*** 1) Premessa: il fatto storico e le ragioni di interesse.
L’anno 2004 ha visto, malauguratamente, alla ribalta il diritto penale dell’economia e dell’impresa, come ha testimoniato, tra tante, la tristemente nota vicenda Parmalat.
In questa branca del diritto ed in particolare tra i reati fallimentari, ruolo di spicco riveste il delitto di bancarotta: non solo le più comuni e diffuse forme di semplice e fraudolenta, ma anche un tertium genus quale la bancarotta preferenziale.
Le ragioni alla base di questo elaborato sulla bancarotta preferenziale trovano impulso soprattutto in una connotazione della stessa: è una fattispecie di reato che possiede intrinsecamente un elevato rischio di verificazione in una comune attività imprenditoriale.
Cercherò di essere più esauriente: oggi una qualunque forma di attività imprenditoriale, sia ad uno stadio elementare che a livelli più complessi, presuppone un continuo interagire tra operatore economico e istituto di credito; per l’effetto, aumentano le occasioni originatrici di rapporti obbligatori e suscettibili di “giocare” un ruolo importante nell’eventualità di un fallimento.
Qui potrebbero esserci le condizioni perché sia integrato il reato di bancarotta preferenziale; qui non solo l’imprenditore, ma anche un funzionario di banca, compiendo operazioni quotidiane e di routine, potrebbe non avvedersi del rischio di porre in essere una condotta penalmente rilevante e, quindi, perseguibile.
Premesse le motivazioni, è importante, anche a costo di esser elementari e schematici finanche ripetitivi, precisare i soggetti protagonisti del fatto storico e giudiziario in questione: un soggetto imprenditoriale e un impiegato di banca; nonché il rapporto sorto: concessione di mutui, nonostante la consapevolezza dello stato di decozione e con simultanea costituzione di garanzia ipotecaria, in parte finalizzati a ripianare i saldi negativi dei conti correnti intrattenuti dalla società con la banca mutuante.
In parole forse troppo semplici, ma necessarie a scansare dubbi ed equivoci: c’è gia un rapporto creditorio- debitorio, ma cosa succede se da semplice, chirografario il credito assurge ad un rango privilegiato, prospettandosi all’orizzonte un fallimento.
2) Cenni sulla bancarotta preferenziale
Il 3° comma dell’art. 216 del R. D. n. 267/42 prevede il reato di bancarotta preferenziale[1].
In precedenza conosciuta come “favoreggiamento dei creditori”, rappresenta una figura delittuosa autonoma con pena edittale inferiore a quella della sub specie fraudolenta , con estensione delle pene accessorie di questa.
La ratio della fattispecie de quo è quella di preservare la par condicio creditorum, ossia l’uguale diritto dei creditori ad essere soddisfatti sui beni del debitore in osservanza del principio sancito dall’art. 2741 cod. civ.[2], cui sono informate le procedure esecutive concorsuali.
Le condotte passibili di riconduzione nella fattispecie della bancarotta preferenziale sono: l’esecuzione di pagamenti; la simulazione di titoli di prelazione.
Il pagamento presuppone l’attuale esistenza del credito e deve gravare sui beni del debitore aggredibili anche dagli altri creditori, minando, così, la par condicio creditorum.
Per quanto riguarda la simulazione di un titolo di prelazione, il “ventaglio” di condotte atte ad integrare detta ipotesi è piuttosto ampio. Difatti, oltre alle cause legittime di prelazione ex art. 2741 cod. civ. quali il privilegio, il pegno e l’ipoteca, anche altri istituti ( per es. la vendita con patto di riscatto) può produrre un effetto preferenziale[3].
3) L’orientamento giurisprudenziale
Opportuna in questa sede è l’analisi della condotta della “simulazione di titoli di prelazione”, poiché è un punto nodale della recente pronuncia della Corte di Cassazione, di seguito esaminata.
Utile ai fini della comprensione della problematica è ribadire ruoli e qualità dei soggetti coinvolti: funzionario dell’istituto bancario creditore del soggetto imprenditoriale e, per l’appunto, soggetto imprenditoriale in stato d’insolvenza.
Precedente chiave è una sentenza della Suprema Corte: in caso di concessione di mutuo da parte di un funzionario di banca, consapevole dello stato di decozione dell’imprenditore, con simultanea costituzione di ipoteca a garanzia, è integrata la fattispecie del reato di bancarotta preferenziale, sub specie di simulazione, in concorso[4].
