inserito in Diritto&Diritti nel aprile 2003

I derivati di credito nell’imposizione indiretta 

A cura di Giovanni Turri 

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Sommario

Introduzione.

1. La situazione ante Legge 549/1995

2. La legge 549/1995

3. Fatturazione 

4. Alternatività Iva/imposta di registro 

5. La tassa sui contratti di borsa 

6. L’imposta di bollo


7.      Introduzione

Sino all’emanazione della Legge 28.12.1995 n.549 , il trattamento fiscale applicabile ai fini dell’imposta sul valore aggiunto[1] alle operazioni fuori bilancio[2] diverse da quelle su valute o titoli [3]era oggetto di notevoli incertezze , non essendo pacificamente inquadrabili , a motivo della loro struttura contrattuale, in alcuna delle categorie normativamente previste. [4]

Si discuteva, infatti, se tutti i flussi monetari percepiti in esecuzione di contratti derivati[5] costituissero o meno corrispettivi rientranti nell’ambito di applicazione dell’imposta o se tale trattamento dovesse, invece, essere riservato solo alle eventuali commissioni pagate a conclusione del contratto cioè  se fosse ravvisabile o meno, nel reciproco impegno assunto da ciascuna delle parti ad effettuare il pagamento del differenziale al verificarsi delle condizioni dedotte in contratto, un’operazione di tipo permutativo da assoggettare all’imposta in base al valore normale di tale impegno; se, in ogni caso, l’operazione, ove avesse funzione di copertura, fosse qualificabile come esente da Iva in considerazione della sua natura sostanzialmente assicurativa.

La tesi più accreditata e seguita nel settore bancario considerava, correttamente, non soggetti ad Iva i differenziali scambiati tra le parti in esecuzione del contratto[6] e soggetta ad Iva,con aliquota ordinaria, l’eventuale commissione pagata da una delle due parti a fronte della stipula del contratto[7]

Peraltro, alcune banche erano state oggetto di contestazioni da parte di organi periferici dell’Amministrazione finanziaria che consideravano assoggettabile ad Iva con aliquota ordinaria, quale corrispettivo del contratto, l’intero ammontare dei differenziali pagati a ciascuna scadenza contrattuale .

Scopo del presente intervento è quello di illustrare il sistema di imposizione indiretta che grava sui derivati di credito con particolare riguardo al regime dell’imposizione sul valore aggiunto ed alle relazioni con gli altri tributi propri della fiscalità indiretta

 

1La situazione ante legge 549/1995

 

Come si è detto in precedenza, le operazioni di finanza derivata, prima dell’emanazione del citato provvedimento legislativo, erano caratterizzate da una notevole dose di incertezza sotto il profilo dell’imposizione sul valore aggiunto a causa della mancanza di una disciplina legislativa delle operazioni in commento.

Per quanto riguarda i contratti future, le principali situazioni di criticità riguardavano il regime Iva che doveva essere applicato ai margini maturati in relazione a future su titoli mentre, invece, era chiaro il trattamento dei contratti future su indice. [8]

La criticità nasceva dal fatto che quest’ultimo tipo di contratto non poteva essere ricondotto al contratto di compravendita a motivo dell’impossibilità di individuare fisicamente il bene poiché lo stesso è costituito da una somma di denaro indeterminata sulla base di un parametro finanziario.

In questo senso, le operazioni di stock index future erano considerate escluse dal campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto in quanto mancava il requisito oggettivo di cui all’articolo 2, comma 3, lettera 3, del Dpr 633/1972, in forza del quale non sono considerate cessioni di beni “ le cessioni che hanno per oggetto denaro”. [9]

L’inquadramento dei future su indice tra le operazioni escluse comportava il pieno assoggettamento all’imposta delle relative commissioni.

Infatti, il principio di accessorietà di cui al n.9 dell’articolo 10 Dpr 633/1972è valido per le operazioni esenti e non per quelle escluse.

Il regime Iva dei contratti future, invece, non era del tutto chiaro anche perché le posizioni della dottrina non erano univoche.

Un primo filone di pensiero , partendo dal presupposto che il future doveva essere inquadrato come “ contratto differenziale”, era giunto alla conclusione che i relativi margini dovevano essere considerati esenti dal campo di applicazione dell’Iva in quanto assimilabili alle cessioni di denaro. [10]

Altri, partendo dalla tesi che i future erano “ operazioni relative ad azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci di cui all’articolo 10, comma 1, numero 4, del Dpr 633/1972” e, di conseguenza, erano operazioni esenti. [11]

Altre soluzioni estreme  erano giunte a considerare i future su titoli soggetti ad Iva solo nel caso di effettiva consegna dell’attività sottostante .

Il trattamento ai fini Iva delle commissioni relative ai future su titoli dipendeva dal regime attribuito ai predetti contratti.

Qualora si trattasse di operazioni esenti, si poteva invocare il principio di accessorietà ed attrarre nel regime di esenzione anche le commissioni pagate agli intermediari mentre, invece, considerando i future su titoli come operazioni escluse o imponibili tali commissioni erano soggette ad Iva.

Per quanto attiene ai contratti di swap, la dottrina era concorde nel considerarli come operazioni escluse dal campo di applicazione dell’imposta. [12]

Alla citata conclusione era possibile giungere seguendo percorsi logici diversi.

L’impostazione dottrinale più comune,infatti, identificava ed identifica i flussi differenziali  dell’oggetto principale della prestazione prevista dal contratto e si consideravano come “ cessioni di denaro” che dovevano essere escluse dall’ambito di applicazione dell’Iva ai sensi dell’articolo 2, lettera a,terzo comma, del Dpr 633/1972. [13]

Tuttavia, è possibile anche effettuare un altro ragionamento che privilegia l’aspetto sinallagmatico e, quindi, considerare l’assenza di un reale corrispettivo in tali operazioni.

