inserito in Diritto&Diritti nel luglio 2004

La conciliazione nelle controversie sportive

di dott. Mignacca Gianluca

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SOMMARIO I. Considerazioni preliminari, l’istituto conciliativo: natura e funzioni. - II. La nozione di controversia sportiva. – III. I metodi di risoluzione delle controversie sportive. –  IV. Il fenomeno conciliativo nelle controversie sportive. -   IV.1. Il sistema del Tribunale Arbitrale dello Sport. - IV.2. Il caso francese, un modello da seguire. – IV.3. L’approccio italiano . – V.1. La Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo sport: natura e funzioni. - V.2. Ambito oggettivo e soggettivo. Procedimento. – VI. Considerazioni conclusive: la conciliazione quale metodo di risoluzione delle controversie sportive.

 

Considerazioni preliminari, l’istituto conciliativo: natura e funzioni.           

                                                                           

Il fenomeno conciliativo nel nostro ordinamento, come del resto nella quasi totalità degli ordinamenti giuridici moderni, si presenta come una delle possibili forme di risoluzione delle controversie nascenti dalla contrapposizione di situazioni giuridiche soggettive.

Fermo restando la analisi strutturale e dei profili ideologici dell’istituto conciliativo, ai fini della valutazione applicativa del modello conciliativo alla risoluzione delle controversie di natura sportiva, non sarà tuttavia inutile soffermarci brevemente, sulla funzione e sulla natura della mediazione conciliativa, istituto il cui impiego ha conosciuto un notevole recente sviluppo anche nell’ordinamento giuridico generale.[1]

Il fenomeno si presenta allorché due o più soggetti in lite tra loro tentano – dinnanzi ad un soggetto terzo ,autorevole ed imparziale – di trovare una soluzione concordata della lite, registrando, a termine di tale procedimento, la composizione della lite o il mancato accordo.

La conciliazione, quale istituto, si realizza attraverso due fasi procedimentali distinte e separate, anche se tra esse interdipendenti: il tentativo di conciliazione, da intendersi come procedimento che si svolge alla presenza del mediatore- conciliatore; la fase dell’accordo, avente natura negoziale.

Come osservato, l’accordo, tendente al bonario componimento della lite, assume natura negoziale, anche se in realtà nella figura della conciliazione deve ravvisarsi l’esistenza di una pluralità di negozi, individuabili nella transazione ( di cui all’art. 1965 C.C.), nella rinuncia di una parte alla propria pretesa e nel riconoscimento della pretesa della controparte[2].

La conciliazione tuttavia differisce dalla transazione, poiché essa scaturisce da un procedimento preordinato all’accordo conclusivo che si svolge, alla presenza di un terzo investito del compito di operare una mediazione qualificata tra i soggetti in lite. L’elemento qualificante, pertanto, ai fini dell’esistenza di una conciliazione, è da ricercare in un fattore istituzionale, cioè la presenza del conciliatore nel procedimento.[3]

 

 

La nozione di controversia sportiva.

 

Per controversia sportiva può essere intesa, attraverso una definizione approssimativa, un contrasto tra gli atteggiamenti o le opinioni di due o più parti in merito ad un conflitto di interessi connessi allo sport[4].

Nell’era moderna, anche a causa dell’incrementato rilievo economico connesso alla pratica sportiva, nonché della maggiore consapevolezza dell’inviolabilità di alcuni diritti, nello sport sono sempre maggiori le fattispecie dove i conflitti di interessi danno luogo a controversie, che sfociano, inevitabilmente, nei procedimenti sottesi alla risoluzione delle stesse.

Ad ogni modo, va riconosciuta l’esistenza nell’ambito della generale nozione di diritto sportivo, d una pluralità di fattispecie di controversie sportive; solamente attraverso la loro distinzione e classificazione sarà possibile affrontare il tema dei mezzi di risoluzione delle stesse.[5]

Le controversie sportive possono essere classificate in base a diversi criteri, tra essi il più utile appare sicuramente  il ricorso a quello  di tipo soggettivo, nel quale cioè, emergono i rilievi circa l’identità e la qualità delle contrapposte parti.

