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1. Premessa
La decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio si colloca entro il
complesso fenomeno della comunitarizzazione del diritto penale[1].
L’ultimo baluardo del principio di sovranità statale, la legislazione
penale, sembra ormai destinato a sgretolarsi, almeno per quanto riguarda
alcune fenomenologie di reato, sotto i colpi di un’Unione europea che
riesce a rendere omogenei nei diversi Stati membri tanto gli aspetti
giuridici relativi ad elementi che hanno un’immediata ricaduta economica,
quanto taluni argomenti che solo indirettamente possono essere ad essi
riconducibili[2].
Il passo decisivo, chiara epifania della volontà politica di andare oltre
gli aspetti squisitamente economici, è stato il Trattato di Maastricht
(1992)[3].
L’intervento dell’Unione europea si è nel tempo diretto in settori che
coinvolgono sempre più in profondità i diritti fondamentali della persona.
Tuttavia, il processo di comunitarizzazione del diritto penale subisce
inevitabilmente i limiti e i rallentamenti derivanti dalla mancanza di una
potestà legislativa diretta in seno alle organizzazioni internazionali,
dovuta principalmente al duplice motivo:
1. dell’esistenza di una resistenza, fisiologica, dei vecchi Stati
nazionali a cedere sovranità in una materia di estremo valore strategico e
politico [4];
2. dalla presenza, sempre più scomoda, del c.d. deficit democratico
comunitario[5].
Alla luce di quanto affermato, l’unico modo per tutelare incisivamente gli
interessi comunitari attraverso il diritto penale è quello di adottare
degli atti vincolanti che possano garantire una tutela soltanto indiretta
rendendo nuovamente unici protagonisti, nella fase della formulazione
legislativa di rilevanza nazionale, gli Stati.
Questa tutela è realizzata, generalmente, tramite la spontanea adesione
dello Stato membro a quanto disposto in sede comunitaria in ossequio agli
obblighi derivanti dai Trattati.
Le tecniche utilizzate per realizzare la tutela indiretta sono diverse[6]
e tra queste, quella che desta maggiore interesse ai fini della presente
trattazione è la “tecnica dell’armonizzazione dei diritti penali
nazionali”.
Il fine perseguito con tale procedimento è quello di dettare degli atti di
indirizzo comuni che servano come punto di riferimento per l’emanazione da
parte degli Stati membri di una normativa sostanziale e sanzionatoria
quanto più possibile omogenea.
L’obiettivo, in estrema sintesi, è quello di identificare una o più
categorie di beni giuridici ritenuti di estrema rilevanza e dettare le
linee guida per reprimerne, in modo uniforme, le offese più gravi nei
diversi Stati membri dell’Unione.
Quest’approccio si rivela utile non solo in riferimento alla fase
processuale del giudizio penale ma anche nelle fasi necessariamente
antecedenti delle indagini e della determinazione della soglia d’esercizio
dell’azione penale.
Nel solco tracciato da questa linea evolutiva del diritto penale
comunitario ha assunto un ruolo determinante la disciplina contenuta nel
Titolo VI del trattato di Maastricht.
La decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio, rientrando nell’opera di
armonizzazione del diritto penale in tema di lotta allo sfruttamento
sessuale dei bambini ed alla pornografia infantile, si inserisce
all’interno del piano d’azione del Consiglio e della Commissione teso ad
attuare le norme del Trattato di Amsterdam dirette a realizzare uno spazio
di libertà, sicurezza e giustizia in seno all’Unione Europea ed a rendere
operative le conclusioni che lo stesso Consiglio europeo ha raggiunto a
Tampere.
2. Breve analisi dei “considerando”.
La decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio [7] rappresenta un’ulteriore
tappa della guerra contro lo sfruttamento sessuale dei minori, in
generale, e la pornografia minorile, in particolare.
Il punto nevralgico diviene, alla luce dell’esperienza pratica e del
carattere transnazionale della criminalità, quello di tentare di
individuare delle misure minime necessarie a garantire un’omogeneità di
disciplina tra i Paesi membri dell’Unione europea per meglio contrastare
un reato che nella sua intima essenza si presenta senza frontiere.
