CIRCOLARE 05/2001 29/01/2001 Novità dal 22 al 29 gennaio 2001 * * * * *
Decreto del Ministro delle finanze 14.12.2000
ARTICOLO a cura di Mauro Meazza
CIRCOLARE MINISTERO DEL LAVORO 22.01.2001, n. 12
COMMENTO A GIURISPRUDENZA a cura di Angelo Busani
ARTICOLO a cura di Marco Piazza e Paolo Toniolo
DECRETO LEGISLATIVO approvato il 26.01.2001 dal Consiglio dei Ministri
CIRCOLARE 26.01.2001, n. 5/E
CIRCOLARE 26.01.2001, n. 7/E
CIRCOLARE 26.01.2001, n. 9/E
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FISCALITà INTERNAZIONALE - CONVENZIONI CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI - PAESI CON CUI NON è PIù ATTUABILE LO SCAMBIO DI INFORMAZIONIDecreto del Ministro delle finanze 14.12.2000"Modificazioni al decreto 4 settembre 1996 di approvazione dell'elenco degli Stati con i quali risulta attuabile lo scambio di informazioni, ai sensi delle convenzioni, per evitare la doppia imposizione sul reddito in vigore con la Repubblica italiana." In breve Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24-01-2001 QUOTIDIANI ECONOMICI
IRAP - ESAME DI SOSPETTA COSTITUZIONALITàARTICOLO a cura di Mauro Meazza"Fisco e costituzione[]Oggi e domani il Giudice delle leggi esamina le ordinanze giunte dalle commissioni tributarie di tutta Italia Irap e autonomi, parola alla Consulta - Sotto tiro l’assimilazione tra professionisti e imprese e l’indeducibilità dell’imposta." In breve Il breve scritto porta alla ribalta la questione di legittimità costituzionale dell'IRAP rendendo noto l'imminente esame del tributo dalla Corte costituzionale reclamato dalle CTP di Milano e Genova. Le questioni esaminate dal giudice delle leggi sono le seguenti: - violazione della capacità contributiva nella determinazione della base imponibile (articolo 53 della Costituzione). La commissione di Genova mette in evidenza che, a parità di tributo dovuto, due soggetti potrebbero avere una diversa capacità contributiva secondo la struttura dei costi del personale e per interessi dell'impresa; - violazione della capacità contributiva per l'indeducibilità del tributo dalle imposte sui redditi (articolo 53 della Costituzione). Sempre la Commissione tributaria di Genova annota che l'indeducibilità del tributo comporta la tassazione di un reddito ai fini IRPEG ed IRPEF, anche quando lo stesso è appena sufficiente per versare l'IRAP. - violazione del principio di uguaglianza (articolo 3 della Costituzione). Secondo la Commissione provinciale di Milano, l'imposta colpisce in modo uguale redditi diversi (lavoro autonomo e d'impresa) e, altresì, tratta in modo diverso redditi sostanzialmente uguali (lavoro autonomo e lavoro dipendente; lavoro autonomo e reddito assimilato al lavoro autonomo) In proposito anche Giuseppe Verna, Un tributo che non distingue le "qualità dei diversi redditi, in Il sole 24 ore del 23.01.2001, pag. 19 Spunti critici e considerazioni di Claudio Carpentieri La questione di legittimità costituzionale dell'IRAP, è stata affrontata in modo particolare dall'Arcol Lombarda, la quale, ha proposto sia un modello tipo di istanza di rimborso dell'Irap versata e successivo ricorso avverso il silenzio rifiuto della stessa istanza (in Proposto Novità del 13 marzo 2000 ). In relazione alle questioni sollevate dalle commissioni tributarie portate al cospetto della Consulta, si fa rilevare che in via generale l'IRAP non è un'imposta personale che colpisce i redditi prodotti dalla persona, bensì un'imposta reale che colpisce la ricchezza in quanto tale. La ricchezza prodotta è quella indicata dal suo presupposto di applicazione e cioè: "l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi." Detto ciò, appare irrilevante la qualificazione giuridica del soggetto che produce la ricchezza. Chi la produce viene tassato indipendentemente se trattasi di produzione effettuata nell'ambito del lavoro autonomo o d'impresa. Si potrebbe tuttavia sostenere che nell'ambito del lavoro autonomo non esiste, in realtà, un'organizzazione produttrice di ricchezza. Molto spesso, infatti, l'organizzazione è costituita dall'unico professionista lavoratore autonomo produttore di reddito. Per quanto riguarda invece la presunta conflittualità con l'articolo 53 della costituzione si fa rilevare che l'imposta colpisce il valore aggiunto prodotto in relazione all'attività di combinazione dei fattori produttivi: lavoro, capitale e natura. La ricchezza prodotta viene tassata indipendentemente dalla sua distribuzione ai propri dipendenti o ai propri finanziatori. In altre parole l'impresa che produce valore aggiunto per 400 con un costo del lavoro di L. 100 e interessi per L. 50 è tassata alla stregua di un'altra società che producendo sempre L: 400 di valore aggiunto che non ha nel libro paga nessun dipendente e non è indebitata. In base a quanto indicato nelle righe che precedono, non è possibile asserire, come fa la CPT di Genova, che allo ad identico prelievo sussistono diverse capacità contributive. Infatti, considerando i presupposti del tributo la capacità contributiva prodotta dall'organizzazione azienda è la medesima, se mai, ad essere diversa è la struttura dei costi con cui essa è perseguita. Il problema dell'IRAP non si deve essere posto a livello costituzionale, ma a livello politico. Appare infatti evidente che il tributo premia le società Capital intensive a dispetto delle imprese Labour intensive. Infatti, se il valore aggiunto è prodotto con elevati costi del personale l'utile per azione o per quota al netto dell'IRAP è sicuramente inferiore che nelle ipotesi in cui il valore aggiunto è prodotto con pesante apporto di capitale proprio. Il sole 24 ore di martedì 23 gennaio 2001, pag. 19 CONTRIBUTI - SANZIONI AMMINISTRATIVE - ABROGAZIONE - I CHIARIMENTI DEL MINISTERO DEL LAVOROCIRCOLARE MINISTERO DEL LAVORO 22.01.2001, n. 12" Legge finanziaria 2001 (L. 23 dicembre 2000, n.388). Disposizioni in materia di lavoro: chiarimenti operativi" In