*** SEZIONE VI
LA SECONDA META’ DEGLI ANNI ’90 :
UN BILANCIO ALTALENANTE.
SOMMARIO : 1. Introduzione. 2. Il
primo uomo ad incassare un risarcimento : Grady Carter. 3. La
rivincita dei fabbricanti : la storia di Jean Connor. 4. I produttori
vincono di nuovo : i primi due processi per fumo passivo. 5.
Widdick v. Brown & Williamson Tobacco Corp. :"The tobacco
conspiracy trial". 6. La madre di tutte le class-actions :
il caso Engle.
1. INTRODUZIONE.
E’ ora giunto il momento di parlare
di una serie di casi famosi per la cronaca i cui risultati esprimono
l’andamento incerto degli esiti processuali di questi ultimi anni. Se
nel 1996 Grady Carter può dire di essere il primo uomo ad aver incassato
un risarcimento da un’industria del tabacco (la sentenza di primo grado
fu però ribaltata dalla Corte d’Appello ma successivamente riconfermata
dalla Corte Suprema), l’anno successivo i fabbricanti ottenero la
rivincita nel caso Connor e anche i primi due processi per fumo passivo si
conclusero con la loro vittoria.
Pesanti furono invece le sconfitte nei
casi Widdick (dove emersero i documenti segreti della Brown &
Williamson che provavano l’esistenza di una cospirazione fra le
industrie del tabacco) e infine nel caso Engle, la class-action passata
alla storia per l’ammontare sproporzionato dei danni punitivi.
2. IL PRIMO UOMO AD INCASSARE UN
RISARCIMENTO : GRADY CARTER.
Procedendo però sempre in ordine
cronologico nell’analisi delle" tobacco litigation" è
arrivato l’anno 1996 che è caratterizzato da due importanti eventi :
Liggett Group rompe con il resto dei produttori e accetta di pagare le
spese mediche richieste da 5 Stati (anticipando così parzialmente
l’accordo di cui sopra) che ammontano a 10 milioni [1] $ mentre Brown
& Williamson viene chiamata in causa da GRADY CARTER, un fumatore di
68 anni a cui era stato diagnosticato un adenocarcinoma al polmone nel
1991. Mr. Carter, un ex controllore di volo, aveva fumato sigarette Lucky
Strike per 44 anni, dal 1947 al 1991 e aveva in seguito deciso di
perseguire legalmente B. & W. perché conoscevano i pericoli legati al
consumo del tabacco fin dal 1939 mentre era dal 1950 che sapevano che il
fumo causa il cancro ai polmoni. Le loro sigarette inoltre avrebbero
dovuto ( e potuto) essere prodotte in un modo più sicuro, tali cioè da
non essere cancerogene.
I legali di B. & W. si sono difesi
sostenendo che non ci sono prove certe che legano il cancro di Mr. Carter
al consumo di sigarette e che se anche ciò fosse provato egli avrebbe
comunque dovuto sapere che fumare è pericoloso. L’ex fumatore ha
riconosciuto dal canto suo la sua parte di responsabilità ma ha preteso
un’analoga ammissione dalla sua controparte.
Da un dossier di 4.000 pagine che era
stato sottratto alla B. & W. è infatti emerso che i suoi membri
dell’esecutivo erano a conoscenza dei danni che il fumo può provocare
alla salute umana ; Carter tuttavia ha richiesto solo danni
compensatori e non anche danni punitivi. Sempre nel 1996 è arrivata la
sentenza del tribunale della Florida che gli ha liquidato la somma di
750.000 $, la metà di quanto aveva chiesto. [2]
B. & W. è ricorsa in appello e
nel giugno ’98 la First District Court of Appeal della Florida ha
capovolto la sentenza di primo grado accettando tutti e cinque i capi
d’impugnazione della sentenza. [3] In appendice si può leggere per
esteso il testo della sentenza, che affronta separatamente tutti i cinque
punti su cui era fondato il ricorso. In ordine al primo punto, "statute
of limitations", l’azione non avrebbe potuto essere proposta perché
erano già passati più di quattro anni da quando era stato proposto il
ricorso iniziale ; secondo lo Statute of Limitations infatti
l’azione va proposta entro quattro anni da quando si è verificata la
lesione. La Corte inoltre (secondo punto) avrebbe erroneamente autorizzato
l’attore a sostenere che le scritte di avvertimento imposte a livello
federale erano inadeguate ("Federal preemption doctrine" :
prevalenza della legge federale su quella statale).
Mr. Carter avrebbe inoltre utilizzato
documenti della B. & W ., quando invece l’accusa riguardava
fatti commessi dall’American Tobacco Company che era stata acquistata
dalla B. & W. 30 anni dopo che la maggior parte di quei documenti
erano stati scritti. Il quarto capo del ricorso ha riguardato l’attorney-client
privilege, che avrebbe dovuto essere ammesso, visto che dai documenti non
è risultato esserci alcun intento criminale o fraudolento. Infine (quinto
punto, "speculative testimony"), Mr. Carter non avrebbe dovuto
essere autorizzato a testimoniare.