Nel recente passato numerosi sono stati gli interventi in materia di
tutela dei minori e tra questi si ricordano ad esempio: l’azione comune[8]
del Consiglio diretta a stabilire un programma di incentivazione e di
scambi destinato alle persone responsabili della lotta contro la tratta
degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini; le diverse
azioni comuni in materia di collegamento e integrazione della rete
giudiziaria europea[9] e dell’ampliamento della collaborazione tra
magistrati[10] e forze dell’ordine dei vari Stati membri; ed altre diverse
iniziative tese a contrastare in modo risoluto la tratta degli esseri
umani, lo sfruttamento sessuale dei bambini[11] e la pornografia infantile
su Internet[12].
Tuttavia, nonostante questi interventi[13] il trend dello sfruttamento
sessuale e della pornografia minorile veicolata attraverso Internet non ha
dato segni di flessione. L’Unione europea, alla luce di alcuni significati
e preoccupanti dati statistici, ha avvertito l’esigenza di intervenire
nuovamente sull’argomento cercando di rendere maggiormente omogenee le
diverse normative nazionali, nella consapevolezza che l’incisività stessa
della lotta al crimine dipende da quanto le autorità giudiziarie dei
diversi Stati riusciranno a collaborare in sintonia.
Il presupposto logico necessario per garantire una fruttuosa
collaborazione tra Stati diviene l’individuazione del comune “nemico” da
combattere attraverso la descrizione degli elementi costitutivi delle
condotte criminose dirette ad offendere i diritti del bambino.
Un aspetto che deve guidare l’opera dei legislatori nazionali è quello
relativo all’attenzione che questi ultimi dovranno porre alla
realizzazione di normative idonee a far svolgere gli interrogatori in modo
da tutelare i minori coinvolti nelle varie fasi del procedimento penale
per non aggiungere ad una grave offesa un’altra offesa non meno gravida di
conseguenze negative.
3. La definizione di pornografia infantile.
Il primo punto affrontato nel documento è quello relativo alla necessaria
delimitazione delle definizioni utilizzate nell’ambito della stessa
decisione quadro.
Innanzitutto, si deve prendere atto dell’estensione della definizione di
“bambino” sino a comprendere «ogni persona d’età inferiore a 18 anni».
Successivamente, uno dei punti che desta maggiore interesse è la
precisazione di ciò che deontologicamente deve rientrare nel concetto di
«pornografia infantile».
Il punto da esaminare è la definizione contenuta nel primo articolo tesa
ad identificare come materiale illecito quello che ritrae o rappresenta
visivamente «un bambino reale implicato o coinvolto in una condotta
sessualmente esplicita, fra cui l'esibizione lasciva dei genitali o
dell'area pubica».
Quest’ultimo inciso, nell’economia della disposizione, assume un valore
meramente esemplificativo in quanto lo stesso legislatore premette,
utilizzando l’espressione “fra cui”, la volontà manifesta di fornire un
semplice esempio di materiale pornografico rientrante nella precedente
definizione di carattere generale.
Tuttavia, ad un’attenta riflessione si può supporre, a parere dello
scrivente con estrema certezza, che la scelta del predetto esempio non sia
stata casuale ma al contrario sia stata diretta a chiarire, giocando
d’anticipo, i parametri minimi identificativi del materiale pornografico
ritraente soggetti minori.
Il secondo punto della lett. b) dell’art.1, inoltre, fa rientrare nella
definizione di “materiale pornografico infantile” anche il materiale che
ritrae o rappresenta visivamente immagini di « una persona reale che
sembra essere un bambino implicata o coinvolta nella suddetta condotta…».
Con questa disposizione si estende il concetto di pornografia infantile
sino a farvi rientrare anche le condotte di persone reali che appaiono, si
manifestano, come minore.
Rientra nel concetto di materiale pedo-pornografico, secondo quanto
affermato, ogni immagine di persona ritratta che abbia le fattezze di un
minore a prescindere dalla rilevanza concreta dell’età del soggetto
ritratto.