La sentenza citata non è altro che la logica e più dettagliata evoluzione di una precedente pronuncia della Corte[5], idonea a fissare i presupposti per l’individuazione del delitto de quo.
Giuridicamente rilevante è l’estensione del concetto di “simulazione”. Fuorviante rischia di essere il pedissequo rinvio alla norma civilistica, poiché in sede di giustizia penale, la portata dello stesso è notevolmente più ampia; non ricomprende solo i casi classici di artificiosa rappresentanza di un titolo inesistente, “ma anche quelli in cui viene fraudolentemente costituito un (vero) titolo di prelazione in previsione del fallimento”.[6]
E’ questo proprio il “nostro” caso, perché nulla viene simulato o dissimulato, in quanto l’operazione finanziaria viene effettivamente realizzata, tuttavia in condizioni e con finalità viziate e vizianti, quindi illecite.
4) La sentenza della Cassazione Penale, sez. V, del 8 aprile 2004[7]
Dopo questo excursus è possibile esaminare una recentissima pronuncia della Corte; essa rappresenta l’epilogo di un processo che ha visto i due precedenti gradi del giudizio con esiti diametralmente opposti.
Il fatto storico è quello già introdotto in premessa e costituente un caso tipico: un funzionario di banca, consapevole dello stato di decozione di una società, concede al rappresentante legale di questa finanziamenti in forma di mutui, garantiti da contestuale ipoteca, e in parte finalizzati al ripianamento dei saldi negativi dei conti correnti intercorrenti tra la società e l’istituto mutuante.
Di fronte all’evidenza della trasformazione del creditore da chirografario a privilegiato, fedele ai parametri giurisprudenziali sopra riportati, il Giudice di prime cure ha condannato gli imputati per concorso in bancarotta preferenziale.
In secondo grado l’organo giudicante ha ribaltato la sentenza appellata, motivando l’assoluzione degli imputati con la liceità ed effettività dell’operazione di finanziamento.
Invocata la Suprema Corte, questa ha destituito di fondatezza e legittimità la sentenza del Giudice d’Appello, optando per l’interpretazione del Giudice di primo grado.
La corte ha individuato alcuni elementi determinanti: l’espressione “simula” non può essere interpretata in senso civilistico in virtù dell’autonomia del diritto penale, ma oltremodo perché non si parla di negozio simulato, bensì di un concetto atto a ricomprendere nel suo “alveo” qualunque condotta non solo suggestiva, ma, a maggior ragione, se attuata e reale; non può assolutamente considerarsi normale e lecita una operazione di finanziamento “quando l’imprenditore versi in stato di insolvenza e, ciononostante, concordi un finanziamento presso la banca sua creditrice secondo modalità capaci di trasformare il credito da chirografario in privilegiato e, quindi, attributive di un titolo di prelazione in favore dell’ente mutuante”.
Sulla “scia” tracciata dalle pronunce anteriori ed in presenza di elementi ineluttabili e riconducibili ai parametri precedentemente fissati, la Corte di Cassazione non ha potuto esimersi dal rilevare un indebito privilegio alla banca in prospettiva di riparto dell’attivo in sede fallimentare; conseguenza di ciò è una lesione del principio della par condicio creditorum, poiché, in caso di fallimento, i creditori chirografari sarebbero stati esposti ad un soddisfacimento delle proprie pretese percentualmente diminuito.
Evidenziate tutte le circostanze pertinenti, il cerchio si “chiude” nella possibilità di ascrivere il concorso di bancarotta preferenziale agli imputati: il rappresentante legale della società e il funzionario dell’istituto bancario.
Donatello Ferretti Note: [1] Art. 216, comma 3°, R. D. n. 267/42: “E’ punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione”. [2] Art. 2741 cod. civ. “ I creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione. Sono cause legittime di prelazione i privilegi, il pegno e le ipoteche”. [3] Per ulteriori approfondimenti sulla bancarotta preferenziale: Aa. Vv., Manuale di diritto penale dell’impresa, Monduzzi, 1998, p. 119 ss.; R. Bricoletti- R. Tangetti, Bancarotta e reati societari, Milano, 1998; G. Cocco, La bancarotta preferenziale, Napoli, 1997. [4] Cassazione Penale, sez. V, n. 2126/00. [5] Cassazione Penale, sez. V, del 01/12/99. [6] Tribunale di Ferrara del 09/01/02. [7] Per una ulteriore analisi della sentenza: Diritto penale e processo, agosto 2004, p. 946. |
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