Mr. Carter decise di ricorrere alla
Supreme Court of Florida, che il 22 novembre 2000 emise la sentenza n.
SC.94797, che ha ribaltato il precedente verdetto del giugno ’98. [4] Il
testo della decisione giudiziale si trova come sempre in appendice e un
commento è naturalmente d’obbligo. [5]
In relazione allo Statute of
Limitations la Corte ha dichiarato che bisogna stabilire quando "begins
to run in a product liability cause of action involving a latent or
creeping disease. In
such cases, we conclude that the cause of action accrues when the
accumulated effects of the deleterious substance manifest themselves to
the claimant in a way which supplies some evidence of a casual
relationship to the manufactured product. By appling this standard to the
present case, we find that the Carters’ claims were not barred by the
statute of limitations and, accordingly, we quash the district court’s
decision below".
Mr. Carter aveva avvertito i primi
sintomi della sua malattia il 29/1/91, quando aveva tossito sangue. Il 4/2
aveva contattato un medico, che l’aveva però indirizzato da uno
specialista. Il primo incontro era avvenuto il 5/2, ma solo il 14/2 il
pneumologo aveva potuto fare una diagnosi precisa. Mr. Carter aveva in
seguito deciso di agire in giudizio il 10/2/95. E’ vero che il 29/1/91,
quando aveva consultato un’enciclopedia medica, aveva scoperto che
l’emottisi poteva avere due cause : tubercolosi o cancro al
polmone, e che, poiché fumava più di un pacchetto di sigarette al
giorno, qualche sospetto avrebbe potuto nascergli ; tuttavia Mr.
Carter aveva anche avuto dei contatti con un malato di TBC, per cui
l’incertezza era più che ragionevole.
La decisione della District Court del
’98 contrastava inoltre con un precedente simile, il caso Copeland.
Un lavoratore, nel ‘58-‘59, aveva
sentito parlare dei danni provocati dall’asbesto, un materiale con cui
lavorava da anni. Alla fine degli anni ’60 aveva accusato i primi
problemi di salute e nel ’72 le sue condizioni erano sensibilmente
peggiorate. Gli erano stati diagnosticati l’enfisema e la polmonite, ma
solo nel ’78 aveva avuto la certezza di avere l’asbestosi. Il
17/4/1979 aveva deciso di agire in giudizio e il suo discorso era stato
giudicato conforme allo Statute of Limitations. La
Sezione 95.11(3)(e) dello Statuto della Florida del 1981 dispone infatti
che "an action for injury to a person founded on the design,
manufacture, distribution, or sale of personal property...shall be
commenced...whitin four years". Lo Statute of Limitations della
Florida prevede inoltre che "actions for product liability, as
descibed above, must be begun within the period described in this chapeter
[four years], with the period running from the time the facts giving rise
to the cause of action a) were actually discovered by the claimant or b)
should have been discovered with the exercise of due diligence, whichever
is earlier".
Il secondo punto su cui si era
espressa la District Court riguardava i "preempted claims", ma
anche in relazione a ciò la Supreme Court of Florida ha adottato un
parere diverso. Nella
sentenza (dove c’è un preciso riferimento al caso Cipollone) si legge
infatti che "the 1965 Act only preempted state and federal rulemaking
bodies from mandating particular cautionary statements and did not preempt
state-law damages actions" e che "the 1969 Act does not, however,
preempt petitioner’s claims that rely solely on respondent’s testing
or research practices or other actions unrelated to advertising or
promotion", per cui, in sintesi, "the 1969 Act does not preempt
express warranty claims, fraudulent misrepresentation claims and
conspiracy to defraud claims".
Anche la decisione presa dalla
District Court su "unpleaded claim" è stat capovolta. B. &
W. aveva condotto delle ricerche tra gli anni ’50 e ’70 e nel 1963
aveva scoperto che la nicotina provoca dipendenza. L’American Tobacco
Company, acquisita invece da B. & W., non aveva mai fatto simili
ricerche. Se non ci fosse stata la fusione, non si sarebbe posto nessun
problema. Questo però non significa che i coniugi Carter debbano essere
svantaggiati per effetto della fusione. Essi inoltre hanno indirizzato le
loro accuse verso la condotta dell’A.T.C. prima della sua fusione con B.
& W., avvenuta nel 1995.
In sintesi quindi la Suprema Corte ha
stabilito che l’utilizzazione dei documenti interni di B. & W. era
indispensabile per provare la condotta del fabbricante e ha di conseguenza
capovolto la decisione della District Court.
L’ultimo atto processuale del caso
Carter è del 29/6/2001, quando la Corte Suprema "declined to review
the case".
