egli avrebbe comunque dovuto sapere che fumare è pericoloso. L’ex fumatore ha riconosciuto dal canto suo la sua parte di responsabilità ma ha preteso un’analoga ammissione dalla sua controparte.

Da un dossier di 4.000 pagine che era stato sottratto alla B. & W. è infatti emerso che i suoi membri dell’esecutivo erano a conoscenza dei danni che il fumo può provocare alla salute umana ; Carter tuttavia ha richiesto solo danni compensatori e non anche danni punitivi. Sempre nel 1996 è arrivata la sentenza del tribunale della Florida che gli ha liquidato la somma di 750.000 $, la metà di quanto aveva chiesto. [2]

B. & W. è ricorsa in appello e nel giugno ’98 la First District Court of Appeal della Florida ha capovolto la sentenza di primo grado accettando tutti e cinque i capi d’impugnazione della sentenza. [3] In appendice si può leggere per esteso il testo della sentenza, che affronta separatamente tutti i cinque punti su cui era fondato il ricorso. In ordine al primo punto, "statute of limitations", l’azione non avrebbe potuto essere proposta perché erano già passati più di quattro anni da quando era stato proposto il ricorso iniziale ; secondo lo Statute of Limitations infatti l’azione va proposta entro quattro anni da quando si è verificata la lesione. La Corte inoltre (secondo punto) avrebbe erroneamente autorizzato l’attore a sostenere che le scritte di avvertimento imposte a livello federale erano inadeguate ("Federal preemption doctrine" : prevalenza della legge federale su quella statale).

Mr. Carter avrebbe inoltre utilizzato documenti della B. & W ., quando invece l’accusa riguardava fatti commessi dall’American Tobacco Company che era stata acquistata dalla B. & W. 30 anni dopo che la maggior parte di quei documenti erano stati scritti. Il quarto capo del ricorso ha riguardato l’attorney-client privilege, che avrebbe dovuto essere ammesso, visto che dai documenti non è risultato esserci alcun intento criminale o fraudolento. Infine (quinto punto, "speculative testimony"), Mr. Carter non avrebbe dovuto essere autorizzato a testimoniare.

Mr. Carter decise di ricorrere alla Supreme Court of Florida, che il 22 novembre 2000 emise la sentenza n. SC.94797, che ha ribaltato il precedente verdetto del giugno ’98. [4] Il testo della decisione giudiziale si trova come sempre in appendice e un commento è naturalmente d’obbligo. [5]

In relazione allo Statute of Limitations la Corte ha dichiarato che bisogna stabilire quando "begins to run in a product liability cause of action involving a latent or creeping disease. In such cases, we conclude that the cause of action accrues when the accumulated effects of the deleterious substance manifest themselves to the claimant in a way which supplies some evidence of a casual relationship to the manufactured product. By appling this standard to the present case, we find that the Carters’ claims were not barred by the statute of limitations and, accordingly, we quash the district court’s decision below".

Mr. Carter aveva avvertito i primi sintomi della sua malattia il 29/1/91, quando aveva tossito sangue. Il 4/2 aveva contattato un medico, che l’aveva però indirizzato da uno specialista. Il primo incontro era avvenuto il 5/2, ma solo il 14/2 il pneumologo aveva potuto fare una diagnosi precisa. Mr. Carter aveva in seguito deciso di agire in giudizio il 10/2/95. E’ vero che il 29/1/91, quando aveva consultato un’enciclopedia medica, aveva scoperto che l’emottisi poteva avere due cause : tubercolosi o cancro al polmone, e che, poiché fumava più di un pacchetto di sigarette al giorno, qualche sospetto avrebbe potuto nascergli ; tuttavia Mr. Carter aveva anche avuto dei contatti con un malato di TBC, per cui l’incertezza era più che ragionevole.

La decisione della District Court del ’98 contrastava inoltre con un precedente simile, il caso Copeland.