Sulla base di tale criterio è possibile individuare diverse ipotesi di controversie sportive:

controversie in cui nessuna delle parti è una istituzione sportiva o un soggetto ad essa affiliato, ma vertente su ambiti connessi allo sport;

controversie in cui in cui una sola delle è una istituzione sportiva;

controversie in cui una sola delle parti è un soggetto affiliato ad una istituzione sportiva;

controversie in cui entrambe le parti sono istituzioni sportive o soggetti affiliati ad istituzioni sportive.    

In quest’ultimo caso si è soliti adoperare una ulteriore sottoclassificazione tra controversie di natura tecnica, economica, amministrativa e disciplinare.

Appare pacifica la constatazione per cui le controversie ascrivibili ai primi tre punti di cui sopra difficilmente potranno trovare, quale sede di risoluzione, gli strumenti creati in seno alle istituzioni sportive, attraverso cioè il ricorso alla c.d. ‘ giurisdizione domestica ’, essendo di volta in volta ed esse deputati gli organi giurisdizionali statali in riferimento agli interessi correlati alle posizione soggettive fatte valere nelle controversie ( diritti soggettivi, interessi legittimi, etc.).

Nell’ambito della categoria di controversie dove entrambe le parti sono istituzioni sportive e/o soggetti ad esse affiliati, i metodi preposti alla risoluzione delle stesse sono di volta in volta previsti dai Regolamenti o dagli Statuti delle istituzioni sportive cui gli atleti si affiliano.

Si ricorre in tali casi ai già citati strumenti interni o di ‘ giustizia domestica ’, istituiti e regolati in seno alle istituzioni sportive, che trovano il loro riconoscimento giuridico attraverso un  clausola comprimissoria – c.d. ‘ vincolo di giustizia ’[6]- sottoscritta dagli stessi affiliati al momento del loro ingresso nel mondo dello sport, con la quale gli stessi si obbligano a riconoscere ed adempiere a tutte le decisioni adottate dagli organi delle istituzioni di cui fanno parte , tra cui, certamente, rientrano, anche le decisioni adottate dagli organi di giustizia interni.

Focalizzando l’attenzione su questi tipi di controversie è emerso con chiarezza il problema circa la sovrapposizione tra l’ordinamento statale e l’ordinamento sportivo; sovente, infatti, si è verificata l’ipotesi per cui un club od un’atleta, non soddisfatti  della decisione adottata dagli organi di giustizia sportiva o del procedimento ad essa sotteso, si è rivolto alla giustizia ordinaria, per la tutela dei propri interessi.

Ciò posto, al fine di una riduzione dell’ingrasso dei giudici statali nelle controversie strettamente sportive, nonché allo scopo di creare un certo diaframma tra le istanze giudiziali interne delle istituzioni sportive e i giudici statali, sarebbe, pertanto, opportuno predisporre degli adeguati strumenti alternativi di giustizia sportiva, con particolare riferimento, cioè, ai mezzi alternativi di risoluzione delle controversie ( o alternative dispute resolution- A.D. R .-  ) , che con sempre maggior frequenza vengono utilizzati anche negli altri rami del diritto.  

 

 

 

I metodi di risoluzione delle controversie sportive.

 

L’analisi dei diversi metodi di risoluzione delle controversie sportive deve essere effettuata attraverso l’individuazione dei vari procedimenti che sono concretamente offerti dagli ordinamenti sportivi. Così facendo è possibile riscontrare l’esistenza di procedimenti di tipo latu sensu giurisdizionali, di procedimenti arbitrali e di procedimenti ai primi due alternativi.[7]

I procedimenti di tipo giurisdizionale ( o di ‘ giustizia sportiva ‘ ) cui fanno capo i giudici sportivi, competenti a decidere in prima istanza o in appello,  vengono istituiti presso le Federazioni Sportive Nazionali, e sono essenzialmente legittimati per l’adesione da parte degli affiliati alla norma c.d. vincolo di giustizia contenuta nei Regolamenti o negli Statuti federali. 