3. LA RIVINCITA DEI FABBRICANTI :
LA STORIA DI JEAN CONNOR.
Se il 1996 è stato caratterizzato
dalla sconfitta dei produttori di tabacco con l’esito del caso Carter,
l’anno successivo è stato invece contrassegnato dalla loro rivincita
nel caso Connor. Il 7 maggio 1997 i giurati della Duval County Courthouse
hanno ritenuto Reynolds Tobacco non responsabile della morte della
quarantanovenne JEAN CONNOR. "Il produttore è senz’altro da
biasimare per la sua condotta, ma la legge non consente di ritenerlo
responsabile" hanno dichiarato i giurati. La giuria è stata chiamata
a pronunciarsi su 1) Negligence and defects e 2) Moral dilemma.
In ordine al primo punto, Reynolds
Tobacco non è stata giudicata negligente e il suo prodotto, pur
pericoloso e difettoso, non è stato ritenuto responsabile della morte di
J. Connor. Il produttore non è responsabile per non aver messo in guardia
la donna sui rischi del fumo perché questi erano ampiamente conosciuti
ancor prima che comparissero le prime scritte sui pacchetti di sigarette
nella metà degli anni ’60. A tal proposito è stato prodotto in aula un
sondaggio del 1954 dal quale è risultato che il 90% degli Americani aveva
sentito o letto che il fumo provoca il cancro.
In relazione al secondo punto i
difensori della Connor hanno sostenuto che i responsabili della Reynolds
conoscevano più di quanto avessero voluto ammettere sui rischi del fumo e
che avevano il dovere di condividere le loro informazioni con i
consumatori. I giurati, benché hanno dichiarato che il fabbricante sia da
biasimare e che il cancro della vittima sia stato provocato dal fumo,
hanno ritenuto tuttavia di non potere punire il produttore. Hanno
dichiarato che probabilmente se fossero state loro rivolte delle domande
differenti il loro verdetto non sarebbe stato lo stesso. Una domanda sorge
però spontanea : nel caso Carter ai giurati furono rivolte le stesse
domande sul fumo e sulla responsabilità del produttore ma il loro
verdetto fu di colpevolezza, coma mai ?.
Nel caso Connor i giurati hanno tenuto
conto della conoscenza che ha la gente sull’argomento e degli sforzi
fatti dalla Reynolds per creare una sigaretta più sicura diminuendo il
livello di nicotina. Quando l’avevano però posta in commercio ai
fumatori non era piaciuta, le vendite erano insoddisfacenti per cui si era
deciso di ritirarla dal mercato.
Di fronte alle critiche che sono state
loro rivolte, i membri della giuria hanno dichiarato di aver deciso il
caso semplicemente applicando la legge la quale prevede che "a
product is dangerous if it doesn’t work as safely as a consumer expects
or if there was a way to make it safer". E’ stato grazie
all’applicazione di questa disposizione legislativa che la Reynolds ha
vinto il caso Connor.
Da ultimo c’è da segnalare, sempre
nel 1997, la richiesta di un giudice federale alla F.D.A. ( Food and Drug
Administration) di disciplinare il tabacco allo stesso modo della droga ma
di non mettere limitazioni alla pubblicità. L’autorità si è
formalmente opposta. [6]
4. I PRODUTTORI VINCONO DI NUOVO :
I PRIMI DUE PROCESSI PER FUMO PASSIVO.
Alla fine del maggio ’97 ha preso
avvio la prima causa di richiesta di risarcimento per i danni provocati
dal fumo passivo. E’ stato un caso singolare perché per la prima volta
i danneggiati sono stati dei non-fumatori che avevano sviluppato il cancro
ai polmoni e altre patologie a causa del fumo passivo. Il processo è
stato iniziato da Norma Broin, un’assistente di volo di 42 anni malata
di cancro ai polmoni, nei confronti della Philip Morris e di altri
fabbricanti ma che ha coinvolto ben 60.000 ASSISTENTI DI VOLO.
Il fumo è stato proibito sui voli
americani dal 1988, ma questa disposizione non è mai stata rispettata.
Durante il dibattimento per le
compagnie aeree hanno testimoniato due chirurghi generali, fisici e
scienziati che hanno illustrato i risultati di più di un decennio di
ricerche sul fumo passivo. E’ stato inoltre presentato uno studio
dell’Università di Harvard che ha evidenziato gli stretti legami tra
malattie cardiache e fumo passivo.
Gli interessi coinvolti in questo caso
sono stati numerosi e fra loro contrapposti.
Lo Stato si è intromesso nel caso,
cercando fin dall’inizio di raggiungere un accordo con i produttori per
ottenere il rimborso delle spese mediche, dando loro in cambio una sorta
di immunità processuale contro eventuali e future azioni collettive, ma
questo atteggiamento non è ovviamente piaciuto ai ricorrenti. [7]
Nonostante tutto però l’accordo è stato trovato e il 6 febbraio 1998 i
fabbricanti hanno accettato di pagare 49 milioni $ (a fronte dei 5
miliardi inizialmente richiesti) che sono stati devoluti a una fondazione.