breve A seguito delle modifiche al sistema delle sanzioni per le violazioni connesse con il versamento di contributi (articolo 35, commi 2 e 3 della legge n. 689/1981), disposte dall'articolo 116, comma 12 della legge finanziaria 2001 (legge n. 388/2001), si individuano le seguenti violazioni punite secondo criteri civilistici: 1) mancato o ritardato pagamento di contributi e/o premi, rilevabili da denunce e registrazioni obbligatorie regolarmente effettuate; 2) evasione di contributi e/o premi rilevabile da omesse denunce e/o registrazioni parziali o totali, da simulazione del rapporto di lavoro subordinato, da occultamento di retribuzioni soggette a contribuzione; 3) mancato o ritardato pagamento di contributi e/o premi rilevabile da oggettive incertezze derivanti da contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo; A queste violazioni deve essere aggiunta quella sanzionata dal comma 7 dell’art.35, per tutte le violazioni non connesse all’omesso o ritardato pagamento di contributi o premi (violazioni formali). La sanzione penale prevista dall'articolo 37, come modificato dal comma 19 dell'articolo 116, per le fattispecie d'evasione fraudolenta di contributi e/o premi (vedi punto due) si configura solamente se, contemporaneamente i contributi non versati risultano - d'importo mensile non inferiore a L. 5 milioni; - non inferiori al 50% dei contributi complessivamente dovuti. Le disposizioni modificative introdotte dalla finanziaria entrano in vigore con riferimento agli adempimenti contributivi relativi al mese di dicembre 2000. Infatti, "il principio tempus regit actum di cui all’art.1, 2°comma, della Legge n. 689/81, comporta la conferma delle sanzioni previste dai commi dell'articolo 35 abrogati, previste per le violazioni commesse nei periodi antecedenti. Per quanto riguardala fattispecie di reato di cui al riformulato art.37, per il principio del favor rei, entrambi gli elementi costitutivi del reato devono ricorrere anche per le violazioni commesse antecedentemente all’entrata in vigore della legge. Approfondimenti di Claudio Carpentieri Le modifiche apportate dall'articolo 116 della legge finanziaria 2001 prevedono delle misure minime e massime, entro cui gli enti previdenziali e assistenziali si devono attenere nell'applicare le sanzioni al verificarsi delle violazioni. Tra le righe del comma 8 dell'articolo 116, si nasconde anche una sorta di ravvedimento operoso che, tuttavia, è applicabile solamente per le violazioni di infedele o omessa denuncia previste dalla lettera b). La tabella appresso esemplificata riassume le sanzioni civili, amministrative e penali applicabili in relazione alle diverse violazioni.
Il sole 24 ore di martedì 23 gennaio 2001, pag. 21 Italia Oggi di mercoledì24 gennaio 2001, pag. 35 CONTABILITà E BILANCIO - CONVERSIONE DEL CAPITALE SOCIALE IN EURO - PRESENZA DEL NOTAIO - NON NECESSARIACOMMENTO A GIURISPRUDENZA a cura di Angelo BusaniLo specifica il tribunale di Milano: sufficiente il controllo del registro delle imprese - Conversione in euro del capitale possibile anche senza notario." In breve La delibera di conversione del capitale sociale in Euro può essere iscritta nel registro delle imprese anche senza l'assistenza del notaio. Secondo il Tribunale di Milano, l'eliminazione dell'obbligo di omologa delle delibere modificative dello statuto (articolo 2411 del c.c. come modificato dall'articolo 32 della legge n. 340/2000), comporta anche l'abrogazione tacita del controllo di legittimità operato dal notaio previsto, in via alternativa all'omologa, dall'articolo 17 del D.Lgs n. 213/1998. L'autorevole giurisprudenza ritiene che "interpretare la nuova normativa nel senso che le delibere di conversione di capitale in euro, in quanto modificative dell'atto costitutivo, debbano essere verbalizzate dal notaio significherebbe abrogare le semplificazioni di legge senza che ne siano venuti meno i presupporti". Approfondimenti e spunti critici di Claudio Carpentieri Com'è noto l'articolo 17 del D.Lgs n. 213/1998 prevede che le società di capitali possano adempiere all'obbligo di conversione del capitale sociale in Euro mediante la più agevole delibera del consiglio di amministrazione. Questa, doveva essere depositata nel registro delle imprese previa omologa del tribunale ai sensi dell'articolo 2411 del c.c.. Dal momento che la conversione comportava un adempimento matematico secondo determinate regole dettate dallo stesso D.Lgs n, 213/1998 era previsto che il controllo di legittimità potesse essere affidato ad un notaio intervenuto in sede verbalizzante, al quale, è affidata l'iscrizione della delibera nel registro delle imprese (articolo 17, comma 5 del D.Lgs n. 213/1998). Ora, l'eliminazione del controllo di legittimità del tribunale (omologa) delle delibere modificative dell'atto costitutivo operata dall'articolo 32 della legge n. 342/2000 non può superare il dettato normativo solo perché altrimenti la norma di semplificazione (articolo 17, coma 5 del D.Lgs n, 213/1998) non raggiungerebbe più gli obbiettivi di semplificazione prefissi. Se il legislatore vuole evitare qualsiasi controllo di legittimità in considerazione del fatto che la convezione in euro del capitale si risolve in un mero adempimento matematico, secondo i criteri indicati dallo stesso articolo 17, lo deve prevedere espressamente. Non è possibile modificare una norma a livello interpretativo considerando solamente il raggiungimento dell'obbiettivo che il legislatore dell'epoca voleva perseguire. Secondo l'articolo 12 delle leggi preliminari al codice civile la prima interpretazione deve essere quella letterale. Il sole 24 ore di giovedì 25 gennaio 2001, pag. 27 FISCALITà INTERNAZIONALE - SITI INTERNET - STABILI ORGANIZZAZIONI - GLI ORIENTAMENTI DELL'OCSEARTICOLO a cura di Marco Piazza e Paolo Toniolo"Definiti gli orientamenti per individuare le "stabili organizzazioni" in ambito