Essi sono caratterizzati dal rispetto di determinate garanzie procedurali ( principio di uguaglianza, principio del contraddittorio, principio dell’audizione delle parti, etc.) anche se non vi è possibile riscontrare, tuttavia, uno spiccato profilo di terzietà. Atteso, infatti, che gli enti competenti a dirimere le controversie sportive sono istituiti presso le istituzioni sportive di riferimento, essi appaio più che altro,  come ‘organi’ di una delle parti.

Da un punto di vista genetico, poi, i procedimenti giurisdizionali non si discostano molto da quelli di natura arbitrale, dato che, anche in questi, è possibile riscontrare quale fondamento della propria legittimità, un carattere negoziale. Si ribadisce, infatti, che la sottoposizione in via generale al potere della giustizia sportiva appare determinata dalla volontaria adesione al sistema organizzato, e dal vincolo di giustizia che da essa deriva, tuttavia , nel riconoscere natura negoziale all’atto di adesione degli affiliati ai regolamenti della Federazioni Sportive che lo prevedono, non può non ravvisarsi la medesima autonomia delle parti che è posta alla base della sottoscrizione delle ‘ clausole compromissorie ‘, le quali consentono il radicamento delle procedure  di natura arbitrale.[8]  

Anche l’arbitrato è uno dei possibili metodi di risoluzione delle controversie sportive.

Lo stesso, ed il procedimento che da esso ne deriva, si attua, come in precedenza osservato, mediante l’accordo delle parti, volto ad attribuire ad uno o più individui, terzi rispetto alle parti, la competenza a risolvere una determinata controversia già insorta, ovvero eventuali ed indeterminate controversie future, in materia di diritti disponibili delle parti.

Nel mondo dello sport sono frequenti i meccanismi arbitrali[9] , anche se occorre distinguere tra quelli che sono giuridicamente tali e quelli che di arbitrali hanno solo il nome.

Tra i primi rientra sicuramente il Tribunale Arbitrale dello Sport ( T.A.S. ) di Losanna,il quale sebbene fondato dal C.I.O. nel 1984, può ormai essere considerato una istituzione arbitrale indipendente. Invero, il Tribunale federale svizzero ha statuito che il lodo pronunciato dal TAS costituisce una vera e propria sentenza arbitrale, alla luce delle garanzie di imparzialità offerte dal suo statuto.

Sul versante dell’ordinamento interno, è sufficiente rilevare che procedimenti di natura arbitrale sono limitati alle sole controversie di carattere economico insorte tra soggetti affiliati alle istituzioni sportive, e vengono risolte attraverso la costituzione in seno alla medesime istituzioni di camere arbitrali ad hoc.

Nonostante la previsione dell’istituzione di collegi arbitrali per la risoluzione di determinate controversie sportive, rimane, ad ogni modo, parzialmente irrisolto il problema circa la immissione, con conseguente contrasto, dei giudici statali nei conflitti di cui sopra, a causa della natura non indipendente di detti collegi arbitrali rispetto alle istituzioni presso le quali sono istituiti.

Nella prospettiva di riduzione dei rischi di contrasto tra la giustizia sportiva e l’ordinamento giuridico generale si pongono i metodi di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione ed all’arbitrato. 

Va a tal proposito ricordato, che in campo commerciale gli ordinamenti statali consentono ai privati, in misura sempre maggiore, di risolvere le loro controversie mediante i gia citati mezzi di alternative dispute resolution, tra i quali primariamente la conciliazione.

 Questa tendenza verso la giustizia privata è, invero, vantaggiosa sia per gli Stati che per le parti in causa.