In forza di questo ragionamento, quindi, i contratti di swap dovevano essere considerate esclusi dal campo di applicazione del tributo in quanto mancante sia il requisito di onerosità richiesto dal comma 1 dell’articolo 2 per le cessioni di beni che del comma 1 dell’articolo 3 per quanto concerne le prestazioni di servizi. [14]

A prescindere dalla normativa da applicare ( articolo 2 comma 1 ovvero articolo 3 comma 1) l’esito finale del ragionamento era il medesimo cioè che i differenziali derivanti da operazioni di swap erano elusi dal campo di applicazione dell’Iva.

Tale conclusione aveva come conseguenza l’assoggettamento all’imposta delle commissioni pagate agli intermediari finanziari.

Non si potevano nel modo più assoluto condividere le impostazioni che, in dottrina, consideravano tali operazioni esenti da imposta applicando il concetto di operazioni relative di cui al numero 4 , comma 1, articolo10 del Dpr 633/1972all’intera categoria dei valori mobiliari , facendo riferimento alle definizioni contenute nella Sesta Direttiva Cee n.77/388 che ispira l’intera normativa comunitaria in tema di imposizione indiretta. [15]

Per quanto riguarda le options, questi contratti erano, di norma, ricondotti all’interno delle operazioni relative.

Aprendo una parentesi, si può ricordare che il concetto di “ operazioni relative” è stato definito in modo molto ampio dall’Amministrazione Finanziaria che, nella Risoluzione Ministeriale del 7 aprile 1982, ha stabilito che rientrano  tra le operazioni relative” quelle propedeutiche alle transazioni su titoli, nel presupposto che le stesse si pongono con queste in un nesso di causalità strutturale” ricomprendendo “ anche quelle che evidenziano un rapporto di interdipendenza non solo diretta ma anche funzionale , tale comunque da costituirne un presupposto nell’ambito di una connessione organica”.

Tali caratteristiche si ritrovano in modo integrale nei contratti di opzione, i quali potevano essere, in modo agevole, inquadrati nell’ambito delle operazioni relative e, quindi, essere considerate esenti.

In modo particolare, le opzioni su titoli erano considerate esenti in base al numero 4 dell’articolo 10 e quelle su valute ai sensi del n.3, mentre, invece, i contratti di opzione su merci erano considerate soggette ad imposizione sul valore aggiunto poiché non rientravano in alcuna fattispecie di esenzione o di esclusione.

Uno scenario, parzialmente, diverso si profilava per le opzioni su tassi a causa delle diversità che connotano tali strumenti rispetto ai contratti tipici di opzione. [16]

In questo caso, infatti, possono essere rinvenute notevoli affinità con le operazioni di interest rate swap dalle quali, però, si differenziano per la presenza di un premio iniziale.

Tale constatazione era di impedimento al fatto di poter trasporre in modo integrale a cap, floor e collars le considerazioni fatte a proposito degli swaps ed a qualificarle come prestazioni che, di norma, sono soggette ad Iva.


2. La legge 549/1995

 

La problematica è stata risolta, come detto, dalla legge 549/1995 che, riformulando l’articolo 10n.4 del Dpr 633/1972[17], considera esenti da Iva : “a)  le operazioni relative ad azioni , obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e a quote sociali , eccettuate la custodia e l’amministrazione dei titoli b)  le operazioni, incluse le negoziazioni e le opzioni , eccettuate la custodia e l’amministrazione relative a valori mobiliari ed a strumenti finanziari diversi dai titoli”.

La nuova disposizione continua precisando che “ si considerano in particolare operazioni relative a valori mobiliari e a strumenti finanziari i contratti a termine fermo su titoli e altri strumenti finanziari e le relative opzioni , comunque regolati, i contratti a termine su tassi di interesse e le relative opzioni ; i contratti di scambio di somme di denaro o di valute determinate in funzione di tassi di interesse , di tassi di cambio o di indici finanziari e relative opzioni ; le opzioni su valute , su tassi di interesse o su indici finanziari, comunque regolate”.

La cennata modifica normativa,introdotta con efficacia retroattiva [18], è quindi strutturata in due parti: la prima afferma l’esenzione da Iva  delle operazioni relative a titoli ( non rappresentativi di merci) e valori mobiliari o strumenti finanziari diversi dai titoli; la seconda specifica quali sono operazioni “ in particolare” , considerate relative a valori mobiliari e strumenti finanziari ( compresi i titoli).

La ratio di questa nuova regolamentazione doveva essere ricercata nel fatto di :

1)     cercare di non creare delle distorsioni all’interno del mercato italiano dovute alla mancanza di coordinamento tra le esenzioni spettanti alle operazioni finanziarie e le esenzioni, fino ad allora, solo supposte da interpretazioni dottrinali di queste fattispecie negoziali attinenti ad attività finanziarie e mobiliari nonché le forme di intermediazione mobiliari ad esse relative. Tali incertezze avrebbero, in modo inevitabile, portato gli investitori esteri a preferire un altro Paese il quale adotti un regime di esonero per le attività di intermediazione in discorso;

2)     cercare di dare attuazione al processo di armonizzazione fiscale richiesto per l’integrazione finanziaria dalla Comunità Europea, le cui direttive sollecitano i Paesi membri a tenere esenti da imposta le operazioni di natura finanziaria che, tipicamente, contraddistinguono l’attività istituzionale degli intermediari finanziari ( Si veda, a tale proposito, la Direttiva n.77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977).