Internet Le attività online sotto la lente dell’Ocse " In breve Il server può essere considerato stabile organizzazione ("sede d’affari" ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1 del modello Ocse e del paragrafo 10 del relativo commentario) se - è utilizzato direttamente a titolo di proprietà o locazione; - è stabilito in un dato luogo per un periodo di tempo sufficiente a considerarlo "sede fissa d’affari" (anche senza la presenza di personale umano nel luogo ove è situato il server). E' esclusa la sussistenza della stabile organizzazione quando il server si utilizza per effettuare delle mere attività ausiliarie o preparatorie all'attività principale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4 del modello Ocse, quali, ad esempio: - consentire tecnicamente la comunicazione tra fornitori e clienti; - la pubblicità di beni o servizi; ritrasmettere informazioni attraverso un mirrorserver per scopi di sicurezza ed efficienza; - la raccolta di dati di mercato per le società; la fornitura di informazioni. E' stato chiarito che il sito web, consistente in un software, non essendo quindi un bene materiale, non può essere considerato una "sede fissa d’affari". Esso non costituisce un locale di svolgimento dell’attività, né un macchinario o un’attrezzatura automatica. L’Ocse indica che l'Isp (Internet Service Provider) può costituire "agente dipendente" di una società non residente solamente se, dalla convenzione, emerge il mandato senza rappresentanza per la conclusione dei contratti. Al contrario se l’Isp, non è abilitato a concludere contratti a nome dell’impresa; come in genere accade, dovrà considerarsi un "agente indipendente" in quanto, in questi casi, il server ospita numerosi siti web. Approfondimenti di Claudio Carpentieri La proposta di integrazione al commentario dell’articolo 5 del modello Ocse di convenzione contro le doppie imposizioni era già stata anticipata con le Novità del 25 ottobre 1999. Il sole 24 ore di venerdì 26 gennaio 2001, pag. 19 STATUTO DEL CONTRIBUENTE - DECRETO DI ARMONIZZAZIONE DEL SISTEMA TRIBUTARIO.DECRETO LEGISLATIVO approvato il 26.01.2001 dal Consiglio dei Ministri"Disposizioni correttive di leggi tributarie vigenti, a norma dell'articolo 16 della legge n. 212/2000" In breve Lo schema di decreto legislativo, quasi sicuramente nella sua veste definitiva, denota delle differenze rispetto alla prima versione (in proposito vedi Novità del 28 novembre 2000) che si ritiene di mettere in evidenza. Definizione della motivazione dell'avviso di accertamento e motivazione per relationem anche per i tributi locali. L'articolo 6 del provvedimento definisce la motivazione anche degli atti di accertamento o di liquidazione: - dell'Imposta Comunale sugli Immobili; - all'Imposta Comunale sulle Pubblicità; - Tassa per l'Occupazione di Spazzi e aree Pubbliche; - Tassa smaltimento dei rifiuti solidi urbani; La motivazione, come del resto indicato anche per i tributi maggiori, deve indicare "i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche" poste a fondamento dell'avviso di accertamento. Inoltre, anche qui come per i tributi maggiori, è indicato che ove l'avviso di liquidazione o l'avviso di accertamento facciano riferimento ad altro atto, questo, deve essere allegato alla pretesa dell'amministrazione finanziaria, sempre che, non ne sia già in possesso ovvero che l'avviso di liquidazione ne riproduca il contenuto essenziale. Il ravvedimento operoso per le sanzioni formali senza applicazione delle sanzioni diventa irrilevante. Il nuovo articolo 7 dello schema di decreto legislativo abroga il comma 4 dell'articolo 13 del D.Lgs n. 472/1997. La norma da ultimo citata prevede una forma di ravvedimento operoso entro 3 mesi senza applicazione delle sanzioni, per le violazioni formali che non incidono sull'attività di accertamento in corso.. Appare evidente che a seguito dell'introduzione della nuova causa di non punibilità (neo comma 5-bis all'articolo 6 del D.Lgs n. 472/1997), in attuazione dell'articolo 10 dello statuto del contribuente, tale forma di ravvedimento operoso si è svuotata di contenutoin quanto le violazioni formali non sono più punibili. Correlazioni di Claudio Carpentieri Dal momento che il decreto legislativo di attuazione dello statuto del contribuente ritiene, se pur indirettamente, che il comma 4 dell'articolo 13 è incluso nella causa di non punibilità per le violazioni formali, deduzione logica vuole che tutte le violazioni che prima erano viste come rientranti in tale fattispecie di ravvedimento, si devono considerare automaticamente non più sanzionate. Resta confermato che dal primo luglio 2001, le cartelle di pagamento dovranno contenere la motivazione sintetica e l'indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo - articolo 7 Ai sensi del nuovo articolo 12 del D.P.R. n. 602 del 1973, il ruolo deve contenere: - l'indicazione dell'avviso di accertamento a cui si riferisce ovvero la motivazione della pretesa; - la data in cui il ruolo diviene esecutivo; - il numero di codice fiscale del contribuente; In assenza di tali indicazioni non può farsi l'iscrizione a ruolo. Nella cartella di pagamento (articolo 25 del D.P.R. n. 602/1973) deve essere indicata la data in cui il ruolo è reso esecutivo. Spunti critici e correlazioni Di Claudio Carpentieri Anche se non è previsto che la motivazione deve essere indicata nella cartella esattoriale, ma solamente nel ruolo del contribuente, è bene ricordare che la cartella di pagamento costituisce lo specchio del ruolo in tutte le sue parti. Pertanto è da ritenere che la cartella di pagamento debba comunque comprendere anche la motivazione. Si fa rilevare inoltre che l'assenza della motivazione produce solamente l'impossibilità dell'iscrizione a ruolo. Pertanto, la decadenza del ruolo, si avrà solamente se è ormai decorso il termine di decadenza fissato dall'articolo 17 del D.P.R. n. 602/1973. E' appena