inserito in Diritto&Diritti nel gennaio 2005

La “rinnovazione” dei contratti della pubblica amministrazione ex art. 44, l. 724 del 1994

di Lorenzo Bolognini

***

L’art. 44 della Legge n. 724 del 1994 che ha modificato l’art. 6 della Legge n. 537 del 1993, al comma 2, testualmente, dispone: “è vietato il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, ivi compresi quelli affidati in concessione a soggetti iscritti in appositi albi. I contratti stipulati in violazione del predetto divieto sono nulli. Entro tre mesi dalla scadenza dei contratti, le amministrazioni accertano la sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la rinnovazione dei contratti medesimi e, ove verificata detta sussistenza, comunicano al contraente la volontà di procedere alla rinnovazione”.

 

In tema di prolungamento dei contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione, innanzitutto, si pone un problema di interpretazione del significato del termine “rinnovazione” utilizzato dal Legislatore, problema la cui soluzione consente di individuare il campo di applicazione dell’art. 44 sopra riportato.

 

In giurisprudenza si è ampiamente dibattuto in merito alla riferibilità del predetto termine alla nozione di mera proroga ovvero a quella di rinnovo del contratto, istituti tra i quali, come sottolineato dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, 31.12.2003, n. 9302, in Foro amm. CDS 2003, 3779), intercorre una sostanziale differenza.

 

In particolare, si ha mera proroga di un contratto quando non si ha una nuova contrattazione ma ci si limita ad un prolungamento della durata dello stesso, senza alcuna rinegoziazione delle sue clausole.

 

Il rinnovo del contratto, invece, presuppone una rinegoziazione delle condizioni contrattuali con il contraente originario o, perlomeno, di alcune di esse per addivenire, quindi, ad una nuova stipulazione.

 

La Giustizia Amministrativa, sul punto, è stata oscillante talvolta ritenendo che l’art. 44 ponesse un divieto espresso di rinnovo del contratto, consentendo soltanto “l’inserimento di clausole che prevedano la prorogabilità del contratto” (Cons. Stato, 31.12.2003, n. 9302, cit.), talvolta, invece, dichiarando che l’art. 6 della Legge n. 537 del 1993, così come modificato dal più volte citato art. 44, “prevede la possibilità di rinnovo dei contratti pubblici per la fornitura di beni e servizi” (T.A.R. Bari, 15.2. 1999, n. 87, in T.A.R. 1999, I,1529).

 

Tuttavia, c’è chi ha sostenuto l’opinione secondo la quale il termine “rinnovazione” di cui all’art. 44 sia riferibile sia alla mera proroga del contratto sia al rinnovo dello stesso (M. Faviere, M. Gatti, Evidenza pubblica e rinnovi contrattuali, in Riv. Trim. degli Appalti n. 3/2004).

 

Si è rilevato come la disposizione legislativa ponga quali unici limiti alla possibilità di rinnovazione del contratto “la sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse” e come, pertanto, talvolta vi possa essere convenienza e pubblico interesse per la mera proroga del contratto e talvolta, invece, potrebbe essere più conveniente procedere ad un rinnovo con rinegoziazione delle clausole contrattuali, con la conseguenza che, ferma rimanendo la necessaria sussistenza dei presupposti di legge, saranno consentiti ora la proroga ora il rinnovo.

 

Dall’orientamento interpretativo che afferma come l’art. 44 disciplini sia la proroga sia il rinnovo discende che, quando la Pubblica Amministrazione, entro tre mesi dalla scadenza di un contratto per la fornitura di beni o di servizi, accerti che vi sia convenienza economica e interesse pubblico (che va oltre le mere valutazioni economiche) nel prolungare il rapporto contrattuale con l’originario contraente, comunica questa volontà all’altro contraente e procede alla proroga del contratto ovvero al rinnovo con rinegoziazione delle condizioni contrattuali a seconda che sia di maggior convenienza e pubblico interesse la prima ovvero la seconda soluzione.

 

In definitiva la Pubblica Amministrazione sarebbe fornita di ampia discrezionalità nello stabilire se rinnovare un contratto o meno e, in caso affermativo, nello stabilire come rinnovarlo.

 

Quanto alla forma della rinnovazione del contratto, occorre ancora una volta riferirsi al dato normativo.

 

La prima parte dell’art. 44, infatti, vieta espressamente il rinnovo tacito dei contratti.

 

Il divieto di rinnovare tacitamente i contratti della Pubblica Amministrazione pare discendere anche dalla disciplina di cui all’art. 12 del R.D. n. 2440 del 1923 che, in sintesi, fissa il principio secondo il quale i predetti contratti debbano avere una durata certa al fine di evitare che l’Ente Pubblico possa assumere un impegno economico indeterminato nel tempo.

 

Posto tale divieto, se ne deve dedurre che le clausole di rinnovo tacito eventualmente contenute nei contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione sarebbero illegittime.

 

In particolare, si tratta di quelle clausole (molto frequenti in certe categorie di contratti stipulati tra privati) in forza delle quali se, alla scadenza del contratto, nessuna delle parti comunica all’altra la propria disdetta, il contratto si rinnova per egual periodo.

 

La Pubblica Amministrazione e il contraente privato, pertanto, dovranno espressamente manifestare la propria volontà di prolungare il contratto dovendo la Pubblica Amministrazione motivare anche che tale volontà è maturata per specifiche ragioni di convenienza economica e di pubblico interesse.

dott. Lorenzo Bolognini