CIRCOLARE 40/2001 del 01/10/2001 Novità dal 25 settembre al 1 ottobre 2001
* * * * *
DECRETO-LEGGE 25 settembre 2001, n. 350
ARTICOLO a cura di Francesco Tesauro
SCHEMA DI D.P.R. approvato il 21.09.2001 dal Consiglio dei ministri
DDL FINANZIARIA 2002 presentato il 27.09.2001 dal Consiglio dei ministri
ARTICOLO a cura di Antonio Iorio
******** IVA - ACCONTO - PROROGA - RIENTRO DI CAPITALI - SCUDO FISCALE - CAPITAL GAIN - EQUALIZZATORE - ABROGAZIONEDECRETO-LEGGE 25 settembre 2001, n. 350"Disposizioni urgenti in vista dell'introduzione dell'euro". In breve Sono state dettate alcune disposizioni atte a: - rendere meno traumatico il passaggio all’Euro, - abrogare l’equalizzatore in materia di Capital gain; - semplificare gli adempimenti degli investitori esteri per l’esenzione dall’imposta sostitutiva sui redditi di capitale ed infine prevede una sanatoria per il rientro dei capitali irregolarmente esportati all’estero. In particolare si segnalano le disposizioni che interessano più da vicino il diritto tributario. Anticipo del versamento dell'acconto Iva delle imposte doganali e dell'accisa (articolo 2, comma 4) L’acconto Iva dovrà essere versato il 24 dicembre in luogo del 27 dicembre mentre tutti i pagamenti delle somme da versare in dogana, scadenti tra il 28 ed il 31 dicembre 2001, sono anticipati al 27 dicembre. Inoltre è previsto che, limitatamente alla scadenza del 27 dicembre 2001, il pagamento delle accise non potrà essere effettuato mediante il modello F24. Abrogazione dell'equalizzatore e semplificazioni i materia di richiesta di esenzione dalla disciplina del capital gain (articolo 9). In considerazione della pronuncia del TAR del Lazio (vedi Novità del 20 agosto 2001) è stato abrogato il meccanismo dell’equalizzatore previsto dall'articolo 82, comma 9 del TUIR come inserito dal D.Lgs n. 461/1997, con efficacia per le plusvalenze, i differenziali positivi, i redditi di capitale ed i proventi realizzati a decorrere dal 4 agosto 2001. Per le operazioni perfezionate fino al 3 agosto è invece confermata l’applicazione dell’equalizzatore ed è stabilito che non si fa luogo al rimborso o alla ripetizione di quanto dovuto a titolo di ritenuta o di imposta sostitutiva. Il successivo articolo 10 semplificata fortemente la procedura che consente l’esenzione dall’imposta sostitutiva sui Capital gain per i soggetti non residenti. In primo luogo è stabilito che l’esenzione non spetta più solamente ai soggetti residenti in paesi esteri con i quali esistono convenzioni contro le doppie imposizioni che consentono lo scambio di informazioni, ma compete a tutti gli investitori stranieri fatta eccezione per quelli residenti nei paradisi fiscali. Inoltre viene stabilito che per l’applicazione dell’esenzione gli intermediari non dovranno più richiedere l’attestazione di residenza del percettore all’autorità finanziaria estera ma sarà sufficiente un’autocertificazione di quest’ultimo su un apposito modello che dovrà essere predisposto dal Ministero dell’economia entro il prossimo 31 ottobre. Approfondimenti di Claudio Carpentieri E' bene ricordare che l'applicazione dell'equalizzatore era necessaria per equiparare la tassazione dei guadagni finanziari emergenti dal c.d. regime del risparmio gestito (articolo 7 del D.Lgs n. 461/1997) ai redditi di capitale tassati secondo il regime della "dichiarazione" oppure il regime del risparmio amministrato (articolo 5 e 6 del D.Lgs n. 461/1997). Infatti, mentre nel regime del risparmio gestito la tassazione avviene sulle plusvalenze nette maturate alla fine di ogni anno di gestione o alla chiusura, nel regime della dichiarazione o amministrato la plusvalenza da Capital gain si dichiara ovvero sconta l'imposta sostitutiva solamente nell'anno in cui avviene la cessione del titolo finanziario. Si pensa, o meglio, si spera che al più presto sia ristabilito l'equilibrio tra le due forme di tassazione magari modificando il regime del risparmio gestito prevedendo che in tale regime l'applicazione dell'imposta sostitutiva da Capital gain avvenga solamente sulla plusvalenza maturata in occasione dell'estinzione della gestione patrimoniale. Disposizioni in materia di scudo fiscale (articoli 14 e 15) E' stata introdotta una sanatoria per favorire il rientro in Italia dei capitali illegalmente esportati all’estero, cioè il cosiddetto “scudo fiscale”. Appare utile ricordare, infatti, che per portare all'estero capitali di importo superiore a 20 milioni è necessario farli transitare tramite istituto di credito, pena l'applicazione di una sanzione del 40% dell'importo illegittimamente esportato (D.L. n. 167 del 1990). Interessati a questa sanatoria, a norma dell’articolo 11 del provvedimento, sono le persone fisiche, gli enti non commerciali, le società semplici e le associazioni equiparate ex art. 5 del TUIR, con esclusione quindi delle società di capitali. Per poter accedere alla sanatoria gli interessati dovranno versare nel periodo compreso tra il 1° novembre 2001 ed il 28 febbraio 2002 una somma pari al 2,5% dei capitali che vengono rimpatriati, ovvero in alternativa sottoscrivere titoli di stato per un importo pari al 12% dei capitali oggetto di rimpatrio. Per poter materialmente accedere alla sanatoria dovrà essere presentata un’apposita “dichiarazione riservata” in banca o ad altro intermediario - su modello da approvare entro 10 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento – indicando le attività rimpatriate e le modalità con le quali si intende provvedere al pagamento delle somme dovute per la sanatoria: versamento in contante o sottoscrizione di titoli di Stato. Gli intermediari dovranno poi provvedere al versamento delle somme trattenute all’interessato o alla sottoscrizione dei titoli ed, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei sostituti di imposta, comunicare all’Amministrazione finanziaria gli importi dei capitali rimpatriati senza però fornire i nominativi dei soggetti che hanno presentato la dichiarazione riservata. La sanatoria potrà essere effettuata con le stesse modalità anche mantenendo all’estero i capitali oggetto di riemersione. E’ stabilito che il pagamento delle somme dovute per la regolarizzazione: - preclude, relativamente agli importi dichiarati, accertamenti fiscali e contributivi per i periodi di imposta pregressi che sono ancora oggetto di accertamento alla data di entrata in vigore del provvedimento; - estingue le sanzioni amministrative tributarie e previdenziali e quelle per l’omessa dichiarazione delle attività finanziarie detenute all’estero; - estingue i delitti di infedele e omessa dichiarazione previsti dagli articoli 4 e 5 del D.Lgs n. 74/2000 tributari vigenti dal 1° aprile 2000 con eccezione delle ipotesi di dichiarazione fraudolenta (articoli 2 e 3 del D.Lgs n. 74/2000. E' inoltre esclusa l'applicazione e articolo 4, lettere d) ed f). del D.L. 429/1982 convertito in legge n. 516/1982) Il provvedimento in ogni caso non riguarda i capitali provenienti o riconducibili a condotte criminose, nei confronti delle quali rimangono fermi tutti i presidi e gli apparati sanzionatori vigenti. Il provvedimento in ogni caso non riguarda i capitali all’estero provenienti o riconducibili a condotte criminose, nei confronti delle quali rimangono fermi tutti i presidi e gli apparati sanzionatori vigenti. Approfondimenti e considerazioni di Claudio Carpentieri Alcune considerazioni in tema di applicazione di sanzioni penali tributarie Come si è sopra evidenziato nel merito della disciplina penale è esclusa l'applicazione dei delitti per omessa presentazione della dichiarazione (articolo 5 del D.Lgs n. 74/2000) e di dichiarazione infedele (articolo 4 del D.Lgs n. 74/2000). La mancata applicazione di queste sue sanzioni, dato il principio di legalità (c.d. favore rei), ha indotto alla esclusione delle disposizioni previste dalla legge n. 516/1982, ad esclusione delle ipotesi di dichiarazione fraudolenta (articolo 4, lettera d) e frode fiscale (articolo 4 lettera f)). Si ricorda, infatti, che l'articolo 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, il quale sanciva l'ultrattività delle sanzioni penali tributarie è stato abrogato dall'art. 24, comma 1, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507. Pertanto si poteva pensare che la non applicazione delle nuove disposizioni facesse "rinascere" le disposizioni sanzionatorie