il caso di far rilevare che l'inserimento della motivazione nella cartella di pagamento già era stata disposta dal DECRETO 3 settembre 1999, n.321, a decorrere dal 01 ottobre 1999 ( in proposito Novità del 20 settembre 1999). L'indicazione della data in cui il ruolo è reso esecutivo (articolo 12 del D.P.R. n. 602 del 1973), è evidentemente orientata a consentire al contribuente di osservare se il ruolo è stato emesso nei termini perentori, previsti dall'articolo 17 del D.P.R. n. 602/1973. Ai sensi dell'articolo 12, comma 4 del decreto sulla riscossione, la procedura per rendere il ruolo esecutivo è tutta interna all'amministrazione finanziaria. Pertanto si pensa sia remota l'ipotesi in cui la data di esecutività del ruolo ivi indicata sia successiva a quella prevista a pena di decadenza. Forse, per consentire al contribuente di avere in mano prima la cartella di pagamento, sarebbe stato meglio prevedere a pena di decadenza la notifica del ruolo da parte dei concessionari per la riscossione attraverso una modifica dell'articolo 25 del D.P.R. n. 602/1973. I decreti di proroga dei termini a causa di irregolare funzionamento degli uffici sono ammessi solamente se non sono riconducibili a disfunzioni organizzate. Il nuovo articolo 10 dello schema di decreto legislativo, modificando l'articolo 1 del D.L. n. 498/1961 (poi convertito dalla legge n.28.07.1961, n. 770) prevede che le cause che giustificano la proroga dei termini "di prescrizione e di decadenza nonché quelli di adempimento di obbligazioni e di formalità previsti dalle norme riguardanti le imposte e le tasse a favore dell'Erario", non possono dipendere da disfunzioni interne agli stessi uffici. E' appena il caso di ricordare che tali decreti comportano che i "termini scadenti durante il periodo di mancato o irregolare funzionamento, sono prorogati fino al decimo giorno successivo alla data in cui viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto". È inoltre disposto che il decreto di proroga sia disposto dall'ufficio competente dell'Agenzia delle entrate, sentito il garante del contribuente e fermo restando quanto previsto dall'articolo 9, comma 2 della legge n. 212/2000. Spunti critici di Claudio Carpentieri La disposizione messa in evidenza è evidentemente orientata a superare e regolamentare la previsione dell'articolo 3, comma 3 della legge n. 212/2000, la quale, infatti, prevede che i termini di prescrizione o decadenza non possono essere prorogati. Infatti, come fatto rilevare da Maurizio Leo (vedi Novità del 02 ottobre 2000), l'articolo 3, comma 3 dello Statuto del contribuente, essendo disposto con norma ordinaria, non può essere derogato dai decreti ministeriali di accertamento di irregolare funzionamento degli uffici dell'amministrazione (Direzioni regionali delle entrate e Uffici compartimentali del territorio) con cui si giustifica la proroga dei termini per l'accertamento. Tuttavia, occorre considerare che il riferimento all'articolo 9, comma 2 dello Statuto del contribuente, effettuato dal decreto di attuazione, si ritiene possa limitare l'emanazione dei decreti di proroga alle sole disfunzioni determinate da eventi calamitosi: terremoti, alluvioni etc….. Iialia oggi di sabato 27 gennaio 2001, pag. 27 TELEFISCO - LE RISPOSTE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE - REDDITI D'IMPRESACIRCOLARE 26.01.2001, n. 5/E"Le risposte ai quesiti fornite in occasione della videoconferenza del 18 gennaio 2001, in materia di redditi di impresa." In breve Appresso si mettono in evidenza i chiarimenti forniti dall'Agenzia delle entrate in relazione ai quesiti più interessanti. Agevolazione Visco - Articolo 2, comma 8 e seguenti della legge n. 133/1999 Gli acquisti di immobili delle categorie catastali D2, D3 e D8 sono agevolati per il 2000 e il 2001. Ai fini della determinazione del reddito da sottoporre all'aliquota del 19%, i beni immobili compresi nelle nuove categorie catastali D2, D3 e D8 rilevano solamente se acquistati nel periodo d'imposta in corso alla data d'entrata in vigore della legge 342/2000 (collegato 2000) e per il successivo (periodi d'imposta 2000 e 2001). La modifica intervenuta alla lettera a) dell'articolo 2 della legge n. 133/1999 ad opera dell'articolo 3, comma 1 della legge n. 342/2000 ha, infatti, carattere innovativo. Pertanto gli acquisti di tali beni effettuati nel corso del 1999 non producono, o meglio non potevano produrre, incremento del reddito sottoposto all'aliquota ridotta del 19%. Considerazioni di Claudio Carpentieri Si tenga presente che ove fosse stata presa un'interpretazione estensiva della modifica apportata dall'articolo 3 del collegato alla legge finanziaria 2000, includendo quindi nel computo dell'agevolazione anche gli aquisti dei "nuovi" beni effettuati nel 1999, oltre all'incremento dell'ammontare degli investimenti effettuati nel 1999, avrebbe comportato anche la riduzione dello stesso parametro in relazione ai disinvestimenti e ammortamenti dei nuovi immobili ammessi nell'agevolazione (in proposito anche la circolare ASSONIME 18.12.2000, n.66, commentata con le Novità del 30 dicembre 2000). Le rinunce ai crediti non rilevano quali incrementi di conferimenti in denaro: l'Agenzia delle entrate conferma l'ìnterpretazione della C.M. n. 76/E del 06.03.1998. La rinuncia ai crediti che i soci vantano nei confronti della società non rileva quale conferimento in denaro rilevante per l'applicazione dell'agevolazione Visco (articolo 2, comma 8 e ss della legge n. 133/1999). L'agenzia delle entrate conferma, quindi, l'interpretazione adottata nella C.M. n. 76/E del 06.03.1998, poi confermata nella C.M. 20.03.2000, n. 51/E, § 6.1. Spunti critici di Claudio Carpentieri. In proposito all'irrilevanza ai fini agevolativi delle rinunce ai crediti che i soci vantano nei confronti della società, si fa rilevare che la Corte di Cassazione I sezione civile, sentenza n. 936 del 