Un lavoratore, nel ‘58-‘59, aveva sentito parlare dei danni provocati dall’asbesto, un materiale con cui lavorava da anni. Alla fine degli anni ’60 aveva accusato i primi problemi di salute e nel ’72 le sue condizioni erano sensibilmente peggiorate. Gli erano stati diagnosticati l’enfisema e la polmonite, ma solo nel ’78 aveva avuto la certezza di avere l’asbestosi. Il 17/4/1979 aveva deciso di agire in giudizio e il suo discorso era stato giudicato conforme allo Statute of Limitations. La Sezione 95.11(3)(e) dello Statuto della Florida del 1981 dispone infatti che "an action for injury to a person founded on the design, manufacture, distribution, or sale of personal property...shall be commenced...whitin four years". Lo Statute of Limitations della Florida prevede inoltre che "actions for product liability, as descibed above, must be begun within the period described in this chapeter [four years], with the period running from the time the facts giving rise to the cause of action a) were actually discovered by the claimant or b) should have been discovered with the exercise of due diligence, whichever is earlier".

Il secondo punto su cui si era espressa la District Court riguardava i "preempted claims", ma anche in relazione a ciò la Supreme Court of Florida ha adottato un parere diverso. Nella sentenza (dove c’è un preciso riferimento al caso Cipollone) si legge infatti che "the 1965 Act only preempted state and federal rulemaking bodies from mandating particular cautionary statements and did not preempt state-law damages actions" e che "the 1969 Act does not, however, preempt petitioner’s claims that rely solely on respondent’s testing or research practices or other actions unrelated to advertising or promotion", per cui, in sintesi, "the 1969 Act does not preempt express warranty claims, fraudulent misrepresentation claims and conspiracy to defraud claims".

Anche la decisione presa dalla District Court su "unpleaded claim" è stat capovolta. B. & W. aveva condotto delle ricerche tra gli anni ’50 e ’70 e nel 1963 aveva scoperto che la nicotina provoca dipendenza. L’American Tobacco Company, acquisita invece da B. & W., non aveva mai fatto simili ricerche. Se non ci fosse stata la fusione, non si sarebbe posto nessun problema. Questo però non significa che i coniugi Carter debbano essere svantaggiati per effetto della fusione. Essi inoltre hanno indirizzato le loro accuse verso la condotta dell’A.T.C. prima della sua fusione con B. & W., avvenuta nel 1995.

In sintesi quindi la Suprema Corte ha stabilito che l’utilizzazione dei documenti interni di B. & W. era indispensabile per provare la condotta del fabbricante e ha di conseguenza capovolto la decisione della District Court.

L’ultimo atto processuale del caso Carter è del 29/6/2001, quando la Corte Suprema "declined to review the case".

3. LA RIVINCITA DEI FABBRICANTI : LA STORIA DI JEAN CONNOR.

Se il 1996 è stato caratterizzato dalla sconfitta dei produttori di tabacco con l’esito del caso Carter, l’anno successivo è stato invece contrassegnato dalla loro rivincita nel caso Connor. Il 7 maggio 1997 i giurati della Duval County Courthouse hanno ritenuto Reynolds Tobacco non responsabile della morte della quarantanovenne JEAN CONNOR. "Il produttore è senz’altro da biasimare per la sua condotta, ma la legge non consente di ritenerlo responsabile" hanno dichiarato i giurati. La giuria è stata chiamata a pronunciarsi su 1) Negligence and defects e 2) Moral dilemma.

In ordine al primo punto, Reynolds Tobacco non è stata giudicata negligente e il suo prodotto, pur pericoloso e difettoso, non è stato ritenuto responsabile della morte di J. Connor. Il produttore non è responsabile per non aver messo in guardia la donna sui rischi del fumo perché questi erano ampiamente conosciuti ancor prima che comparissero le prime scritte sui pacchetti di sigarette nella metà degli anni ’60. A tal proposito è stato prodotto in aula un sondaggio del 1954 dal quale è risultato che il 90% degli Americani aveva sentito o letto che il fumo provoca il cancro.

In relazione al secondo punto i difensori della Connor hanno sostenuto che i responsabili della Reynolds conoscevano più di quanto avessero voluto ammettere sui rischi del fumo e che avevano il dovere di condividere le loro informazioni con i consumatori. I giurati, benché hanno dichiarato che il fabbricante sia da biasimare e che il cancro della vittima sia stato provocato dal fumo, hanno ritenuto tuttavia di non potere punire il produttore. Hanno dichiarato che probabilmente se fossero state loro rivolte delle domande differenti il loro verdetto non sarebbe stato lo stesso. Una domanda sorge però spontanea : nel caso Carter ai giurati furono rivolte le stesse domande sul fumo e sulla responsabilità del produttore ma il loro verdetto fu di colpevolezza, coma mai ?.