previste dalla legge n. 516/1982, c.d. legge "manette agli evasori" anche se l'articolo 25 del D.Lgs n. 74/2000 ne ha previsto l'espressa abrogazione. Riassumendo, le sole sanzioni penali che rimangono ancora applicabili, sono quelle previste per la dichiarazione fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (articolo 2 del D.Lgs n. 74/2000 e dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3 del D.Lgs n. 74/2000), Da quanto sopra precisato si osserva che l'impianto previsto ai fini penali per il rientro dei capitali, in alcune ipotesi, potrebbe essere di scarso interesse. Infatti, occorre considerare che la migrazione dei capitali può essere determinata, in linea generale, da tre ipotesi: - effettiva costituzione di attività all'estero al fine di usufruire di manodopera a basso costo e magari di una tassazione favorevole; - collocazione all'estero (paradisi fiscali) di redditi al fine di ottenere un vantaggio in termini di minori imposte; - esportazione di fondi neri creati mediante falsificazione della contabilità o della realtà economica (mancata emissione di fatture ovvero deduzione di fatture per operazioni inesistenti) dalle quali consegue evasione di imposte. Da quanto precede appare evidente che al rimpatrio di capitali sono concretamente interessati solamente i soggetti indicarti nella terza ipotesi illustrata. Infatti, mentre chi voleva effettivamente creare attività all'estero certo non cessa l'attività per usufruire della tassazione sostitutiva, i soggetti che hanno portato capitali (beninteso già tassati) nei paradisi fiscali illegalmente al fine di scontare un'imposta inferiore sui redditi prodotti da essi, gli potrà essere applicata, al massimo, la disposizione antielusiva prevista dall'articolo 127-bis del Tuir in materia di Cfc. Pertanto, dal momento che il concreto interesse ad importare capitali dall'estero resta solamente per i soggetti che hanno prodotto gli stessi mediate attività fraudolente atte ad evadere le imposte. Si pensa che gli stessi non importino capitali con lo spettro dell'applicazione delle sanzioni penali previste dagli articoli 2 e 3 del D.Lgs n. 74/2000 previste per le dichiarazioni fraudolente. In proposito è bene precisare che nelle ipotesi di mancata emissione di scontrini, ricevute o fatture fiscali, con la conseguente indicazione sia in contabilità sia in dichiarazione dei redditi di un volume di ricavi inferiore a quello effettivo, si rende applicabile l'articolo 3 del D.Lgs n. 74/2000 per dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. Il delitto si realizza con l'indicazione nelle dichiarazioni annuali dei redditi o dell'Iva di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi, tramite la falsificazione delle scritture contabili o ogni altra attività idonea ad ostacolare l'accertamento. Oltre ovviamente alla presenza del dolo specifico della volontà di evadere, la fattispecie delittuosa si perfeziona se, all'evidenza in dichiarazione di elementi attivi inferiori ed elementi attivi fittizi, si contrappone un'attività volta a mascherare l'evasione o comunque a ostacolare l'attività di accertamento. Appare utile precisare che in questo caso gli elementi passivi fittizi non sono giustificati da fatture false, altrimenti si rientrerebbe nel delitto di dichiarazione fraudolenta prevista dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 74/2000. In questo caso la fraudolenza, necessaria per perfezionare la fattispecie in discorso, si esplica nel comportamento omissivo o commissivo volto a "ingannare il fisco" mascherando l'evasione nelle scritture contabili o, comunque, ostacolando l'attività d'accertamento. Il reato di cui si discute si perfeziona solamente se: - l'imposta evasa è superiore a L. 150 milioni; - l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti ad imposizione è superiore al 5% degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, superiore a L. 3 miliardi. Per il delitto in commento è prevista la reclusione da 1 anno e sei mesi a 5 anni e, ovviamente, vanno considerate le sanzioni accessorie previste dall'articolo 12 del D.Lgs. 74/2000. Gli effetti del rimpatrio per gli evasori Illustrate le conseguenze