05/02/96, ha chiarito che:" non c’è alcuna norma che impedisce in via generale la compensazione legale tra crediti reciproci, certi, liquidi ed esigibili di una società di capitali e dei suoi soci. Pertanto, in mancanza di una norma espressa che ne sancisca il divieto, di regola la compensazione deve ritenersi operante, secondo la normativa degli art. 1241 ss. c.c." Sulla base della pronuncia sopra richiamata il socio sottoscrive l'aumento di capitale impegnandosi a versare il relativo debito per la sottoscrizione delle azioni. Nella fase di liquidazione del suo debito, il socio eccepisce la compensazione del credito emergente dal finanziamento che lo stesso vanta nei confronti della società quale metodo estintivo del suo debito per la sottoscrizione delle nuove azioni. Pertanto non riconoscere tale compensazione, come sostiene l'Agenzia delle entrate, costringe la società a far figurare il versamento da parte dei soci effettuati in relazione la sottoscrizione delle nuove azioni e, subito dopo, nello stesso giorno o il giorno successivo, a dare evidenza contabile all'equivalente uscita monetaria, relativa al riconoscimento del credito relativo al finanziamento che lo stesso socio aveva effettuato alla società. Applicazione della norma antielusiva: la capienza del redditi DIT nel periodo agevolato non annulla l'emersione del debito. Dal momento che l'agevolazione Visco è determinata prioritariamente ed indipendentemente della DIT, è possibile che, nell'esercizio agevolato, via sia stata capienza di reddito da assoggettate all'aliquota ridotta DIT. Considerando che nella fattispecie prevista dalla norma antielusiva non si è in presenza di una rettifica del reddito del periodo d'imposta considerato, ma di una riliquidazione a latere e posticipata dell'imposta al verificarsi di determinati presupposti, non è ammissibile considerare il reddito sottoposto a DIT nel periodo ai fini della riliquidazione dell'imposta. Approfondimenti Di Claudio Carpentieri E' inoltre da considerare che l'esistenza di reddito d'impresa agevolato ai fini della legge Visco, non determina la perdita del reddito DIT che, per effetto della prima agevolazione, non trova capienza nel reddito di periodo. Infatti, come è noto, il reddito DIT può essere benissimo portato in avanti nel tempo per 5 esercizi (comma 2 articolo 3 del D.Lgs n. 466/1997). Pertanto, se si propendesse per la tesi della rettifica del reddito di periodo, opposta a quella indicata dall'Agenzia delle entrate e dall'Assonime (ASSONIME 18.12.2000, n.66), la quota di reddito DIT che nel periodo agevolato non è stata "utilizzata" non può essere invocata in applicazione della norma antielusiva se essa è stata utilizzata negli esercizi successivi. Infatti, questo, comporterebbe la rettifica di tutte le dichiarazioni successive. Credito d'imposta per i neo assunti - Articolo 7, legge n. 388/2000 Trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato Ai fini dell'agevolazione prevista dall'articolo 7 della legge n. 388/2000 (credito d'imposta sulle nuove assunzioni), la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato rileva a decorrere dal mese in cui la trasformazione del rapporto si determina. Per ulteriori chiarimenti in merito all'agevolazione sulle nuove assunzioni Novità del 15 gennaio 2001 Spunti critici e Considerazioni di Claudio Carpentieri Ai fini della legislazione del lavoro la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato produce la modifica dello status del lavoratore ex tunc (cioè dall'origine del rapporto di lavoro). Pertanto, dal momento che l'agevolazione è concessa a patto che il lavoratore nei due anni precedenti non abbia svolto prestazioni di lavoro dipendente a tempo indeterminato, la trasformazione, operando ex tunc, potrebbe causare il verificarsi del presupposto di esclusione dal credito d'imposta. Nelle more dell'Agenzia delle entrate, considerando che ai fini agevolativi l'obiettivo del legislatore è appunto quello di incrementare il numero degli occupati con contratto a tempo indeterminato, si ritiene che la trasformazione non produce la causa di esclusione del beneficio. Rivalutazione dei beni d'impresa - Articolo 10 e seguenti legge n. 342/2000 Per i soggetti in contabilità semplificata, il saldo attivo di rivalutazione "distribuito" dalla società o "assegnato", non fa base imponibile per il socio o per l'imprenditore. Il saldo di rivalutazione, imputato al patrimonio netto o iscritto in apposita riserva a fronte delle rivalutazioni dei beni d'impresa (articolo 13 della legge n. 342/2000), se distribuito ai soci delle società di persone o prelevato dall'imprenditore individuale, entrambi in contabilità semplificata, non deve essere assoggettato ad imposizione. In tali casi, l'inesistenza del bilancio in cui dare evidenza al saldo di rivalutazione, determina l'impossibilità di applicazione dell'articolo 13 delle disposizioni sulla rivalutazione dei beni d'impresa. Per un esame più approfondito delle disposizioni sulla rivalutazione dei beni d'impresa si rinvia alle Novità del 23 novembre 2000 Tassazione del reddito d'impresa con aliquota proporzionale - Articolo 9 della legge n. 388/2000. Non è possibile dedurre dal reddito d'impresa tassato con aliquota proporzionale, le perdite prodotte nei periodi d'imposta in cui il reddito era tassato secondo le regole dell'IRPEF. Secondo l'articolo 8, comma 3 del TUIR le perdite prodotte dalle società di persone in contabilità ordinaria sono dedotte dai redditi d'impresa attribuiti ai soci per trasparenza nella stessa proporzione. Nel caso in cui la società di persone opta per il regime di tassazione proporzionale del reddito d'impresa di cui all'articolo 9 della legge finanziaria 2001 (per ulteriori approfondimenti su tale regime si rinvia alle Novità del 15 gennaio 2001), le perdite prodotte nei periodi precedenti, non possono essere dedotte dal reddito d'impresa tassato