Di conseguenza la class-action è
venuta meno ma 3.000 ricorrenti (dei 60.000 iniziali), in quanto parti
dell’accordo, hanno rivendicato il diritto di proseguire individualmente
il processo per ottenere i danni compensatori. Tra questi figurava anche
MARIE FONTANA, che però ha perso la sua battaglia.
Il 5 aprile 2001 una county giury di
Miami ha infatti ritenuto i produttori non responsabili nella causa da lei
promossa. Ms. Fontana aveva lamentato una serie di disturbi ritenuti la
conseguenza dell’esposizione al fumo passivo sugli aerei dove aveva
lavorato dal 1972 al 1996. Nell’ottobre del 2000 un giudice della
Circuit Court aveva negato ai fabbricanti coinvolti in questo caso la
possibilità di presentare quelle tipiche prove che vengono di solito
esibite nei casi di responsabilità del produttore. La Third District
Court aveva però in seguito annullato la decisione del giudice della
Circuit Court.
Tuttavia il 5 aprile la giuria ha
stabilito che la ricorrente non era riuscita a provare il nesso di
causalità tra le patologie che lamentava e il fumo passivo : si
trattava di polmonite cronica ostruttiva, enfisema, bronchite e sinusite
cronica che secondo i produttori non le erano in realtà mai state
diagnosticate. [8]
La causa portata avanti dagli
assistenti di volo era risultata essere un flop ; stessa sorte
sarebbe toccata a MILDRED WILEY, un’infermiera non fumatrice che per 17
anni aveva lavorato in un ospedale psichiatrico per veterani di guerra.
Nel maggio del 1991 le era stato diagnosticato un cancro ai polmoni che si
era poi diffuso ad altri organi vitali e che un mese dopo aveva finito per
ucciderla all’età di 56 anni. Il marito aveva deciso a quel punto di
citare in giudizio i sei maggiori produttori americani di sigarette :
Brown & Williamson Tobacco Corp., R. J. Reynolds Tobacco Co., Philip
Morris Inc., Liggett & Myers Inc., the American Tobacco Co., and
Lorillard Tobacco Co.
Compito dei suoi difensori era quello
di provare che il fumo passivo provoca il cancro, nell’ambito di un
processo ancora più devastante per i produttori di sigarette che, come
nel caso sopra riportato degli assistenti di volo, non avevano potuto
avvalersi del loro solito e collaudato mezzo difensivo, cioè della
volontaria assunzione di rischio da parte dei fumatori.
Secondo i legali di Mr. Wiley i
produttori già da decenni avrebbero saputo che il fumo passivo provoca il
cancro (mentre il governo sarebbe giunto a quella conclusione solo nel
1986) ; i fabbricanti hanno invece negato una simile accusa,
arrivando invece ad avanzare dei dubbi sul legame fumo passivo-cancro e
insinuando che il cancro di Ms. Wiley avrebbe potuto essere stato
provocato da altri fattori. [9] Mr. Wiley ha chiesto 13.3 milioni $ di
danni compensatori per la perdita della compagnia e dell’amore di sua
moglie oltre ai danni punitivi per la cattiva condotta dei fabbricanti.
Nel marzo ’98 è arrivata la
decisione della giuria di Indianapolis che ha decretato che i produttori
non sono responsabili della morte di Ms. Wiley : "Cigarettes are
not a defective product and their makers are not negligent for failing to
tell people that secondhand cigarette smoke is dangerous". [10]
Anche se l’Environmental Protection
Agency e il National Research Council hanno dichiarato che il fumo passivo
è pericoloso per la salute, i dati a disposizione sono piuttosto ambigui
rispetto invece al legame ormai certo e conclamato tra fumo attivo e
cancro. Gli studi hanno dimostrato che c’è un aumento nella possibilità
di contrarre il cancro nelle persone fortemente esposte al fumo di
sigaretta ma non si tratta comunque di un rischio troppo elevato. Uno
studio invece dell’ International Agency for Research on Cancer, per
conto delle industrie del tabacco, ha dimostrato che il fumo passivo non
è pericoloso e che, anzi, protegge dal cancro. I produttori hanno però
accusato l’Organizzazione Mondiale della Sanità di cercare di
seppellire la ricerca mentre questi ultimi hanno dichiarato che i
fabbricanti ne hanno completamente travisato i risultati. L’aumento del
rischio di contrarre il cancro ai polmoni come conseguenza
dell’esposizione al fumo passivo è del 16% ( 17% sul luogo di
lavoro) : una percentuale statisticamente insignificante che può in
parte motivare la decisione dei giurati nel caso Wiley. [11]
5.