Sempre per quanto attiene alla definizione di materiale pornografico
infantile, la decisione quadro contiene una terza specificazione: è
materiale pornografico infantile quello che ritrae o rappresenta
visivamente «immagini realistiche di un bambino inesistente implicato o
coinvolto nella suddetta condotta».
Si tratta, dunque, di dover fare rientrare entro il concetto di
pedo-pornografia anche le rappresentazioni artificiali, che appaiono
reali, di soggetti minori coinvolti nelle condotte in precedenza
descritte.
4. Reati relativi allo sfruttamento sessuale dei bambini.
Dopo aver chiarito nel primo articolo gli elementi base delle successive
disposizione, la decisione quadro, con il secondo e terzo articolo, si
sofferma a descrivere le condotte che dovranno essere oggetto di
intervento legislativo nazionale[14].
La prima fattispecie descritta è diretta a rendere punibile la condotta
intenzionale di chi costringe (lett. a) e induce (lett. b) un bambino alla
prostituzione o alla produzione di spettacoli a carattere pornografico. Si
tratta della descrizione delle condotte più gravi perpetrate ai danni di
un minore e in cui la stessa violenza diviene elemento propedeutico per la
realizzazione di un’ignobile attività lucrativa.
L’elemento che caratterizza le diverse ipotesi è rappresentato dal
comportamento di chi costringe, attraverso l’uso di violenza (fisica e/o
psicologica) o minacce, il minore a prostituirsi o a prendere parte a
spettacoli pornografici. Sono altresì da punire anche le condotte di chi
intenzionalmente «trae profitto» dalle predette condotte o comunque le
«sfrutta sotto qualsiasi forma a tali fini».
La decisione quadro tende così a far punire dagli Stati membri tutte
quelle condotte poste in essere da chi direttamente o indirettamente trae
profitto dalla dallo sfruttamento sessuale dei bambini.
Infine, l’ultima condotta presa in considerazione è quella diretta a
punire il comportamento di chi partecipa ad attività sessuali con un
bambino, laddove «i) faccia uso di coercizione, forza o minaccia; ii) dia
in pagamento denaro,o ricorra ad altre forme di remunerazione o compenso
in cambio del coinvolgimento del bambino in attività sessuali; oppure iii)
abusi di una posizione riconosciuta di fiducia, autorità o influenza nel
bambino».
5. Reati di pornografia infantile: definizioni minime ed eccezioni.
L’articolo 3 delinea, a sua volta, le figure di illecito rientranti nella
definizione di “Reati di pornografia infantile”.
Ciascuno Stato membro deve adottare le misure necessarie affinché le
suddette condotte intenzionali, attuate o meno per mezzo di un sistema
informatico, siano rese punibili come reato, quando queste non siano
autorizzate.
Rientrano nella definizione data tutte le condotte che ruotano attorno
allo sfruttamento del materiale pornografico infantile dal momento della
produzione, passando per la distribuzione, diffusione o trasmissione per
giungere sino all’acquisto o al semplice possesso.
A queste ipotesi si devono aggiungere anche quelle contenute nell’art. 4
che impone l’adozione delle misure necessarie a rendere punibili
l’istigazione, il favoreggiamento, il concorso nelle predette ipotesi di
reato relative allo sfruttamento sessuale dei bambini ed alla pornografia
infantile.
Per quanto riguarda la previsione del tentativo questo è ammesso per le
ipotesi di produzione, distribuzione, diffusione o trasmissione di
pornografia infantile (art. 3, par. 1 lett. a e b).
Di estrema rilevanza appaiono, inoltre, le disposizioni, contenute nel
secondo comma dell’art. 3, dirette a delineare delle eccezioni che gli
Stati membri possono adottare per escludere la responsabilità penale di
alcune condotte connesse alla pornografia infantile. Si tratta di ipotesi
in cui lo Stato membro può decidere di escludere la responsabilità penale.