emergenti dal rimpatrio delle somme appare opportuno riassumere i "vantaggi" che potrebbero emergere in termini di imposte e sanzioni non applicate, nelle ipotesi in cui le somme stesse emergano da una effettiva attività di evasione fiscale effettuata mediante la mancata emissione di fatture, ricevute o scontrini fiscali. Si rileva, in particolare che sulle somme rimpatriate, anche se emergenti da evasione fiscale, scontano un versamento del 2,5% che sostituisce: - l'imposta allora non versata (aliquota marginale in caso di soggetti IRPEF; 36/37% in caso di soggetti IRPEG; - sanzioni applicate per irregolare espatrio di valuta pari al 40% dell'importo portato all'estero; - le sanzioni previste per l'irregolare od omessa presentazione del quadro RW della dichiarazione annuale; - la sanzione per infedele dichiarazione dal 100% al 200% l'imposta non dichiarata; - la non applicazione di sanzioni penali qualora l'imposta evasa non sia superiore a L. 150 milioni; l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti ad imposizione non è superiore al 5% degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, superiore a L. 3 miliardi. Per maggiori approfondimenti si rinvia anche ad Enrico De Mita, "Operazione complessa dall'esito incerto - Decisivo il ruolo di magistrati e intermediari" Il sole 24 ore di mercoledì 26 settembre 2001, pag. 23 Inasprimento delle sanzioni riguardanti l'omessa od incompleta compilazione del quadro RW della dichiarazione unificata annuale (articolo 19). Infine a completamento della sanatoria l’articolo 19 del decreto inasprisce le sanzioni per l’omessa dichiarazione delle attività finanziarie detenute all’estero elevandole dalla misura fissa di un milione alla misura proporzionale dal 5 al 25% degli importi non dichiarati (articolo 5 del decreto-legge n. 167 del 1990). Approfondimenti di Claudio carpentieri Per quanto riguarda l'inaprimento della sanzione dal 5% al 25% per l'infedele compilazione del quadro RW della dichiarazione unificata annuale e del concetto di esportazione di capitali si rinvia a Marco Piazza "Le disposizioni per l'emersione dei capitali riportano d'attualità una parte trascurata del modello - Dallo <scudo> un nuovo quadro RW - Nelle istruzioni di compilazione rimangono troppe lacune", in Il sole 24 ore del 28.09.2001, pag. 23 Per ulteriori approfondimenti anche Marco Piazza "Ma le nuove misure sulle violazioni relative al quadro RW saranno applicabili soltanto per il futuro Arriva un giro di vite sulle sanzioni", in Il sole 24 ore del 27.09.2001, pag. 21 Gazzetta Ufficiale n. 224 del 26-09-2001 CONTENZIOSO - RICORSO IN CASSAZIONE - NOTIFICA DELLA SENTENZA SI SECONDO GRATO - UFFICIO COMPETENTEARTICOLO a cura di Francesco Tesauro"Poche certezze sulla Cassazione - Processi alla ricerca di <indirizzi>" In breve Il breve scritto evidenzia che anche a seguito della riforma dell'organizzazione delle competenze del Ministero delle finanze (attribuzione dei poteri di determinazione del tributo presso le varie Agenzie: entrate, territorio, demanio.), in applicazione dell'articolo 110 del c.p.c., si deve ritenere che, venendo meno per legge una delle parti indicate nel decreto legislativo 546/92, e subentrando ad essa per legge un altro soggetto, si abbia un automatico adattamento della norma processuale al mutamento soggettivo avvenuto sul terreno sostanziale. L'autorevole dottrina, rilevando la lacunosità ed imprecisione della C.M. n. 71/E del 30.07.2001, sostiene che in applicazione dell'articolo 111 del c.p.c le notifiche dei ricorsi in Cassazione così come delle sentenze delle commissioni tributarie regionali devono essere sempre notificati nella persona del Ministro delle finanze (ora dell'economia) presso l'avvocatura generale dello Stato fino a che non vi è un preciso e diverso orientamento in merito. Il sole 24 ore di venerdì 28 dicembre 2001, pag. 25 IVA - DICHIARAZIONE DI INIZIO VARIAZIONE E CESSAZIONE ATTIVITà - TRASMISSIONE TELEMATICASCHEMA DI D.P.R. approvato il 21.09.2001 dal Consiglio dei ministri"Modifiche al regolamento in materia di trasmissione telematica" In breve E' stata estesa la possibilità di trasmettere telematicamente le dichiarazioni