WIDDICK V. BROWN & WILLIAMSON TOBACCO CORP. : "THE TOBACCO
CONSPIRACY TRIAL".
Nel giugno dello stesso anno si è
concluso il caso WIDDICK V. BROWN & WILLIAMSON TOBACCO CORP.
Il processo è stato portato avanti da
Angela Widdick, figlia di Roland Maddox, che ha accusato la Brown &
Williamson (produttrice delle Lucky Strikes) di aver portato avanti una
cospirazione per nascondere ai consumatori e al governo i rischi per la
salute provocati dal fumo in modo da poter continuare ad ottenere dei
profitti dalla vendita del loro prodotto pericoloso. Anche se le industrie
del tabacco conoscevano la dannosità per la salute umana del loro
prodotto, hanno continuato irresponsabilmente a fabbricare sigarette,
cercando soprattutto di recrutare nuovi clienti fra i minorenni. Roland
Maddox aveva 16 anni (era il 1946) quando iniziò a fumare sigarette
"Chesterfields" fabbricate dalla Liggett. Brown & Williamson
conosceva da molto tempo i pericoli del fumo (soprattutto se prolungato
nel tempo) ed è stata negligente perché non ha informato i consumatori ;
di conseguenza è responsabile della morte di Mr. Maddox avvenuta nel
1997. Come prove sono stati prodotti i documenti interni della B. & W.,
recentemente usati nel processo intentato dallo Stato del Minnesota.
Il fabbricante ha negato di aver preso
parte a una cospirazione volta a nascondere i rischi del suo prodotto e ha
invece sostenuto che è Mr. Maddox il vero responsabile della propria
morte, visto che ha deliberatamente scelto di fumare e che ha continuato a
farlo per un periodo di tempo estremamente lungo.
Nel 1996, 50 anni dopo aver iniziato a
fumare, a Mr. Maddox fu diagnosticato un cancro ai polmoni che ben presto
intaccò anche il fegato. L’uomo aveva sempre fumato approssimativamente
due pacchetti al giorno : all’inizio le "Chesterfields"
e, dal 1950, le "Lucky Strikes". Negli anni ’70 fece un primo
tentativo per smettere di fumare ma senza successo ; ci riprovò di
nuovo 8 anni prima di morire e iniziò ad accusare i classici sintomi da
astinenza da nicotina quali aumento di stress e incapacità di
concentrazione. Tra il 1995 e il 1996 iniziò a ridurre gradualmente (2 o
3 sigarette in meno ogni giorno) il suo consumo di sigarette da due
pacchetti al giorno a uno ma smise definitivamente solo dopo che scoprì
di essere gravemente malato.
La sua salute iniziò rapidamente a
peggiorare nonostante la chemioterapia ; morì nel maggio ’97,
nemmeno un anno dopo essergli stato diagnosticato il cancro. Ha lasciato
la moglie di 46 anni, 3 figli adulti e 9 nipotini.
Il suo avvocato ha dichiarato che B.
& W. sapeva che il suo prodotto provocava dipendenza oltre a numerosi
problemi per la salute quali cancro, malattie polmonari e danni genetici
soprattutto se una persona iniziava a fumare presto e continuava poi a
farlo per lungo tempo. Mr. Maddox, oltre al cancro, ha sofferto di
enfisema, ostruzione alle vie respiratorie, danni cellulari e vascolari.
Dai documenti interni della B. &
W. utilizzati come prove, è emerso che i produttori di sigarette avevano
manipolato le ricerche scientifiche sul fumo e avevano mentito ai
consumatori sui suoi rischi. I fabbricanti avevano inoltre pagato per
alterare i risultati di quelle ricerche che erano state condotte in modo
"indipendente" (cioè al di fuori di ogni controllo), oltre a
gettare discredito su quei ricercatori che le avevano condotte ma che
non volevano piegarsi ai loro ricatti; in più avevano contribuito a
creare una sorta di "illusoria controversia medico-scientifica sui
rischi del fumo" per proteggere la loro attività. Il Tobacco
Institute, un’organizzazione da loro stessi creata, forniva false
informazioni ai media sui reali rischi del fumo. Durante il processo sono
state citate due famose frasi pronunciate dai dirigenti della B. & W.
rispettivamente nel 1963 e nel 1994 : "Moreover, nicotine is
addictive. We are,
then in the business of selling nicotine, an addictive drug effective in
the release of stress mechanisms" ; e "I do not believe
nicotine is addictive... Nicotine is very important constiuent in the
cigarette smoke for taste".
Convenuta insieme alla B. & W. era
anche la Liggett, con la quale però è stato raggiunto un accordo.
La famiglia della vittima ha chiesto
di infliggere al produttore i danni punitivi sulla base di tre aspetti
della responsabilità : negligenza, cospirazione e responsabilità
oggettiva del produttore. I ricorrenti sono stati d’accordo nel ritenere
che il loro famigliare debba considerarsi parzialmente responsabile della
propria morte, anche se un’analoga parziale responsabilità grava sul
fabbricante.