Nel caso Connor i giurati hanno tenuto conto della conoscenza che ha la gente sull’argomento e degli sforzi fatti dalla Reynolds per creare una sigaretta più sicura diminuendo il livello di nicotina. Quando l’avevano però posta in commercio ai fumatori non era piaciuta, le vendite erano insoddisfacenti per cui si era deciso di ritirarla dal mercato.

Di fronte alle critiche che sono state loro rivolte, i membri della giuria hanno dichiarato di aver deciso il caso semplicemente applicando la legge la quale prevede che "a product is dangerous if it doesn’t work as safely as a consumer expects or if there was a way to make it safer". E’ stato grazie all’applicazione di questa disposizione legislativa che la Reynolds ha vinto il caso Connor.

Da ultimo c’è da segnalare, sempre nel 1997, la richiesta di un giudice federale alla F.D.A. ( Food and Drug Administration) di disciplinare il tabacco allo stesso modo della droga ma di non mettere limitazioni alla pubblicità. L’autorità si è formalmente opposta. [6]

4. I PRODUTTORI VINCONO DI NUOVO : I PRIMI DUE PROCESSI PER FUMO PASSIVO.

Alla fine del maggio ’97 ha preso avvio la prima causa di richiesta di risarcimento per i danni provocati dal fumo passivo. E’ stato un caso singolare perché per la prima volta i danneggiati sono stati dei non-fumatori che avevano sviluppato il cancro ai polmoni e altre patologie a causa del fumo passivo. Il processo è stato iniziato da Norma Broin, un’assistente di volo di 42 anni malata di cancro ai polmoni, nei confronti della Philip Morris e di altri fabbricanti ma che ha coinvolto ben 60.000 ASSISTENTI DI VOLO.

Il fumo è stato proibito sui voli americani dal 1988, ma questa disposizione non è mai stata rispettata.

Durante il dibattimento per le compagnie aeree hanno testimoniato due chirurghi generali, fisici e scienziati che hanno illustrato i risultati di più di un decennio di ricerche sul fumo passivo. E’ stato inoltre presentato uno studio dell’Università di Harvard che ha evidenziato gli stretti legami tra malattie cardiache e fumo passivo.

Gli interessi coinvolti in questo caso sono stati numerosi e fra loro contrapposti.

Lo Stato si è intromesso nel caso, cercando fin dall’inizio di raggiungere un accordo con i produttori per ottenere il rimborso delle spese mediche, dando loro in cambio una sorta di immunità processuale contro eventuali e future azioni collettive, ma questo atteggiamento non è ovviamente piaciuto ai ricorrenti. [7] Nonostante tutto però l’accordo è stato trovato e il 6 febbraio 1998 i fabbricanti hanno accettato di pagare 49 milioni $ (a fronte dei 5 miliardi inizialmente richiesti) che sono stati devoluti a una fondazione.

Di conseguenza la class-action è venuta meno ma 3.000 ricorrenti (dei 60.000 iniziali), in quanto parti dell’accordo, hanno rivendicato il diritto di proseguire individualmente il processo per ottenere i danni compensatori. Tra questi figurava anche MARIE FONTANA, che però ha perso la sua battaglia.

Il 5 aprile 2001 una county giury di Miami ha infatti ritenuto i produttori non responsabili nella causa da lei promossa. Ms. Fontana aveva lamentato una serie di disturbi ritenuti la conseguenza dell’esposizione al fumo passivo sugli aerei dove aveva lavorato dal 1972 al 1996. Nell’ottobre del 2000 un giudice della Circuit Court aveva negato ai fabbricanti coinvolti in questo caso la possibilità di presentare quelle tipiche prove che vengono di solito esibite nei casi di responsabilità del produttore. La Third District Court aveva però in seguito annullato la decisione del giudice della Circuit Court.

Tuttavia il 5 aprile la giuria ha stabilito che la ricorrente non era riuscita a provare il nesso di causalità tra le patologie che lamentava e il fumo passivo : si trattava di polmonite cronica ostruttiva, enfisema, bronchite e sinusite cronica che secondo i produttori non le erano in realtà mai state diagnosticate. [8]

La causa portata avanti dagli assistenti di volo era risultata essere un flop ; stessa sorte sarebbe toccata a MILDRED WILEY, un’infermiera non fumatrice che per 17 anni aveva lavorato in un ospedale psichiatrico per veterani di guerra. Nel maggio del 1991 le era stato diagnosticato un cancro ai polmoni che si era poi diffuso ad altri organi vitali e che un mese dopo aveva finito per ucciderla all’età di 56 anni. Il marito aveva deciso a quel punto di citare in giudizio i sei maggiori produttori americani di sigarette : Brown & Williamson Tobacco Corp., R. J. Reynolds Tobacco Co., Philip Morris Inc., Liggett & Myers Inc., the American Tobacco Co., and Lorillard Tobacco Co.