Da un lato, lo Stato risparmia tempo e risorse, dall’altro i privati possono ottenere una soluzione della controversia più rapida ed una decisione affidata agli esperti del settore.

Non c’è motivo per cui analoghe considerazioni non debbano applicarsi anche alle controversie sportive: queste possono essere risolte con procedure e strumenti giuridici privati in modo efficiente e competente, applicando per di più le norme consuetudinarie private che si sono ormai formate in campo sportivo grazie alla commistione tra le norme di degli ordinamenti sportivi ed i principi generali degli ordinamenti giuridici statali.[10]

 

 

 

Il fenomeno conciliativo nelle controversie sportive.

 

I metodi di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione o all’arbitrato non sono del tutto estranei al mondo della giustizia sportiva. Svariati regolamenti delle Federazioni Sportive, impongono, infatti, quale presupposto ad eventuali alti procedimenti, un tentativo di conciliazione tra le parti.[11]

L’ipotesi è frequente soprattutto quando si tratta di liti relative ai rapporti contrattuali e che vedono contrapposti le società affiliate ed i loro sportivi. Il procedimento è tuttavia lecito solo qualora non chiuda agli interessati  l’accesso alle giurisdizioni statali.

Le commissioni interne di conciliazione sono essenzialmente concepite come organismi di regolazione dell’ordinamento sportivo; ma esse si impongono, evidentemente, di chiarire alle parti le posizioni giuridiche delle parti. In questo senso, la missione del conciliatore è, generalmente, quelle di costituire una fase preliminare ad un esito transattivi della lite, o, comunque  un dato utile in un processo ulteriore.

Il fenomeno conciliativo nelle controversie sportive è stato per diversi anni riscontrabile solo in istituzioni non appartenenti al nostro ordinamento, e dal quale sarà necessario, al fine di un proficuo approccio, prendere esempio, attraverso una breve rassegna delle ipotesi più rappresentative.

 

IV.1. Il sistema del Tribunale arbitrale dello Sport.

 

Un esempio particolarmente interessante viene offerto dal sistema del T.A.S. , quale modello che possa essere adottato  per generalizzare il ricorso a procedure alternative all’arbitrato ed alla giurisdizione per la composizione di controversie sportive.

Di recente, infatti, è stato istituito presso il T.A.S., un procedimento di mediazione.

Più in particolare, si è introdotta una procedura non vincolante ed informale, fondata sull’accordo delle parti, attraverso il cui esperimento esse si impegnano a negoziare in buona fede, con l’assistenza di un mediatore designato nell’ambito di un’apposita lista tenuta presso il Tribunale, la soluzione di una controversia sportiva.[12]

La mediazione T.A.S., conformemente ai limiti oggettivi che tali procedure incontrano, può essere esperita solo per controversie che non mettano in gioco una decisione assunta da una organizzazione sportiva: pur potendo esser oggetto di arbitrato, le questioni disciplinari sono escluse dalla mediazione.

Caratteristiche salienti di tale procedura sono la estrema flessibilità, dipendendo in tutto e per tutto dal consenso delle parti, e la particolare riservatezza delle questioni trattate  e delle proposte formulate: si prevede addirittura il divieto di utilizzare le informazioni raccolte in sede di conciliazione in un eventuale procedimento giurisdizionale o arbitrale.

 

IV.2. Il caso francese, un modello ( in parte) da seguire.[13]

 

E’ noto che in Francia un meccanismo conciliativo è stato istituito per legge ( art. 19 della Loi n. 84-610 del 16 luglio 1984, così come emendato dalla Loi n. 92-652 del 13 luglio 1992 ), presso il Comitato olimpico francese.

Nei casi di azioni nei confronto delle federazioni sportive francesi, è obbligatorio utilizzare in via preliminare tale procedura di conciliazione, prima di procedere all’eventuale azione davanti al competente giudice statale. L’obbligatorietà ex lege della procedura conciliativa determina la irricevibilità di un’ eventuale azione davanti al giudice statale. I conciliatori sono 15 autorevoli giuristi esperti di questioni sportive, e ne viene nominato uno per ogni controversia.