Con la prima si crea un’eccezione a quanto disposto nell’art. 1, lett. b,
punto ii), in tema di pornografia infantile c.d. “apparente”, definendo
come non responsabile penalmente il soggetto che mette in atto delle
condotte relative ai reati di pornografia infantile quando la persona
reale ritratta, nonostante appaia un bambino, abbia in realtà 18 anni o
un’età superiore.
La seconda eccezione è relativa sia alle ipotesi classiche di cui all’art.
1 lett. b), punto i) e sia a quelle di più recente istituzione contenute
nel punto ii) e in precedenza analizzate.
Anche in questi casi, trattandosi di produzione e possesso, le immagini
devono essere state prodotte e detenute per uso privato con il consenso
degli stessi soggetti ritratti[15].
La terza eccezione adottabile dagli Stati membri si riferisce alle ipotesi
di cui all’art. 1 alla lett. b, punto iii) relative alla pornografia
infantile c.d. “virtuale”[16].
In quest’ultima ipotesi si ritiene non penalmente responsabile il soggetto
che dimostra di aver prodotto o detenuto il suddetto materiale solo per
uso privato, «…purché per la produzione di tale materiale non sia stato
utilizzato materiale pornografico di cui all'articolo 1, lettera b), punti
i)e ii),e purché l'atto non comporti rischi quanto alla diffusione del
materiale».
6. Pene e circostanze aggravanti.
Le sanzioni previste nella decisione quadro per i reati di sfruttamento
sessuale dei minori e per quelli di pornografia infantile sono
essenzialmente di 3 tipi:
1. pene dirette a privare il responsabile della libertà personale;
2. pene di natura interdittiva;
3. sanzioni di carattere non penale.
Per quanto concerne le pene dirette a privare il responsabile della
libertà personale le pene sono suddivise in due macrocategorie:
1) nella prima rientrano i reati di cui agli articoli 2, 3 e 4 punibili
con sanzioni privative della libertà personale di durata massima compresa
«tra almeno 1 e 3 anni».
2) Nella seconda rientrano i reati punibili con sanzioni privative della
libertà personale di durata massima compresa «tra almeno 5 e 10 anni»:
2.1) di cui all'articolo 2, lettera a) che consistono nel «costringere un
bambino alla prostituzione o alla produzione di spettacoli a carattere
pornografico »;
2.2) i reati di cui all'articolo 2, lettera c), punto i) commessi da chi
partecipa ad attività sessuali con un bambino, laddove « faccia uso di
coercizione, forza o minaccia»;
2.3 ) i reati di cui all'articolo 2, lettera a) che consistono nel «trarre
profitto o sfruttare il bambino sotto qualsiasi forma a tali fini » e i
reati di cui all'articolo 2, lettera b) commessi da chi induce un bambino
alla prostituzione o alla produzione di spettacoli a carattere
pornografico quando in entrambe le ipotesi si verifichi almeno una delle
seguenti circostanze:
2.3.1) «la vittima sia un bambino che non ha raggiunto l'età del consenso
sessuale prevista dalla legislazione nazionale»
2.3.2) «l'autore del reato,deliberatamente o per negligenza,ha messo in
pericolo la vita del bambino»
2.3.3) «il reato è stato commesso ricorrendo a violenze gravi o ha causato
al bambino un pregiudizio grave»
2.3.4) «il reato è stato commesso nel contesto di un'organizzazione
criminale ai sensi dell'azione comune 98/733/GAI a prescindere dal livello
di sanzione previsto in detta azione comune»
2.4) i reati di cui all'articolo 2, lettera c), punti ii) e iii), commessi
rispettivamente da chi partecipa ad attività sessuali con un bambino
facendo uso di coercizione, forza o minaccia e all'articolo 3, paragrafo
1, lettere a), b) e c), commessi rispettivamente da chi, con o senza
l’utilizzo di un sistema informatico, produce, distribuisce, diffonde o
trasmette e acquista o possiede materiale pornografico infantile «nei casi
in cui :
2.4.1) la vittima sia un bambino che non abbia raggiunto l'età del
consenso sessuale prevista dalla legislazione nazionale;
2.4.2) l'autore del reato, deliberatamente o per negligenza, ha messo in
pericolo la vita del bambino;
2.4.3) il reato è stato commesso ricorrendo a violenze gravi o ha causato
al bambino un pregiudizio grave;
2.4.4) il reato è stato commesso nel contesto di un'organizzazione
criminale.