Prima di entrare nel vivo delle trattazione del “ nuovo” regime Iva dei derivati di credito, per completezza, bisogna ulteriormente premettere che la Direttiva Cee n.93/22 del Consiglio del 10 maggio 1993 aveva già previsto, nell’allegato B, i seguenti strumenti finanziari oggetto di esenzione dall’imposta :

1)     i valori mobiliari dove con tale termine si intendono le azioni e gli altri valori ad esse assimilabili, le obbligazioni ed altri titoli di credito negoziabili nel mercato dei capitali nonché qualsiasi altro valore normalmente negoziato che permetta di acquisire valori mobiliari mediante la sottoscrizione o scambio tale da comportare il pagamento in contanti tranne i prezzi di pagamento;

2)     gli strumenti del mercato monetario ossia quelle categorie di strumenti di norma negoziati nello stesso mercato monetario;

3)     contratti a termine fermo ( futures) compresi gli strumenti equivalenti che si regolano a contanti;

4)     contratti a termine su tassi di interesse ( forward rate agreement);

5)     swap su tassi d’interesse ( interest rate swap ), contratti su valute o contratti di scambio connessi ad indici azionari ( equità swaps);

6)     opzioni per acquistare o vendere qualsiasi strumento contemplato in questa sezione dell’allegato, compresi gli strumenti equivalenti che si regolano in contanti. Sono comprese, in particolare, in questa categoria, le opzioni su valute o su tassi di interesse e lo stesso regime dovrebbe essere applicato alle attività di cessione di valore, anche se, a tale proposito, l’Amministrazione Finanziaria , con Risoluzione Ministeriale  n.430571 del 9 febbraio 1992, ha precisato che le gestioni finanziarie si caratterizzano, in modo sostanziale, per profili speculativi connessi alla finalità primaria che è costituita dalla realizzazione di guadagni finanziari e vanno ricondotte nell’ambito delle intermediazioni finanziarie esenti da Iva di cui all’articolo 10 numero 9 del dpr 633/1972.

 

Il quadro normativo, per quanto qui di interesse, è completato  dall’articolo 10 n.1 dello stesso Dpr come risultante dopo le modifiche apportate con la legge 18 febbraio 1997 n.28 il quale esenta da Iva fra l’altro “ a)  le prestazioni di servizi concernenti la concessione e la negoziazione di crediti, la gestione degli stessi da parte dei concedenti e le operazioni di finanziamento b) l’assunzione di impegni di natura finanziaria c)  l’ assunzione di fideiussioni e di altre garanzie e la gestione di garanzie di crediti da parte dei concedenti”.

Delineato, così, il quadro normativo di riferimento, si tratta ora di verificare se i derivati di credito rientrino o meno nell’ambito di esenzione previsto dall’articolo 10, numeri 1 e 4 del Dpr 633/1972.

Al riguardo, si osserva che la dottrina civilistica che si è occupata dell’argomento [19]giunge alla conclusione che i  derivati di credito rientrano tra  i valori mobiliari in quanto 1) costituiscono operazioni fuori bilancio 2)  le operazioni fuori bilancio rientrano sempre secondo la nozione della Banca d’Italia tra i valori mobiliari 3)  quindi i derivati di credito sono valori mobiliari.

Da tale  conclusione deriva , sul piano tributario, la conseguenza che i derivati di credito rientrano nell’esenzione di cui all’articolo n.4 riferita ai valori mobiliari, e ciò a prescindere dal fatto che le diverse tipologie degli stessi possano essere ricondotte o meno all’elencazione contenuta nella stessa disposizione, avendo essa, come sopra detto, carattere non esaustivo.

Ma anche volendo prescindere da tale argomentazione, è da ritenersi che alla conclusione circa il regime di esenzione da Iva  si giunga con riferimento alle singole tipologie di credit derivates[20]

Infatti  i credit default swaps semplici  rientrano nella fattispecie dell’assunzione di impegni finanziari di cui all’articolo 10 n.1.

 In dottrina [21] si è ritenuto, infatti, che costituiscono impegni i diritti e gli obblighi eventuali che, al verificarsi di certe circostanze, possono annullarsi o tradursi in veri e propri diritti ed obblighi patrimoniali.

L’articolo 10, n.1, quindi, assoggetta al regime di esenzione tutti i contratti che comportano l’assunzione dell’impegno ad adempiere, al realizzarsi delle condizioni o circostanze dedotte in contratto, ad obbligazioni di natura pecuniaria. [22]

I  credit default swaps complessi rientrano nella fattispecie di cui all’articolo 10 n.1 – prestazioni di servizi concernenti la negoziazione di crediti- o n.4 – operazioni relative a titoli- a seconda che la deliverable obligation sia un credito od un titolo.

 I total rate of return swaps rientrano nella fattispecie di cui all’articolo 10 n.4 , trattandosi di contratti di scambio di somme di denaro determinate in funzione di tassi di interesse o di indici finanziari

I  credit spread swaps sono ricompresi  nella fattispecie dell’articolo 10 n.4) ;  le credit spread options  nella fattispecie dell’articolo 10 n.4 , costituendo opzioni su contratti a termine su tassi di interesse; le opzioni su asset swap nella fattispecie dell’articolo 10 n.4 costituendo opzioni su contratti di scambio di somme di denaro determinate in funzione di tassi di interesse ed opzioni su titoli; le credit linked notes nella fattispecie dell’articolo 10 n.4 in quanto trattasi di titoli.

Determinato l’inquadramento Iva dei derivati creditizi,  che quindi è, in via generalizzata, di esenzione, un altro aspetto rilevante è quello della determinazione della base imponibile ai fini dello stesso tributo, che, ai sensi dell’articolo 13 , comma 1, del Dpr 633/1972 è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente ( dei beni) o al prestatore ( dei servizi) secondo le disposizioni contrattuali”.