di inizio e cessazione attività e di variazione dati ai fini Iva anche alle società di capitali, riscrive le regole contenute nell’articolo 35 del DPR 633/72 per tali denunce ed inoltre introduce alcune novità in materia di adempimenti per le tipografie autorizzate, per l’esercizio delle opzioni e per la registrazione telematica dei contratti di affitto. In sostanza il provvedimento non fa altro che dare autorità normativa a quanto già anticipato nella circolare n. 133/2000 (vedi Novità del 10 luglio 2000). Trasmissione telematica (articolo 1) Tutti i contribuenti potranno avvalersi della trasmissione telematica, diretta – anche attraverso il servizio telematico Internet - o tramite intermediari, per la presentazione delle dichiarazioni di inizio e cessazione attività e di variazione dati ai fini Iva e per la presentazione di atti e istanze di natura tributaria, nonché per ottenere certificazioni e altri servizi connessi ad adempimenti tributari. Modifiche in materia di comunicazione di inizio variazione e cessazione attività (articolo 2) E' stato riscritto completamente l’articolo 35 del DPR 633/1972. Tra le novità di maggiore interesse è disposto che il numero di partita Iva che verrà attribuito dall’ufficio a seguito dell’apertura di una posizione resterà lo stesso fino alla cessazione della posizione medesima anche in caso di variazione del domicilio del contribuente in altro Comune. Inoltre viene espressamente previsto che nella dichiarazione di inizio attività i soggetti che svolgono attività di commercio elettronico dovranno indicare l’indirizzo del sito web e i dati identificativi del “provider”. E’ altresì stabilito innovativamente che il volume di affari presunto dovrà essere indicato nella dichiarazione di inizio attività solo dai soggetti che presumono di realizzarlo in misura tale da consentirgli l’applicazione di disposizioni speciali concernenti l’osservanza di adempimenti o di criteri speciali di determinazione dell’imposta. Sempre nel riscritto articolo 35 sono poi individuate le modalità ed i tempi di presentazione delle denunce in argomento. Confermando che le dichiarazioni di inizio e variazione attività dovranno essere presentate entro 30 giorni è stabilito che la presentazione potrà avvenire, oltre che in telematica, direttamente presso l’ufficio delle entrate competente, ovvero mediante spedizione postale. In quest’ultimo caso è disposto che dovrà essere garantita l’identità del soggetto dichiarante mediante allegazione di idonea documentazione. Nel caso in cui ci si avvalga della telematica la presentazione si considererà avvenuta il giorno in cui è effettuata la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate, anche qualora sia intervenuto un intermediario telematico. La prova della presentazione sarà comunque costituita dalla comunicazione dell’Agenzia delle entrate attestante il ricevimento delle dichiarazioni stesse e contenente in caso di inizio attività il numero di partita Iva attribuito. In ogni caso è stabilito che le modalità di trasmissione ed i tempi di attivazione del servizio saranno definiti con un successivo provvedimento dell’Agenzia delle entrate. Nell’articolo 3 viene previsto che le tipografie autorizzate alla rivendita degli stampati fiscali ed anche i soggetti autorizzati ad effettuarne la rivendita dovranno trasmettere telematicamente, direttamente o per il tramite di intermediari abilitati, all’Agenzia delle entrate trimestralmente i dati relativi alle forniture effettuate. I dati dovranno essere trasmessi alla fine del mese successivo a ciascun trimestre e, fino alla trasmissione o alla consegna all’intermediario abilitato, gli stessi dovranno essere annotati in un registro delle forniture che potrà essere tenuto anche con sistemi informatici. In ogni caso è stabilito che questi nuovi adempimenti decorreranno dal 180° giorno successivo all’entrata in vigore del regolamento. Disposizioni in materia di contratti di affitto (articolo 5) Anche i contratti di affitto potranno essere registrati telematicamente avvalendosi di intermediari in possesso di adeguata capacità tecnica economica e finanziaria, appositamente autorizzati con un provvedimento