ad aliquota proporzionale. Tali perdite sono dedotte solamente dai redditi d'impresa tassati secondo la medesima disciplina. Spunti critici di Claudio Carpentieri Le diverse modalità con cui i redditi sono tassati non dovrebbero comportare l'indeducibilità delle perdite prodotte negli esercizi precedenti. Si ritiene, infatti, che l'applicazione dell'aliquota, proporzionale o progressiva che sia, è successiva alla determinazione del reddito d'impresa. Il reddito d'impresa, determinato ai sensi dell'articolo 52 del TUIR, emerge dalla differenza tra il reddito prodotto nell'esercizio (Utile di bilancio più/meno variazioni in applicazione delle disposizioni del TUIR) e le perdite dei periodi precedenti. In altre parole, prima si determina il reddito d'impresa (che è già al netto delle perdite dei periodi precedenti) e poi, in caso di opzione, si applica l'aliquota proporzionale. La deroga al principio generale di deduzione diretta delle perdite stabilita dall'articolo 8, comma 3 del TUIR è funzionale e conseguente alla tassazione per trasparenza dei redditi d'impresa prodotti dalle società di persone (articolo 5, comma 1 del TUIR) e, pertanto, non lede il principio generale secondo cui il reddito d'impresa dichiarato è quello che risulta al netto delle perdite prodotte nei precedenti esercizi. Deducibilitä delle spese per autovetture concesse in uso promiscuo agli amministratori. articolo 121-bis del tuir. Il passaggio fiscale dei redditi di collaborazione corrivata e continuativa a redditi assimilati a quelli di lavoro dipendete non rileva ai fini della deduzione dei costi delle auto date in uso promiscuo. L'assimilazione dei redditi emergenti da collaborazioni coordinate e continuative, disposta dall'articolo 34 della legge n. 342/2000, "concerne le modalità di determinazione del reddito del collaboratore ai fini delle imposte dirette, ma non si configura quale assimilazione delle due tipologie di rapporto di lavoro a tutti gli effetti di legge". Pertanto il riferimento contenuto nell'articolo 121-bis, comma 1, lettera a), n. 2 del TUIR, il quale prevede la deducibilità completa dei costi riferiti agli autoveicoli dati in uno promiscuo ai dipendenti, non può essere applicato anche ai collaboratori. Approfondimenti e spunti critici di Claudio Carpentieri Nel caso specifico,quindi, per determinare l'esatto ammontare deducibile si dovranno combinare le disposizioni dell'articolo 48, comma 4, lett. a) e quelle dell'articolo 121-bis del TUIR. Da ciò, l'esatto ammontare del costo deducibile sarà: - l'ammontare del fringe benefit riconosciuto al collaboratore concernente l'uso dell'auto, determinato secondo le tabelle chilometriche elaborate annualmente dall'ACI - articolo 62, comma 1; - il 50% della differenza tra costo dell'auto (fino al limite di 35 milioni) e fringe benefit dedotto, articolo 121-bis, comma 1 lettera b) . L'esatto ammontare del fringe benefit emergente dalla concessione dell'uso promiscuo al dipendente si apprende solamente alla fine di ogni anno, quando saranno rese pubbliche le tabelle dei costi chilometrici convenzionali elaborate dall'ACI (entro il 30 novembre di ogni anno). Premesso ciò, ci si chiede come sia possibile determinare il costo fiscalmente riconosciuto dell'autoveicolo alla data d'acquisto sul quale calcolare le quote d'ammortamento. Il problema potrebbe essere risolto applicando il principio sopra indicato sulle quote di ammortamento. In altre parole, nel caso specifico, la quota di ammortamento deducibile calcolata sul costo storico dell'autoveicolo varia in ragione dell'ammontare dei fringe benefit riconosciuti al collaboratore. Sul punto sarà comunque auspicabile un intervento chiarificatore dell'amministrazione finanziaria. Riclassificazione degli ammortamenti anticipati - Articolo 6, comma 7 della legge n. 388/2000. La corretta imputazione dei fondi ammortamento anticipato al patrimonio netto, rileva ai fini della Dual Income Tax dall'esercizio successivo a quello in cui viene operata. L'incremento di patrimonio netto conseguente alla riclassificazione dei fondi per ammortamenti anticipati (articolo 6, comma 7 della legge n. 388/2000), ai fini della determinazione del patrimonio rilevante per la Dual Income tax, rileva dall'esercizio successivo a quello in cui avviene la riclassificazione. Approfondimenti L'interpretazione appare condivisibile. Infatti il riconoscimento ai fini DIT dell'incremento di patrimonio netto, conseguente alla ricalssificazione di cui si discute, intende controbilanciare la "riduzione futura di patrimonio netto" conseguente alle quote di ammortamento calcolate sui beni che hanno subito l'ammortamento anticipato. E' appena il caso di ricordare che, l'imputazione al patrimonio netto dei fondi ammortamento anticipato determina un ampliamento del valore residuo da ammortizzare dei beni ai fini civili, lasciando spazio ad ulteriori quote d'ammortamento che vanno a decurtare gli utili prodotti negli esercizi futuri. Pertanto, dal momento che il nuovo valore residuo dei beni traspare nel bilancio di apertura dell'esercizio successivo a quello agevolato, appare corretto sostenere che anche l'incremento del patrimonio netto rilevi ai fini DIT dal medesimo esercizio. Per maggiori approfondimenti si rinvia alle Novità del 15 gennaio 2001. Italia oggi di sabato 27 gennaio 2001, pag. 35 Il sole 24 ore di sabato 27 gennaio 2001 (inserto) TELEFISCO - LE RISPOSTE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE - REDDITI DA COLLABORAZIONI COORDINATE ED DETRAIBILITà LIMITATA DELL'IVA SUGLI AUTOVEICOLI.CIRCOLARE 26.01.2001, n. 7/E"Le risposte ai quesiti formulate in occasione della videoconferenza del 18 gennaio 2001, in materia di Irpef e Iva." In breve Collaborazioni coordinate e continuative Come è noto l'articolo 34 del collegato alla legge finanziaria 2000 (Legge n. 342/2000), ha modificato la tassazione dei redditi conseguiti a fronte di