La giuria ha ritenuto B. & W.
responsabile della morte di Mr. Maddox, oltre a far parte di una vasta
cospirazione volta a nascondere al pubblico i reali rischi legati al
consumo di sigarette. La famiglia Maddox ha ottenuto 52.249 $ per il
rimborso delle spese mediche, mentre a Ms. Maddox sono stati dati 500.000
$ a titolo di danni compensatori per la perdita del marito e dei suoi
guadagni. B. & W. dovrà inoltre versare ai Maddox 450.000 $ in danni
punitivi. [12]
6. LA MADRE DI TUTTE LE CLASS-ACTIONS :
IL CASO ENGLE.
Sempre nel 1998 bisogna segnalare
l’inizio di una class-action nello Stato della Florida destinata a
diventare famosa per l’entità astronomica dei danni punitivi cui i
produttori sono stati condannati nel luglio 2000 : il caso HOWARD
ENGLE V. BROWN & WILLIAMSON, PHILIP MORRIS, R. J. REYNOLDS, LORILLARD,
LIGGETT GROUP & BROOKE LIMITED, THE TOBACCO INSTITUTE AND THE COUNCIL
FOR TOBACCO RESEARCH. Si tratta di un processo da 200 miliardi di dollari,
portato avanti da un pediatra della Florida e da altri cinque ricorrenti
per conto di circa 500.000 altri fumatori che ritengono i produttori di
tabacco responsabili dei loro problemi di salute legati al fumo. I
fabbricanti si sono detti estremamente preoccupati fin dall’inizio da
questo processo perché se la giuria dovesse accertare la loro
responsabilità in ognuno dei 500.000 casi, il risarcimento che verrebbe
loro richiesto finirebbe per aggirarsi attorno ai 45 miliardi $ (750.000 $
per ognuno) e aprirebbe inoltre la strada a numerosi altri processi che
indebolirebbero sensibilmente la stabilità economica delle multinazionali
del tabacco.
Le malattie dei ricorrenti vanno
dall’asma al cancro e i loro difensori hanno intenzione di usare la
stessa strategia processuale utilizzata nel caso Maddox e che si è poi
rivelata vincente, vale a dire di affermare che il fumo provoca
dipendenza, che i produttori lo sapevano ma che hanno orchestrato
un’autentica cospirazione per nasconderlo al pubblico. Come prove
saranno utilizzati i documenti interni della B. & W. Se questa linea
difensiva avrà successo, sarà sicuramente riproposta in numerose altre
class-actions tuttora pendenti. Le ripercussioni finanziarie per i
fabbricanti potrebbero a quel punto essere molto serie ; ci si chiede
quindi allora perché le multinazionali del tabacco non abbiano nessuna
intenzione di raggiungere un accordo come nel caso dei 60.000 assistenti
di volo. La risposta è semplice : un accordo in questo caso sarebbe
solo svantaggioso perché implicherebbe l’ammissione della cospirazione
e del fatto che il fumo provoca dipendenza, quindi i 500.000 fumatori
avrebbero automaticamente diritto al rimborso delle spese mediche. Anzi,
in realtà ne avrebbero diritto i fumatori di tutto il mondo !.
Numerosi convenuti nel caso Engle
hanno fumato per quasi 40 anni e i produttori ritengono di non meritare di
essere puniti per una libera scelta altrui. Inoltre il caso Engle non va
sussunto sotto la specie della class-action perché i ricorrenti lamentano
diverse patologie e non hanno le stesse ragioni per agire in giudizio (ci
si ricorderà che la class-action nel caso Castano era stata "dismissed"
proprio per questo motivo): Mr. Engle, il cui padre era un fumatore, ha
l’asma ; Mr. Raymond Lacey ha subito l’amputazione di entrambe le
gambe a causa di problemi circolatori mentre Mr. Robert Angell ha un
cancro alla faringe e gli sono state asportate le corde vocali ;
nessuno di loro ha fumato per un periodo di tempo avente la stessa durata
ma tutti dicono di avere sviluppato una dipendenza dalla nicotina .
Si tratta di una serie di individui che lamentano vari disturbi
presumibilmente legati al fumo di sigaretta ma che potrebbero essere stati
provocati anche da altri fattori visto che ognuno di loro ha fumato un
numero variabile di sigarette, è geneticamente diverso dagli altri, ha
svolto differenti lavori, non è stato esposto alle stesse sostanze e ha
storie cliniche certamente singolari : di conseguenza il caso Engle
va suddiviso in una serie di processi individuali.