dell’Agenzia delle entrate. I soggetti che possiedono almeno 100 unità immobiliari saranno invece obbligati a procedere alla registrazione dei contratti in via telematica, potendo comunque avvalersi degli intermediari autorizzati. Il sole 24 ore di giovedì 27 settembre 2001, pag. 22 Italia Oggi di martedì 25 settembre 2001, pag. 35 RIVALUTAZIONE DEI BENI - PROROGA CON CANESTRI - INVIM - ABOLIZIONE - CAPITAL GAIN - AFFRANCAMENTO DELLE PARTECIPAZIONI NON NEGOZIATE IN MERCATI REGOLAMENTATIDDL FINANZIARIA 2002 presentato il 27.09.2001 dal Consiglio dei ministri"Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002" In breve Nella consapevolezza che, come è accaduto nel recente passato, queste sono destinate a subire numerose modifiche durante l’iter parlamentare del provvedimento, di seguito le principali disposizioni fiscali in esso contenute. Rivalutazione dei beni di impresa (articolo 3) Sono riaperti i termini per effettuare la rivalutazione dei beni di impresa e delle partecipazioni prevista dalla legge 342/2000. E’ stabilito infatti che tale rivalutazione potrà essere eseguita, con riferimento ai beni risultanti in bilancio al 31 dicembre 2000, anche “nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo, per il quale il termine di approvazione scade successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge” e quindi, in sostanza, per le società con esercizio coincidente con l’anno solare nel bilancio relativo all’esercizio 2001. Il disegno di legge apporta anche due modifiche alla disciplina della rivalutazione prevista dalla citata legge 342/2000. In primo luogo è stabilito che il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione sarà riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap a decorrere dal secondo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita e non più a partire dall’esercizio nel cui bilancio la rivalutazione era stata eseguita. Inoltre viene stabilito che l’ammontare dell’imposta sostitutiva dovuta per la rivalutazione potrà essere computata nel canestro A del credito d'imposta sui dividendi (articolo 105, comma 2 del TUIR). Approfondimenti di Claudio Carpentieri La rivalutazione, anche se facente riferimento, salvo gli effetti fiscali, in tutto e per tutto alla disciplina prevista dalla sezione II della legge n. 342/2000 (collegato legge finanziaria 2001, vedi Novità del 24 novembre 2000), si presenta come una legge di rivalutazione a se stante che va ad innestarsi nella precedente con tutte le conseguenze del caso. In proposito appare opportuno ricordare che data la tardività dell'emanazione del regolamento di disciplina della precedente legge di rivalutazione (D.M. 14.04.2001, n. 162), apparso in Gazzetta ufficiale del 08.05.2001 (vedi Novità del 14 maggio 2001), lo stesso D.M. n. 162/2001, indicava che qualora la società o l'ente abbia già approvato il bilancio relativo all'esercizio successivo a quello in corso al 31.12.1999 alla data di approvazione definitiva del decreto di attuazione (08.05.2001) in esame (per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare si tratta dell'esercizio 2000, il cui bilancio deve essere approvato il entro il 30.04.2001), la rivalutazione può essere eseguita nel bilancio relativo all'esercizio successivo cioè a quello chiuso al 31.12.2001. In questo caso, si determina un "accavallamento" della rivalutazione prevista dalla sezione II della legge 342/2000, rispetto a quella prevista dall'articolo 3 del ddl in esame. Pertanto, qualora si rientrasse in tale ipotesi, si dovrebbe decidere se applicare la disciplina prevista dalla legge 342/2000, con il riconoscimento immediato della rivalutazione ai fini fiscali ma senza riconoscimento del credito d'imposta sui dividendi, ovvero applicare la disciplina prevista dall'articolo 3 del ddl in esame, con riconoscimento fiscale della rivalutazione nel 2002 ma con il riconoscimento del credito d'imposta sui dividendi. In proposito anche Dario Deotto, "Nuova chance per i <cespiti> delle imprese", in Il sole 24 ore del 29.09.2001, pag. 20 Affrancamento ai fini del Capital Gain dei titoli non negoziati in mercati regolamentati italiani (articolo 4). E' riproposta la