collaborazioni coordinate e continuative. Tale redditi, se incassati prima del 01.01.2001, erano trattati quali redditi assimilati a quelli di lavoro autonomo (articolo 49, comma 2, lettera a)) se, invece, sono incassati a decorrere dal 2001, sono trattati alla stregua dei redditi di lavoro dipendente (articolo 47, comma 1, lettera c-bis del TUIR). Questo spostamento ha creato molti problemi dovuti in modo principale a distonie con le altre disposizioni del testo unico che, la circolare dell'Agenzia delle entrate ha cercato di mettere in chiaro e, per certi versi di risolvere. Tassazione delle indennità di trasferta e i rimborsi spese Qualora nel contratto di collaborazione coordinata e continuativa ovvero dalla delibera di nomina degli amministratori o sindaci non emerga la sede di lavoro, ai fini dell'applicazione dell'articolo 48, comma 5 del TUIR (rimborsi spese e indennità di trasferta) occorre fare riferimento al domicilio fiscale del lavoratore. Pertanto i rimborsi delle spese sostenute dal collaboratore per recarsi dalla propria abitazione (presunta sede di lavoro) nella sede dell'impresa o, dall'amministratore nella sede della società, non costituiscono reddito per il collaboratore o per l'amministratore. Compensi corrisposti nel 2000 per prestazioni rese nell'anno 2000. Considerando che la tassazione dei redditi di lavoro dipendente segue il criterio di cassa, i redditi da collaborazione percepiti nel 2001, sebbene maturati nel precedente anno solare, soggiacciono alle nuove regole di tassazione. La convenzione secondo cui i redditi percepiti entro il giorno 12 del mese di gennaio si considerano nell'anno precedente (articolo 48, comma 1 secondo periodo del TUIR), si applica solamente a decorrere dal 2001. Pertanto, i redditi percepiti entro il 12 del mese di gennaio 2001 devono essere dichiarati nel 2001 quali redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Approfondimenti di Claudio Carpentieri L'Agenzia delle entrate non ha affrontato il problema dell'applicazione della tassazione separata per i redditi relativi a periodi d'imposta precedenti (articolo 16, lettera b) del TUIR). In proposito si ritiene che, sicuramente dal periodo d'imposta 2002, verificandosi le condizioni elencate dalla lettera b) dell'articolo 16, i redditi emergenti da collaborazioni percepiti in un esercizio diverso da quello di competenza: - a causa di leggi, sentenze o atti amministrativi; - per cause non dipenditi dalla volontà delle parti. seguono la tassazione separata. Si fa presente infatti che la stessa lettera b) in parola fa espresso riferimento ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente indicati nel comma 2 dell'articolo 47 di cui, appunto, i redditi di collaborazione fanno ora parte. Applicazione delle detrazioni ai compensi erogati nel 2001 ma relativi a redditi 2000 Nel caso in cui si percepiscono redditi da collaborazione nell'anno 2001 relativi a prestazioni effettuati nel 2000, si applicano le detrazioni di lavoro dipendente di cui all'articolo 13 del TUIR, previste per l'anno 2001, ma devono essere rapportate al periodo di lavoro considerando anche quello prestato nel 2000. Se la collaborazione prosegue per tutto il 2001 il periodo di lavoro rilevante per la proporzione della detrazione non può superare 365 giorni. Premi corrisposti contro gli infortuni e malattia La quota del premio INAIL a carico del collaboratore coordinato e continuativo (1/3) deve essere intesa quale "contributo assistenziale obbligatorio per legge" (in proposito anche C.M. n. 12.12.1997, n. 326/E), pertanto, secondo quanto previsto dall'articolo 48, comma 2, lett. a) del TUIR, essa non costituisce reddito per il collaboratore. Approfondimenti di Claudio Carpentieri L'Agenzia delle entrate non ha indicato il trattamento fiscale della quota versata dai collaboratori nel 2000, quando era ancora in vigore la lettera a) dell'articolo 49 del TUI, cioè quando i redditi seguivano ancora la tassazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro autonomo. Tuttavia, assodato che la natura del premi INAIL, confermata anche dall'Agenzia delle entrate, deve essere annoverata tra i "contributi assistenziali obbligatori per legge", si ritiene che essi, per l'anno 2000, siano qualificabili oneri deducibili dal reddito complessivo ai sensi della lettera e) dell'articolo 10 del TUIR. Iva - Disposizioni in materia di detrazione sull'acquisto di autoveicoli Contratti di leasing in corso dall'anno 2000 Com'è noto, ad opera dell'articolo 30 della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001) fino al 31.12.2001, l'iva corrisposta sull'acquisto di autoveicoli è indetraibile per il 90% e l'iva corrisposta sull'acquisto di veicoli non a combustione interna è detraibile per il 50% (per maggiori approfondimenti Novità del 15 gennaio 2001). Il nuovo regime d'indetraibilità si applica anche per l'iva indicata nelle fatture emesse nel 2001 relative ai canoni di leasing derivanti da contratti stipulati nel corso del 2000 (o anche prima). Cio in base al principio generale di detraibilità dell'imposta stabilito dall'articolo 19 del D.P.R. 633/1972. Spunti critici di Claudio Carpentieri Si ritiene che l'ambito applicativo della detraibilità ridotta dell'iva sugli acquisti di autoveicoli sia applicabile anche nei riguardi dei contratti di locazione stipulati prima del 31.12.2000 in relazione alle fatture relative a rate non ancora scadute. Infatti, anche in tali casi, se la fattura è stata emessa successivamente al 01.01.2001, l'iva diviene esigibile nel 2001 e, pertanto, diviene detraibile a decorrere dallo stesso anno solare e per i due anni successivi. E' appena il caso di precisare che nelle ipotesi in cui il contratto di leasing prevede un maxi canone iniziale (quasi sempre), la sopravvenuta detraibilità del'Iva comporta la rideterminazione delle quote dei canoni di leasing ammesse in deduzione ogni