Al riguardo, come già detto, si riteneva che i flussi monetari generati dai contratti derivati non costituissero i corrispettivi di alcuna prestazione, essendo essi stessi, al contrario, il contenuto della prestazione dedotta in contratto. [23]

Tale orientamento, è stato confermato dal Ministero delle Finanze,il quale, nella Risoluzione n.77/E /1998/46275 del 16/7/1998 ha affermato , in conformità al parere espresso dal Consiglio di Stato che le somme , cosiddetti differenziali, che vengono versate in esecuzione dei contratti stessi, costituiscono l’oggetto della prestazione contrattualmente dedotta e non possono essere qualificate come corrispettivi di una controprestazione, qualificazione quest’ultima che implicherebbe invece la sussistenza di  un sinallagma funzionale tra le prestazioni da adempiere da ciascuna delle parti e nel cui reciproco condizionamento risiederebbe la causa negoziale.

Trattasi, invece, di contratti aleatori ad alea bilaterale[24], nei quali la reciprocità del rischio nel momento genetico del rapporto non corrisponde, tuttavia, una reciprocità di prestazioni legate da un nesso di sinallagmaticità funzionale[25]. Infatti, alla scadenza prefissata, si verifica un fenomeno di concentrazione dell’obbligazione a carico di una sola delle parti contraenti, per cui il contratto dà luogo ad un’unica prestazione….costituiscono corrispettivi di prestazioni di servizi esenti dall’imposta sul valore aggiunto, le commissioni che le banche generalmente richiedono alla propria clientela in occasione della stipula dei contratti in questione”.

Pertanto , con specifico riguardo ai derivati di credito, costituiscono corrispettivi esenti da Iva1) le commissioni pagate dal protection buyer  a fronte della stipula si contratti di credit default swap 2)  i premi pagati dal protection buyer per l’acquisto di credit spread options 3) i premi pagati dal protection buyer per l’acquisto di opzioni su asset swaps4)  gli interessi pagati sulle credit linked notes[26].

Sono, invece, non soggetti ad Iva , costituendo mere cessioni di denaro ( articolo 2, comma 2, lettera a) del Dpr 633/1972) gli altri flussi monetari scambiati in esecuzione dei derivati di credito.

I corrispettivi di cui sopra sono, comunque, non soggetti ad Iva per carenza del requisito di territorialità quando il protection buyer è un’impresa residente o domiciliato in altro Stato membro dell’Unione Europea ( articolo 7,comma 4, lettera e), del Dpr 633/1972) e se si tratta di  un soggetto residente o domiciliato fuori dall’Unione Europea ( articolo 7, comma 4, lettera f) del citato Dpr)[27]

 

3.Fatturazione

 

Per quanto attiene agli adempimenti in materia di fatturazione e di registrazione, l’esenzione che, ora, viene riconosciuta alle operazioni che riguardano gli strumenti derivati e i valori mobiliari comporta la possibilità di usufruire delle semplificazioni amministrative e contabili di cui all’articolo 22 del Dpr 633/1972.

 Tale disposizione di legge, infatti,all’articolo 6, dispone che  l’emissione della fattura non è obbligatoria , se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione “ per operazioni esenti indicate ai nn da 1 a 5 e ai nn …9) dell’articolo 10, rientranti nell’attività propria delle imprese che le effettuano” e sono, quindi, ricompresse in detta agevolazione oltre alle operazioni esenti in base all’articolo 10 nn3) e 4) anche le prestazioni di mandato e di intermediazione afferenti alle operazioni che hanno come oggetto valori mobiliari e strumenti finanziari che, ora, sono esenti.

Coloro che effettuano in modo esclusivo operazioni prese in considerazione dall’articolo 22, ai fini dell’esclusione dell’obbligo di fatturazione, possono tenere il registro dei corrispettivi come stabilito dall’articolo 24 del Dpr 633/1972 sul quale dovranno provvedere all’annotazione dei corrispettivi delle operazioni effettuate.

Il regime di esenzione, quindi, comporta, per le imprese che operano in qualità di intermediari finanziari nelle operazioni di finanza derivata, come conseguenza, la possibilità di effettuare la deducibilità dell’imposta “ a monte” e, cioè , dell’imposta pagata ai propri fornitori di beni e di servizi solo nella percentuale ammessa dal particolare regime ( pro rata) di cui al comma 3 dell’articolo 19 del Dpr 633/1972 per coloro che operano in regime di esenzione.

Deve essere, comunque,notato che , qualora i soggetti in questione ne dovessero ravvisare l’utilità, potranno optare, con le dovute formalità, per la dispensa dagli adempimenti relativi alle operazioni esenti, rinunciando, però, alla detrazione dell’imposta a monte, come stabilito dall’articolo 36 bis del Dpr 633/1972.

Resta, in ogni caso, fermo l’obbligo di fatturazione e di registrazione delle altre operazioni, eventualmente, poste in essere nonché l’obbligo sia di fatturare che di registrare gli acquisti come gli altri obblighi previsti dalla disciplina Iva, compreso il rilascio della fattura, anche se quest’ultima è relativa alle operazioni esenti oggetto della dispensa, nel caso in cui fosse richiesta dal cliente.

 

4.Alternatività Iva/imposta di registro

 

Il regime Iva cui sono assoggettati i credit derivates incide anche sul trattamento degli stessi al fine dell’imposta di registro.

Al riguardo si deve distinguere tra  i contratti nell’ambito di applicazione dell’Iva, ancorchè esenti oppure non soggetti per carenza del requisito di territorialità ( credit default swap, credit spread options, credit – linked notes); i contratti esclusi dall’ambito di applicazione dell’Iva per carenza di corrispettivo ( credit spread swaps, total rate of return swaps).