Per quanto riguarda le sanzioni interdittive, il terzo paragrafo
dell’articolo 5 dispone chiaramente che gli Stati membri devono adottare
tutte quelle misure necessarie per far sì che le persone che siano state
condannate per i reati descritti entro l’ampia categoria dei reati di
sfruttamento sessuale dei bambini e di pornografia infantile possano
essere interdette (in via temporanea o perpetua) dall’esercizio
dell’attività professionale che ruotano attorno alla cura dei minori.
Infine, il paragrafo 4 pone delle eccezioni a quanto disposto nelle
precedenti disposizioni in argomento di pena per le condotte, in materia
di pornografia infantile, di cui all’art. articolo 1, lettera b), punto
iii) relative ad « immagini realistiche di un bambino inesistente
implicato o coinvolto nella suddetta condotta» (pornografia c.d.
virtuale»).
7. Persone giuridiche: responsabilità e sanzioni applicabili.
Nella decisione quadro è dedicato ampio spazio alle ipotesi di reato
esplicitate negli articoli 2, 3, 4 quando in esse siano coinvolte persone
giuridiche. Il presupposto essenziale per attribuire alle persone
giuridiche una responsabilità penale è individuato nel fatto che le stesse
ricevano dalle suddette condotte un «vantaggio».
Per quanto riguarda l’autore materiale dei reati in precedenza citati, la
responsabilità della persona giuridica è riconosciuta innanzitutto quando
la persona fisica (soggetto attivo) ha un ruolo di rilevanza nell’ambito
amministrativo e decisionale. Questo ruolo di preminenza si può
manifestare, ad esempio, in seno ad un organo con potere decisionale
attraverso il potere di rappresentanza, decisionale o di controllo. Nella
decisione quadro, inoltre, sono prese in considerazione (articolo 6,
paragrafo 2) le condotte omissive. In queste ipotesi, sorge una
responsabilità in capo alla persona giuridica quando i soggetti che
potevano e dovevano esercitare un controllo non hanno ben vigilato,
permettendo ad una persona a loro sottoposta di compiere i reati di cui
agli articoli 2,3 e 4.
Naturalmente, è specificato che la responsabilità della persona giuridica
non esclude, in alcun modo, l’avvio dei procedimenti a carico delle
persone fisiche che abbiano; commesso i suddetti reati, istigato a
compierli o concorso nel realizzarli. Per quanto riguarda le sanzioni
l’approccio della decisione quadro rispecchia l’impronta differenziata
utilizzata nell’individuazione della responsabilità.
Sanzioni meno pesanti, la cui determinazione è rilasciata agli Stati
membri, sono previste per i reati in cui i soggetti adibiti al controllo
che non hanno svolto, con la dovuta attenzione, il loro compito.
Un numero minimo di sanzioni più incisive e determinate nella specie sono
previste, invece, per i reati di cui all’art. 6, paragrafo 1.
Le sanzioni per le ipotesi più gravi possono giungere sino all’amputazione
del ramo dell’azienda che li ha commessi e addirittura alla stessa morte
della persona giuridica attraverso il suo scioglimento o divieto
permanente di esercitare un’attività commerciale[17].
Come si può notare il nucleo sanzionatorio minimo che gli Stati membri
devono adottare risulta particolarmente incisivo nei confronti della
persona giuridica ritenuta responsabile di uno dei reati di cui all’art.
6.
8. L’esercizio dell’azione penale.
L’articolo 8 detta alcune linee guida per la determinazione della
giurisdizione e per l’esercizio dell’azione penale. Nelle ipotesi di reato
di cui all’art. 2 (Reati relativi allo sfruttamento sessuale dei bambini),
3 (Reati di pornografia infantile) e 4 (Istigazione, favoreggiamento,
complicità e tentativo) gli Stati membri si devono premunire di adottare
le misure necessaria per stabilire la propria competenza.