Compito dei suoi difensori era quello di provare che il fumo passivo provoca il cancro, nell’ambito di un processo ancora più devastante per i produttori di sigarette che, come nel caso sopra riportato degli assistenti di volo, non avevano potuto avvalersi del loro solito e collaudato mezzo difensivo, cioè della volontaria assunzione di rischio da parte dei fumatori.

Secondo i legali di Mr. Wiley i produttori già da decenni avrebbero saputo che il fumo passivo provoca il cancro (mentre il governo sarebbe giunto a quella conclusione solo nel 1986) ; i fabbricanti hanno invece negato una simile accusa, arrivando invece ad avanzare dei dubbi sul legame fumo passivo-cancro e insinuando che il cancro di Ms. Wiley avrebbe potuto essere stato provocato da altri fattori. [9] Mr. Wiley ha chiesto 13.3 milioni $ di danni compensatori per la perdita della compagnia e dell’amore di sua moglie oltre ai danni punitivi per la cattiva condotta dei fabbricanti.

Nel marzo ’98 è arrivata la decisione della giuria di Indianapolis che ha decretato che i produttori non sono responsabili della morte di Ms. Wiley : "Cigarettes are not a defective product and their makers are not negligent for failing to tell people that secondhand cigarette smoke is dangerous". [10]

Anche se l’Environmental Protection Agency e il National Research Council hanno dichiarato che il fumo passivo è pericoloso per la salute, i dati a disposizione sono piuttosto ambigui rispetto invece al legame ormai certo e conclamato tra fumo attivo e cancro. Gli studi hanno dimostrato che c’è un aumento nella possibilità di contrarre il cancro nelle persone fortemente esposte al fumo di sigaretta ma non si tratta comunque di un rischio troppo elevato. Uno studio invece dell’ International Agency for Research on Cancer, per conto delle industrie del tabacco, ha dimostrato che il fumo passivo non è pericoloso e che, anzi, protegge dal cancro. I produttori hanno però accusato l’Organizzazione Mondiale della Sanità di cercare di seppellire la ricerca mentre questi ultimi hanno dichiarato che i fabbricanti ne hanno completamente travisato i risultati. L’aumento del rischio di contrarre il cancro ai polmoni come conseguenza dell’esposizione al fumo passivo è del 16% ( 17% sul luogo di lavoro) : una percentuale statisticamente insignificante che può in parte motivare la decisione dei giurati nel caso Wiley. [11]

5. WIDDICK V. BROWN & WILLIAMSON TOBACCO CORP. : "THE TOBACCO CONSPIRACY TRIAL".

Nel giugno dello stesso anno si è concluso il caso WIDDICK V. BROWN & WILLIAMSON TOBACCO CORP.

Il processo è stato portato avanti da Angela Widdick, figlia di Roland Maddox, che ha accusato la Brown & Williamson (produttrice delle Lucky Strikes) di aver portato avanti una cospirazione per nascondere ai consumatori e al governo i rischi per la salute provocati dal fumo in modo da poter continuare ad ottenere dei profitti dalla vendita del loro prodotto pericoloso. Anche se le industrie del tabacco conoscevano la dannosità per la salute umana del loro prodotto, hanno continuato irresponsabilmente a fabbricare sigarette, cercando soprattutto di recrutare nuovi clienti fra i minorenni. Roland Maddox aveva 16 anni (era il 1946) quando iniziò a fumare sigarette "Chesterfields" fabbricate dalla Liggett. Brown & Williamson conosceva da molto tempo i pericoli del fumo (soprattutto se prolungato nel tempo) ed è stata negligente perché non ha informato i consumatori ; di conseguenza è responsabile della morte di Mr. Maddox avvenuta nel 1997. Come prove sono stati prodotti i documenti interni della B. & W., recentemente usati nel processo intentato dallo Stato del Minnesota.