I primi sono soggetti ad imposta di registro nella misura fissa di lire 250.000[28]; l’imposta è dovuta 1) in termine fisso [29] nell’ipotesi ( peraltro teorica) che siano stipulati in Italia per atto pubblico o per scrittura privata autenticata 2)  in caso d’uso[30] se sono stipulati all’estero oppure se sono stipulati in Italia in forma di scrittura privata non autenticata o tramite scambio di corrispondenza o mediante contratto verbale.

I contratti esclusi dall’ambito di applicazione dell’Iva, per carenza di corrispettivo, sono, invece, soggetti ad imposta di registro con aliquota del 3% ed , in questo, caso,

l’imposta è dovuta 1)  in termine fisso nell’ipotesi che siano stipulati in Italia per atto pubblico o per scrittura privata ( anche se non autenticata) 2)  in caso d’uso se sono stipulati all’estero oppure se sono stipulati in Italia tramite scambio di corrispondenza o mediante contratto verbale.

L’aliquota del 3% è applicata sulla base imponibile costituita dall’ammontare dell’” obbligazione assunta o estinta[31]cioè, in altre parole, all’ammontare dei pagamenti effettuati in base al contratto.

Se l’ammontare non è noto all’atto della registrazione, l’imposta dovrebbe essere assolta sull’ammontare presuntivamente dichiarato dalle parti[32], salvo conguaglio all’atto della dichiarazione degli importi effettivamente corrisposti, da rendere entro 20 giorni dalla loro determinazione. [33]

 

5.La tassa sui contratti di borsa

 

La tassa sui contratti di borsa ha lo scopo di sottoporre a tassazione i trasferimenti di titoli e di valori mobiliari ed è disciplinata dal Regio Decreto 3278 del 30 dicembre 1923.

L’articolo 1 definisce l’ambito di applicazione dell’imposta anche se,nel corso degli anni, tale ambito di applicazione è stato progressivamente ampliato. [34]

Fino al 1992,infatti, l’ambito di applicazione della tassa era circoscritto dal riferimento a contratti negoziati “ in borsa o anche fuori borsa” ma sempre in modo conforme “ agli usi commerciali”.

Con il D.L 378/1992, convertito dalla Legge 14 novembre 1992 n.437, si è provveduto ad estendere l’ambito di applicazione a “ tutti i contratti a titolo oneroso” che hanno come oggetto titoli e valori mobiliari , anche se conclusi “ in altro modo non conforme agli usi di borsa” .

In forza di questa disposizione,quindi, viene a cadere qualsiasi riferimento relativo alla negoziazione in Borsa o, comunque, effettuata secondo le modalità tipiche dei mercati mobiliari e viene affermata la rilevanza esclusiva, quale presupposto impositivo, dei requisiti oggettivi del contratto. [35]

Lo sviluppo costante degli strumenti finanziari derivati e, al tempo stesso, la nascita di mercati regolamentati appositi per la loro negoziazione hanno presentato il problema della assoggettabilità alla tassa sui contratti di borsa.

In modo particolare, le esigenze di creare un mercato efficiente dove sono ridotte al minimo le frizioni di natura fiscale e , al tempo stesso, sia competitivo nei confronti di un mercato straniero , hanno convinto il legislatore a prevedere un regime di esonero dalla tassa in parola per le transazioni poste in essere con non residenti e per le negoziazioni ed i trasferimenti di contratti uniformi a termine relativi a titoli di Stato.

Con riferimento alla seconda delle due fattispecie, si deve notare che il trattamento di esenzione si riferisce solo ai contratti di cui al comma 5 dell’articolo 23 della Legge 1/1991 cioè ai contratti relativi a titoli di stato , ignorando gli strumenti derivati che hanno come oggetto indici di natura finanziaria.

Relativamente ai contratti future , è necessario effettuare una distinzione tra il future su titoli di stato da quello sull’indice di borsa.

Il primo tipo di contratto ricade pienamente  nell’ambito di applicazione dell’esenzione prevista per i contratti uniformi relativi a titoli di Stato, ragion per cui non è soggetto a tassa sui contratti di borsa.

In relazione al future sull’indice,invece, è legittimo ritenere l’esclusione dal campo di applicazione dalla citata tassa, poiché lo strumento in parola non comporta il trasferimento materiale dei titoli ma esclusivamente la liquidazione di un importo monetario, mancando , così, il presupposto oggettivo ossia il trasferimento di titoli o di valori mobiliari che è necessario per applicare la tassa sui contratti di borsa.

Lo stesso ragionamento può essere effettuato anche con riferimento alle operazioni di swap.

In questo caso, oltre a mancare la negoziabilità su un mercato mobiliare, il contratto è in difetto della condizione sostanziale per l’assoggettamento al tributo in parola poiché tramite esso non si realizza alcun trasferimento di titoli , quindi, non viene integrata la fattispecie impositiva di cui all’articolo 1 del R.D 3278/1923.

La dottrina, per quanto attiene alle operazioni su titoli , prima delle modifiche del 1992, era unanime nel sostenere la non assoggettabilità di tali strumenti alla tassa sui contratti di borsa. [36]

Tale affermazione trovava la sua ragion d’essere nel fatto che, nella generalità dei casi, le opzioni “ non sono concluse in borsa né sono conformi agli usi di borsa” per cui non possono essere ricondotte nell’ambito di applicazione di cui all’articolo 1 del Regio Decreto 3278/1923.

La situazione è cambiata con le modifiche introdotte dal D.L 378/1992, che ha ampliato la gamma degli strumenti finanziari soggetti alla tassa in commento fino a ricomprendere anche contratti conclusi “ in altro modo non conforme agli usi di borsa”.

In forza di tale novella, quindi, le opzioni su titoli sono soggette alla tassa sui contratti di borsa, a meno che non operi una delle fattispecie di esenzione esaminate.[37]

A conclusioni differenti, invece, si giunge con riferimento alle opzioni su tassi di interesse ( cap, floor e collars).