Le ipotesi descritte si riferiscono:
a) al reato commesso, anche parzialmente, sul territorio statale;
b) al reato commesso fuori dal territorio statale.
L’adozione di quest’ultima circostanza è facoltativa (sia in merito al
“se” che al “come”)18, nei limiti in cui l'autore sia un cittadino dello
Stato interessato ed in cui il reato sia commesso a beneficio di una
persona giuridica che ha la sua sede nel territorio di tale Stato membro.
Lo Stato membro nel cui ordinamento giuridico non è consentita
l’estradizione all’estero dei propri cittadini che commettono i reati in
esame, deve porre in essere tutte quelle misure idonee a perseguirli nel
proprio territorio stabilendone la competenza giurisdizionale. Il
legislatore nazionale dovrà, inoltre, in questa particolare condizione
perseguire comunque i propri cittadini che pur non trovandosi fuori dal
proprio territorio commettono i reati di cui all’art. 2,3 e 4.
Per quanto riguarda la c.d. pedofilia telematica, ossia i reati di
pornografia infantile previsti dall’art. 319, ciascuno Stato membro si
deve preoccupare di garantire la propria competenza giurisdizionale
ogniqualvolta il reato sia stato « commesso a mezzo di un sistema
informatico a cui l'autore ha avuto accesso dal suo territorio,a
prescindere dal fatto che il sistema si trovi o no su tale territorio».
In argomento di esercizio dell’azione penale di particolare interesse è la
disposizione contenuta nel primo paragrafo dell’art. 9.
Questa norma pone a carico degli Stati il dovere di organizzare le
procedure relative alle indagini e all’azione penale in modo da non far
dipendere il loro avvio da una necessaria denuncia o accusa da parte della
persona offesa.
La procedibilità d’ufficio deve essere garantita almeno per le ipotesi più
gravi contenute nei articoli 2 ,3 e 4.
In conclusione, la vittima deve essere considerata come un soggetto
estremamente vulnerabile e il cui intervento nel procedimento penale deve
essere circondato da norme dirette a garantirne l’incolumità fisica e
psichica. In questo quadro, gli Stati membri devono porre attenzione anche
alla famiglia della vittima sia in senso assistenziale che in merito alla
ricerca di eventuali responsabilità penali.
___________________
NOTE
[1] MANTOVANI, Diritto penale, Padova, 2001, 973, § 254 “La
comunitarizzazione del diritto penale e nuove forme di collaborazione”:
«Con l’attenuarsi dl rigido concetto di sovranità e l’avvicinamento
politico-ideologico, nell’ambio dei gruppi di Stati politicamente omogenei
si sono sviluppate nuove forme “regionali” di collaborazione ed
integrazione internazionale. Ciò in particolare si è verificato tra gli
Stati europei dopo la seconda guerra mondiale, anche nella prospettiva di
un diritto penale europeo comune, le cui scaturigini risalgono attraverso
il positivismo, l’illuminismo, ed il rinascimento fino alla dottrina del
diritto penale comune dell’alto medioevo».
[2] Sul tema di carattere più generale dell’europeizzazione del diritto
penale si rinvia al contributo di A. BERNARDI, Europeizzazione del diritto
penale e progetto di Costituzione europea, in Diritto Penale e Processo,
n. 1, Milano, 2004, 5.
[3] Il Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, ratificato con legge il
3 novembre 1992 n. 454 (GU 24-11-1992, n.277 s.o.) è entrato in vigore il
1° novembre del 1993.