Il fabbricante ha negato di aver preso parte a una cospirazione volta a nascondere i rischi del suo prodotto e ha invece sostenuto che è Mr. Maddox il vero responsabile della propria morte, visto che ha deliberatamente scelto di fumare e che ha continuato a farlo per un periodo di tempo estremamente lungo.

Nel 1996, 50 anni dopo aver iniziato a fumare, a Mr. Maddox fu diagnosticato un cancro ai polmoni che ben presto intaccò anche il fegato. L’uomo aveva sempre fumato approssimativamente due pacchetti al giorno : all’inizio le "Chesterfields" e, dal 1950, le "Lucky Strikes". Negli anni ’70 fece un primo tentativo per smettere di fumare ma senza successo ; ci riprovò di nuovo 8 anni prima di morire e iniziò ad accusare i classici sintomi da astinenza da nicotina quali aumento di stress e incapacità di concentrazione. Tra il 1995 e il 1996 iniziò a ridurre gradualmente (2 o 3 sigarette in meno ogni giorno) il suo consumo di sigarette da due pacchetti al giorno a uno ma smise definitivamente solo dopo che scoprì di essere gravemente malato.

La sua salute iniziò rapidamente a peggiorare nonostante la chemioterapia ; morì nel maggio ’97, nemmeno un anno dopo essergli stato diagnosticato il cancro. Ha lasciato la moglie di 46 anni, 3 figli adulti e 9 nipotini.

Il suo avvocato ha dichiarato che B. & W. sapeva che il suo prodotto provocava dipendenza oltre a numerosi problemi per la salute quali cancro, malattie polmonari e danni genetici soprattutto se una persona iniziava a fumare presto e continuava poi a farlo per lungo tempo. Mr. Maddox, oltre al cancro, ha sofferto di enfisema, ostruzione alle vie respiratorie, danni cellulari e vascolari.

Dai documenti interni della B. & W. utilizzati come prove, è emerso che i produttori di sigarette avevano manipolato le ricerche scientifiche sul fumo e avevano mentito ai consumatori sui suoi rischi. I fabbricanti avevano inoltre pagato per alterare i risultati di quelle ricerche che erano state condotte in modo "indipendente" (cioè al di fuori di ogni controllo), oltre a gettare discredito su quei ricercatori che le avevano condotte ma che non volevano piegarsi ai loro ricatti; in più avevano contribuito a creare una sorta di "illusoria controversia medico-scientifica sui rischi del fumo" per proteggere la loro attività. Il Tobacco Institute, un’organizzazione da loro stessi creata, forniva false informazioni ai media sui reali rischi del fumo. Durante il processo sono state citate due famose frasi pronunciate dai dirigenti della B. & W. rispettivamente nel 1963 e nel 1994 : "Moreover, nicotine is addictive. We are, then in the business of selling nicotine, an addictive drug effective in the release of stress mechanisms" ; e "I do not believe nicotine is addictive... Nicotine is very important constiuent in the cigarette smoke for taste".

Convenuta insieme alla B. & W. era anche la Liggett, con la quale però è stato raggiunto un accordo.

La famiglia della vittima ha chiesto di infliggere al produttore i danni punitivi sulla base di tre aspetti della responsabilità : negligenza, cospirazione e responsabilità oggettiva del produttore. I ricorrenti sono stati d’accordo nel ritenere che il loro famigliare debba considerarsi parzialmente responsabile della propria morte, anche se un’analoga parziale responsabilità grava sul fabbricante.

La giuria ha ritenuto B. & W. responsabile della morte di Mr. Maddox, oltre a far parte di una vasta cospirazione volta a nascondere al pubblico i reali rischi legati al consumo di sigarette. La famiglia Maddox ha ottenuto 52.249 $ per il rimborso delle spese mediche, mentre a Ms. Maddox sono stati dati 500.000 $ a titolo di danni compensatori per la perdita del marito e dei suoi guadagni. B. & W. dovrà inoltre versare ai Maddox 450.000 $ in danni punitivi. [12]