La procedura si distacca parzialmente dalla tradizionale conciliazione in quanto al termine della stessa, se le parti non trovano l’accordo, il conciliatore sottopone alla stesse una proposta di soluzione basata, anche se non esclusivamente, sul diritto; se entro un mese le parti non rigettano tale proposta, la proposta del conciliatore si ritiene accettata.

Il meccanismo conciliativo francese ha dimostrato una notevole efficacia temporale, ed ha, indubbiamente, avuto un notevole successo.

 

 

IV.3. L’approccio italiano.

 

Per ciò che attiene lo sviluppo del fenomeno conciliativo, nell’ambito delle controversie sportive che si sono prodotte in Italia, è da rilevare che lo stesso ha avuto quale punto di partenza le previsioni, contenute di volta in volta nei regolamenti delle Federazioni Sportive Nazionali, della istituzione di camere di conciliazione deputate a trovare una soluzione bonaria all’insorgere di controversie tra soggetti affiliati o tra gli stessi e le Federazioni di appartenenza.[14]

Di recente, l’articolo 12 del Nuovo Statuto C.O.N.I. ha istituito la Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport, introducendo una novità assoluta nell’ambito dell’ordinamento sportivo nazionale, fino ad allora privo di un organo di garanzia e giustizia, ispirato al rispetto dei principi di terzietà, autonomia e indipendenza, che potesse altresì assicurare sia procedimenti giurisdizionali più celeri sia la riduzione del numero delle controversie sportive sottoposte alla cognizione dell’Autorità Giudiziaria statuale.

Essa, in base alle norme contenute nel proprio regolamento, esercita, anche una funzione conciliativa. Lo scopo della procedura di conciliazione è quello di favorire la composizione amichevole di controversie in tempi brevi e con costi contenuti attraverso l’intervento di conciliatori.

Il conciliatore per ciascuna controversia è nominato dal Presidente della Camera tra i componenti della Camera stessa o dall’elenco degli esperti previsto dallo Statuto del C.O.N.I.

 

La Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport.

 

 

V.1. Natura e funzioni.

 

La Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport costituisce l’attuale punto di arrivo delle procedure alternative di risoluzione delle controversie in ambito sportivo. Come osservato in precedenza, tra le funzioni da essa esercitate, è prevista quella conciliativa.

Dalla lettura dei verbali di conciliazione sottoscritti dalle parti a termine di tale procedura appare chiaro quale sia l’idea di fondo che muove tale istituto. Si evince, infatti, che la conciliazione è una procedura stragiudiziale  pacifica, volontaria e cooperativa, di risoluzione dei conflitti sorti all’interno dell’ordinamento sportivo, per cui una terza persona imparziale, il conciliatore, assiste le parti in conflitto facilitandone la comunicazione, guidando la loro negoziazione, facendone affiorare gli interessi e orientandole verso la ricerca di accordi reciprocamente soddisfacenti, applicando, infine,  le norme di diritto e le norme e gli usi dell’ordinamento sportivo nazionale ed internazionale.

Il conciliatore inoltre invita le parti, nello spirito autocomprensivo della procedura, a ricercare una definizione della controversia, assicurando loro che in questa sede essi godono di un’equa opportunità di esprimere la loro visione del disaccordo e di ascoltarsi reciprocamente. Ad ogni modo, la partecipazione alla procedura conciliativa in nessun caso comporta una rinuncia alle rispettive posizioni ovvero abdicazione alle proprie argomentazioni.

 

V.2. Ambito oggettivo e soggettivo. Procedimento.

 

Con deliberazione del Consiglio Nazionale del C.O.N.I. n.1188 del 1° agosto 2002, e successive modifiche ed integrazioni apportate in data 03.06.2003 in attuazione di quanto previsto appunto dall’articolo 12 dello Statuto C.O.N.I., è stato approvato il regolamento della Camera.