[4] Questa resistenza degli Stati deve essere intesa non solo in senso
prettamente politico ma anche giuridico in considerazione del fatto che in
nessuno dei Trattati si attribuisce ad alcun organo comunitario
un’espressa potestà normativa penale. Senza questa esplicita attribuzione
di poteri, con la conseguente cessione di una parte rilevante di
“sovranità” (art. 11 Cost), spetta solo allo Stato legiferare in materia
penale come impone la nostra Costituzione (art. 25 Cost.). Quest’ultimo
principio è stato, infatti, riconosciuto dalla stessa Corte di Giustizia
delle Comunità europee come principio generale del diritto comunitario
(sul punto si veda MANTOVANI, op.cit, 975).
[5] Gran parte dei poteri di produzione normativa risiede direttamente o
indirettamente nelle mani del Consiglio, organo notoriamente espressione
dei governi degli Stati membri. In questa situazione l’esistenza di una
diretta potestà legislativa penale ricadrebbe nelle mani di un soggetto
che è sostanzialmente privo di quella rappresentanza democratica
richiesta, come elemento essenziale, per l’adozione di norme penali.
[6] GAROFOLI, Manuale di Diritto Penale, parte generale, Milano, 2003, 51:
«Le tecniche attraverso le quali può essere realizzata la tutela penale
mediata degli interessi comunitari sono quelle: a) dell’assimilazione
degli stessi a quelli statali, mediante la predisposizione della stessa
tutela penale garantita a questi ultimi; b) dell’armonizzazione delle
legislazioni penali nazionali, di modo che le incriminazioni di
comportamenti lesivi degli interessi comunitari siano tendenzialmente
uniformi all’interno dell’area comunitaria, sì da consentire alle autorità
competenti una più efficace risposta repressiva; c) della unificazione
delle discipline penali nazionali con creazione di un diritto penale
comunitario uniforme per tutti gli Stati».
[7] Ai sensi dell’art. 12, gli Stati membri adottano le disposizioni
necessarie per conformarsi alla presente decisione quadro entro il 20
gennaio 2006.
[8] Azione comune Consiglio 96/700/GAI, del 29 novembre 1996.
[9] Azione comune Consiglio 98/428/GAI, del 29 giugno 1998.
[10] Azione comune Consiglio 96/277/GAI, del 22 aprile 1996,
[11] Azione comune Consiglio 97/154/GAI , del 24 febbraio 1997.
[12] Decisione 2000/375/GAI del Consiglio, del 29 maggio 2000.
[13] Decisione n.276/1999/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, che
adotta un piano pluriennale d'azione comunitario per promuovere l'uso
sicuro di Internet attraverso la lotta alle informazioni di contenuto
illegale e nocivo diffuse attraverso le reti globali e la decisione n.293/2000/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 gennaio 2000, relativa a un
programma di azione comunitaria per l’adozione di misure preventive intese
a combattere la violenza contro i bambini, giovani e le donne
(2000-2003)(programma Daphne).
[14] Ciascuno Stato membro ha l’obbligo di impegnarsi ad adottare le
misure necessarie per adattare il proprio diritto penale ai principi
contenuti nel documento in esame.
[15] Si deve aggiungere che il consenso si considera valido quando i
minori abbiano raggiunto l’età del consenso sessuale e quando l'autore
l'ha ottenuto non avvalendosi della sua superiorità in termini di età,
maturità, stato sociale, posizione, esperienza, ovvero abusando dello
stato di dipendenza della vittima dall'autore.
[16] Materiale illecito che appare reale ma in realtà è frutto di una
creazione grafica artificiale.
[17] Tra queste ultime ipotesi: l’esclusione dal godimento di un beneficio
o aiuto pubblico; il divieto temporaneo o permanente di esercitare
un’attività commerciale; l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria; i
provvedimenti giudiziari di scioglimento oppure la chiusura degli
stabilimenti che sono stati usati per commettere i suddetti reati.
[18] Nel caso in cui gli Stati membri decidano di avvalersi della facoltà
indicata devono informare il Segretariato generale del Consiglio e la
Commissione,specificando in che modo e in che misura intendono adeguarsi
alle disposizioni di cui al paragrafo 1,lettere b)e c).
[19] Ai reati di cui all’art. 3 si devono associare anche le ipotesi di
istigazione, concorso e tentativo di cui all’art. 4.