6. LA MADRE DI TUTTE LE CLASS-ACTIONS : IL CASO ENGLE.

Sempre nel 1998 bisogna segnalare l’inizio di una class-action nello Stato della Florida destinata a diventare famosa per l’entità astronomica dei danni punitivi cui i produttori sono stati condannati nel luglio 2000 : il caso HOWARD ENGLE V. BROWN & WILLIAMSON, PHILIP MORRIS, R. J. REYNOLDS, LORILLARD, LIGGETT GROUP & BROOKE LIMITED, THE TOBACCO INSTITUTE AND THE COUNCIL FOR TOBACCO RESEARCH. Si tratta di un processo da 200 miliardi di dollari, portato avanti da un pediatra della Florida e da altri cinque ricorrenti per conto di circa 500.000 altri fumatori che ritengono i produttori di tabacco responsabili dei loro problemi di salute legati al fumo. I fabbricanti si sono detti estremamente preoccupati fin dall’inizio da questo processo perché se la giuria dovesse accertare la loro responsabilità in ognuno dei 500.000 casi, il risarcimento che verrebbe loro richiesto finirebbe per aggirarsi attorno ai 45 miliardi $ (750.000 $ per ognuno) e aprirebbe inoltre la strada a numerosi altri processi che indebolirebbero sensibilmente la stabilità economica delle multinazionali del tabacco.

Le malattie dei ricorrenti vanno dall’asma al cancro e i loro difensori hanno intenzione di usare la stessa strategia processuale utilizzata nel caso Maddox e che si è poi rivelata vincente, vale a dire di affermare che il fumo provoca dipendenza, che i produttori lo sapevano ma che hanno orchestrato un’autentica cospirazione per nasconderlo al pubblico. Come prove saranno utilizzati i documenti interni della B. & W. Se questa linea difensiva avrà successo, sarà sicuramente riproposta in numerose altre class-actions tuttora pendenti. Le ripercussioni finanziarie per i fabbricanti potrebbero a quel punto essere molto serie ; ci si chiede quindi allora perché le multinazionali del tabacco non abbiano nessuna intenzione di raggiungere un accordo come nel caso dei 60.000 assistenti di volo. La risposta è semplice : un accordo in questo caso sarebbe solo svantaggioso perché implicherebbe l’ammissione della cospirazione e del fatto che il fumo provoca dipendenza, quindi i 500.000 fumatori avrebbero automaticamente diritto al rimborso delle spese mediche. Anzi, in realtà ne avrebbero diritto i fumatori di tutto il mondo !.

Numerosi convenuti nel caso Engle hanno fumato per quasi 40 anni e i produttori ritengono di non meritare di essere puniti per una libera scelta altrui. Inoltre il caso Engle non va sussunto sotto la specie della class-action perché i ricorrenti lamentano diverse patologie e non hanno le stesse ragioni per agire in giudizio (ci si ricorderà che la class-action nel caso Castano era stata "dismissed" proprio per questo motivo): Mr. Engle, il cui padre era un fumatore, ha l’asma ; Mr. Raymond Lacey ha subito l’amputazione di entrambe le gambe a causa di problemi circolatori mentre Mr. Robert Angell ha un cancro alla faringe e gli sono state asportate le corde vocali ;  nessuno di loro ha fumato per un periodo di tempo avente la stessa durata ma tutti dicono di avere sviluppato una dipendenza dalla nicotina . Si tratta di una serie di individui che lamentano vari disturbi presumibilmente legati al fumo di sigaretta ma che potrebbero essere stati provocati anche da altri fattori visto che ognuno di loro ha fumato un numero variabile di sigarette, è geneticamente diverso dagli altri, ha svolto differenti lavori, non è stato esposto alle stesse sostanze e ha storie cliniche certamente singolari : di conseguenza il caso Engle va suddiviso in una serie di processi individuali.

L’aspetto più controverso di questo processo è rappresentato dal legame fumo-cancro : i fabbricanti di tabacco sperano di riuscire a dimostrare che le malattie dei ricorrenti sono state causate da fattori diversi dal fumo attraverso la testimonianza di esperti secondo i quali non è ancora definitivamente provato che il fumo è la causa del cancro, dell’enfisema e dei disturbi cardiaci. Per i difensori dei fumatori non c’è invece nessun dubbio sul legame fumo-cancro ; la scelta di fumare dei loro clienti non è invece stata libera come hanno sostenuto i fabbricanti perché è stata basata sulle false informazioni sui rischi del fumo diffuse dai produttori. [13]

Il contenuto delle dichiarazioni iniziali provenienti da entrambi i contendenti sono passate in secondo piano quando, un anno dopo l’inizio del caso, è arrivata la decisione della giuria che ha posto fine alla prima fase del processo. Il 7 luglio 1999 la Miami-Dade County Circuit Court ha decretato che "Smoking caused many diseases including cancers, lung and heart diseases, and that the tobacco industry defendants had committed : fraud and misrepresentation ; conspiracy to commit concealment ; conspiracy to misrepresent ; negligence ; intentional infliction of emotional distress ; breach of express and implied warranties ; and was liable for punitive damages".