La funzione conciliativa della Camera è attivata su richiesta uno o più soggetti interessati, in specie, un soggetto affiliato, tesserato o licenziato ovvero dalla Federazione sportiva nazionale, Disciplina sportiva associata o Ente di promozione sportiva ovvero dai soggetti non affiliati, tesserati o licenziali ai sensi del precedente articolo, comma 3,  nei casi espressamente previsti dall’articolo 3 e precisamente:

quando tale facoltà sia espressamente prevista nello Statuto di una federazione sportiva o disciplina sportiva associata o Ente di promozione sportiva;

quando sia insorta una controversia che contrapponga uno o più soggetti affiliati, tesserati o licenziati, ad una Federazione sportiva o agli altri enti sopra menzionati.

 

L’articolo 4 stabilisce al comma 1 che l’attivazione del procedimento va effettuata con un’istanza da presentarsi nel termine di decadenza di sessanta giorni dalla data di conoscenza dell’atto oggetto di contestazione, da parte sia di soggetti affiliati che dalle Federazioni o dagli altri Enti.

E’, inoltre, prevista la possibilità di devolvere alla Camera qualsiasi controversia in materia sportiva “ anche tra soggetti non affiliati, tesserati o licenziati”, a condizione che vi sia un espresso accordo delle parti in tal senso.

Risulta abbastanza ampio l’oggetto della funzione conciliativa della Camera che è competente per qualunque controversia in materia sportiva con i limiti stabiliti nel regolamento:

deve trattarsi di controversie per le quali siano stati “ previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione o alla Disciplina sportiva associata o all’Ente di promozione sportiva” , in altre parole, per i quali siano già stati esperiti tutti i gradi di giudizio previsti  dai regolamenti interni agli enti indicati;

deve, in ogni caso, trattarsi di decisioni definitive: tale precisazione è stata inserita con specifico riferimento a tutti i casi in cui gli Statuti federali o degli altri Enti prevedono un unico grado di giurisdizione. Non essendo previsto un secondo grado di giudizio, infatti, tali decisioni sono da considerarsi definitive ed, in quanto tali, impugnabili avanti alla  Camera;

possono essere impugnate davanti alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato solamente le decisioni degli organismi giudiziali federali che abbiano comportato l’irrogazione  di sanzioni disciplinari superiori a 120 giorni.

Giova, infine, ricordare, che il procedimento conciliativo risulta essere  presupposto necessario per la successiva instaurazione del procedimento arbitrale.

Ai soli fini statistici sarà utile chiarire che dalla data di sua istituzione ( 2001 ) ad oggi, la Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport ha ricevuto 103 istanze di conciliazione, di queste ben 55 si sono concluse con un accordo conciliativo sulla controversia.

 

Considerazioni conclusive: la conciliazione quale metodo di risoluzione delle controversie sportive.

 

 

La soluzione delle liti sportive non ha nulla da guadagnare da un sistema in cui le giurisdizioni statali e le istituzioni sportive si pongono in concorrenza tra loro. Le une e le altre devono invece associarsi, combinarsi, per assicurare una definizione positiva dell’attività sportiva con un migliore trattamento  dei conflitti che vi si producono.

Nella trattazione delle controversie in materia di sport, la conciliazione presenta virtù attestate dalle statistiche relative alle proposte di conciliazione accettate.

L’innegabile successo, sia in ambito interno che negli ordinamenti stranieri, della conciliazione  mostra con evidenza la sua adeguatezza alle aspettative di coloro che praticano l’attività sportiva e la volontà delle Federazioni sportive di non sottrarsi alle raccomandazioni di questa “ giustizia sportiva ”.

La rapidità della procedura conciliativa, la sua flessibilità e l’assenza del formalismo contribuiscono sicuramente a questo successo. V’è, inoltre, e soprattutto, la scelta dei conciliatori che, dotati di competenza giuridica, di una profonda conoscenza dell’ambiente sportivo, estremamente preoccupati della loro indipendenza, hanno rapidamente ottenuto la fiducia  dei litiganti ed hanno rafforzato la loro autorità con proposte motivate con precisione.