anno. Infatti, nel periodo d'imposta di stipula del contratto, dal momento che in tale periodo d'imposta l'iva era interamente indetraibile, essa è stata assunta quale costo. Sarebbe opportuno un pronunciamento dell'Agenzia delle entrate in merito.. Italia oggi di domenica 28 gennaio 2001, pag. Il sole 24 ore di domenica 29 gennaio 2001 (inserto) TELEFISCO - LE RISPOSTE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE - FISCALITà INTERNAZIONALECIRCOLARE 26.01.2001, n. 9/E"Le risposte ai quesiti fornite in occasione della videoeconferenza del 18 gennaio 2001, in materia di Onlus e Fiscalità internazionale." In breve L'esercizio dell'attività "commerciale od industriale" che, se dimostrata, comporta il superamento delle norme antielusive previste dagli articoli 127-bis e 76, comma 7-ter del TUIR, sono quelle definite dall'articolo 2195 del c.c. L'effettivo esercizio di attività "industriale o commerciale" della società estera partecipata, che giustifica la non applicazione dei particolari regimi antielusivi previsti dagli articoli 127-bis e 76, comma 7-bis, introdotti dall'articolo 1 della legge n. 342/200 (per maggiori approfondimenti vedi Novità del 24 novembre 2000), deve essere intesa nella più ampia accezione del termine. Infatti, occorre fare riferimento alla definizione di attività commerciale delineata dall'articolo 2195 del c.c. Approfondimenti di Claudio Carpentieri Sembra il caso di ricordare che le nuove disposizioni introdotte dall'articolo 1 della legge n. 342/2000, ed in particolare l'introduzione dell'articolo 127-bis e le modifiche all'articolo 76, commi 7-bis e 7-ter, prevedono che: - ogni operazione (cessione o acquisto di beni o servizi), effettuata con società estere residenti nella UE, deve essere valutata al valore normale nel caso si evidenzi un incremento di reddito; - se le società estera (sia UE che extra UE) ha sede in un paese a fiscalità privilegiata da individuarsi con decreto bisogna distinguere il caso in cui ¨ la società non possieda alcuna partecipazione nella società estera o la possieda sotto i limiti necessari per ottenerne il controllo. ¨ la società italiana possieda una partecipazione nella società estera che gli garantisce il controllo ai sensi dell'articolo 2359 del c.c. Nel primo caso l'effetto sarà il disconoscimento dell'operazione di acquisto che, tuttavia, ammette prova contraria da rivendicare nei modi indicati. Nel secondo caso invece l'effetto sarà quello di attribuzione alla società italiana del reddito della partecipata estera in proporzione alla partecipazione stessa quale reddito d'impresa secondo le disposizioni dell'articolo 127-bis prima commentate. I entrambi i casi appena indicati la prova contraria, alla quale consegue la non applicazione del regie antielusivo, consistente nel dimostrare l'effettivo esercizio dell'attività "commerciale o industriale" della società estera localizzata in un paese a fiscalità privilegiata. Ambito di applicazione dell'articolo 76, comma 7-bis e dell'articolo 127-bis del TUIR Anche se, in risposta all'interpello di cui al comma 5 dell'articolo 127-bis del Tuir, l'amministrazione finanziaria abbia ritenuto non applicabile il regime previsto dal medesimo articolo, il contribuente non è autorizzato a ritenere non operanti le disposizioni del comma 7-bis dell'articolo 76 del Tuir. L'Agenzia delle entrate ritiene che le condizioni per ottenere tale inapplicabilità appaiono diverse da quelle indicate dal comma 5 sopra indicato. A norma del comma 5 dell'articolo 127-bis Tuir il contribuente deve dimostrare alternativamente: - che la società o altro ente non residente svolga un'effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nello Stato o nel territorio nel quale ha sede; - che, dalla partecipazione in tali soggetti, non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui tali redditi sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati. Per il comma 7-ter dell'articolo76 Tuir il contribuente invece deve fornire la prova che le imprese estere svolgono principalmente un'attività industriale o commerciale effettiva nel mercato del Paese nel quale hanno sede. Spunti critici di Claudio Carpentieri La risposta dell'Agenzia delle entrate si presta a critiche o, quantomeno, non sembra rispondere al contribuente. Infatti, in premessa al quesito è indicato che il contribuente ipotetico che " controlla un'impresa situata nei cosiddetti paradisi fiscali, la quale ivi svolge a sua volta un'effettiva attività e sul punto ottiene il salvacondotto dell'amministrazione.." Nel caso specifico,quindi, dal momento che il requisito di effettivo svolgimento dell'attività commerciale o industriale dell'impresa estera partecipata, si identificata quale prova idonea a superare entrambi i "regimi" antielusivi, essa dovrebbe esseree garantire la deducibilità dei costi e delle spese sostenute dalla società italiana. In altre parole, nel caso proposto, la causa di non applicazione dell'articolo 127-bis coincide anche con la causa che, se dimostrata, determina anche la deducibilità dei costi emergenti con la società residente nel paradiso fiscale ai sensi dell'articolo 76, comma 7-ter. Ad ogni modo appare quantomeno strano che, dopo aver ottenuto il riconosciuto l'effettivo svolgimento dell'attività commerciale od industriale della società estera partecipata dall'interpello ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 212/2000, l'ufficio finanziario accertatore non lo riconosca (76, comma 7-ter del TUIR) In altre parole sarà molto difficile che, verificato l'effettivo svolgimento dell'attività commerciale o industriale della società partecipata estera nel paese estero di residenza, sia rilasciato esito favorevole per la non applicazione dell'articolo 127-bis ed esito negativo per la deducibilità dei costi e delle spese ai sensi dell'articolo 76, comma 7-ter del TUIR. |
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