possibilità di affrancare i valori delle partecipazioni così come era accaduto in occasione dell’approvazione della riforma dei redditi di capitale operata dal D.lgs. 461/1997, limitandola però ai titoli alle quote ed ai diritti non negoziati nei mercati regolamentati. Viene infatti stabilito che ai fini della determinazione delle plusvalenze da capital gain, i predetti titoli, quote o diritti, detenuti alla data del 1° gennaio 2002 potranno essere valutati non al costo storico ma al valore alla medesima data del 1° gennaio 2002 della frazione del patrimonio netto della società associazione od ente, determinato in base ad una perizia giurata. Per poter affrancare ai valori al 1° gennaio 2002 dovrà però essere versata un’imposta sostituiva del 4% per le partecipazioni qualificate e del 2% per quelle non qualificate entro il 30 settembre 2002. L’imposta potrà anche essere pagata in tre rate annuali di pari importo, maggiorate degli interessi del 3% sulle rate successive alla prima. Inoltre sarà necessario che la perizia giurata, eseguita da soggetti iscritti agli Albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri, nonché nel Registro dei revisori, sia effettuata entro il 30 settembre 2002 e sia conservata dal contribuente ed eventualmente esibita o trasmessa all'amministrazione finanziaria su richiesta della stessa. Il costo di tale perizia, dispone poi il disegno di legge, se predisposta per conto della società, sarà deducibile dal reddito d'impresa della società o ente in cinque quote costanti; se predisposta per conto dei possessori delle partecipazioni, sarà portato in aumento del valore di acquisto della partecipazione in proporzione al costo effettivamente sostenuto da ciascuno dei soci. Infine è stabilito che il valore di acquisto rideterminato al 1° gennaio 2002 nel modo anzidetto non consentirà, comunque, il realizzo di minusvalenze né i relativi utilizzi in compensazione con plusvalenze e riporti delle eccedenze. Affrancamento dei valori di acquisto dei terreni edificabili (articolo 5) In maniera analoga a quanto visto sopra per le partecipazioni viene prevista la possibilità di affrancare al 1° gennaio 2002 il valore di acquisto dei terreni edificabili posseduti a tale data da parte dei soggetti che non li possiedono in regime d’impresa. E' stabilito infatti che ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui all’articolo 81, lettere a) e b) del TUIR per i terreni edificabili può essere assunto in luogo del costo di acquisto il valore di mercato al 1° gennaio 2002 determinato in base ad una perizia giurata. Anche in questo caso l’affrancamento di valore al 1° gennaio 2002 è consentito dietro pagamento di un’imposta sostitutiva del 4% da versare in unica soluzione entro il 30 settembre 2002 o in tre rate annuali di pari importo, maggiorate degli interessi del 3% sulle rate successive alla prima. Inoltre è necessario che la redazione ed il giuramento della perizia – effettuata esclusivamente da soggetti iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti e dei geometri - avvengano entro la predetta data del 30 settembre 2002. E’ stabilito infine che il costo della perizia potrà essere portato in aumento del valore di acquisto del terreno edificabile per la parte rimasta effettivamente a carico ed inoltre che in ogni caso il valore periziato del terreno sarà il valore minimo da prendere a riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e di quelle ipotecarie e catastali. Soppressione anticipata dell'INVIM (articolo 6). E' stata anticipata di un anno la soppressione dell’INVIM stabilendo che questa imposta non è più dovuta per i presupposti che si verificano a decorrere dal 1° gennaio 2002. Proroga della detrazione c.d. 36% e della detraibilità al 10% dell'iva sugli acquistati di autoveicoli (articolo 7). E' stata prorogata per le spese sostenute fino al 30 giugno 2002 la detrazione Irpef del 36% spettante per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio prevista dall’articolo 1 della legge 449/1997. Inoltre l’articolo 7 del disegno di legge estende questa agevolazione anche alle ipotesi in cui sia acquistata sempre entro il 30 giugno 2002 un’unità immobiliare