L’aspetto più controverso di questo
processo è rappresentato dal legame fumo-cancro : i fabbricanti di
tabacco sperano di riuscire a dimostrare che le malattie dei ricorrenti
sono state causate da fattori diversi dal fumo attraverso la testimonianza
di esperti secondo i quali non è ancora definitivamente provato che il
fumo è la causa del cancro, dell’enfisema e dei disturbi cardiaci. Per
i difensori dei fumatori non c’è invece nessun dubbio sul legame
fumo-cancro ; la scelta di fumare dei loro clienti non è invece
stata libera come hanno sostenuto i fabbricanti perché è stata basata
sulle false informazioni sui rischi del fumo diffuse dai produttori. [13]
Il contenuto delle dichiarazioni
iniziali provenienti da entrambi i contendenti sono passate in secondo
piano quando, un anno dopo l’inizio del caso, è arrivata la decisione
della giuria che ha posto fine alla prima fase del processo. Il
7 luglio 1999 la Miami-Dade County Circuit Court ha decretato che
"Smoking caused many diseases including cancers, lung and heart
diseases, and that the tobacco industry defendants had committed :
fraud and misrepresentation ; conspiracy to commit concealment ;
conspiracy to misrepresent ; negligence ; intentional infliction
of emotional distress ; breach of express and implied warranties ;
and was liable for punitive damages".
Si è trattato di una conclusione che
ha decretato la responsabilità del produttore senza tuttavia stabilire
l’entità dei danni.
Una differenza tra questo processo e
l’accordo raggiunto tra gli Stati e le multinazionali del tabacco è che
il risarcimento del caso Engle dovrà essere versato una volta che la
sentenza sarà passata in giudicato mentre il pagamento dei danni frutto
di accordo sono dilazionati lungo dei decenni.
In U.S.A. sono circa una dozzina le
class-actions pendenti, anche se in quasi tutti i casi le corti non le
hanno autorizzate perché le differenze tra i singoli individui sono
maggiori delle analogie. Anche nel caso Engle i produttori si sono rivolti
ai giudici chiedendo loro di non certificarlo come class-action ma il 31
gennaio 1996 la Third District Court of Appeal ha dato loro torto, mentre
il 2 ottobre 1996 la Florida Suprema Court ha rifiutato di rivedere la
precedente decisione della Court of Appeal. [14]
Il 3 settembre 1999 è arrivata la
decisione n° 94-02797 della District Court of Appeal of Florida, Third
District in relazione alla quale una serie di considerazioni si
impongono. [15] La Corte Distrettuale ha scelto la via della prudenza e
del buon senso : i ricorrenti avevano infatti ideato una class-action
colossale, comprendente ben un milione di ricorrenti ; il riferimento
era a "all United States citizens and residents".
Si
trattava di una "action for strict liability in tort, fraud and
misrepresentation, conspiracy to commit fraud and misrepresentation,
breach of implied warranty of merchantability and fitness, negligence,
breach of express warranty, intentional infliction of mental distress, and
equitable relief". I fabbricanti si erano opposti, sostenendo che
"the individual issues in this case predominate over the common
issues", ma la Corte non aveva accolto la loro istanza poiché "although
certain individual issues will have to be tried to each class member,
principally the issue of damages, the basic issues of liability common to
all members of the class will clearly predominate over the individual
issues".
In realtà, per la trattazione di una
tale class-action si sarebbero dovuti impiegare molti anni, e i giudici
attualmente presenti nella District Court non sarebbero stati sufficienti.
La Corte ha quindi
ritenuto opportuno che "the issue of damages, both compensatory and
punitive, must be tried on an individual basis". I giudici
hanno però dato ai ricorrenti un consiglio prezioso, cioè di ridurre il
caso a delle proporzioni più ragionevoli, limitandolo ai cittadini e ai
residenti della sola Florida, e non degli Stati Uniti. In tal modo il
numero dei ricorrenti sarebbe diminuito drasticamente e il sistema
giudiziario della Florida avrebbe potuto risolvere la controversia in
maniera efficiente.
Il 7 aprile 2000 è arrivata invece la
decisione che ha posto fine alla seconda fase del giudizio, quella volta
cioè a stabilire i danni compensatori. A tre fumatori scelti a titolo
rappresentativo è stato riconosciuto un risarcimento di quasi 13 milioni
$ così suddivisi : 2.85 milioni $ per l’infermiera Mary Farnan,
morta a 44 anni per un cancro ai polmoni ; 4.02 milioni $ per i
parenti di Angie della Vecchia morta a 53 anni sempre per un tumore ai
polmoni e 5.83 milioni $ per l’orologiaio Frank Amodeo che ha un tumore
in gola.
Queste tre persone avevano sviluppato
la loro dipendenza da fumo negli anni ’50, molto tempo prima che fossero
noti i danni da fumo ma in un periodo durante il quale i produttori di
tabacco stavano scoprendo i legami fra malattie e dipendenza dal tabacco.