 In questo caso, si rinvengono, al pari delle operazioni di swap , tutti gli elementi che portano ad affermare la non assoggettabilità alla tassa in parola per carenza dei requisiti oggettivi di applicazione della stessa. [38]

 

6.L’imposta di bollo

 

Le considerazioni che precedono relative alla tassa sui contratti di borsa rilevano anche ai fini dell’imposta di bollo, che potrebbe essere applicata alle note informative che gli intermediari , con cadenza periodica, inviano ai propri clienti. [39]

Ai fini che qui ci occupano , appare opportuno approfondire il rapporto che intercorre tra la tassa sui contratti di borsa e gli altri tributi, in particolare, con l’imposta di bollo.

A tale proposito, giova ricordare che il comma 3 dell’articolo 7 del Regio Decreto 3728/1923 sancisce l’esenzione sia dall’imposta di bollo che da quella di registro, anche in caso d’uso, per i documenti soggetti alla tassa sui contratti di borsa.

Infatti, l’articolo 34 del Dpr 601/1973 rubricato “ disciplina delle agevolazioni tributarie” sancisce, in modo espresso, che “ le imposte di bollo e registro sono comprese nelle tasse sui contratti di borsa”.

Entrambe le disposizioni normative, quindi, stabiliscono l’alternatività, da un lato, tra la tassa sui contratti di borsa e l’imposta di bollo e di registro, dall’altro. [40]

Nella fattispecie in cui non si applichi la tassa sui contratti di borsa, sussiste l’obbligo di assoggettare all’imposta di bollo i documenti relativi alla stipulazione del contratto derivato.[41]

Inoltre, deve essere notato che l’applicazione dell’imposta di bollo non è ostacolata dall’attuale regime Iva dei contratti derivati, poiché , ai sensi del punto 6 , Allegato B, del Dpr 642/1972 sono esenti da imposta di bollo.


Note:

[1]  VECCHIO : “ Regime civilistico dei contratti di swaps ai fini della loro qualificazione  Iva” in “ Bollettino Tributario” n.8/1995; STEFANORI : “ Problematiche Iva nei contratti di swaps” in “ Corriere Tributario” n.27/1995; RIPANI : “ Il regime Iva dei domestic currency swap . un problema da riesaminare” in “ Bancaria” n.3/1995; VECCHIO –VITALI : “ Profili civilistici, contabili e valutari dell’interest rate swap” in “ Bollettino Tributario” 1989, p. 22; FILIPPI : “ Problematiche in tema di imposizione indiretta” in “ Il Fisco” 1996 p.37; SERAFINI : “ L’esenzione iva sui crediti finanziari” in “ Corriere Tributario” ,1995, p.49; ARNAO – CASTELLI : “ L’esenzione Iva sui crediti finanziari”, ivi, 1995 p.48; FANTOZZI : “ Note minime sul trattamento fiscale di options, caps e floors” in “ Diritto e Pratica Tributaria” 1992,p.340; PATERNOLLO : “ Opzioni sui titoli obbligazionari:Profili fiscali” in “ Corriere Tributario” n.37/1991; “ Il regime fiscale dei futures sui titoli obbligazionari”,ivi, n.8/1992; “ Il regime fiscale dei futures su indici di borsa”,ivi, n.17/1992; CAMPA : “ Caratteristiche dei titoli derivati e loro trattamento fiscale” in “ Rivista della Guardia di finanza”  n.5/1995; 

 

[2] Per operazioni fuori bilancio si intendono quei contratti o negozi che, sebbene perfezionati alla chiusura dell’esercizio, non sono stati ancora eseguiti da alcuno dei contraenti , o che, comunque, hanno dato luogo a diritti ed obblighi non interamente iscrivibili tra le attività e le passività dello Stato Patrimoniale ( vedi la C.M 16 novembre 2000 n.207/E) . Pertanto, al momento dell’operazione non si procede ad alcuna rilevazione contabile “ sopra la linea” ma di registra solamente l’impegno assunto nei conti d’ordine ( CLEMENTI –LUSCHI : “ Il nuovo regime tributario delle operazioni fuori bilancio per le imprese industriali ed assicurative” in “ Il Fisco” , 2001, p. 1105.

Il Codice Civile ( articolo 2427 n.9) prevede che si dia notizia degli impegni non risultanti nello Stato Patrimoniale nella Nota Integrativa che riprende le informazioni fornite nei conti d’ordine.

 

[3] Le operazioni fuori bilancio aventi ad oggetto valute o titoli rientravano già allora nel regime di esenzione previsto rispettivamente dai nn.3 e 4 dell’articolo 10 del Dpr 633/1972

 

[4] E’ emblematica in proposito, la Risoluzione n.460667 del 30 giugno 1987, nella quale il Ministero delle Finanze si riconosceva non in grado di fornire i richiesti chiarimenti che attengono ad un contratto atipico ( lo swap) del quale non sono ben noti gli aspetti giuridici che possono assumere rilevanza ai fini del tributo (Iva).