da un’impresa costruttrice o di ristrutturazione immobiliare che abbia effettuato sull’intero fabbricato nel quale è ricompresa l’unità immobiliare interventi di recupero a partire dalla data di entrata in vigore di questa legge. In tal caso all’acquirente viene riconosciuta la detrazione del 36% sul valore degli interventi purché però il beneficio non superi il 25% del valore di acquisto dell’unità immobiliare così come risulta dall’atto del notaio e non superi il limite di 150 milioni previsto dalla normativa di riferimento di questa agevolazione. Viene altresì prorogata fino al 30 giugno 2002 l’applicazione dell’aliquota Iva del 10% agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sugli edifici prevista dall’articolo 7 della legge 488/1999. Infine viene ulteriormente prorogata di un anno - dal 31 dicembre 2001 al 31 dicembre 2002 - la disposizione che conferma il regime di indetraibilità Iva previsto per le operazioni aventi ad oggetto i ciclomotori, i motocicli, le autovetture e gli autoveicoli di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 19-bis1 del DPR 633/72 e dispone l’indetraibilità limitata al 90% per l’acquisto, l'importazione e l’acquisizione di tali beni mediante contratti di leasing, noleggio e simili. Il sole 24 ore di sabato 29 settembre 2001, pag. 20 DIRITTO SOCIETARIO - FALSO I BILANCIO - MISURE COERCITIVE - PERSEGUIBILITà DEL REOARTICOLO a cura di Antonio Iorio"Applicazione impossibile nel caso di contravvenzione e danno in impresa non quotata - Bilanci falsi, misure coercitive al palo - Sarà ridotto l'impiego della carcerazione preventiva" In breve L'autore mette in evidenza che le nuove sanzioni concernenti il falso in bilancio, disposte dalla legge delega per la riforma del diritto societario (vedi Novità del 6 agosto 2001), prevedono 1) l'arresto fino a un anno e sei mesi, allorché la condotta non abbia cagionato un danno patrimoniale ai soci o ai creditori; 2) la reclusione da 6 mesi a 3 anni in presenza di società non quotate, nel caso in cui però vi sia stato un danno patrimoniale ai soci o ai creditori; 3) la reclusione da 1 a 4 anni in presenza di società quotate e di danno patrimoniale ai soci o ai creditori. La distinzione delle pene previste, nonché la distinzione tra reati di danno e reati di pericolo, comporta delle conseguenze indotte dall'applicazione dell'articolo 280 del c.p.p., in materia di applicazione delle misure coercitive e della custodia cautelare, così riassunte:. - per i due reati - contravvenzione e delitto - concernenti rispettivamente il caso di falsità che non abbia cagionato un danno patrimoniale e quello relativo alle società non quotate non sarà possibile applicare alcuna misura coercitiva (tantomeno la custodia cautelare); - per il reato di falsità relativo alle società quotate, e in presenza di danno patrimoniale ai soci o creditori, sarà possibile l'applicazione delle citate misure, ricorrendo, ben inteso, le altre circostanze previste dal Codice di procedura penale. L'autore inoltre indica che l'articolo 50 del Codice di procedura penale prevede che l'azione penale viene esercitata d'ufficio dal Pm quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione e quando non è necessaria la querela, la richiesta, l'istanza o l'autorizzazione a procedere. Da ciò consegue che, a stretto rigore normativo, "se a seguito di un'attività di polizia tributaria o giudiziaria dovesse essere rilevata una falsità da parte dei direttori generali, degli amministratori, eccetera volta a esporre fatti materiali non rispondenti al vero nei bilanci, nelle comunicazioni, l'organo procedente potrà attivarsi d'ufficio se ricorre la mancanza del danno ovvero si è in presenza di società quotate. Dovrà invece attendere la querela se la società non è quotata (e vi sia stato un danno). Va detto peraltro che, in quest'ultimo caso, nonostante il danno cagionato per effetto della falsità, i responsabili potrebbero non essere perseguiti in quanto, successivamente alla presentazione della querela, questa sia rimessa dall'interessato, ad esempio, in conseguenza di un accordo con i responsabili stessi." Il sole 24 ore di domenica 30 settembre 2001, pag. 15 |
|
|