I fabbricanti hanno contestato il fatto che il fumo abbia causato il
cancro ai tre querelanti e che pertanto non dovrebbero essere risarciti
poiché hanno continuato a fumare per anni, anche dopo che i danni da fumo
erano ampiamente noti. La giuria tuttavia ha stabilito che il fumo delle
sigarette è stata la causa della malattia, da cui la decisione
conseguente del risarcimento danni, anche se inferiore alle aspettative.
[16]
Questa causa è però diventata famosa
non solo per essere stata la più grande causa collettiva per danni da
"fumo attivo" negli U.S.A. ma anche per l’entità astronomica
dei danni punitivi che, in data 14/7/2000, alla fine della terza fase del
giudizio, sono stati stabiliti per 145 miliardi $, una somma definita
"buono morte" dalle compagnie coinvolte anche se inferiore alla
richiesta di parte civile che si aggirava sui 196 miliardi. La giuria ha
ripartito i danni nel modo seguente : 74 MD. $ alla Philip Morris, 35
MD $ per R. J. Reynolds Tobacco, 16 MD $ per Brown & Williamson, 16 MD
$ per Lorillard Tobacco e 790 ML $ per Liggett Group Inc. Il Council for
Tobacco Research è stato condannato a pagare 1.2 ML $ mentre la somma
richiesta al Tobacco Institute è di 278.000 $.
Si è giunti a questa decisione
storica dopo che la giuria aveva stabilito che le industrie avevano creato
un prodotto difettoso e mortale. La Philip Morris è valutata 6 MD $ e le
leggi della Florida proibiscono danni punitivi che possano condurre una
società al fallimento e raccomandano ai giudici di ridurre le richieste
troppo alte. I soggetti condannati si erano inizialmente detti disposti a
pagare 15.3 MD $. [17]
Nel novembre 2000 infine l’ennesimo
ricorso dei fabbricanti alla Corte Federale (le corti federali americane
si sono sempre opposte alle azioni collettive) è stato respinto. [18]
Sempre nel 2000 lo stato della Florida
ha approvato una legge che prevede il pagamento di $ 100 ML. per ogni
produttore di sigarette al fine di "venire loro incontro" nel
pagamento dei danni. I componenti della class-action hanno però
manifestato l’intenzione di impugnare la legge in questione ; di
fronte alla prospettiva di una loro vittoria la Philip Morris, la Liggett
e la Lorillard hanno sottoscritto un accordo coi ricorrenti portando la
cifra di $ 203 ML. che avrebbero dovuto complessivamente versare a ben $
2,009,723,077. Di questa enorme cifra $ 709,723,077, oltre agli interessi
e ai proventi degli investimenti, saranno devoluti ai membri della
class-action sia in caso di vittoria in appello, ma anche se dovessero
perdere o decidere di ritirarsi.
In caso di vittoria delle tobacco
companies, la somma sarà distribuita secondo le disposizioni del codice
di procedura civile della Florida e il giudice dovrà stabilire chi è per
definizione "membro della class-action" e quanto spetta ad
ognuno. I fabbricanti si sono detti disposti ad accettare il verdetto
della Corte Federale del novembre 2000, e che non proporranno nessun nuovo
ricorso.
R. J. Reynolds Tobacco e Brown &
Williamson hanno deciso di non aderire all’accordo perché ritengono che
i ricorrenti stiano mentendo e che non riusciranno a far modificare la
"bonding cap legislation". Se i loro calcoli sono sbagliati però,
sono destinati al fallimento perché il primo dovrà pagare $ 40 MD e il
secondo $ 20 MD in quanto probabilmente nessuna giuria si mostrerà
comprensiva nei loro confronti, dopo che hanno volutamente scartato
l’opportunità di assicurarsi contro tale evenienza. [19]
NOTE
[1]
Health fi., "Landmarks in law", cap. 11.
[2]
Courttv on-line, 14/3/2001.
[3]
Http ://www.bw.com./APPS/NewsArchives/Index.cfm ?ID=30.
[4]
Courttv on-line, 14/3/2001.
[5]
Http ://www.tobacco.neu.eedu/Extra/hotdocs/carter_v_b&w_fla_sup_ct_11-22-2000.htm.
[6]
Jacksonville.com, 8/5/1997.
[7]
Cnn on-line, 27/5/1997.
[8]
R. J. Reynolds, 5/4/2001.
[9]
Action on smoking and health, febbraio 1998.
[10]
Action on smoking and health, marzo ‘98
[11]
Washington Post, 20/3/1998.
[12]
Courttv on-line, giugno 1998.
[13]
Courttv on-line, agosto 1998.
[14]
Tobacco on trial, luglio 1999.
[15]
Http ://no-smoking.org/sept99/09/08/99-6.html.
[16]
Cnn on-line, 7/4/2000.
[17]
Cnn on-line, 14/7/2000.
[18]
The Motley Fool, 6/11/2000.
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