 

[5]  I contratti derivati sono dei contratti la cui esecuzione è differita nel tempo ed il cui valore si calcola sulla base del prezzo di un altro strumento finanziario definito attività sottostante. Quest’ultima può essere costituita da un’indice , da un’azione, da titoli di stato, da altre attività finanziarie e perfino da metalli preziosi o da merci trattate in mercati specializzati. Per esempio, i futures su contratti nei quali una parte si impegna a  vendere l’attività sottostante ad un prezzo prefissato e ad una data prestabilita , mentre l’altra parte, in modo simmetrico, si impegna ad acquistare l’attività sottostante alle medesime condizioni. Così le opzioni sono contratti nei quali una parte contro il pagamento di un prezzo prefissato ( premio) ottiene la facoltà di acquistare ( opzione call) oppure di emettere ( opzione put) l’attività sottostante ad un prezzo prestabilito e ad una data prefissata , mentre l’altra parte si obbliga ad eseguire il contratto. I contratti derivati, poi, possono consistere in contratti a termine di tipo traslativo che, pur presentando la configurazione giuridica di contratti di scambio sono eseguibili in forma differente, ossia possono essere eseguiti soltanto attraverso il pagamento di un differenziale di denaro ( Vedi la Relazione allo schema del D.lgs 461/1997)

 

[6] Tali differenziali erano, infatti, considerati non il corrispettivo , ma l’oggetto della prestazione prevista dal contratto.

 

[7] Si riteneva , cioè, che l’operazione non potesse rientrare tra quelle di assicurazione, rivalutazione e vitalizio  qualificate come esenti dall’articolo 10, n.2) del citato DPR.

 

[8] GAUDIO : “ I future su indici azionari” in “ Amministrazione e Finanza” n.7/1991 p.365.

 

[9] PATERNOLLO : “ Il regime fiscale dei futures su indici di borsa” in “ Corriere Tributario” n.17/1992 p. 1229; SIMONELLI : “ Sui future di borsa la mano del Fisco” in “ Il Sole 24 Ore” del 30 novembre 1994; CERU’ : “ I future sull’indice di borsa” in “ Bancaria” n.4/1995 p.48.

 

[10] VECCHIO : “ Regime civilistico e fiscale dei financial futures” in “ Bollettino Tributario” n.14/1995 p.1080.

 

[11] PATERNOLLO : “ Il regime fiscale dei futures su titoli obbligazionari” in “ Corriere Tributario” n.8/1992 p.544.

[12] VECCHIO : “ Regime civilistico dei contratti swaps ai fini della loro qualificazione Iva” in “ Bollettino Tributario” n.8/1995 p. 579; CASALE : “ Aspetti tributari dei contratti di swap” in “ Bollettino Tributario” n.6/1995 p.417.

 

[13] GIULIANI : “ I titoli sintetici tra operazioni differenziali e realità del riporto” in “ Diritto & Pratica Tributaria” , maggio-giugno 1992, p.877.

 

[14] STEFANORI : “ Problematiche Iva dei contratti di swaps” in “ Corriere Tributario” n.27/1995 p.1884.

[15] FANTOZZI : “ Note minime sul trattamento fiscale di options, caps, floors e collars” in “ Diritto & Pratica Tributaria” , marzo- aprile 1992 ; PATERNOLLO : “ Opzioni su titoli obbligazionari . Profili fiscali” in “ Corriere Tributario” n.37/1991 p.2479; PETRELLA : “ Note sul regime impositivo dei contratti di options” in “ Rivista di diritto tributario” n.10/1994 p.973.

 

[16] PETRELLA : “ Gli strumenti finanziari derivati”, Egea, Milano, 1997, p.254 e ss.

[17] Analoga modifica era già contenuta nel D.L 27 ottobre 1995 n.440 non convertito in legge per decorrenza dei termini.

 

[18] Infatti, l’articolo 3 , comma 122 della legge 549/1995 dispone che la modifica ha effetto anche per i periodi di imposta antecedenti all’entrata in vigore della legge, se le relative dichiarazioni Iva, validamente presentate, risultano ad essa conformi.

 

[19] Si veda CAPUTO NASSETTI – FABBRI : “ Trattato sui derivati di credito” , Egea, Milano, 2000, p.287

 

[20] Cfr ROTONDARO : “ Note sulla tassazione dei proventi derivanti dalle principali tipologie di contratto di swap ai fini dell’imposta sui redditi di capitale e diversi” in “ Rassegna Tributaria” n.2/1998 pp.389-442.

 

[21] Si veda D’ANGELO – MAZZANTINI : “ Trattato di tecnica Bancaria” , Milano, 1972 , volume 2, p.369

 

[22] In tale senso, si veda la Circolare dell’associazione Bancaria Italiana n.37/S.T dell’ 11/8/1997 ove è anche osservato che la fattispecie dell’assunzione di impegni di natura finanziaria, può realizzarsi , fra l’altro, in taluni particolari contratti derivati.

 

[23] Si vedano le Circolari Abi n.51/S.T del 27 novembre 1995 e Assonime n.90 del 2 agosto 1996

 

[24] Sui contratti aleatori vedi BALESTRA : “ Il contratto aleatorio e l’alea normale” , Cedam , 2000; BOLELLI : “ Rischio, alea ed alea normale del contratto” in “ Rivista Trimestrale Diritto Processuale Civile”, 1948, p.769; NICOLO : “ Alea” in “ Enciclopedia del diritto”  , volume I, Milano, 1958, p.1024; COLTRO CAMPI : “ Considerazioni sui contratti a premio e sulla aleatorietà dei contratti di borsa” in “ Problemi di diritto della banca” , Milano, 1968, p.382; SCALFI : “ Considerazioni sui contratti aleatori” in “ Rivista di diritto civile” , 1960, I, p.143; PINO : “ Contratto aleatorio, contratto commutativo ed alea” in “ Rivista Trimestrale di Diritto Processuale Civile” , 1960, p. 1221 e ss.; DI GIANDOMENICO : “ La nozione di alea nei contratti” in “ Nuova Giurisprudenza Civile Commentata” , 1989, II, p.280; GABRIELLI : “ Contratti di borsa, contratti aleatori ed alea convenzionale implicita” in “ Banca, borsa e titoli di credito” , 1986; I, p. 570; MENICHINO : “ Contratti commutativi ed alea convenzionale” in “ Contratti2 , 1993, p. 532; BOSELLI : “ Alea” in “ Novissimo digesto italiano” , Milano, 1958, p. 473; BETTI : “ Teoria generale delle obbligazioni” , Milano, 1954, volume terzo, p.76 e ss; GAMBINO : “ L’assicurazione nella teoria generale dei contratti aleatori” , Milano, 1964 p,180 e ss; MESSINEO : “ Il contratto in generale” in “ Trattato di diritto civile e commerciale” , tomo primo, Milano, 1973 p.774.