Si è trattato di una conclusione che ha decretato la responsabilità del produttore senza tuttavia stabilire l’entità dei danni.

Una differenza tra questo processo e l’accordo raggiunto tra gli Stati e le multinazionali del tabacco è che il risarcimento del caso Engle dovrà essere versato una volta che la sentenza sarà passata in giudicato mentre il pagamento dei danni frutto di accordo sono dilazionati lungo dei decenni.

In U.S.A. sono circa una dozzina le class-actions pendenti, anche se in quasi tutti i casi le corti non le hanno autorizzate perché le differenze tra i singoli individui sono maggiori delle analogie. Anche nel caso Engle i produttori si sono rivolti ai giudici chiedendo loro di non certificarlo come class-action ma il 31 gennaio 1996 la Third District Court of Appeal ha dato loro torto, mentre il 2 ottobre 1996 la Florida Suprema Court ha rifiutato di rivedere la precedente decisione della Court of Appeal. [14]

Il 3 settembre 1999 è arrivata la decisione n° 94-02797 della District Court of Appeal of Florida, Third District in relazione alla quale una serie di considerazioni si impongono. [15] La Corte Distrettuale ha scelto la via della prudenza e del buon senso : i ricorrenti avevano infatti ideato una class-action colossale, comprendente ben un milione di ricorrenti ; il riferimento era a "all United States citizens and residents".

Si trattava di una "action for strict liability in tort, fraud and misrepresentation, conspiracy to commit fraud and misrepresentation, breach of implied warranty of merchantability and fitness, negligence, breach of express warranty, intentional infliction of mental distress, and equitable relief". I fabbricanti si erano opposti, sostenendo che "the individual issues in this case predominate over the common issues", ma la Corte non aveva accolto la loro istanza poiché "although certain individual issues will have to be tried to each class member, principally the issue of damages, the basic issues of liability common to all members of the class will clearly predominate over the individual issues".

In realtà, per la trattazione di una tale class-action si sarebbero dovuti impiegare molti anni, e i giudici attualmente presenti nella District Court non sarebbero stati sufficienti. La Corte ha quindi ritenuto opportuno che "the issue of damages, both compensatory and punitive, must be tried on an individual basis". I giudici hanno però dato ai ricorrenti un consiglio prezioso, cioè di ridurre il caso a delle proporzioni più ragionevoli, limitandolo ai cittadini e ai residenti della sola Florida, e non degli Stati Uniti. In tal modo il numero dei ricorrenti sarebbe diminuito drasticamente e il sistema giudiziario della Florida avrebbe potuto risolvere la controversia in maniera efficiente.

Il 7 aprile 2000 è arrivata invece la decisione che ha posto fine alla seconda fase del giudizio, quella volta cioè a stabilire i danni compensatori. A tre fumatori scelti a titolo rappresentativo è stato riconosciuto un risarcimento di quasi 13 milioni $ così suddivisi : 2.85 milioni $ per l’infermiera Mary Farnan, morta a 44 anni per un cancro ai polmoni ; 4.02 milioni $ per i parenti di Angie della Vecchia morta a 53 anni sempre per un tumore ai polmoni e 5.83 milioni $ per l’orologiaio Frank Amodeo che ha un tumore in gola.

Queste tre persone avevano sviluppato la loro dipendenza da fumo negli anni ’50, molto tempo prima che fossero noti i danni da fumo ma in un periodo durante il quale i produttori di tabacco stavano scoprendo i legami fra malattie e dipendenza dal tabacco. I fabbricanti hanno contestato il fatto che il fumo abbia causato il cancro ai tre querelanti e che pertanto non dovrebbero essere risarciti poiché hanno continuato a fumare per anni, anche dopo che i danni da fumo erano ampiamente noti. La giuria tuttavia ha stabilito che il fumo delle sigarette è stata la causa della malattia, da cui la decisione conseguente del risarcimento danni, anche se inferiore alle aspettative. [16]