Ciò posto, si può quindi trarre la conclusione per cui, l’esperienza conciliativa    può validamente dimostrare che innanzitutto è possibile un coordinamento tra giustizia privata sportiva e giustizia pubblica e che attraverso l’utilizzo della procedura conciliativa si può permettere la risoluzione di conflitti evitando gli inconvenienti di un procedimento esclusivamente federale e quelli di un processo statale.     

 

dott. Mignacca Gianluca

Note:

[1] Si pensi, ad esempio, alla disciplina del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’art. 10 della l. 18 giugno 1998 n. 192 recante disciplina della subfornitura nelle attività produttive.

[2] Chiaro appare nei verbali di conciliazione sottoscritti dalle parti il riferimento alle volontà negoziali di transigere, riconoscendo l’altrui pretesa con contestuale ridimensionamento della propria. In tal senso vedi supra par. V.1 sul contenuto dei verbali di conciliazione sottoscritti presso la Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo sport istituita presso il C.O.N.I.

[3] Tale figura istituzionale, deputata ad esperire il tentativo di conciliazione, può diversamente atteggiarsi quale organo giurisdizionale, organo amministrativo o soggetto privato.

[4] Per una definizione sintetica di controversia sportiva, cfr. KARAQUILLO, La complementarità tra la soluzione delle controversie ad opera delle istituzioni sportive e la soluzione ad opera delle giurisdizioni statali, in Rivista di Diritto Sportivo, 1996, p.671.

[5] Per una più approfondita classificazione delle controversie nascenti nell’ambito del diritto sportivo, vedi COCCIA, Fenomenologia della controversia sportiva  e dei suoi metodi di risoluzione, in Riv. Dir. Sport.1997, p.605.

[6] Sulla legittimità costituzionale della norma- vincolo di giustizia, cfr. SALAZAR, Giustizia sportiva e principi costituzionali, in Iure praes, 1994.

[7] Per una approfondita ricognizione sui metodi di risoluzione delle controversie sportive, vedi in dottrina FUMAGALLI, La risoluzione delle controversie sportive: metodi giurisdizionali, arbitrali ed alternativi di composizione, in Riv. Dir. Sport. 1999, p.245.

[8] Sulle clausole compromissorie in materia sportiva, cfr. PUNZI, Le clausole compromissorie nell’ordinamento sportivo, in Riv. Dir. Sport., 1994.

[9] Cfr, PERSICHELLI, Le materie arbitrali all’interno della giurisdizione sportiva, Riv. Dir. Sport. 1996, p.702.

[10] Sull’utilizzo di metodi alternativi di risoluzione delle controversie sportive vedi PICONE, Arbitrato sportivo e conciliazione extragiudiziale, Riv. Dir. Sport., 1991.

[11] Così, ad esempio, dispone l’art. 6 del R.N.S. dalla CSAI, il quale prevede che la domanda di conciliazione vada rivolta dalla parte istante al Comitato esecutivo CSAI e, quindi alle controparti, con l’invito a depositare eventuali controdeduzioni scritte. Il conciliatore CSAI esamina gli scritti, convoca le parti, e formula una proposta di conciliazione. Se le parti accettano la proposta, questa viene recepita in un verbale sottoscritto dalle parti; viceversa, il conciliatore redige un verbale di esaurimento negativo del suo tentativo, specificando le posizioni delle parti.

[12] Il testo del  regolamento di mediazione del T.A.S. è riprodotto nella Rivista di Diritto Sportivo, 1999, p. 129 ss.

[13] Per una più approfondita analisi della conciliazione in materia di controversie sportive proposta nel sistema francese vedi KARAQUILLO, op. cit.

[14] Vedi nota n. 11 del presente paragrafo.