 

[25] Il sinallagma è il legame reciproco che esiste tra la prestazione e la controprestazione, si veda : TRABUCCHI : “ Istituzioni di diritto civile” , Cedam; Padova, 1999 p.684. Tipico contratto sinallagmatico è, a titolo esemplificativo, il contratto di compravendita , in forza del quale un soggetto si impegna ad effettuare una cessione ed un atro si impegna a corrispondere un prezzo, ma lo è anche il contratto di opzione, che interessa,ai fini di questa ricerca, mediante il quale l’impresa contraente assume l’impegno di acquistare il diritto ad incassare una certa somma e l’istituto bancario assume l’impegno di corrispondere, al verificarsi di determinate condizioni, un differenziale positivo.

 

[26] La Banca d’Italia definisce le credit linked notes come strumenti che possono assimilarsi a titoli obbligazionari emessi dal protection buyer o da una società veicolo ( protection seller) – in cambio di un rendimento pari alla somma del rendimento di un titolo ( generalmente risk free) di pari durata e del  premio ricevuto per la copertura del rischio di credito sulla reference obligation – assumono il rischio di perdere ( in modo parziale o totale) il capitale di scadenza ed il connesso flusso di interessi al verificarsi di un credit event relativo alla reference entità.

 Nella sostanza, precisa la Banca d’Italia, le credit linked notes sono costituite dalla combinazione di un titolo che incorpora il derivato su crediti ( “ titolo ospite”) e di un derivato su crediti.

Esse sono realizzate, ad esempio, attraverso la combinazione di un investimento cash con un credit default swap. Il sottoscrittore delle notes acquista uno strumento e contemporaneamente vende la protezione ( acquistando il rischio di credito insito nell’attività di riferimento) incrementando il rendimento in relazione al premio ricevuto. In caso di default sull’asset di riferimento, le notes non saranno rimborsate ovvero saranno rimborsate parzialmente.

Rispetto alla stipula di un credit default le Clns presentano un notevole vantaggio per l’acquirente di protezione nella misura in cui, in caso di default, l’emittente non deve ricevere un pagamento dal venditore di protezione ( sopportando quindi il relativo rischio controparte) ma si limita a ridurre il valore di rimborso.

 

[27] In effetti la norma prevede il non assoggettamento ad iva , in questa ipotesi, a condizione che le prestazioni siano utilizzate fuori dall’Italia. Sembra, peraltro, che si possa concludere che, qualunque destinazione funzionale abbia il credit derivative nell’economia del protection buyer , il luogo di utilizzazione coincida sempre con il luogo di residenza o di domicilio di quest’ultimo.

 

[28] Articolo 40, comma 1, del Dpr 131/1986

 

[29] Cioè all’atto della registrazione , che deve essere richiesta entro 20 giorni dalla stipula del contratto ( articolo 13 del Dpr 131/1986)

 

[30] Cioè quando un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell’esplicazione di attività amministrativa o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell’adempimento di un’obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento ( articolo 6, Dpr 131/1986)

 

[31] Articolo 43,comma 1, lettera e) del Dpr 131/1986

[32] Articolo 35 del Dpr 131/1986

 

[33] Articolo 19 del pr 131/1986

 

[34] Dal 1923 una serie di interventi legislativi in materia di tassa sui contratti di borsa caratterizzano questa masteria : a) articolo 1 del R.D 15 luglio 1941 n.647 disposizione integrativa del R.D 9 marzo 1942 n.357; b) D.L 30 giugno 1960 n.589 convertito con modificazioni dalla Legge 14 agosto 1960 n.826; c) Legge 6 ottobre 1964 n.647; d) Decreto Legge 30 dicembre 1982 n.953 convertito con modificazioni dalla Legge 28 febbraio 1983 n.53; e) Decreto Legge 24 settembre 1987 n.391; f) Decreto Legge 14 marzo 1988 n.70.

 

[35] ANELLO –BUONVINO : “ Tassazione dei contratti di borsa” , Inserto del Corriere Tributario n.41/1995 p.4

[36] PATERNOLLO : “ Operazioni su titoli obbligazionari. Profili fiscali” in “ Corriere Tributario” n.8/1992.

 

[37] PETRELLA : “ Note sul regime impositivo dei contratti di option” in “ Rivista di diritto tributario”  n.10/1994.

 

[38]  CAMPA : “ Caratteristiche dei titoli derivati e loro trattamento tributario” in “ Rivista della Guardia di finanza” n.5/1995 p. 1223.

 

[39] L’invio della nota informativa è previsto in via obbligatoria dal Regolamento Consob n.8850 del 12 dicembre 1994 . In dottrina, VECCHIO , 1995, opera citata, p.1080

 

[40] In particolare,l’articolo 1 del  Regio Decreto 3278/1923 limita il principio dell’alternatività all’imposta di registro assolta in misura proporzionale. Non sussiste, quindi, incompatibilità tra la tassa sui contratti di borsa e l’imposta di registro in misura fissa. Sull’argomento, si veda la C.M 16/3902278del 9 marzo 1992 in ANELLO – BUONCINO, opera citata, p.4

 

[41] PETRELLA : “ Gli strumenti finanziari derivati”, Egea, Milano, 1997, p. 277 e ss