Questa causa è però diventata famosa non solo per essere stata la più grande causa collettiva per danni da "fumo attivo" negli U.S.A. ma anche per l’entità astronomica dei danni punitivi che, in data 14/7/2000, alla fine della terza fase del giudizio, sono stati stabiliti per 145 miliardi $, una somma definita "buono morte" dalle compagnie coinvolte anche se inferiore alla richiesta di parte civile che si aggirava sui 196 miliardi. La giuria ha ripartito i danni nel modo seguente : 74 MD. $ alla Philip Morris, 35 MD $ per R. J. Reynolds Tobacco, 16 MD $ per Brown & Williamson, 16 MD $ per Lorillard Tobacco e 790 ML $ per Liggett Group Inc. Il Council for Tobacco Research è stato condannato a pagare 1.2 ML $ mentre la somma richiesta al Tobacco Institute è di 278.000 $.

Si è giunti a questa decisione storica dopo che la giuria aveva stabilito che le industrie avevano creato un prodotto difettoso e mortale. La Philip Morris è valutata 6 MD $ e le leggi della Florida proibiscono danni punitivi che possano condurre una società al fallimento e raccomandano ai giudici di ridurre le richieste troppo alte. I soggetti condannati si erano inizialmente detti disposti a pagare 15.3 MD $. [17]

Nel novembre 2000 infine l’ennesimo ricorso dei fabbricanti alla Corte Federale (le corti federali americane si sono sempre opposte alle azioni collettive) è stato respinto. [18]

Sempre nel 2000 lo stato della Florida ha approvato una legge che prevede il pagamento di $ 100 ML. per ogni produttore di sigarette al fine di "venire loro incontro" nel pagamento dei danni. I componenti della class-action hanno però manifestato l’intenzione di impugnare la legge in questione ; di fronte alla prospettiva di una loro vittoria la Philip Morris, la Liggett e la Lorillard hanno sottoscritto un accordo coi ricorrenti portando la cifra di $ 203 ML. che avrebbero dovuto complessivamente versare a ben $ 2,009,723,077. Di questa enorme cifra $ 709,723,077, oltre agli interessi e ai proventi degli investimenti, saranno devoluti ai membri della class-action sia in caso di vittoria in appello, ma anche se dovessero perdere o decidere di ritirarsi.

In caso di vittoria delle tobacco companies, la somma sarà distribuita secondo le disposizioni del codice di procedura civile della Florida e il giudice dovrà stabilire chi è per definizione "membro della class-action" e quanto spetta ad ognuno. I fabbricanti si sono detti disposti ad accettare il verdetto della Corte Federale del novembre 2000, e che non proporranno nessun nuovo ricorso.

R. J. Reynolds Tobacco e Brown & Williamson hanno deciso di non aderire all’accordo perché ritengono che i ricorrenti stiano mentendo e che non riusciranno a far modificare la "bonding cap legislation". Se i loro calcoli sono sbagliati però, sono destinati al fallimento perché il primo dovrà pagare $ 40 MD e il secondo $ 20 MD in quanto probabilmente nessuna giuria si mostrerà comprensiva nei loro confronti, dopo che hanno volutamente scartato l’opportunità di assicurarsi contro tale evenienza. [19]

 

 

NOTE

[1] Health fi., "Landmarks in law", cap. 11.

[2] Courttv on-line, 14/3/2001.

[3] Http ://www.bw.com./APPS/NewsArchives/Index.cfm ?ID=30.

[4] Courttv on-line, 14/3/2001.

[5] Http ://www.tobacco.neu.eedu/Extra/hotdocs/carter_v_b&w_fla_sup_ct_11-22-2000.htm.

[6] Jacksonville.com, 8/5/1997.

[7] Cnn on-line, 27/5/1997.

[8] R. J. Reynolds, 5/4/2001.

[9] Action on smoking and health, febbraio 1998.

[10] Action on smoking and health, marzo ‘98

[11] Washington Post, 20/3/1998.

[12] Courttv on-line, giugno 1998.

[13] Courttv on-line, agosto 1998.

[14] Tobacco on trial, luglio 1999.

[15] Http ://no-smoking.org/sept99/09/08/99-6.html.

[16] Cnn on-line, 7/4/2000.

[17] Cnn on-line, 14/7/2000.

[18] The Motley Fool, 6/11/2000.

[19] Tobacco.neu, 22/5/2001.